L'anello

di
genere
saffico

Era la metà degli anni settanta, ero una ragazza allora, uscita da quello che a quei tempi si chiamava esaurimento nervoso e che oggi definiremmo uno stato depressivo.
Avevo abbandonato il mondo dello sport, ginnastica artistica, e non riuscivo ad inserirmi nella vita di tutti i giorni.
Chi ha praticato seriamente uno sport da giovane sa bene come questo lo escluda dalla vita dei coetanei. Allenamenti, attenzione nell’alimentazione, bisogno di riposo e necessità di concentrazione obbligano ad una vita quasi monastica.
Il ritorno alla vita normale fu abbastanza traumatico. Erano anni quelli dove la trasgressione era molto diffusa e per reazione alla mia vita precedente mi abbandonai ben presto ad una girandola di relazioni.
Persi la verginità spensieratamente e poi passai fra le braccia di amici e amiche senza che questo mi procurasse il minimo senso di colpa.
Tutte queste esperienze sessuali erano però assolutamente superficiali ed, anche se non ne ero pienamente consapevole, mi lasciavano un senso di vuoto.
Era sesso fine a se stesso, non c’era nessun coinvolgimento emotivo. Non provavo nulla per i miei partner né prima né dopo, né loro per me.
Comunque non ci davo molto peso.
Poi durante una vacanza con alcuni amici in montagna conobbi una signora siciliana ospite del mio albergo che a differenza degli altri ospiti, infastiditi dalle nostre abitudini, era estremamente cordiale e comprensiva.
Era una donna per me anziana, sulla cinquantina, alta e asciutta, non particolarmente bella ma con un certo fascino, anche se i vecchi e per me e miei amici chiunque avesse più di trenta anni era vecchio, erano un mondo a parte lontano come la luna.
Quella signora però destò la mia simpatia un po’ perché mostrava una rara indulgenza ed un po’ perché era di una cortesia inusuale.
Aveva un modo di esprimersi così demodé che risultava affascinante.
Era sicuramente una donna molto ricca e di buona cultura, tutte cose che sia io che i miei coetanei a quel tempo stupidamente disprezzavamo.
Mi colse di sorpresa però un pomeriggio che, sole in albergo, iniziò una conversazione che mai mi sarei aspettata da lei.
“Lei è una ragazza molto fortunata mi creda.” mi disse.
“Cosa glielo fa pensare.” le chiesi incuriosita.
“Innanzitutto è giovane e questa è una fortuna che si apprezza solo quando la si perde e poi è molto bella e, se lo lasci dire da una donna che bella non lo è stata mai, questa è una grande fortuna.”
“Lei non è certo brutta.” la rassicurai.
“Forse, ma vede c’è una differenza enorme fra essere bella e non essere brutta, mi creda.”
Le sorrisi, colsi nella voce una sfumatura di autentico rammarico.
“Ma in fondo che sarà mai la bellezza?”
“La bellezza. Tantissimi hanno tentato di definirla ma tutte le definizioni, per quanto intelligenti, sono incomplete. dostoevskij ha detto che la bellezza salverà il mondo ed io ne sono persuasa. La cosa che comunque sempre mi stupisce è come chi la possieda non ne sia consapevole.”
Non mi ero mai soffermata sulla mia bellezza. Certo ero alta con un corpo magro e flessuoso, frutto dei duri allenamenti, avevo un bel viso, ma erano tutte cose alle quali non davo grande importanza, le davo per scontate.
“Vede” continuò lei “il malanimo dei nostri vicini nei suoi confronti è frutto di invidia per la sua bellezza e per quella dei suoi amici.”
“Non possiamo farci niente.”
“No. Penso di proprio di no! C’è il fatto inoltre che a differenza di quelli della mia età voi godete di una libertà che per noi era impensabile.”
“Sì è vero.” dissi “Però anche voi ora potete godere della stessa libertà”
“E per farci cosa?” sospirò “Non è più il tempo.”
“Vuol dire che non c’è una cosa che desidererebbe fare più di ogni altra?”
“O si che c’è, ma penso che non sia realizzabile.”
“Chi può dirlo?” dissi e poi aggiunsi. “Se non sono troppo indiscreta a cosa si riferisce?”
Ci pensò un po’ poi guardandomi negli occhi disse
“Mi piacerebbe baciarla.”
“Baciarmi? Così poco?” dissi incredula.
“Su non sia sciocca. Sa bene a cosa mi riferisco.”
Capii, quella donna moriva dal desiderio di fare una cosa che le mie amiche ed io facevamo con assoluta noncuranza.
Anche se non avevo mai preso in considerazione l’idea di avere rapporti con persone più grandi di me che consideravo perfetti estranei, la simpatia che mi suscitava quella donna e la forza del suo desiderio mi colpirono.
Colsi nel suo sguardo il timore di un rifiuto e il desiderio di una cosa che pensava impossibile.
“Non credo affatto che sia impossibile.” le risposi.
“Vuol dire che sarebbe…” aveva la voce rotta dall’emozione.
“Certo. Chi le dice che non piacerebbe anche a me?” quest’ultima cosa l‘avevo detta d’impulso. Non volevo darle l’impressione che stessi facendo un’opera caritatevole, l’ avrebbe sicuramente delusa.
“Cara lei è un angelo.”
Le presi la mano. “Venga in camera con me.”
Mi seguì come un automa. Prendendola sottobraccio mi accorsi che tremava.
Mi stavo eccitando, non proprio in senso erotico ma il fatto che qualcuno mi desiderasse a tal punto mi stava gratificando come mai mi era successo.
Se all’inizio avevo pensato di liquidare la cosa alla svelta una volta in camera decisi di fare le cose per bene.
“Che ne dici di quella poltrona?” le dissi una volta in camera.
“Andrà benissimo.” mi rispose emozionata.
“Va bene per te se mi spoglio completamente.”
“Certo tesoro.”
Lo feci con grande naturalezza ma lentamente, poi mi avvicinai a lei.
“Mi trovi ancora così bella?”
Le sue mani cominciarono a scorrermi lungo il corpo.
“Non ho parole.”
“Allora vieni.” le dissi spingendola dolcemente verso al poltrona.
Mi sedetti e lei si accovacciò per terra ai miei piedi. Aprii le gambe, mi accarezzò l’interno delle cosce. Poggiò la guancia contro una di esse.
“Scusami cara… Sono emozionata.”
Le passai la mano fra i capelli.
“Abbiamo tutto il tempo che vogliamo.”
Timidi baci sulle mie cosce si alternarono alle carezze, poi piano piano si avvicinò al centro del mio corpo. La sua lingua esplorò timidamente la mia carne. Con meraviglia mi resi conto che mi stavo bagnando dall’eccitazione.
Onde di piacere iniziarono a diffondersi dalle mie cosce sempre più intense finché non mi abbandonai al piacere.
Lei allora si infilò una mano fra le gambe e gemendo abbandonò la testa sulla mia pancia.
Le accarezzai di nuovo i capelli.
“Non sai quanto piacere mi hai dato oggi.” sussurrò. “E quanto questo sia stato importante per me.”
L’attirai a me.
“Anche per me è stato bello.”
“Questo non fa che aumentare il mio piacere. Ero sicura che fosse un desiderio irrealizzabile. Non so neanch’io dove ho trovato il coraggio di chiedertelo.”
“Per fortuna l’hai fatto.” dissi io.
Si strinse di più a me.
“Benedetta ragazza. È la prima volta sai. Che lo faccio con una donna, voglio dire. Non avevo mai trovato il coraggio fino ad ora.”
Rimanemmo un po’ abbracciate. “Ora è meglio che vada” disse ricomponendosi.
Mentre stavamo uscendo dalla stanza si girò verso di me e aggiunse.
“Vorrei lasciarti qualcosa che ti ricordi quello che è successo.”
“Davvero non ce n’è bisogno.” Risposi un po’ piccata.
“Non voglio affatto ricompensarti per quello che è successo. Non potrei mai. Nulla al mondo potrebbe farlo. Ma mi farebbe un enorme piacere lasciarti qualcosa di mio.”
Così dicendo si sfilò un anello che mi aveva colpito per la sua bellezza.
“Ma un gioiello antico… Avrà un grande valore.”
“Sì è un gioiello antico, appartiene alla mia famiglia da tempo immemorabile ed ha un grande valore. Non parlo del valore materiale, quello è poca cosa, parlo del fatto che è sempre stato mio e che un giorno sarebbe dovuto andare a mia nuora. Detesto l’idea che lo abbia lei. Desidero che sia tu ad averlo.”
Lo presi commossa.
“Il valore materiale delle cose non ha importanza.” aggiunse “lo capirà col tempo, la bellezza sì”.
L’abbracciai d’impulso e la baciai sulla bocca.
Non l’ho più rivista. L’anello invece l’ho sempre tenuto con me. È fra i miei più cari ricordi.
Da quel giorno la mia vita è cambiata, non di colpo, ma è cambiata.
Divenni consapevole del valore della mia persona. Non mi concessi più a chiunque mi volesse ma solo chi mi desiderava e che io desideravo.
di
scritto il
2011-08-09
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