Gigolò a settant'anni Cap 1

Scritto da , il 2018-12-13, genere sadomaso

GIGOLO A SETTANTA ANNI. Cap 1


Note:
UNA SERA DI NOIA CON VECCHI AMICI QUASI DIMENTICATI, UNA NOIA, UNA IDEA BALZANA PER ASPETTARE L'ORA DI CONGEDARCI. PROPORCI COME GIGOLO'. IO HO VINTO CERCANDO DI FARE LO SPIRITOSO. A ME HANNO RISPOSTO IN TANTE. FINALMENTE IL SUCCESSO NELLA VITA A SETTANT'ANNI.
Note dell'autore:
IL SUCCESSO A SETTANT'ANNI, SOLDI E DONNE

La periferia di Milano, dove è già campagna ma ad un tiro di schioppo dalle grandi vie di comunicazione, su una stradetta un tempo asfaltata che si stacca quasi invisibie da una strada anch'essa stretta e di poca importanza. Poco distante un vecchio muro di cinta sbrecciato e coperto di rampicanti, circondato da vicino da una delle tante rogge fangose. Oltre il muro non si vede altro che un'altra muraglia, d'alberi questa e che potrebbe celare il nulla oppure una vecchia cascina in disuso od uno dei tanti capannoni abbandonati anni prima dagli sfasciacarrozze o dai raccoglitori di cassette da frutta e sfasciumi vari, anch'essi da tempo allontanati per ragioni igieniche. Nella sala d'angolo al primo piano un uomo legge il giornale. Ancora un bell'uomo che dimostra molto meno dei suoi settant'anni e passa ma non sembra certo un giovanotto. Indossa un completo grigio, sobriamente elegante, visibilmente lavoro di un buon sarto. Robusto senza essere grasso tiene ordinata la folta capigliatura bianca e cortissimo il pizzetto ed i baffi sottili. La signora che aspettavate sta arrivando, dottore. E' Lisetta, da anni sua cameriera, affiancata da qualche tempo dalla nipote. L'uomo respira a fondo, è sempre nervoso nell'affrontare una nuova cliente. Si deve trattenere dal ripetere alla anziana cameriera le solite istruzioni che quella già conosce a menadito. Al momento opportuno osserva attento l'immagine di un volto su uno schermo in bianco e nero. Lo spegne soddisfatto e siede in attesa.


Mi guardo attorno, è tutto in perfetto ordine per colpire la fantasia senza intimorire, od intimorire soltanto un poco, cioè quel che serve. Quello che doveva essere un passatempo di una serata tediosa con alcuni amici di un tempo che ormai non si riconoscevano quasi più, mi pemette di guadagnare abbastanza di che mantenere quasi il vecchio tenore di vita... oltre al resto.


“So che hai sognato almeno una volta di un uomo, il tuo padrone e te, in ginocchio ai suoi piedi, trepidante, ansiosa...impossibile ovviamente. La tua educazione, il tuo “status”, la famiglia...invece è possibile...qualche ora soltanto...un gioco forse o poco più...”


Le risposte erano giunte più numerose di quanto, anche oggi, dopo quattro anni, mi sembri possibile. Non avevo nascosto la mia età: quasi settanta anni avevo detto, non ci mancava molto allora, quatto anni fa appunto. Le prime risposte...ma eccola, cesso le divagazioni estemporanee, la osservo attento.


Elegante, ben vestita, un personale ancora notevole, certo ricca od almeno benestante, molto benestante, altrimenti non potrebbe essere qui. Tendo la mano, celo dietro la finta noncuranza la contentezza di chiudere la settimana con una nuova “buona cliente”, una cioè che pagherà il massimo della tariffa e magari anche spesso. I soldi mi fanno comodo. Maschero anche una certa noia, è solo lavoro, eccitante qualche volta, noioso fin troppo spesso. Si accomodi signora e le indico una poltrona davanti a me, scelta perchè molto comoda, di proposito collocata non troppo accosta ma neppure lontana più di tanto. Evito di scrutare il viso coperto da una maschera veneziana, una bautta, impenetrabile. Siede sulla poltrona con la naturale compostezza consueta ad una vera signora, la borsetta sul lato e le ginocchi pure un poco di lato, piegate ma ben unite. Ha le caratteristiche che da sempre prediligo: abbastanza giovane ma certo non è più una ragazza, non troppo alta, formosetta, niente mani o piedi troppo grandi. Un po' troppo formosetta? Un poco in ritardo, ma questo, ad un primo colloquio, non lo evidenzio di certo. Stavo per bere il caffè di mezza mattina, signora, ne gradisce una tazzina, preferisce qualcosa d'altro? Va bene il caffè che le cameriere hanno già preparato nell'altra stanza per poi portarcelo su un vassoio ancora nella caffettiera. Vai pure Lisetta, ci pensiamo da soli. I soliti trucchetti: resto immobile quel tanto che basta a spingere la mia ospite a mescere il caffè, a chiedermi quanto zucchero voglia per poi porgermi la tazza. Bene, signora, per ora la chiamerò signora appunto e lei si rivolgerà a me chiamandomi dottore. Un cenno di assenso, ma vorrei sentire la sua voce. E' mia ospite, proseguo, non sa dove siamo mentre io non so chi sia lei, non so nulla di lei. Probabilmente non lo sapremo mai. Anche se questi sotterfugi, come il modo con cui è stata portata qui, ci complicano non poco la vita, le danno, danno anzi ad entrambi alcune sicurezze, un quid di tranquillità in più. Non nomino l'amica che la ha “raccomandata”. Non deve esistere niente e nessuno oltre noi due, la lei di turno ed io, in questi primi attimi delicati; non è vitale ma migliora un poco le probabilitù di successo. Un sistema che ho adottato da tempo. Perché è qui? Esita un attimo, poi ascolto una delle storie consuete, tipo figli ormai grandi, il mariti che per lavoro si assenta spesso ed a lungo, la noia... Anche la voce mi piace. Si signora, capisco, ma chiedevo altro. Di nuovo esita, per un attimo intravedo il lampeggiare degli occhi. Mi ha colpita quello... quello che ha scritto su internet. Entro certi limiti mi ci sono riconosciuta. Cioè, chiedo implacabile come sempre in questi casi, nei preliminari. Non esita più. Un sogno, di nuovo si interrompe. Un vecchio sogno di ragazza ed ovviamente rimasto tale. Sto per dirle di andare avanti, decido invece di uscire dalla routine. Un sogno che ora può realizzare. Un mio nuovo silenzio ora la dovrebbe spingere ed infatti la porta ad ulteriori spiegazioni o a fare qualche domanda. Fino a che punto può spingersi questo...gioco? Non è un gioco, signora, sarà veramente una schiava e trattata come tale. Dei limiti ovviamente ci sono, ma solo di massima e sarò io a definirli ed interpretarli di volta in volta, secondo quanto però decideremo ora, insieme. La regola è farle parlare ma siamo già al punto in cui devo porre io i paletti. Poche regole, dico quasi con indifferenza, certamente invallicabili, una per cominciare, dalla quale ne discendono altre. Mai metterla neppure lontanamente nella condizione di subire danno od anche solo imbarazzo da questi incontri. Non saprà mai di altre mie ospiti, non le vedrà anzi. Nessuna la vedrà o saprà di lei. Non la metterò in condizione di imbarazzo con marito, figli, amici. Incontrandola per caso mi guarderei bene dal far capire che la conosco e lei farà altrettanto. Se la punirò, non lascerò segni su di lei che possano incuriosire un marito od un amante, od anche soltanto le impediscano di frequentare una spiaggia. So che sgrana gli occhi, ne sono certo. Userebbe una frusta? Con me? No, non certo una frusta. Ci sono modi per dare dolore, almeno un poco, con strumenti...antichi, studiati appunto per punire una donna, una schiava, senza deturparla; davano dolore senza privarsi del piacere futuro, pochi giorni od anche solo poche ore dopo. Sorido un poco, poi proseguo: e se ben conosco gli uomini, senza togliere valore a quella loro proprietà. La tecnica moderna ha persino migliorati tali strumenti. Ma cosa vuol farmi? E' allarmata ora. Tutto quello che servirà o mi piacerà fare. Penso stia per alzarsi e me ne dispiace, per il denaro ed il resto, ma esita. Anche dal punto di vista...sesso? Forse, vedremo col tempo, perchè porre limiti alla provvidenza? Risposta sbagliata, penso. Correggo il tiro in qualche modo, e lei di nuovo siede, si appoggia anzi più comodamente. Non ho mai avuto amanti. Non ho mai tradito mio marito. Potrei dirle signora che potrebbe essere, nel caso succeda, una vera violenza carnale di cui non sarebbe responsabile. La piegherò signora, è inevitabile, ma non è detto si arrivi a questo, Sono impegnato in quella parte di discorso che mi ha fatto scappar via parecchie clienti. Si cammina sul ghiaccio sottile quando si arriva a questo punto, e ci si arriva sempre. Non posso daltronde dire cose diverse perchè lei non sarebero qui se non ci fosse anche questa componente nella sua decisione di chiedere un appuntamento. Sotto sotto quella del sesso è la molla principale per quasi tutte, anche quelle che poi preferiscono od esigono altro. Va bene accetto. Per un attimo ne resto sorpreso, la fisso. Conosco le altre condizioni, quelle relative...ai pagamenti ...mi sta bene, dottore, ma ho nei prossimi tempi una serie di impegni. Sta per dire che per ora non se ne fa niente, vedremo, ma in genere è un modo gentile, loro lo pensano, per dire mai. Non so quando potrei venire, non prima di settimane, forse quattro o cinque. Ho con me il denaro contante, lei dottore è libero oggi? Sono io a sorprendermi per aver continuamente e completamente frainteso le sue parole, i suoi atteggiamenti, i suoi gesti. Quattro ore. Una bella somma, tale da rimettere nella norma i miei incassi settimanali. Non ho tante clienti da dover consultare l'agenda per rispondere di si. Ora, amica mia, la cameriera che d'ora in avanti chiamerà signora Lisetta, la porterà nello spogliatoio. Le ubbidirà senza discutere. La cameriera è autorizzata ad usare a questo punto una certa coercizione. Verrà preparata e riportata qui per essere presentata. Va bene, risponde senza esitare. Ora, se ha ancora qualche domanda dica pure, poi, quando torna, le impartirò altre istruzioni, ordini anzi.
Sono tanto eccitato che fatico ad orinare. Lei impiegherà una mezzo'ra almeno, io sono invece pronto prima. Devo solo sciacquarmi sotto le ascelle ed il petto, ho sudato come un pazzo esagitato, molto più oggi delle altre volte. Forse perchè questa donna mi piace, mi eccita. Mentre mi cambio mi chiedo se potrò mai scoparmela. Spero di si ma certo non oggi, la prima volta che viene qui. Penso poi al conto in banca. Anche questo mese, pagate le spese metto qualcosa da parte. Non ricordo in che banca devo versarli, guarderò in agenda. Glicine, ecco, questo sarà il suo nome. Sto ancora fumando quando Lisetta si dichiara pronta a portarmela per la presentazione. Facendo un giro ero arrivo al suo armadietto. Riposte le sue cose nella borsetta, so come si chiama. So anche altro. La sciocchina ha in borsa, oltre ai documenti, la lettera di una amica ed un'altra; deve averle trovate in casella uscendo e non ha resistito alla tentazione di portarsele appresso e leggerle. Veramente interessanti. Illuminanti. Lisetta me la porta con i capelli castano scuri sciolti,


Un pareo le fascia i fianchi scendendo, quasi del tutto trasparente, ai piedi nudi. Ha poco d'altro, un fazzoletto di seta, a coprirle, anzi ad evidenziare il seno. Poi collare, guinzaglio ed i polsi avvinti dai bracciali ed uniti da una catenella al collare. Eperienza fatta in anni di mestiere. La cosa più lunga, le prime volte, era farle spogliare durante la presentazione. Così invece il problema è risolto in partenza, come risolve il problema delle proteste ad essere spogliate e agghindate come desidero, il bavaglio che le è stato imposto subito, prima ancora dei bracciali di morbido cuoio. Per ultima la bautta cieca, ciè con i fori per gli occhi, coperti. Lisetta ha fatto per anni la tenutaria, la maitresse di bordello, ci sa fare con le recalcitranti. Per la precisione sa far molto male se lo vuole e senza lasciare segni, oppure può immobilizzare una persona con mosse molto efficaci. La schiava è stata preparata dottore. Poi mi affida il guinzaglio e, liberatala della bautta esce chiudendo. Entrando mi ha fatto alcuni cenni, dai quali ora so che si è comportata passabilmente bene. Non del tutto però. Seguendo la mia voce sta rivolta verso di me non senza qualche timore penso, mugola un poco, forse vuoi dire qualcosa? Bene, mia cara, oggi è la tua prima volta da schiava. In genere non autorizzo una schiava a parlare, mai. Poi vedremo. Per ora inginocchiati. Le giro attorno, la faccio poi alzare. Ancora non vede, al posto della bautta cieca le ho imposto una benda. Il cambio al suo arrivo è servito in teoria a permettermi di vederne il viso che è regolare e bello. Ha gli ochi scuri. La guido con il guinzaglio e con l'aiuto di un frustino per cavalli. Ne carezzo il corpo con la mano, senza indulgere ai seni o altra parte “sensibile”. Il fianco, il capo, il volto e le braccia. Si è ritratta irrigidendosi lo stesso ma non è scema e capisce in fretta che la sto risparmiando o mettendola alla prova. Uso allora per le altre parti, sempre in silenzio, il frustino. Sussulta solo la prima volta. Dopo un poco la sua paura e la sua eccitazione diminuiscono, è ora di smetterla. La riporto al punto di partenza, le tolgo il bavaglio, la benda e le libero i polsi. Ferma, immobile, le ordino. Poi, comodamente seduto, mentre fumo simulando una indifferenza solo parzialmente vera, le dico di spogliarsi. Come era pensabile esita abbastanza perchè possa dirle che sarà punita. Slaccia i due unici veli, scopre il seno, buono, non perfetto ma molto ben fatto per una donna di trent' anni o poco più, ed i fianchi, certamente almeno pregevoli, quasi voluttuosi se non fosse per i due o tre chili di troppo. Il vello pubico è decisamente eccessivo, commento, e qualche chilo dovrai proprio perderlo. Adesso vieni qui. Inginocchiati. Di nuovo la ammanetto. Capisci di essere del tutto in mio potere? Possibile, mi chiedo, che non abbia paura? Così sembra, ma devo farle provare paura. A mali estremi... Dopo un attimo è legata per i polsi all'archetto delle due colonne. Le colpisco i seni e poiché per sottrarsi rotea se stessa, infliggo altri colpi sulle natiche e sulle cosce Sembra impazzire. E' doloroso quello sverzino, è uno strumento nuovo, costoso. Fa rumore, un sibilo cattivo, e brucia abbastanza. Non crea ematomi ed in qualche ora o quasi, al massimo un paio di giorni, secondo la forza ed il numero dei colpi, scompare tutto. Ha gridato, un grido, prima di sorpresa, poi di dolore e di rabbia. L'avevo di nuovo bendata. Pensavi fosse uno scherzo troietta, schiava? Pensavi cosa? La strattono, la sospingo, ma non la libero dalla fune che la vincola all'archetto se non quando smette di piangere. Solo allora, liberatala, la abbraccio stringendola con forza. Sei la mia schiava, farò di te quello che voglio ed imparerai cosa sia la obbedienza al tuo padrone.


Ora la donna ha paura. Vorrebbe avere tra le mani l'amica che l'ha inizialmente spinta a questa follia. E' di nuovo legata, alla colonna questa volta e sente il Padrone allontanarsi per poi tornare. Cosa vuole da lei, cosa vuol farle? Si dibatte quando le allarga le natiche, inutilmente però, anche le caviglie sono legate alla colonna. Con lentezza perversa un dito percorre la fessa, si ritira, torna dopo un attimo, le sta ungendo il buchetto dietro ed il perchè è ovvio. Si dibatte ancora, è la unica cosa possa permettersi, legata ed imbavagliata come è. Se resisti è peggio, te lo rompo questo bel culetto. Ma è più forte di lei resistere od almeno tentarlo. Sente, no è un coso non il membro di lui, ovvio, è un vecchio. Il membro artificiale, sia pur lentamente, le forza l'esterno dell'ano, allarga dolorosamente lo sfintere. Dolorosamente perchè non ha mai affrontato simili situazioni, perchè tenta ancora di opporsi... Entra di più, scende sempre più a fondo. Ora non è più molto doloroso se non per il suo orgoglio.
Le fisso la cintura in vita. Dal centro pende un cordicella che imprigiona il fallo nelle reni di lei. Ora ti spiego perchè sarai, sei anzi una vera schiava, mia per sempre. So che sei una esperta di elettronica. Guarda. La ha portata sul divano.


La vedo sbiancare immagine dopo immagine. Glicine che si fa lavare, Glicine che viene presentata, portata a passegio a guinzaglio, e poi lei che si denuda, che viene battuta, sodomizzata, che accetta quanto le ho fatto fare...Sei perduta, lo sai. E' ancora impietrita. Sei la mia schiava e lo sarai per sempre. Se ti vorrò, dovrai inventare balle per chi vive con te, molte balle. Non ti metterò a rischio però. Non voglio perderti. Sarai la mia schiava, imparerai cosa voglia dire ubbidire, essere sottomessa, soltanto un oggetto, un giocattolo. Estraggo il fallo dal sedere ma solo per sostituirlo con uno più grosso. Ti stò allargando il culo. Ce l'hai stretto, ma così ti romperei ad incularti senza crema ed a me le creme non piacciono. I culi delle schiave me li godo “nature”. Sarai la mia schiava, non l'unica ma una delle poche, la mia donna, imparerai a farmi splendidi pompini a me ed ai miei amici... e vado avanti. Ti chiaverò e mi chiaverai da quella schiava puttana che sei. La stringo e la bacio, la carezzo in completa libertà, senza negarmi alcuna parte di lei. Lo stesso che baciare e toccare una bambola di gomma. Grossi lacrimoni le scendono lungo le gote. La cullo. Un padrone deve anche fare questo.


Non so come ma è riuscito a fotografarmi col mio telefonino. L'ho visto trafficare col suo portatile per poi mostrarmi le immagini. Sono legata ed anche non lo fossi, non potrei fare nulla. Mi fa orrore, lascio mi carezzi le mammelle, tra le gambe che ubbidendo tengo aperte, provo un brivido. Dovrò farmelo piacere, per fortuna è vecchio ma ha parlato di amici ma solo se sono ostinata, non abbastanza sottomessa. Sarò la schiava più sottomessa della storia sarò tutto quello che vuole, poi devo capire dove sia questo posto, trovare...no, brucerò tutto. Devo fingere, devo convincerlo. Sono giovane, bella, saprò far su un vecchio scemo. No, fai attenzione, vecchio ma non scemo, anzi. Mi slaccia i polsi. Lo abbraccio e lo bacio, un lungo bacio, forse il più lungo bacio della mia vita. Sono vostra, voglio essere vostra, padrone. Prendi il tuo telefoniono e cancella le memorie. Meglio che niente, anche se è tutto sul PC. Cancella il disco rigido del PC. Lo guardo perplessa, non capisco. Non vorrai lasciare in giro immagini così, spero. C'è ben poco del resto da cancellare, nulla che non si possa recuperare dall'altro mio computer, mi dice sorridente, qualche conto di casa. Nessun collegamento via cavo e neppute via etere o laser o altro. Esamino tutto il PC ben bene, me ne intendo. Comincio a cancellare immagine per immagine, quando ho finito mi suggerisce di formattare l'hard disk. Se vuoi, portatelo via, e ripeti la cosa più volte... Lo guardo, va sovrascritto molte volte. Appunto. Perché? Lo chiedo per avere conferma del dubbio che mi è balenato ora, vedendolo soddisfatto, quasi sornione. Non ti sei sentita perduta? Non hai creduto a tutto il resto? Non ti sei sentita prigioniera e schiava? Era così, tutto vero ma tutt'ora temevo l'ennesima burla nella burla. Ma voi Padrone fate così con tutte quelle che vengono quì? No, solo con quelle che mi piacciono veramente, quelle che vorrei fossero mie schiave, che sogno siano mie schiave. Mi abbraccia e sono io a cercarne la bocca, baciandolo di nuovo con una passione che credevo spenta da anni.


Per mostrarmi le immagini la prima volta, si era seduto sul divando, facendo sedere me tra le sue gambe divaricate. Ho sentito premere sulla fessa quello che data l'età di lui, avrei pensato fosse una protesi, ma era calda. Ormai ero però uno straccio, priva di qualsiasi volontà. Finire sui giornali, su qualche sito di internet, vedere i risolini dei vicini e peggio ancora delle amiche. Le linee telefoniche sarebbero diventate roventi ed immagino...non potevo sperare di essere libera fintanto che quelle immagini potevano essere messe in circolazione. Ora mi tocca come vuole, non ha remore, ritegno. Ti tocchi spesso? Riesco appena a scuotere il capo in un gesto di diniego. Mai, e ripeto poi, assolutamente mai. Non vado certo a raccontare i fatti miei di quando ragazzina...Allora vatti a sedere la, di faccia. Con le spalle appoggiate al mobiletto, a gambe sconciamente spalancate aspetto, le ginocchia piegate quasi verticali sui piedi, mostro la f ed il c. Non ti sei mai toccata, sul serio? No Padrone...Come è facile lasciarsi andare, arrendersi, perdere ogni dignità. Dolore e paura. Molle elementari, oltre al denaro, che certo fanno aprire le gambe ad un mucchio di donne che altrimenti se ne guarderebbero bene. Ed io? Io sono una pura idiota. Io pago per questo. Nel silenzio emergo dal torpore che mi aveva presa, certa che qualcosa farò, che mi libererò da questo inferno e di questo mostro che sento di odiare in modo inverosimile. Il silenzio dura a lungo e viene rotto da Lui. Allora dici di non esserti mai toccata, bene, ti credo ma è il caso di provarci, devi provarci, non credi? Adesso ed apri anche gli occhi, guardami. Resto immobile, incredula, incapace di disubbidire e di ubbidire, ad occhi sempre chiusi come ciò mi isolasse dalla realtà. Come se il buio fosse un rifugio. Dopo un poco si ripete, quasi grida, guardami! Me lo ripete poi ancora, per la teza volta, ma a voce bassa, bassissima e per questo per me più terrorizzante. Mi manca persino il fiato per dire di no e scuoto il capo. Mi trascina di nuovo verso l'archetto di prima e mi lega, non penzoloni ma alle colonne, immobilizzata a gambe e braccia spalancate, sostenuta sul davanti da una fune che mi passa sotto le ascelle, di nuovo imbavagliata e bendata. Prima mi mostra due corti frustini, li usarà entrambe. Uno ha come terminale un piccolo triangolo, l'altro un cimino di un paio di centimetri di lunghezza ed ancora più stretto. Me li descrive, a lungo, minuziosamente, ma se pensa di accrescere le mie paure sbaglia. Sento che mi parla ma capisco ben poco, sono oltre la paura ed il terrore, sono quasi indifferente a tutto. Sono costosi ma molto dolorosi se ben maneggiati ed io sono un maestro... questo l'ho capito. Ora non vedo più ma dovrei sentire il sibilo. NON LO PERCEPISCO NEPPURE. Un dolore tremendo, pazzesco, accresciuto dalla sorpresa, ed il capezzolo sinistro brucia, è come se fossi stata trafitta da aghi roventi, grido e grido ad ogni colpo e tra un colpo e l'altro che si abbatte ora a destra ora a sinistra. Poi il peggio. Tra le gambe, in alto sul sommo della fessura, sul puntino, il clitoride. Pochi colpi. Non so quando ho orinato, non me ne sono accorta. Quando la cameriera viene a pulire ed a pulirmi, mi riserva una occhiata malevola. Non me ne importa, fatico persino a tener sollevata la testa. Sono di poco rinfrancata e non so quanto tempo sia passato quando torno a sedere contro il mobiletto. Mi fa male anche solo sfiorarmi il petto e tra le gambe ma adesso ho troppa paura per rifiutare. Mi sento strana, sempre più strana, non penso a nulla mentre mi tocco per il primo ditalino della mia vita. Mi ferma prima che...Poi del gel allevia il dolore, almeno in parte. Le dita spandono il gel delicatamente, carezzevoli. Stai ferma! E' pur sempre doloroso e mi sono ritratta. Allarga le gambe. Con mia meraviglia ubbidisco immediatamente. Siedi, alzati, vieni qui...Ubbidisco passivamnte. Mi lascio legare sul divano. Non mi sono neppure accorta che si spogliava. Per un attimo il suo pene sfiora il mio viso e penso che voglia mettermelo in bocca. Nausea e vergogna. No non vergogna, paura, di non essere alla altezza, di non riuscirci, di essere ancora battuta. Il dolore! Non sapevo fosse così avvilente, ti toglie ogni energia, ogni volontà, l'onore e ti rende appunto schiava di chi sa come infliggertelo e vuole infliggertelo. Scapperò, certo e brucerò il mondo per liberarmi ma ora non so, non posso sottrarmi, ora farò tutto quello che vuole, sarò, sono la sua schiava. E' una posizione scomoda ma ovviamente ho troppo timore di lui per lamentarmi. Sono stesa sul divano, i polsi tesi verso l'altro bracciolo. Su questo mi ha fatto posare il ventre. Si stende sopra di me, mi tocca i seni, passa le dita sui, miei orifizi. Sta estraendo dalle mie reni il pene finto, involontariamente stringo le chiappe e mi faccio male da sola. La cameriera, Lisetta, entra con un vassoio. Gli occhi cercano i miei, sorride. Le piace vedermi umiliata in questo modo, legata, dolorante e con un cazzo di plastica che mi spunta mezzo dentro e mezzo fuori dal sedere. La ucciderei in questo momento, mi limito ad abbassare gli ochhi . Un attimo di pazienza Lisetta e poi mangio. Un attimo di pazienza per cosa? Mi scopa o mi vuol rompere il sedere? Il sedere me lo ha già rotto, ma non credo per lui conti il cazzo di plastica. Aspettami qui bella schiava, vado a lavarmi le mani, non andartene. Anche derisa! Cambiala, mettile il tre. Quando torna è fatto e mi sembra di avere in corpo un palo. Mi ha fatto male facendolo entrare ed adesso mi tira da morire, mi sento lacerare, stringo gli occhi per non dare a quella la soddisfazione di vedermi piangere e perchè mi fa paura. Lui, devo ricordarmi di chiamarlo Padrone e con deferenza, è tornato. Mi sposta in su ed lo appoggia all'imbocco della fica, adesso mi penetra, mi chiava, mi chiava. Si muove un poco. Sta mangiando e sento alcune briciole cadermi addosso. La donna di servizio guarda interessata. Resta qui per suo ordine, non ho dubbi, ed allora apro gli occhi, la fisso. Il Padrone non sembra aver ancora deciso cosa fare. Si era spostato ed aveva premuto sul buchetto dietro di nuovo liberato, facendomi torcere per il male. Non è entrato, ha solo premuto un poco. Si ritrae, di nuovo punta la f, di nuovo preme. Dio mio, non è protetto. Sono in un giorno fertile? No, viene fuori, anzi non è entrato per niente. Un pianto liberatorio mi squassa quando vengo slegata. Mi porta in un bagno piccolo ma civettuolo, passa la spugna sul corpo sudato, mi asciuga e deve sostenermi. Di nuovo sul divano guardo questa stanza con occhi diversi, sarà il mio inferno, penso. Mi lascio però abbracciare, lo fa con una certa gentilezza senza però trattenersi da nulla se non possedermi; no, non si rifiuta nient'altro. Ad un mio gesto di ripulsa mi pone sulle sue ginocchia e mi porta a piangere di dolore. Non credevo che essere sculacciata fosse così doloroso. Le dita di tanto in tanto percorrono la riga del sedere e giungono carezzevoli al mio sesso, vi insistono fino a farmi quasi gemere e non di dolore. Di nuovo sono seduta col suo membro che preme sulla riga del sedere. Mi vuole così, ma farà male. E' il dolore che temo, tutto il resto non importa mi porge il telefonino. Lo guardo meglio, è il mio. Poi, quando mi fa cancellare le immagini sul suo vecchi portatile capisco. Mi mancano le forze, non è vero niente, non mi sta ricattando, mi ha fatto però capire cosa voglia dire pensare, credere, di essere sul serio una schiava.


E' calda tra le mie braccia. Ha capito. E' lei ora a stringersi a me, a baciarmi, a cercare sia pure timidamente le carezze, anche le più intime. Mi chiama Padrone. Potrei prenderla ora, non ci sarebbero problemi, direi che non aspetti altro. Devo però riposare. E' arrivato un messaggio delle gemelle e ho detto a Lisetta di accettare. Significa una grossa somma ma sono le regine del pompino, mi sfiancano e rognano se mi trovano poco in forma. Protestano anche se la tavola non è all'altezza delle loro aspettative. La vedo seguire Lisetta, addobbata come all'arrivo, secondo la tradizione. Non devi prendertela con Lisetta, le ho detto, la responsabilità di tutto ciò che avviene qui è mia. Ti aspetto. Per quanto legata si è protesa in muta offerta. Mi son chinato a baciare attraverso la seta sottile i capezzoli martoriati poi la ho abbracciata mormorandole all'orecchio. Torna dal tuo Padrone, torna presto.


Ha il viso stravolto, livido. E' stata lavata dentro e fuori, truccata. Prima di truccarla le hanno spalmato unguenti sulle parti più dolenti: capezzoli, ano e clitoride. Le fischia un'orecchio, già, gli schiaffi. La farò scendere vicino a dove l'ho tirata su prima, non proprio li però. Quando mi fermo aspetti che vengo a farla scendere. Vedrò di accompagnarla davanti ad una vetrina adatta in modo che nessuno le badi. Una signora che guarda una vetrina. Conti, poi le dirò fino a quanto, dopo faccia quello che vuole. Non tolga gli occhiali prima di aver finito di contare comunque.
Ho seguito le istruzioni contando fino a cento, un tempo più che sufficiente a farla allontanare. Sono vicina a casa e dopo neanche un quarto d'ora entro finalmente nel portone e salgo. Lisa, proprio Lisa, la mia cameriera, quasi lo stesso nome dell'altra, mi raggiunge quando sto già entrando in bagno. Le dico che ho mal di capo e cenerò solo con un brodo. Sono ancora scossa e dolorante e non ho voglia di discutere su cosa mangiare. Un'ora abbondante nella vasca mi ha ristorata e calmata. Solo ora mi accorgo che ho fame. Non ho messo niente nello stomaco per tutta la giornata.


E' sazia, di cibo e di emozioni, ma il sonno non arriva. Il Padrone, ma quando ha cominciato a pensare a lui così, chiamandolo anche dentro la sua testa Padrone? E' il Padrone oppure solo Lui. In basso, tra le cosce e dietro non brucia più, non molto. Va in bagno, allo specchio la solita faccia, nessuna differenza, solo un poco pallida, le occhiaie segnate. Per ore si è sentita completamente in sua balìa. E' stata in sua balìa. Sfila la lunga camicia da notte, posa le mani sui seni, preme sui capezzoli. Fa male, ma neppure tanto. E' più doloroso premere sul pistolino e sul buchetto dietro. Si chiede se sul serio voglia allargarlo per fare quella cosa, e senza crema o vasellina. Ma si allarga poi od è solo una storia? Cerca di infilare la prima falange e ci riesce a stento, fa male. Ma nel pomeriggio i tre...uno più grosso dell'altro. Ed infatti l'anello di carne è gonfio, tumefatto. Non si è accorta, non ricorda di essere stata frustata anche sulle cosce, ma i segni ci sono, visibili anche se leggeri, come sulle mammelle. Me le ha colpite per prime, ma non loro, i capezzoli, quelli si. Ma il peggio, quello che la ha moralmente fatta a pezzi è stato...i colpi sul puntino della f. Si torce per guardarsi le natiche: segnate anche loro. Bastardi. Lo grida quasi, ma nessuno è li a sentirla. E si meraviglia perchè nel novero dei bastardi non ha contemplato Lui. Si è riferita a quanti nei secoli hanno usato le donne per, per cosa? E stata lei, ha pagato per essere trattata così. Bastardo anche lui, e scema lei.
Fa caldo, torna in camera e sfila la camicia infilandosi per la prima volta a sua memoria nel letto nuda. Si rigira a lungo. Bastardo, ripete, bastardo, piange, ed io scema. Devo essermi addormentata ed aver sognato di essere legata, e sono tutta sudata, mi tocco, si quando mi ha fatta toccare, così solo che mi ha fermata. E' difficile fermarsi. Non voglio fermarmi. Non mi fermo, le dita ruotano attorno al puntino che, anche se poco, le duole, scivolano in basso, entrano nella f. un poco, un poco di più. L'altra mano sfiora i capezzoli, li preme fino a farsi male, ne stringe uno finchè il dolore è troppo, si arresta per poi passare all'altro. Si accoge di aver stretto tra i denti il labbro e poi non pensa più a nulla. Mentre sta per godere si immagina in ginocchio davanti a Lui, il suo Padrone. 

-Care lettrici e cari lettori. Quanto sopra è frutto in parte piccola o grande che sia, della mia fantasia ma non solo della mia di fantasia. Mi piace scrivere quindi scrivo. Da qualche anno però, non sempre ma spesso, uno spunto mi viene da lettori e lettrici che per ragioni che neppure indago, mi danno appunto degli spunti. Spunti che spesso mi raccontano loro sogni ma altrettanto spesso, anzi più frequentemente, quasi sempre sopratutto se provenienti da una delle nostre dolci compagne, dicono essere fatti loro accaduti...od accaduti ad altri od altre e venuti a loro conoscenza e già modificati il necessario per rendere irriconoscibili gli attori o le attrici dei fatti stessi. A mia volta modifico ed ambiento il tutto diversamente. Vero o falso che sia il fatto, sogno, fantasia o realtà, non so e non potrò mai sapere. Internet consente un anonimato perfetto. In molti anni non c' è mai stato nessun problema.
I controllori del sito potranno ricevere e reindirizzarmi anonimi i vostri scritti, lo spero almeno. Provateci.
 


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