L'ostaggio (CAP 2)

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genere
pulp

CAP. 2)

Sara si dava da fare nel piccolo ospedale da campo allestito da medici senza frontiere ai piedi di colline brulle, nelle vicinanze di una cittadina che mostrava i segni del passaggio della guerra: alcune case erano sventrate dai colpi di mortaio che dalle colline si erano riversate sull'abitato, dappertutto c'erano i segni di colpi di mitra; la popolazione , molto timida, si rivolgeva a loro per ottenere un po' di tutto: dai medicinali, che però erano razionati all'osso, al cibo, all'acqua. Da diversi giorni, soprattutto al calare delle prime ombre della sera, si sentivano colpi di mortaio e spari continui che venivano dalla altra parte delle colline. Sara era preoccupata, ma gli altri addetti le dicevano di stare tranquilla, erano episodi che si ripetevano ciclicamente, ma poi non succedeva nulla. Ma una sera dalla cima delle colline scesero jepp corazzate, con l'immancabile mitragliatrice montata dietro: circondarono il piccolo campo formato da tende su cui spiccava in modo inequivocabile la grande croce rossa che doveva essere uno scudo contro le incursioni . Urlando in arabo scesero una trentina di uomini armati sino ai denti che a gesti e facendosi aiutare da collaboratori arabi dell'ospedale radunarono tutto il personale in mezzo allo spiazzo creato fra le tende; divisero gli uomini dalle donne, ci fecero mettere in fila facendo poi uscire dalla stessa a spinte coloro che non erano arabi: erano cinque uomini e sei donne, indicarono un camion e li obbligarono a salire sul cassone controllati da due figuri armati di kalashnikov. Viaggiarono quasi tutta la notte ed alle prime luci dell'alba giunsero in un villaggio di case fatte di fango con i tetti di paglia: li fecero scendere a spinte e li portarono al cospetto di quello che pensarono fosse il capo che in uno stentato inglese, urlato più che parlato disse loro che erano prigionieri e che i loro paesi avrebbero dovuto pagare un grosso riscatto se volevano rivederli vivi. Il dottore che era il capo provò a protestare con l'unico risultato di attenere un colpo di calcio di mitra nello stomaco che lo fece piegare in due con un lamento; Sara si avvicinò e guardando il capo dei banditi, perchè questo erano, gli urlò:”Bastardo!” Questi la prese per i capelli e la costrinse ad alzarsi, la fissò con occhi che mandavano lampi di odio misto a sadismo, mentre il suo viso si trasfigurava in un ghigno :”Abbiamo una eroina, bene. Adesso non abbiamo tempo, ma ci rivedremo!” Li fecero spogliare completamente, e quando videro il bel cespuglietto rosso di Sara, si diedero di gomito e probabilmente si scambiarono oscenità in arabo.
Li fecero rivestire delle famigerate tute arancioni e li portarono in un'altra stanza, davanti ad una macchina da presa: li obbligarono ad inginocchiarsi ed obbligarono il dott. Stevenson (il capo delegazione) a leggere un messaggio da loro preparato che nella sostanza diceva che se non fossero stati versati dieci milioni di dollari, sarebbero stati uccisi uno alla volta mediante decapitazione; e per rendere la cosa più credibile si avvicinarono due figuri armati di una lunga scimitarra, che appoggiarono al collo di due di loro. I rispettivi paesi di provenienza degli ostaggi avevano dieci giorni per ottemperare alla richiesta. Li fecero rialzare, li divisero per sesso e li rinchiusero in due celle anguste. Venne loro data una sbobba in una scodella di ferro unta e bisunta ed un bicchiere d'acqua marroncina in un bicchiere di coccio sbocconcellato. Sara si accucciò da una parte e cominciò a piangere sommessamente: chissà cosa le aspettava, ma doveva essere forte e non darla vinta a questi banditi: c'erano anche americani fra loro e questo rafforzava la speranza di un intervento delle forze speciali per liberarli; si alzò e si dedicò a rincuorare le altre ragazze che sembravano più disperate di lei. Aveva per tutte parole di incoraggiamento ed un sorriso che doveva essere rassicurante. Per i propri bisogni c'erano due buglioli di legno in un angolo che mandavano un fetore insopportabile. Così passarono i giorni cercando di dormire stese in terra senza alcun riparo dal freddo notturno che non lo stringersi fra loro. Il loro rapporto con i banditi era solo con un barbuto che portava ogni giorno la stessa sbobba che quasi nessuna delle prigioniere toccava. Una mattina sentirono aprire il catenaccio della cella vicina, quella dei maschi, delle grida in arabo e e dallo spioncino videro che trascinavano via un ragazzo, che era un infermiere dell'ospedale. Di lì a poco udirono con raccapriccio urla che provenivano dalla direzione dove era stato trascinato il ragazzo; le urla non cessarono che dopo diverso tempo: vennero a prendere tutti gli altri, li bendarono e li portarono via, li fecero inginocchiare tolsero loro le bende dagli occhi e si presentò loro uno spettacolo orribile: un corpo nudo pendeva a testa in giù dal soffitto e sotto di lui una pozza di sangue si andava allargando prendendo impulso dalle numerose ferite sul suo corpo: riconobbero il giovane infermiere che per sua fortuna era svenuto: comparve il capo che con il suo solito stentato inglese disse:” Sono Mohamed, il vostro capo e padrone. I vostri paesi non hanno risposto alla nostra richiesta: daremo loro un esempio di quello che siamo capaci. Avanti!” E mentre un arabo riprendeva la scena un altro si avvicinò con in mano una scimitarra e che con un colpo secco fece saltare la testa al poveretto. Mohamed rise sguaiatamente, mentre tutti i prigionieri inorriditi urlarono. “Silenzio, cani infedeli, e voi che vedete queste immagini, sappiate che fra due giorni giustizieremo un altro ostaggio”: E dopo un un silenzio da attore consumato :”Questa volta toccherà ad una donna” e rise ancora più sguaiatamente. Vennero riaccompagnati nelle loro celle tremanti e spossati dal digiuno e dallo spettacolo a cui avevano assistito. “Perchè non intervengono, si chiedevano, meglio morire combattendo, che attendere impotenti il nostro destino.” Passarono anche ulteriori due giorni senza che nulla accadesse e di prima mattina sentirono aprire la porta della cella: tutte si raggrupparono dall'altra parte, come a proteggersi l'un l'altra; mentre una guardia restava sulla porta due presero per le braccia una ragazza mora di nazionalità tedesca, Ingrid, si chiamava, che cominciò ad urlare e piangere, ma fu trascinata via anche se le altre provarono a trattenerla. La porta fu richiusa . Di lì a poco le urla di Ingrid si sparsero per la prigione; erano urla disumane e Sara non osava pensare quello che stava subendo la povera ragazza. La mattina, dopo una notte insonne passata fra silenzi sempre più lunghi ed urla di Ingrid, vennero di nuovo ricondotti bendati nella solita stanza: tolte le bende lo spettacolo che si presentò fu, se possibile, peggiore di quello visto due giorni prima.
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scritto il
2018-09-30
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