Sara, la Webcam Girl 7 - L'email

Scritto da , il 2019-02-20, genere incesti

"Mia carissima Lovely, immagino che questa email ti coglierà di sorpresa. Ci tengo prima di tutto a rassicurarti sul fatto che il tuo indirizzo non è visibile da nessuna parte sul sito, e che tu non hai commesso nessuna leggerezza, d'altra parte vedo che sei sempre molto attenta a questi particolari. Ti prego di non chiedermi come io l'ho avuto, non posso rivelartelo, così come non posso rivelarti il mio nickname né tantomeno la mia identità.
Perché, allora, questa email? Perché sento il bisogno di ringraziarti, e di confessarti quanto tenga a te. Da quando ti ho vista la prima volta sul sito sei diventata per me quasi un'ossessione, il primo pensiero quando mi sveglio e l'ultimo quando vado a dormire. Sei così bella, dio quanto vorrei un giorno avere la possibilità di toccarti, di baciarti... No, tranquilla, non ti sto chiedendo un incontro. Non sarebbe proprio il caso.
Però dovevo dirti per forza quanto tu sia importante per me, e non volevo farlo in chat. Magari non avresti potuto dedicare la giusta attenzione alle mie parole, se nel frattempo qualcun altro ti avesse portata via da me, in privato. E poi... non volevo che ti spaventassi e magari mi bannassi dalla tua chatroom.
Però devi saperlo: se potessi esprimere un unico, irrealizzabile desiderio... vorrei fare l'amore con te".

Sara rilesse quelle parole sei, sette, otto volte, quasi come se non ci credesse. L'email era firmata da "Ammiratore Sconosciuto", e anche l'indirizzo da cui proveniva era evidentemente stato creato apposta per l'occasione, impossibile da lì risalire all'identità di quell'uomo misterioso. Le era arrivata di sera tardi, non molto dopo che aveva terminato la sua sessione live, e purtroppo per lei l'aveva aperta prima di buttarsi a letto, con il risultato che per tutta la notte non chiuse occhio.
Era stata riconosciuta, qualcuno che aveva già incontrato nella vita reale l'aveva vista esibirsi su quel sito, questa era l'unica spiegazione possibile. Di più, si trattava di qualcuno che aveva il suo indirizzo email: ex colleghi di lavoro, amici, famiglia... quanti in totale potevano possederlo? Non era certo un numero tendente all'infinito, eppure non riusciva in alcun modo ad attribuire un volto plausibile all'autore di quel messaggio.

Quella mattina iniziò a trasmettere presto. Nel corso della notte aveva studiato una strategia, anche se ora che si trovava online riusciva a pensare solo una cosa: e se fosse già stato lì? Magari la stava guardando in quel momento... Improvvisamente Sara ritrovò tutte le inibizioni che faticosamente aveva demolito nel corso di varie settimane, e per tutta la mattina praticamente non si spogliò mai, trovando una serie di scuse più o meno credibili. Si dedicò invece all'uso della chat privata: ogni qual volta trovava un utente con cui ricordava di aver mai scambiato due parole in italiano, gli scriveva questo messaggio: "Ciao, grazie per la tua email, non me l'aspettavo". La maggior parte delle volte otteneva come risposta un punto di domanda, oppure un "mi sa che ti sbagli". Qualcuno le rispose anche "non sapevo potessimo scriverti email, la vuoi una foto del mio cazzo?".
Andò avanti così fino al primo pomeriggio, quando nella chatroom entrò l'utente Nirvana99. Era uno dei tre o quattro su cui si erano concentrati subito i maggiori sospetti di Sara, uno di quelli con cui aveva chiacchierato più spesso nelle ultime settimane. Forse quello che più di tutti le sembrava in grado di esprimere certi sentimenti, con una tale proprietà di linguaggio. Quando mandò anche a lui il solito messaggio, la risposta si fece attendere più a lungo del solito. Poi finalmente arrivò: "come hai capito che sono stato io?".
Sara quasi saltò sulla sedia dalla contentezza. Non riusciva a credere di essere riuscita in solo mezza giornata a trovare l'autore del messaggio. Ora però doveva giocarsela nella maniera giusta, se voleva arrivare a scoprire la sua identità.
"mi piacerebbe se ci incontrassimo, ti va?" gli scrisse, a bruciapelo. E stavolta per la risposta dovette attendere quasi dieci minuti.
"non sai quanto sarei tentato..." le rispose infine lui, evidentemente dopo una lunga riflessione.
A quel punto Sara gli diede il colpo di grazia: "ho un forte sospetto su chi tu sia realmente, e il tuo... unico desiderio, come l'hai definito, non mi appare poi così irrealizzabile".

Per andare all'appuntamento scelse un semplice abito a fiori, sbarazzino e giovanile, ma allo stesso tempo abbastanza sobrio. Era combattuta, da un lato voleva semplicemente assicurarsi che la persona che si fosse trovata di fronte non rivelasse mai il suo segreto, ma dall'altro... Se fosse stato magari un amico attraente? Ci avrebbe davvero fatto l'amore? La sua testa diceva di no, ma intanto prima di uscire si truccò di tutto punto.
Nirvana99 le aveva dato appuntamento in un bar del centro, per quel giorno stesso nel tardo pomeriggio. Voleva dire che abitavano anche nella stessa città, eppure Sara non riusciva ancora a formulare delle ipotesi credibili circa la sua identità. A lui aveva detto di avere un forte sospetto, ma l'aveva fatto solo per convincerlo ad esporsi, e per sua fortuna aveva funzionato più che bene.
Quando arrivò al bar, si sedette ad un tavolino e aspettò. E mentre era lì che sorseggiava il suo bicchiere di vino bianco, ordinato per vincere l'attesa e allo stesso tempo per farsi un po' di coraggio tramite l'alcol, si fece altri mille film nella testa. Un ex compagno di scuola, il fidanzato di una sua amica, perfino un suo ex professore dell'università... Queste fantasie si mescolavano alle persone reali che vedeva varcare la soglia del bar: ogni qual volta qualcuno veniva verso la sua direzione, o semplicemente guardava verso di lei, Sara pensava che potesse trattarsi di Nirvana99.
Poi, mentre per l'ennesima volta si ripeteva nella testa le parole che si era preparata per aprire il discorso, dalla porta vide entrare suo nipote Alberto.

«Ciao Alby» gli disse alzandosi, e lui rispose con un sorriso abbozzato.
«Come stai?» le chiese lui senza guardarla negli occhi, e lei rispose col consueto tono familiare che era solita riservargli. Dentro di lei, però, riusciva a pensare solo una cosa: doveva farlo andare via il più in fretta possibile, non voleva che lui la vedesse con la persona che sarebbe entrata di lì a poco, chiunque essa fosse.
Fu solo qualche secondo dopo, quando lui sedendosi al tavolo le disse «Scusa il ritardo, colpa dell'autobus», che realizzò finalmente cosa stava accadendo. E per un attimo sentì le gambe cederle, tanto che si sedette anche lei di colpo.
«Sono davvero contento che tu abbia voluto incontrarmi, quasi non ci credevo» le disse lui, tutto d'un fiato. Le parole erano uscite come un treno in corsa nonostante il suo evidente nervosismo, che Sara era riuscita a notare solo ora. Segno che anche lui si era preparato un discorso d'apertura. Quello di lei, invece, era andato in frantumi da pochi secondi, e nonostante gli sforzi ritrovarne i pezzi fu per Sara un'impresa impossibile.
«Tu... sei Nirvana?» riuscì semplicemente a dire, con un filo di voce. La testa le girava, la salivazione era ridotta a zero... Era come se per un attimo fosse uscita dal proprio corpo, e ora fosse lì in piedi che guardava quei due al tavolo, quella poco di buono con l'abito a fiori che per settimane aveva fatto "sexting" con il nipote appena maggiorenne.
«Mi avevi detto che lo sospettavi» obiettò lui, iniziando però a intuire la genuina sorpresa nella reazione della zia.
Nello spazio di pochi secondi, lei ripercorse le loro conversazioni virtuali. Non ricordava di essersi mai concessa in privato a lui, anzi ne era sicura... però sullo spazio pubblico lui aveva potuto sicuramente vedere le sue grazie. E poi tutti quei messaggi che si erano scambiati, quel flirtare in maniera anche abbastanza spinta... Sara a quel punto era tentata di alzarsi e scappare via, avrebbe voluto nascondersi e non farsi più trovare da nessuno.

«Quello che ti ho scritto era sincero - riprese lui, interrompendo un imbarazzante silenzio che durava da troppo tempo - Davvero, tutto ciò che volevo fare era solo ringraziarti».
«Ringraziarmi per essermi fatta vedere nuda da te?» rispose lei di scatto, alzando la voce molto più di quanto volesse. I due si guardarono per un attimo intorno, ma nessuno sembrava aver sentito.
«Ringraziarti per quello che sei, perché sei una persona bella e passionale, e non parlo della bellezza esteriore. I nostri scambi erano reali, autentici, privi di qualsiasi maschera a cui ci avrebbe obbligato il fatto di conoscerci, di essere zia e nipote».
Nell'udire quelle ultime due parole, Sara non riuscì a trattenere una risata nervosa.
«Autentici? - replicò, stavolta facendo attenzione al volume della voce - Come puoi dire che erano autentici se io non sapevo neanche con chi stavo parlando?».
«E sapere chi sono cambia qualcosa? Solo perché sono figlio di tua sorella? I miei sentimenti per te non cambiano, non c'è nulla di cui dobbiamo vergognarci».
«Smettila, ti prego...» gli disse infine lei, quasi con le lacrime agli occhi. Poi si alzò e fece per andarsene, si sentiva sopraffatta e aveva bisogno di stare da sola.
«Aspetta, non te ne andare» la supplicò, alzandosi a sua volta e afferrandole il polso. Era molto più giovane di lei, ma anche più alto e forte: anche se non voleva farlo, Sara doveva ammettere che di fronte aveva un uomo, e non un ragazzino.
«Lasciami» disse provando a divincolarsi, senza rendersi conto di quello che stava per succedere: Alberto si sporse in avanti e posò le labbra sulle sue. Un bacio deciso, intenso, inatteso. Sara ci mise qualche secondo prima di trovare la forza per respingerlo, e nel farlo lo colpì con uno schiaffo altrettanto deciso e intenso. Lui mollò la presa e lei uscì dal locale senza voltarsi, incurante di tutte quelle persone che la stavano fissando senza il coraggio di proferire parola.

Appena rientrata in casa, Sara si buttò sul letto senza neppure togliersi i sandali. E lì rimase un'ora, due, forse tre... Immobile con il corpo, ma incapace di tenere a freno la corsa dei suoi pensieri.
Inizialmente si rimproverò di quanto fosse stata stupida. Aveva capito, o almeno immaginava, come Alberto l'avesse scoperta: probabilmente era successo quando lei lo aveva lasciato da solo con il suo computer. Proprio mentre lei cercava qualcosa di piccante sul portatile del nipote, lui faceva la stessa cosa su quello di lei, ma con maggiore successo.
Poi però ripensò anche a tutte le cose che si erano detti in chat, nel corso di quelle settimane. E se da un lato continuava a sentirsi in forte imbarazzo, dall'altro non poteva negare che la compagnia di Nirvana99 le era sempre piaciuta. Suo nipote era un bravo ragazzo, l'aveva trattata con il massimo rispetto e in maniera certamente non morbosa, tra loro la sintonia era innegabile...
Si sentiva in colpa ad essersene andata così, con quello schiaffo. Lei in fondo ci aveva messo del suo, aveva fatto perdere la testa a un diciottenne e non poteva rimproverarlo più di tanto, anche se con quel bacio era andato decisamente troppo oltre. Quel bacio... Da quando aveva lasciato il locale Sara non aveva mai smesso veramente di pensarci, e anche se non voleva ammetterlo neppure a se stessa, un po' di piacere in quel momento lo aveva provato.
Si schiaffeggiò le guance con entrambe le mani pensando a quanto fosse stupida, e si alzò per andare in bagno. Era rimasta a lungo sul letto, e aveva urgente bisogno di fare pipì. Fu solo quando fu sulla tazza, e abbassò gli slip per sedersi, che Sara si accorse di come le sue mutandine fossero bagnate dei suoi umori.

Un quarto d'ora dopo era in macchina, diretta a casa di sua sorella. Era stata una decisione improvvisa e senza un perché, e anche mentre guidava non riusciva a concentrarsi su ciò che avrebbe voluto dire ad Alberto, sapeva solo che doveva rivederlo. Per scusarsi dello schiaffo? Per spiegargli in maniera più gentile perché non poteva più frequentare la sua chatroom? Probabilmente se ne sarebbe resa conto solo quando se lo fosse ritrovato davanti.
«Sara, che fai qui?». Moira era genuinamente stupita di vederla, e in effetti la sua visita a sorpresa - per di più erano già passate le 22 - era difficile da spiegare.
«Ero di strada, e mi sono fermata - le rispose Sara, cercando di mantenere il sangue freddo - Volevo chiedere ad Alberto una consulenza informatica, l'altro giorno mi ha aiutato con il computer e ora ho un altro problema da risolvere».
Nonostante l'orario, la sorella parve credere a quella scusa. Peraltro non sembrava neanche avere il tempo di stare a sindacare, Sara infatti l'aveva incrociata proprio mentre stava uscendo dal vialetto con la macchina.
«Lo trovi dentro - le rispose, invitandola a varcare il cancello - Io sto andando a prendere Alice all'allenamento». Alice era la sorella di Alberto, 15 anni e una irrefrenabile passione per la pallavolo, disciplina per la quale tra l'altro era decisamente portata. Moira dunque faceva volentieri il sacrificio di andarla a prendere agli allenamenti tre sere a settimana, almeno quando suo marito era fuori città per lavoro, come spesso capitava.
Sara si assicurò con discrezione che fosse quello il caso, e sua sorella le confermò implicitamente che Alberto era solo in casa, e che dunque avrebbe potuto parlargli in tutta tranquillità.

Mentre varcava la soglia, pensò a quanto fosse surreale quel silenzio. Era già stata molte volte in quella casa, ma più che altro per compleanni e pranzi di Natale, e in quelle occasioni l'aveva sempre trovata molto affollata e rumorosa. Ora invece non volava una mosca, e quasi senza volerlo anche lei si ritrovò a muoversi con circospezione, senza fare troppo rumore. Alberto forse stava già dormendo?
Mentre saliva le scale sentiva il cuore batterle forte nel petto. Ormai era arrivata di fronte alla sua camera, e ancora non aveva nulla di pronto da dire. Dal corridoio vide che la sua porta era socchiusa, ma una leggera luce filtrava dall'interno. E quando fu a pochi passi, sentì anche una voce. Non era però quella di suo nipote, era una voce femminile... e più si avvicinava, più le sembrava che la voce fosse proprio la sua.

Non resistette alla tentazione. Come nel più squallido dei B-Movie degli anni settanta, Sara si avvicinò alla fessura e spiò nella stanza di suo nipote. Ciò che vide la lasciò senza fiato: Alberto era seduto di fronte al computer, con le braghe calate, che si masturbava di fronte a un'immagine che anche dalla sua posizione Sara non ebbe difficoltà a riconoscere. Era proprio lei, impegnata a danzare in topless sullo schermo di suo nipote. Il suo sguardo però fu presto rapito da altro, ovvero dall'attrezzo che Alberto stringeva con la mano, con un movimento sussultorio abbastanza intenso. Le luci della stanza erano spente, ma lo schermo del computer illuminava a sufficienza per permetterle di apprezzare quella visione. Ebbene sì, Sara la stava apprezzando. Si sentiva quasi "risarcita", per la prima volta poteva vedere quello che Nirvana99 faceva dall'altra parte dello schermo quando chattava con lei.

Alberto quasi trasalì, appena vide la porta aprirsi. In un secondo provò a ricomporsi, allungando la maglia per tentare di nascondere la sua erezione: le mutande gli sembravano troppo lontane, laggiù sulle caviglie. Sara si avvicinò a passi lenti, nessuno dei due osava proferire parola. Quando gli fu a fianco, mise una mano sul poggiatesta della sedia, e osservò lo schermo. Per un attimo provò anche a immaginare di non essere lei, quella donna disinibita che danzava palpandosi le tette e sorridendo in cam.
«Mi hai anche registrata?» disse infine, rompendo il silenzio. Nel tono della sua voce non c'era rabbia, o rimprovero. Sembrava quasi esprimere tenerezza, quasi come se si sentisse in colpa per aver fatto perdere la testa a quel giovane ragazzo.
Alberto deglutì a fatica, mentre la donna sullo schermo si piegava esponendo il proprio fondoschiena a favore di webcam, tirando sempre più giù il perizoma.
«Io... non volevo...» disse Sara, con un filo di voce. Lui sollevò gli occhi, trovando per la prima volta il coraggio di guardarla in faccia. «Non volevo... interromperti» trovò infine la forza di confessargli.

Alberto non si muoveva. La guardava imbambolato, come se non fosse sicuro di aver capito bene ciò che intendeva. Lei allora sciolse ogni dubbio andando a posare una mano sul petto del ragazzo, per una leggera carezza che in pochi istanti si trasformò in una presa decisa sulla maglia. Dopodiché lentamente la tirò su, fino a scoprire di nuovo il pene di Alberto. Un pisello che svettava duro e fiero, forse non tra i più lunghi che avesse visto - e in cam ne aveva visti tanti, in quelle settimane - ma certamente più grosso della media in quanto a circonferenza. Fu un impulso che non poté in alcun modo frenare: Sara si inginocchiò di fianco alla sedia di Alberto, e lo prese in mano.
Immediatamente pensò a come la sua prima impressione fosse stata giusta, era davvero grosso. Poi guardò negli occhi suo nipote, che la fissava a bocca aperta senza emettere un suono. Era tuttavia evidente il suo apprezzamento per l'iniziativa, e così Sara rinfrancata allungò anche l'altra mano sul pene. Facendo attenzione a non fargli male, tirò la pelle quel tanto che bastava per farne uscire bene la punta. Una cappella scura e tonda, Sara ebbe la sensazione di trovarsi davanti un invitante lecca-lecca. Sullo schermo intanto la protagonista del video si accarezzava in mezzo alle gambe, facendo attenzione a non mostrarsi troppo. Lo sguardo di Alberto passava da Lovely a Sara, e poi di nuovo a Lovely. La presa di sua zia si fece più decisa, e il movimento su e giù della mano sempre più rapido. Gli stava facendo una sega in camera sua, dove lui stesso aveva probabilmente eseguito la stessa pratica più e più volte, anche mentre conversava in chat con lei.
Il suo respiro sempre più affannoso le fece capire che non mancava tanto al raggiungimento del climax, e in effetti pochi secondi dopo dalla punta del cazzo partì un potente getto di sperma verso l'alto, che le ricadde proprio sulla mano. Accompagnati da una sorta di grugnito mal soffocato di Alberto, altri spruzzi di minore intensità seguirono lo stesso percorso del primo, in quello che fu per lui il più memorabile degli orgasmi.
Solo dopo un minuto dall'ultima goccia fuoriuscita, Sara si decise finalmente a lasciare la presa. Si rialzò in piedi facendo leva sul bracciolo della sedia, e poi senza guardare negli occhi suo nipote - e continuando a non dire alcuna parola - si girò e uscì dalla stanza.

Al ritorno la strada le pareva non finire mai. Per fortuna a quell'ora non c'era molto traffico, perché stava facendo fatica a concentrarsi sulla guida. Continuava a ripensare a quant'era accaduto in quella stanza, al pene duro di Alberto, a come l'aveva fatto godere con la sua mano... Si guardò proprio quella mano, che aveva ripulito velocemente in cucina con una salvietta prima di uscire, e non resistette alla tentazione: la staccò dal volante e se la portò al viso. Riusciva ancora a sentire l'odore di sperma tra le dita, una sensazione inebriante che le fece perdere ancora di più il controllo. Al primo semaforo rosso, l'altra mano andò a infilarsi furtiva sotto la gonna. Spostare leggermente gli slip fu un'operazione rapida, e a quel punto Sara iniziò a stuzzicarsi il clitoride con due dita. Era già bagnatissima, e aveva la netta sensazione che sarebbe comunque venuta da un momento all'altro, anche se non si fosse toccata. Quel contatto non fece altro che accelerare le cose: Sara venne lì in macchina, bagnandosi tutta la gonna, e fu per lei un'impresa quasi titanica trattenersi dall'urlare per il piacere.
A ridestarla fu il suono del clacson della macchina dietro di lei, il semaforo era diventato verde e lei ancora non accennava a ripartire. Fu solo in quel momento che si accorse del ciclista fermo sul lato della strada alla sua destra, dalla parte del passeggero, che la stava fissando con un'espressione incredula ed eccitata. Senza perdere il proprio contegno, Sara tirò fuori la mano da sotto la gonna, innestò la prima e finalmente ripartì.

[continua...]

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