Pasquale (1)

Scritto da , il 2019-05-03, genere gay

- Ecco, bravo, così dai, vai su e giù, dai, piano piano - mi sussurrava Pasquale nell'ultimo cesso della camerata, quello in cui non osava entrare nessuno, se non voleva avere problemi seri.
Lo avevo pulito con cura, come ogni sera, prima che si spegnessero le luci della caserma. Il pavimento e la turca. Ci potevano andare solo loro, quelli della cricca di Pasquale, i "nonni" casertani.

- Staj diventa' 'na brava zoccola brava, così... lecca sotto, piano piano... mmmm - diceva mentre il suo pene duro entrava ed usciva dalla mia bocca.

Mi aveva avvertito fin dal mattino - 'sta sera aggia svotà i coglioni, preparati, pulisc' o cesso bene bene, ca' me voglio divertire.
- ma di nuovo?
- sì, ma chista vorta hai da mo fa bene, comme te dico io. Haia da pija tutto in ‘mocca,fino a ca' non tengo finito...
- ma dai, ti prego, te lo finisco con la mano... dai
- e' femmene che parla' troppo nun me piacciono, tu aia fa'chillo che dico io... si no song guai.

Appena finito di pulire il cesso, ero tornato in branda ed avevo atteso che si spegnessero le luci. Per una mezzora non successe nulla, tanto che mi illusi che ci avesse ripensato. Invece, all'improvviso, lo vidi arrivare. Spavaldo e sicuro di se, vestito dei soli slip e delle ciabatte di gomma.

Mi alzai dalla branda, appena mi disse - iamme - e rimasi ad osservare il suo sorrisetto sarcastico e divertito, mentre con una mano si massaggiava il cazzo attraverso le mutande.
- spogliati nudo...
- ma qui? dai...
- spogliati, soccola!- urlò mollandomi un ceffone che risvegliò tutta la camerata. Mi sembrava di vederli, coperti dal lenzuolo, tutti che facevano finta di dormire per paura.
Mi portò nudo fino al bagno, facendomi traversare tutta la camerata, come monito per gli altri e per sentirsi il mio padrone.

Nel cesso Pasquale non accese la luce. Quella che filtrava dall'ingresso bastava per quello che dovevamo fare. Permetteva di vederci benissimo. Mi spinse con una mano sulla spalla, costringendomi in ginocchio, poi, senza alcuna ragione, mi diede un altro schiaffo sulla stessa guancia.
- Aia capì chi commanda... stasera io so ommo e tu sì femmena.
Il calore inverosimile sul mio viso, dovuto alla vergogna e ai due schiaffi, si propagava piacevolmente su tutto il mio corpo. I mie capezzoli si erano gonfiati in modo osceno e mi dolevano al solo sfiorarli.
Presi a abbassare con delicatezza i suoi slip, incontrando subito la resistenza del suo pene duro.
- Piano - mi disse e con la mano mi aiutò nell'impresa, fino a che non potei agevolmente calarglieli fino ai piedi. Di qui, li sfilai e li appesi al gancetto del bagno. Era la seconda volta che mi scopava la bocca, sapevo cosa mi aspettava, ma quando il suo cazzo grosso e duro mi si parò davanti, l’unica cosa che riuscii a pensare fu che era così duro a causa mia.

Quando il suo sperma cominciò a fluire caldo e violento nella mia bocca, lui mi spinse con forza sul suo cazzo, con sue mani callose e forti. Mi teneva la testa bloccata – stringi troia, stai ferma… ahhh – non mi sarei mai mosso, comunque, ero lì per lui, per farlo godere.

Segue

N.B. per gli amici napoletani scusate il dialetto. Gradirei le vostre correzioni. Grazie.



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