L'Organizzazione ( Capitolo 13 )

Scritto da , il 2019-01-08, genere dominazione

Scrosci di applausi, musica tecno a tutto volume e giochi laser accompagnarono l’apertura del sipario, mentre le sei gabbie con all’interno le schiave scendevano a terra.
Non appena toccato il pavimento, entrarono in scena sei aitanti figure maschili elegantemente vestite con abito intero scuro, camicia, giacca e cravatta. Si trattava degli addestratori, che aprirono le gabbie liberando le ragazze. Stordite e confuse da quella situazione estrema. Il ricordo subconscio della loro fantasia adolescenziale si era trasformato in realtà e stava provocando in loro disorientamento, eccitazione e paura.

Come era stato loro insegnato, Valeria e le altre smisero di pensare e s’inginocchiarono prontamente, sedendosi sui talloni. Il loro collare fu immediatamente agganciato ai robusti guinzagli di cuoio intrecciato che quegli uomini avevano in mano. Tolsero anche le bende alle ragazze, che subito dopo vennero fatte alzare in piedi. Quelle coppie uomo-schiava al guinzaglio sfilarono in cerchio sul palco, con le ragazze che facevano di tutto per essere eleganti e per restare a fianco dell’uomo a cui erano legate. Sembrava di assistere ad una mostra canina, con gli addestratori pronti a mostrare al pubblico l'abilità del proprio animale e la sua totale devozione.
Un paio di giri e le coppie imboccarono la passerella che terminava sul ring, attraversando tutta l’area destinata al pubblico. Addestratori e schiave la percorsero lentamente, in modo che tutti i presenti potessero osservare bene le ragazze. Arrivate infine alla soglia del piccolo palco, la fila si fermò.

Valeria era in testa e toccò proprio a lei l'onore di iniziare.
Un colpo di gong e l’uomo che la teneva al guinzaglio la condusse al centro del ring, all’attenzione generale. Gli bastò un movimento degli occhi per far comprendere alla ragazza che doveva divaricare le gambe. Mentre Valeria assumeva la posizione richiesta, si udì nuovamente la voce dello speaker.

- ”Il pubblico che desidera vedere da vicino la schiava può salire sul palco servendosi delle scalette laterali” -

Dopo aver invitato i potenziali compratori a salire sul ring, ricordando loro come fosse vietato toccare le schiave, la voce negli altoparlanti continuò.

- “Chi avrà già visionato la schiava è pregato di scendere ed accomodarsi nelle poltroncine. Le nostre ancelle serviranno drink ed appetizers e saranno liete di intrattenervi con la bocca e le loro abili lingue.”

Imbarazzatissima, Valeria si rammentò del suo proposito di lasciare il castello quanto prima. Cercò allora di essere quanto mai attraente, disponibile ed ubbidiente, insomma la schiava che chiunque avrebbe voluto per sé. Non era un caso che fosse stata la prima a salire sul ring. Frau Helga la considerava il pezzo pregiato dell’asta ed avendo intuito la strategia della ragazza, contava che il suo atteggiamento ubbidiente e remissivo sarebbe stato di esempio per le altre.

Inspiegabilmente, Valeria sembrò interessare solo ad un paio di uomini orientali e ad una donna dai tratti ispanici. Furono gli unici a salire sul ring e mentre la donna restava in disparte, i due osservarono la schiava con estrema accuratezza, centimetro per centimetro, come se fossero esperti d’arte che devono stabilire il valore di una statua. Se gli orientali avevano il classico aspetto dell’uomo d’affari asiatico, il look della donna appariva invece decisamente originale. Capelli rossi, sui cinquanta, forme abbondanti strette in un abito intero di latex color bordeaux molto scollato e molto corto, calzava stivali che le arrivavano oltre il ginocchio. Il viso curato, così come lo erano le sue mani, in cui spiccavano lunghissime unghie laccate nere, veri e propri “artigli”.

Valeria sostenne senza problemi “l'esame” dei due uomini orientali. La prima richiesta riguardava la consistenza del suo seno e per dimostrare quanto fosse “naturalmente grande e sodo”, l'uomo che la teneva al guinzaglio glielo aveva stretto fra le mani fino a strizzarlo e successivamente, anche schiaffeggiato. Lei non fece una piega, e si mostrò assolutamente orgogliosa del proprio aspetto.
Per assecondare la seconda richiesta dei due uomini, a Valeria fu ordinato di divaricare le gambe e piegarsi in avanti. Non bastò, così l’addestratore le afferrò i polsi ammanettati dietro la schiena e glieli sollevò al punto da costringerla a sollevarsi sulle punte dei piedi. La trattenne in quella posizione e per due volte le infilò il suo dito medio nell'ano. L’orifizio si aprì senza offrire resistenza, avvolgendo il dito che lo penetrava, per poi richiudersi alla perfezione una volta che il dito fu estratto. L’uomo mostrò agli orientali il guanto bianco che indossava, così che potessero notare come la schiava fosse stata pulitissima dentro. Visibilmente compiaciuti per quel dettaglio, i due uomini scesero dal ring senza fare altre richieste.

Ormai convinta di aver superato l'esame e di poter sostenere la situazione senza mostrarsi imbarazzata o turbata, Valeria vide la donna solo in quel momento.
La signora dai tratti ispanici non la degnò di uno sguardo, ma domandò subito all’addestratore di tirare forte la catenella con i morsetti che stringevano i capezzoli della ragazza. Precisò che doveva continuare finché il viso della ragazza fosse stato solcato dalle lacrime.
Valeria non capì ciò che la donna aveva domandato all'uomo, ma comprese rapidamente cosa volesse, quando l’uomo dell’organizzazione afferrò la catenella nel mezzo ed iniziò a tirare senza pietà. Più tirava e più i morsetti si stringevano per via di un particolare meccanismo.
Confusa e sofferente, Valeria si domandò se sarebbe risultata più attraente resistendo al dolore quanto più poteva, o se fosse stato meglio mostrarsi debole. Ritenne che piangere sarebbe stato alla portata di qualunque ragazza, così decise di trattenere le lacrime quanto più poteva e di mantenere un contegno dignitoso, evitando di singhiozzare.

La donna in latex la fissava negli occhi mostrandole di godere della sua sofferenza, e mentre Valeria si violentava per resistere e mantenere il contegno, la derise. Riuscì a trattenersi ancora per un paio di minuti, poi, il dolore diventò insopportabile e le lacrime iniziarono a rigarle il viso. Proprio in quel momento, come se lo stesse aspettando, la donna si rivolse a lei esplicitandole il suo obiettivo:

-“Farò un’offerta per te, dolcezza… Sarai la schiava da letto di mia figlia e dovrai fornire al suo corpo tutto il piacere di cui necessita. La tua bella boccuccia servirà anche come vaso da notte per mia figlia. La sua urina è un nettare prezioso e tu, non ne dovrai sprecare nemmeno una goccia…”.

Un colpo basso, una situazione che Valeria non aveva immaginato e che la destabilizzò completamente, da un momento all’altro. Si sentì persa, ma la donna, per nulla impietosita dallo stato della ragazza, calcò ancora la mano, ordinando all’uomo di continuare e farle ancora più male.

-”di più, voglio sentire come grida questa puttanella... tira!”-

Valeria emise un grido di dolore, che suonò gutturale e lancinante per via del morso che la costringeva a bocca aperta. Finalmente soddisfatta, la donna si avviò verso la scaletta e tornò al suo posto fra il pubblico.

Il viso della ragazza mostrava tutta la sua disperazione. Era sconvolta, non tanto per il dolore ai capezzoli che andava ormai scemando, ma per le parole di quella donna, che senza nemmeno toccarla, era riuscita ad atterrirla ed a farla sentire una vera nullità.

Difficilmente la cattiveria di un uomo è fine a sé stessa, mentre la donna può essere spesso malvagia.
La malvagità della donna avvolta nel completo di latex bordeaux era palese e l’aveva completamente sconvolta, annientando all’istante ogni sua difesa. Conosceva bene Andrea e l’egoismo maschile, era mentalmente preparata ad essere usata ed anche abusata, ma non aveva previsto di dover affrontare quella pervicace volontà di ferirla profondamente, per il puro piacere di farlo. Una simile cattiveria gratuita non l'aveva immaginata, nè presa in considerazione.
Godeva nel farle male, molto male e la desiderava davvero, ma per fargliene ancora, fisicamente e mentalmente. Valeria era atterrita dall'idea delle sofferenze e delle umiliazioni continue che avrebbe patito se fosse finita nelle grinfie di quella donna, ma soprattutto, la spaventava l’idea che una costante paura avrebbe iniziato a far parte della sua esistenza, giorno dopo giorno, momento dopo momento.

No, non era andata affatto come aveva immaginato. Sapeva di non aver gestito alcunchè e per quanto si sforzasse di riprendere il controllo, non ci riusciva più. Il suo obiettivo di mettersi in mostra come la migliore delle schiave, quella che i compratori si sarebbero contesa, era miseramente fallito e nessun altro dei presenti avrebbe fatto un’offerta maggiore, se lo sentiva. Con ogni probabilità, sarebbe stata di quella donna.

Quell’evoluzione non piacque nemmeno a Frau Helga.
Valeria doveva essere il prototipo, il “pezzo pregiato” di quell’asta. La signora in latex gliel'aveva invece demolita, e sul palco ora c’era solo una ragazzina impaurita, tenuta al guizaglio. Se pochi acquirenti si fossero interessati a Valeria, il suo prezzo base di 150000$ sarebbe salito di poco, restando ben lontano da quei 500000$ che aveva dato come praticamente garantito nei suoi report all'organizzazione. In quelle condizioni, poi, lungi da essere d’esempio e sprone per le altre, Valeria rischiava di influire negativamente anche sul prosieguo dell'asta e sull’atteggiamento delle altre schiave. (continua)

Per commenti e suggerimenti all'autore: eldoradom@elude.in

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