Generazioni a confronto - L'incidente

Scritto da , il 2019-01-02, genere orge

Se c’è una città che mette a dura prova i nervi di un automobilista, Napoli esclusa, quella è Milano.
Marco stava cercando di guidare prestando la massima attenzione alla guida allegra delle auto che lo sorpassavano da tutte le parti, costringendolo a spostarsi continuamente di qualche centimetro per evitare pericolosi contatti, pur rimanendo prudenzialmente sempre nella stessa corsia.
Era partito con un buon margine, con l’obiettivo di non prendere multe per eccesso di velocità o per passaggio col rosso. Neanche a farlo apposta, ecco l’ennesimo semaforo che scattava sul giallo. Rallentò e poi frenò, ma un istante dopo sentì una gran botta al posteriore e sbatté la nuca sul poggiatesta: un cretino lo aveva tamponato.
Scese con la rabbia che gli usciva dal naso e dalle orecchie, tanta era la sua indignazione per la stupidaggine compiuta dall’auto che lo seguiva: lui non aveva minimamente eseguito alcuna manovra brusca né aveva frenato improvvisamente. Sicuramente l’automobilista dietro di lui si era distratto.
Si accigliò quando vide che nell’auto con gli airbag ormai sgonfi sbucavano i visi di due donne spaventate, probabilmente madre e figlia.
«Che cosa stava guardando di così interessante, da doverla distrarre dalla strada?» esordì «Non credo di aver guidato senza giudizio!»
La donna matura lo guardò costernata.
«Mi scusi tanto, ma mi ero distratta un attimo ed è stato sufficiente»
«Ha ancora in mano il cellulare…si rende conto che è stata molto superficiale a non pensare alle conseguenze?» rincarò l’uomo.
«Ci scusi molto» intervenne la ragazza «credo che ci convenga togliere le macchine da qui e fare la constatazione amichevole».
«Non c’è dubbio» confermò Marco «solo che voi avete un bel po’ di danni: paraurti anteriore, mascherina, due fari, due airbag, un parafango…ci saranno svariate migliaia di euro di costi»
La donna impallidì.
«Sta scherzando? La macchina l’ho ritirata la settimana scorsa dal concessionario pagandola con la liquidazione di mio marito. Una parte l’abbiamo tenuta per fare un viaggio: non abbiamo un soldo, fino a che non arriverà la pensione»
«Io sono qui per lavoro e la macchina mi serve pronta entro venerdì prossimo, quando rientrerò a casa. Ho una buona compagnia con carrozzerie autorizzate in zona: possiamo contattarne una e vedere se riescono a farle un buon prezzo, visto che potranno lavorare con le tariffe ordinarie sulla mia, guadagnando qualcosa in più»
«Lei è gentile, ma non possiamo saldare il carrozziere. Mia madre è stata chiara su questo e le confermo che non possiamo permetterci di riparare la macchina adesso» intervenne la ragazza.
«Che lavoro fate?»
«Mia madre è impiegata part time e io sono studentessa»
Marco le squadrò a lungo e poi i suoi occhi divennero due fessure attente.
«Ho una soluzione, ma non so se vi piacerà» affermò risolutamente «non ci siamo nemmeno presentati: io sono Marco, piacere»
«Io sono Francesca e lei è mia figlia Laura. Piacere mio» disse la donna «che cosa ha da proporci?»
«Ho un amico che gestisce un giro di donne in difficoltà economiche e che con poca fatica rimediano a temporanei vuoti finanziari della loro vita»
«Detta in questi termini, mi pare che si parli di fare le escort» commentò la ragazza.
«Beh…direi senza mezzi termini che si tratta di prostituzione di alto livello, molto ben remunerata» chiarì l’uomo. «credo che nel giro di una notte possiate collezionare da tre a cinque incontri da un’ora ciascuno e guadagnare mille euro».
«E che ci facciamo con mille euro? Mi scusi, ma non è accettabile!». Francesca esplose con rabbia e si diresse a passi veloci verso l’auto sinistrata.
«Mille euro all’ora» spiegò Marco «C’è gente che paga bene se sa che ha di fronte una vera mamma con la vera figlia».
«No, non voglio nemmeno pensare a cosa accadrebbe tra me, mio marito e mia figlia. Una parola di troppo, uno sguardo colpevole e la storia verrebbe fuori e perderei la stima di due persone in un colpo solo»
«Permette?» domandò Laura «vorrei parlare con mia madre da sola. Può rintracciare la carrozzeria, intanto?»
Marco assentì e si allontanò di qualche metro per telefonare. Non fu facile né immediato trovare una carrozzeria disponibile a lavorare subito sulle auto, ma alla fine ottenne un appuntamento per consegnare i mezzi prima di sera e ritirare un’auto di cortesia.
Chiusa la comunicazione, si avvicinò alla coppia di donne che stavano in silenzio.
«Avete deciso cosa fare?» domandò in tono gentile «io intanto ho trovato dove portare le macchine e ho chiesto un’auto di cortesia. Vi posso accompagnare a casa, dopo la consegna».
Le due donne si guardarono a vicenda e rimasero in silenzio, gravate da un enorme imbarazzo.
«Non abbiamo scelta» disse Francesca «ti chiedo solo di far capire al tuo amico che selezioni gente affidabile e fuori comune».
Marco soppesò le parole e poi assunse un tono comprensivo e sfoggiò un sorriso rassicurante.
«Non mi preoccuperei della residenza dei clienti: spesso chi frequenta le escort ha tutto l’interesse che non si venga a sapere. Se doveste incontrare qualcuno di vostra conoscenza è probabile che compri il vostro silenzio piuttosto che vada a dire in giro che vi prostituite. Dirò comunque a Gianni, il mio amico, che vi presenti a uomini che vengono da fuori Milano, d’accordo?»
Le due donne mossero appena il capo, affermativamente.
«Datemi qualche minuto per organizzare la serata».
Marco rimase al telefono una decina di minuti e nel frattempo madre e figlia continuarono a scambiarsi i propri pensieri.
«Vi va bene iniziare domani sera alle venti? Visto che sarò sicuramente libero, vi posso accompagnare e anche venirvi a prendere. Dovrete darmi un indirizzo di vostro gradimento per trovarci mezz’ora prima e poi, dopo la serata, riaccompagnarvi!»
«Va bene» sospirò Francesca «ci possiamo trovare alla fermata della metro di Porta Genova, alle 19.30»
Marco sorrise comprensivo e poi, allargando il braccio verso l’auto, le invitò a salire in macchina.
«La carrozzeria è a un quarto d’ora da qui. Seguitemi!»
La sera seguente, Marco arrivò alla stazione con un paio di minuti di anticipo e le due donne arrivarono subito dopo.
Durante il tragitto l’uomo diede alcune informazioni su come era organizzato il luogo destinato agli incontri delle escort con i danarosi clienti. Francesca non si sentiva affatto tranquilla, mentre Laura era molto più calma o, forse, mascherava molto meglio il suo nervosismo.
Sbrigati i convenevoli, le due donne furono accompagnate in una camera matrimoniale dotate di bagno privato.
La stanza era simile a tante camere di albergo, con l’unica eccezione di avere uno specchio molto ampio sulla parete opposta alla testiera del letto e un armadio con tre ante ugualmente riflettenti.
Tre colpi bussati sommessamente alla porta le fecero trasalire e il loro cuore iniziò a battere forte. Laura aprì la porta e si trovò di fronte un uomo brizzolato in giacca e cravatta.
«L’accoglienza corrisponde a quanto mi ha anticipato Gianni. Posso entrare? Così conosco anche l’altra ospite».
La ragazza si spostò e lo fece entrare.
«Buonasera» sussurrò Francesca, imbarazzatissima.
«Buonasera a te, bella signora. Posso vedere le vostre carte di identità?»
Le due donne si guardarono negli occhi e obbedirono. L’uomo le prese e le mise alla prova, chiedendo le date di nascita di ciascuna all’altra.
«Pare che sia vero che siete madre e figlia. Spogliatevi, forza!»
Laura non ebbe problemi a togliersi tutto e a restare con i soli slip. Francesca invece rimase in intimo nero.
«Laura: spoglia tua madre» ordinò deciso l’uomo «e quando hai finito, togliti gli slip».
La ragazza arrossì, ma sua madre ebbe un tuffo al cuore. Essere umiliata davanti a un estraneo e per opera della propria figlia era una prova veramente dura. Laura le sganciò il reggiseno e poi le fece scivolare gli slip lungo le gambe. Completò l’ordine ricevuto e rimase in piedi, nuda, in attesa della successiva richiesta.
«Si vede che siete delle dilettanti. Bene, bene, bene. Forza, mettetevi in ginocchio entrambe e sbottonatemi i calzoni»
Laura slacciò la cintura mentre sua madre aprì la patta e fece scendere i calzoni fino alle caviglie. L’uomo portava degli slip neri sotto cui premeva già un membro gonfio. Fu Laura che prese l’elastico e lo calò lentamente fin sotto lo scroto, facendo svettare il fallo già rigido.
«Vediamo come ve la cavate con la bocca. Tu, piccola, voglio che mi succhi la cappella mentre tua madre si occuperà dei miei coglioni».
Laura non ebbe esitazioni nel prendersi in bocca il sesso; Francesca fece invece un grosso respiro prima di leccare lo scroto peloso del cliente.
«Ahhh…niente male. Soprattutto tu, troietta, ci sai fare con la bocca. Tua madre è più imbranata con la lingua, invece».
Francesca si sentì morire, ma continuò. Il suo obiettivo era di non fornire motivi ai clienti per lamentarsi di lei e di farsi carico della maggior parte della vergogna, che in quel momento le sembrava ingiustamente gravare sulle giovani spalle della figlia minore. Afferrò la verga con la mano e aspirò un testicolo in bocca.
«Ah ha! La mamma non vuole essere da meno della figlia! Brava: continua a tenermi le palle in bocca. Dimostra a tua figlia chi è la vera esperta di sesso tra le due. E adesso passate la vostra boccuccia lungo l’asta. Assieme!»
La grassa risata che ne seguì scaturiva dall’immagine delle labbra di madre e figlia che si sarebbero probabilmente toccate durante la fellatio.
Le due donne cercarono di non dare soddisfazione al cliente, ma egli, con un gesto inaspettato, spinse il bacino indietro e il membro si sfilò: inevitabilmente Francesca si trovò a baciare Laura. Fu un tocco lieve, ma avvenne e creò una strana complicità tra loro.
«Tu, piccola, stenditi sul letto e allarga le gambe. Tu, mammina, siediti sul letto. Mi tolgo la camicia e arrivo».
Quando il cliente si inginocchiò davanti al sesso di Laura, Francesca si sentì afferrata per i capelli e costretta a succhiare nuovamente il cazzo.
«Insalivalo bene che poi lo dovrai infilare nella figa di tua figlia».
A queste parole, Francesca si fermò, sconvolta, ma non ebbe tempo di riflettere perché la mano dell’uomo la costrinse a ingoiare il fallo per l’intera lunghezza, provocandole dei singulti da soffocamento.
Laura emise un piccolo grido di paura, ma l’uomo decise di mollare la presa. Sfilò il sesso e indossò un preservativo.
«Dai, prendimi il cazzo in mano e infilalo dentro».
Francesca sembrava afflitta dal morbo di Parkinson mentre avvicinava il membro dell’uomo alle labbra lucide della figlia.
«Ah, sì! Così: è quello che volevo. E ora, iniziamo col divertimento».
L’uomo entrò in Laura e cominciò a penetrarla con ardore.
Appoggiò le mani ai lati del cuscino e si avvicinò alle orecchie della ragazza.
«Poi mi scoperò anche tua madre» le bisbigliò «e sarai tu a tenerle larga la fica.»
«Ti piace fottere le puttane, vero? Immagino che le donne normali non ti vogliano» lo provocò Laura, sussurrando «pagare le donne ti fa sentire potente? Fammi sentire quanto maschio sei!»
«Provochi, troia? Ti accontento subito!»
L’uomo divenne una furia incontenibile. Vedere finalmente quella ragazza che strizzava gli occhi per la violenza che stava subendo lo faceva sentire gratificato per i soldi che aveva speso. “Questa puttanella non merita altro che una buona dose di cazzo” pensava mentre sentiva che l’orgasmo si avvicinava veloce.
«Dai, mammina, distenditi qui, a sinistra di questa bella troietta. Voglio te, ora.»
Francesca si adagiò sulla schiena e allargò gambe e labbra della fica. Il cliente si tolse da sua figlia e possedette subito dopo la madre, senza molte cerimonie.
Laura respirò a fondo e poi si appoggiò sul braccio sinistro e si girò a guardare sua madre che veniva violentata. Il termine era giusto, dato che il cliente la stava martellando come se nella sua fica ci fossero basilico e pinoli e dovesse fare il pesto.
Quando Francesca vide sua figlia che la osservava, girò il viso dall’altra parte, incapace di sostenere lo sguardo per la vergogna.
Laura invece osservava come venivano sbattuti i seni, udiva lo sbattimento dei due corpi e il respiro ansante e i gemiti di sua madre.
«Non sbagliavo a dire che ti piace sbattere le puttane» disse la ragazza al cliente che ormai stava per venire.
«Che gran troia. Stai dando della puttana a tua madre: te ne sei resa conto?»
«È quello che siamo in questo momento. Perché negarlo, super macho? Da domani saremo una normalissima coppia madre e figlia, ma con un debito in meno».
La sfrontatezza di Laura fu il cerino che accese i fuochi artificiali del piacere supremo. Con una serie di versi animali l’uomo godette nel corpo di Francesca.
Laura sorrise perché aveva raggiunto il suo obiettivo: far smettere il cliente prima dell’ora concordata per poter così prendere fiato.
La sua speranza naufragò in un mare di un’imprevedibile lussuria: il cliente non era soddisfatto del tutto.
«Tu, troietta, dammi una bella ripulita e poi riportamelo in tiro!»
La ragazza sfilò il preservativo, ne fece un nodo all’estremità aperta e lo gettò sul comodino, su un fazzoletto di carta. L’uomo era in piedi a fianco del letto; Laura, seduta su di esso, lo prese in bocca, ancora lucido di sperma, e lo succhiò e per il ribrezzo fece strizzare gli occhi di sua madre.
«Com’è? È dolce? Pulisci bene e lasciaci un bel po’ di saliva. Ho voglia di ficcartelo nel tuo bel culetto, puttanella.»
«No, la prego! Non lo faccia! Le farà male. Mi dica cosa posso fare io in cambio del…della…di…dell’atto contro natura, insomma».
«Che signora raffinata! Ti fa schifo dire ‘inculata’? comunque non puoi farci niente. Il suo culo tondo mi farà dire che ne è valsa la pena, pagare tutti quei soldi. Su troietta, mettiti a 4 zampe e spingi il culo bene indietro».
Laura obbedì mentre Francesca aveva l’espressione di un cane bastonato, afflitta dall’incapacità di negoziare un trattamento di favore per la propria figlia, che era in quella situazione per colpa sua.
«Insalivami il cazzo, mammina, e poi puntalo sul buco del culo della tua bambina».
Laura si sentì arrossire per l’imbarazzo che sicuramente stava provando sua madre. Francesca non si era solo imbarazzata: la vergogna provata per il linguaggio usato dall’uomo le aveva ingroppato la gola e i suoi occhi stavano per riempirsi di lacrime generate dall’umiliazione.
Prese in bocca il cazzo già duro e lo succhiò con perizia, desiderosa di eccitarlo parecchio per evitare che la sodomizzazione di sua figlia si prolungasse troppo.
«Stai diventando una brava pompinara, bene!»
Francesca imitò la figlia nel provocare l’uomo, intuendo che la strategia di Laura le avrebbe consentito di ridurre i tempi di contatto con il cliente.
«Ti piace quando succhio forte la cappella? O preferisci che ti succhi le palle? E se passo la lingua dalla base fino alla punta, lasciando una bella scia di saliva?»
La donna guardava l’uomo dritto negli occhi, cercando di sorridere.
«Fammi tutto quello che hai detto e poi sputa sul buco del culo di tua figlia: vedi come palpita?»
Francesca si adombrò per alcuni secondi e poi si applicò in una fellatio appassionata.
Arrivò il momento fatidico di spingere la grossa cappella nello stretto pertugio di Laura. Lasciò cadere un rivolo di saliva sullo sfintere e poi diede il via alla sodomizzazione.
Appoggiò il cazzo e l’uomo spinse piano. Laura iniziò a mugolare, mentre sua madre si sentiva morire nell’essere lì a guidare il sesso maschile nel corpo della sua bambina.
«Dai che si è già allargata! Tua figlia non è vergine o è stata baciata da madre natura nell’avere uno sfintere così elastico!»
Francesca vide che il cazzo entrò progressivamente fino all’ultimo centimetro. Laura gemette, ma non diede sintomi che fosse un dolore insopportabile. Quella sensazione le risollevò l’animo.
Il cliente non perse tempo. Non appena entrato nel sedere di Laura, non si attardò a fare avanti e indietro con calma, ma la possedette subito con energiche spinte. Francesca era lì, a pochi centimetri dai fianchi di sua figlia, brancicati con forza da un estraneo, mentre veniva inculata. Non riusciva però a distogliere gli occhi da quel buco allargato e percorso più volte dal fallo duro e imperioso del cliente.
«Ah, che bello! Questo culo è superlativo. Se avete ancora bisogno di soldi, vi lascio il mio numero così non dovete lasciare la percentuale al pappone».
Il ritmo aumentò e Francesca iniziò a preoccuparsi per la salute di Laura che però, in verità, sembrava mugolare e sospirare di piacere.
Vide che portò un dito sotto il ventre e iniziò a masturbarsi, aumentando ancora i suoni voluttuosi che uscivano dalla sua bocca.
«Ti piace farti inculare, eh, troietta? Sento che stai godendo…e anch’io sto per venire, cazzo! Ecco, ecco, ecco, eccoooo…!!!»
L’uomo gridò e Laura pure. Sua madre spalancò gli occhi per la sorpresa. La sua bambina aveva goduto dopo un’inculata e non aveva mostrato la stessa libidine durante la precedente scopata.
L’uomo non smise di sbattersi contro le natiche della ragazza e Laura di conseguenza non smise di gemere. Dopo un lungo minuto, Francesca trasecolò nel vedere il pene flaccido uscire dallo sfintere di sua figlia trascinando con sé un rivolo bianco di sperma che colò lungo le labbra della ragazza, rimanendo sospeso su clitoride.
«Bene. Mi siete piaciute. E sono riuscito a godere due volte in quaranta minuti! Siete veramente una affiata coppia di troie. Brava la mamma e ancor meglio la figlia! Mi lavo e vi lascio riposare un po’»
Laura rimase sdraiata, ansimante, e sua madre si adagiò al suo fianco.
«Ho capito tardi la tua tecnica» bisbigliò Francesca «sei stata furba.»
«Grazie, mamma. E adesso speriamo che arrivi qualcuno che ami fare qualcosa di meno impegnativo».

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