L'Iniziazione di Amanda - capitolo 2

Scritto da , il 2018-09-13, genere dominazione

Sara andò a trovare Amalia con Rosa, pensò se era il caso di portare Isabella, ma poi decise che con Rosa era, in quelle circostanze, più sicura. La bruna le era fedele come la bionda, ma era meno emotiva. In quel primo incontro con un’altra padrona sicura ed indipendente, almeno così pensava Sara che fosse, non voleva essere messa in difficoltà dalla sua schiava, con Rosa andava sul sicuro. Era metà pomeriggio di una bella giornata di primavera quando arrivarono alla villa. Era molto grande, su due piani, il parco era immenso dall’inizio del viale di accesso la villa si intravedeva a malapena. Dopo molte centinaia di metri, di un viale diritto ed alberato, si trovarono di fronte a una grande casa a due piani. Ci dovevano essere sul piano superiore almeno venti camere e sotto saloni, biblioteche, studi, cucine ed ogni ben di Dio. Sul retro s’intravedeva il parco ancora più vasto che sul davanti. In cima alle scale, che portavano all’ingresso principale, le aspettava una cameriera che andò loro incontro. Indossava un grembiulino ed una crestina, entrambi bianchi. Sotto portava un vestitino nero stretto e succinto, calze e scarpe nere con un tacco discreto, ma senza esagerare. Era carina, sulla trentina, minuta, con un corpo piccolo e nervoso, due polpacci sviluppati sostenevano delle belle cosce lunghe e bianche, i capelli castani incorniciavano un visetto chiaro su cui spiccavano gli occhi celesti ed un nasino circondato da simpatiche lentiggini. La serva era truccata in modo raffinato per essere una semplice serva, gli occhi celesti erano ben evidenziati, il seno piccolo, efebico, ma deliziosamente impertinente sembrava fosse stato lasciato libero sotto il vestito. La serva le accompagnò in un salottino e disse loro che dovevano aspettare, la Signora sarebbe ritornata da lì a mezzora.

Il salotto era grande, riccamente arredato, soleggiato, dava sul davanti della dimora. Aspettare non faceva parte del carattere di Sara. Lasciata Rosa, con l’ordine di non muoversi finché non l’avesse fatta chiamare, Sara si avventurò per la casa. Sara sentiva come un’umiliazione il fatto che quella borghesuccia di Amalia non fosse stata lì a riceverla e decise che doveva scoprire di più su dove era capitata. Il colloquio della sera alla festa era stato volutamente ambiguo, nessuna delle due aveva scoperto le proprie carte, entrambe avevano capito che tra loro c’erano delle affinità, ma nessuna delle due si era dichiarata. L’atteggiamento ed il modo di vestirsi della serva erano quelli di una schiava di piacere. Sara era convinta che sotto quel grembiulino che ricopriva la gonna vertiginosamente corta ed impudicamente attillata, come lo era anche la camicetta bianca, la bella Paola non indossasse nulla, ma non vi era nulla di particolarmente esplicito. Sara aveva pensato che lo scopo di quell’incontro fosse proprio quello di dichiararsi, ma immaginava anche una rivalità tra loro due. Mentre così pensava era scesa di sotto e stava percorrendo un lungo corridoio lungo il quale si trovavano molte porte chiuse. La casa e l’ambiente circostante erano silenziosi, dal parco arrivava solo il sommesso cinguettio degli uccelli e dalla casa solo un lontano e sordo rumore d’aspirapolvere. Poi dal fondo sentì una voce uscire dall’unica porta aperta. Si avvicinò e colse l’ultima frase. – D’accordo signor ministro, riferirò tutto alla Signora. Non si preoccupi, sarà fatto. -
Sara si portò sulla porta e si fece vedere, era lo studio di Amalia, dava sul retro, dalla parte del parco che Sara scorse immenso e lussureggiante guardando oltre la grande vetrata. La voce era quella di Amanda, la nobile segretaria della padrona di casa. Amanda vedendo Sara balbettò un: - buongiorno. Si accomodi, la signora dovrebbe arrivare presto. – Sara rispose al saluto ed entrò nello studio come una padrona. Anche qui Sara voleva capire che tipo era quella segretaria, era una dipendente e basta, un’amante o anche lei una schiava di piacere, decise che nell’attesa avrebbe scoperto almeno quello. Amanda era imbarazzata. – Lei deve essere la marchesa Sara Galante. Vuole che le faccia portare un tè o qualcosa d’altro? – poi guardando l’orologio disse: - la signora dovrebbe arrivare al massimo tra un quarto d’ora, spostiamoci in soggiorno, staremo più comodi. -
Sara ebbe l’impressione che Amanda volesse farla allontanare da quella stanza, non capì perché, ma si sedette in una poltrona che stava in un angolo dello studio ignorando la supplica della segretaria. Sul lato maggiormente illuminato c’era la scrivania di Amalia e su un altro lato il tavolo della sua segretaria. Sara la ringraziò, ma le rispose che non gradiva niente poi le disse - si sieda, continui pure il suo lavoro. – Amanda era sempre più imbarazzata, sul suo tavolo c’erano giornali, riviste economiche e libri. – La signora mi ha detto che lei è una contessa e che è un genio della finanza. Come mai lavora per Amalia? -
- Sono giusto una laureata in economia e commercio che dà dei consigli alla signora. Niente di più. Sì sono nobile, ma anche se grazie ai guadagni di mio marito ed al mio lavoro viviamo molto bene, abbiamo una villa qui vicino, ho bisogno di lavorare e questo lavoro mi piace e rende bene sia alla signora che a me. Perché non andiamo di là, staremo più comode. -
- Ma no rimaniamo qui, è un così bel posto ... – mormorò Sara, decisamente Amanda voleva trascinarla via da quel posto e dalla risposta capì che la segretaria doveva guadagnare qualcosa anche dagli affari che combinava per Amalia. Poi notò che la segretaria, sempre più nervosa, non accavallava le gambe. Sapeva che molti padroni non lo permettevano alle loro schiave, ma non era un indizio decisivo. Il vestito di Amanda era démodé e pudicamente eccitante. Era lungo fino ai polpacci, grigio perla e stretto, con una lunga fila di bottoncini sul davanti, era un misto di seta e altre fibre che fasciava voluttuosamente il procace corpo della segretaria. Era monacale ed al tempo stesso indecente, il mistero s’infittiva. Sara aveva solo un quarto d’ora per capire qualcosa, non poteva quindi permettersi di perdere tempo.
Si accese una sigaretta. – Posso avere un portacenere? – Il portacenere era ben visibile ad un metro da Sara. Amanda esitò, poi si alzò, attraversò l’ampio studio, prese il posacenere dal tavolino e lo porse a Sara. Lei invece afferrò il polso della ragazza e l’attrasse a sé facendola ruotare su sé stessa e trascinandola sulla poltrona. Il pesante portacenere cadde sul tappeto e miracolosamente non si ruppe, Sara scagliò la sigaretta verso e dentro il vaso di una pianta, poi si chinò sulla segretaria e la baciò sulla bocca, allo stesso tempo la tastò attraverso il vestito sul seno e sulle cosce. Amanda rimase in un primo istante sorpresa e sconcertata, poi cercò di ribellarsi. – Ferma, che fa, mi lasci. – Intanto stringeva le labbra e cercava di tenere le mani della marchesa lontane dal suo corpo. Ma Sara non le diede tregua, la mordicchiò sulla bocca e la sua lingua riuscì a penetrare tra le labbra della segretaria, le sue mani febbrilmente riuscirono a sbottonare qualcuno degli innumerevoli bottoni del vestito di Amanda ed arrivarono a contatto con la pelle bianca, madida e calda della donna. Amanda si dimenava e scalciava, ma Sara la teneva stretta e pur avendone avuto la possibilità non scappava. Quella giovane donna la stava strapazzando e con sua grande sorpresa si rese conto che le piaceva come veniva trattata, si stava bagnando e se ne meravigliava lei stessa. Era sempre stata una ragazza con la testa sulle spalle, era sempre stata corteggiata a lungo e prima di diventare l’amante succube di Amalia erano passati diversi mesi. La sinistra di Sara arrivò a posarsi, attraverso il fine tessuto delle mutandine, sulla vulva di Amanda che a quel contatto mugolò di piacere e da quel momento smise di agitarsi abbandonando ogni protesta e si consegnò nelle mani della sua dominatrice. La segretaria non partecipò attivamente, ma non si oppose più, lasciò che Sara l’accarezzasse e gradì molto quello che le fece. Il viso di Amanda s’imporporò, chiuse gli occhi e si abbandonò tra le braccia di Sara. Sara sapeva come manovrarla. La padrona le abbassò le mutandine e trovò il clitoride mentre continuava a baciarla con arroganza, non smettendo di morderla sulle labbra e penetrando con la lingua la cavità orale della contessa. La mano agiva freneticamente e senza sosta sulla vulva umida e gonfia di Amanda, che in pochi minuti raggiunse l’orgasmo e rantolò di piacere finendo sul tappeto.
- Ti è piaciuto? – le chiese Sara guardandola dall’alto. Sara si era messa in piedi ed incombeva su Amanda.
Stancamente, le gambe molli, la segretaria si alzò cercando di rassettarsi evitando per la vergogna lo sguardo di Sara.
- Ferma. Rimani così, non ho ancora finito. -
- Cosa vuole fare ancora? – rispose l’altra che però fece come le era stato detto.
- Sei la sua amante, probabilmente la sua schiava. Non sei solo la sua segretaria. -
Non erano domande, erano affermazioni, Amanda non intendeva avvallarle.
– Rispondi – l’incalzò Sara avvicinandosi di nuovo ed accarezzandola sui fianchi.
- Sì, ma vi prego lasciatemi. Tra pochi minuti sarà qui e se scopre quello che è successo per me saranno grossi guai. -
- Non è necessario che venga a saperlo. Arriverà dal parco, vero? -
- Sì. E lei non dovrebbe vederla. -
- Perché? – Intanto Sara era riuscita a scoprire il seno bianco e florido di Amanda e lo stava leccando con delizia, poi le succhiò i capezzoli violentemente rimandando in orbita la segretaria che ora farfugliava le risposte. – Perché si sta divertendo con la sua amica e due ... – Amanda esitò, poi disse: - si tratta di schiavi sessuali, non saprei come altro definirli. So che ancora non vi siete dichiarate per quello che siete, anche se la Signora Amalia lo sospetta fortemente, ma fino a quando non lo saprà con certezza non vuole scoprire la sua vita privata, è per questo che aveva dato tassativamente ordine di farvi alloggiare e rimanere sul lato davanti della villa. -
- Non è necessario che venga a sapere neanche questo. Quando arriverà la vedremo ed avremo tutto il tempo per sistemare le nostre cose. – Amanda annuì più tranquilla e si abbandonò nuovamente nelle mani di quella padrona esperta ed autoritaria almeno quanto la sua. Ricominciò a godere.
- Sei calda e allarghi le gambe come una troia. Sai che una schiava non può lasciarsi andare con il primo che le tocca il culo? – Sara aveva volutamente calcato sul termine schiava, ma Amanda era troppo preoccupata per protestare a quell’appellativo.
- Non mi è mai successo, ve lo giuro, è la prima volta e non sono la sua schiava, sono la sua amante – protestò Amanda in affanno e diventando rossa come una bimbetta mentre le dita di Sara giocavano con i capezzoli della segretaria.
In quel momento sentirono grida soffocate e l’inconfondibile suono della frusta che sibilava nell’aria.
- Bene, è arrivata – sussurrò Sara lasciando Amanda e portandosi verso la vetrata, stando attenta a non farsi vedere da fuori.
Lo spettacolo che vide sorprese lei stessa che pure ne aveva fatte e viste tante. Due sulky trainati da due schiavi, un maschio ed una femmina. Sul primo, molto discinta, vestita in pelle, eccitata e rossa in viso sedeva Amalia. Lo schiavo che la trainava correva come un disperato sul sentiero, verso la villa, il morso stretto in bocca, bardato di pelle e borchie legato attraverso una robusta catena e diversi tiranti di cuoio al sulky, ce la stava mettendo tutta per farsi scoppiare i polmoni mentre grida di incitamento e più persuasive frustate lo raggiungevano sulle spalle. Arrivò schiumante e tremante primo alla piazzola davanti alla villa dove si arrestò quando Amalia tirò le redini e la cavezza. Lo schiavo sudato e stordito sentì dolorosamente il morso sulle labbra e si fermò. Era un biondino carino, piccolo, ma muscoloso e ben fatto, aveva una vita sottile ed un corpo che aveva fatto palestra per lungo tempo, un corpo che però appariva allo stesso tempo forte e gentile. Amalia sorridente si volse indietro. Un’altra amazzone stava sul sulky che seguiva. – E’ la sua amica Valeria – spiegò Amanda. Sara annuì e guardò meglio. Si trattava di una donna giovane, chiara di carnagione, con i capelli corvini, lunghi fino alla spalla. Era robusta, ma non molto alta, aveva occhi grandi e neri, molto luminosi, ed un seno grosso e sodo. Il corpo dell’amazzone era allo stesso tempo muscoloso e sinuoso. Muscolose erano le gambe, in particolare i polpacci, ma aveva le cosce ben tornite, ed il petto generoso, il viso era spigoloso, ma la bocca carnosa. Davvero notevole pensò Sara attirando di nuovo a sé Amanda. Sara ricordò intanto d’aver già visto quella giovane donna alla festa in cui aveva incontrato Amalia, solo che ora era vestita in modo del tutto diverso. Portava stivaletti di cuoio nero, e poi solo un gonnellino molto corto anch’esso di cuoio e sopra un giubbotto di pelle nera completamente aperto sul davanti che lasciava intravedere due belle tette sode e tonde. Pure lei era accaldata ed eccitata, assestò un’ultima frustata alla schiava che la trainava e la fermò dicendo: - era scontato, la mia puledra può battere qualsiasi femmina, ma un maschio allenato è difficile da battere. -
Sara stava armeggiando di nuovo con il corpo di Amanda che si concedeva allo stesso tempo nervosa ed infoiata. Erano entrambe nascoste dietro le tende. Sara era dietro la schiava e le aveva sollevato la lunga gonna, mentre le manipolava le natiche baciava Amanda sul collo. Senza smettere le chiese – Chi è la schiava? – Con voce roca la segretaria rispose: – Si chiama Mara, la poverina è completamente soggiogata. – Mara, la schiava di Valeria era una mora con i capelli corti, piena, per non dire rotondetta, ma fresca e forte, il seno generoso, il culo alto e i fianchi abbondanti. La schiava, nonostante la pancetta ed il corpo florido, aveva un corpo bruno e guizzante, il viso tondo. Sorrise timidamente quando le levarono il morso dalla bocca. In quel momento era stravolta, sudava copiosamente, le gambe la reggevano a fatica ed il petto generoso e bello, ansava come un mantice. Comparve la servetta, che aiutò le padrone a sciogliere i puledri dalle loro imbracature e li condusse alle docce mentre anche le padrone rientravano in casa.
Prima di andare via Sara si rivolse nuovamente a Amanda che ora si stava davvero rimettendo in ordine.
- Ti ha mai dato a qualcuno o a qualcuna? –
- Ma che dice? – La svergognata difendeva con calore virtù che non aveva, ma in fondo diceva la verità. Poi più calma aggiunse: - No, fino ad ora no, ma temo che lo farà presto. – Sara sorrise, non era sicura che a Amanda dispiacesse tanto, forse dipendeva solo da chi era quel qualcuno o quella qualcuna. Poi le chiese: - Ti ha mai messo in esposizione? -
- Solo con la sua amica Valeria. Una sera mi ha fatto spogliare e passeggiare nel salone di fronte a lei. Valeria mi desidera e ogni giorno prega la mia padrona di lasciarci sole per mezzora. Amalia fino ad ora non l’ha fatto, ma penso che sarà la prima ad avermi. -
- La prima dopo di me – ribatté Sara. Amanda arrossì e non rispose e Sara le disse: - io e te dobbiamo parlare con più calma. Domani vieni a trovarmi nel mio studio a Roma, nel pomeriggio. Trova una scusa per la tua Padrona. Affari dille, i suoi. -
- Sì Padrona – mormorò Amanda ormai sottomessa, un attimo dopo si era già pentita della promessa e delle parole che aveva usato, ma ormai era troppo tardi, Sara era già sparita senza darle la possibilità di ripensarci. La schiava si morse le labbra, ormai era nelle mani di quella sconosciuta, si doveva augurare che la sua padrona non lo venisse a sapere mai.


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