L'Elementalista ( 7 di 8 )

Scritto da , il 2018-08-26, genere pulp

VII

Uno che cammina da sveglio per il mondo dei sogni cosa può sognare quando poi dorme ?
Nulla.
Come ormai tante volte Milo aprì gli occhi nel letto della sua casa archetipa dopo un sonno profondo, ma privo di sogni.
Diversamente dal solito però non era solo nel letto, Legno ancora dormiva di fianco a lui.
Era incuriosito dal fatto che anche loro avessero bisogno di dormire, ma non aveva osato chiederle se avesse la capacità di sognare.

Si alzò, a sinistra aveva una finestra con una di quelle splendide vedute proprie di quel mondo, davanti la porta per il corridoio principale e a destra quella del bagno, stretto, con la doccia in fondo.
Appunto alla doccia andò, con una mezza speranza che Legno fosse presa dall'ispirazione di svegliarsi e raggiungerlo. Presto avrebbe fatto caldo. E quello, a Dio piacendo, poteva essere il suo ultimo giorno di prigionia.
Non era stato facile imparare l'ultima lezione, ma c'era riuscito, Legno lo aveva dichiarato pronto e la sera prima si era presa la sua ricompensa per tutto il disturbo.

Speranzoso, quando uscirono aveva con se la sua borsa da viaggio con i vestiti provenienti dal mondo materiale, mentre lui indossava indumenti sportivi, adatti a una passeggiata o una corsa al parco.
Seguirono un tragitto già visto.
Prima il bar che gli occupava il garage, dove fecero colazione. Poi il prato davanti a casa col palazzo comunale, l'erba alta cresceva sotto le costruzioni rialzate da piloni quadrati.
La terra polverosa del parcheggio vuoto dopo il prato, il selciato di strada Farnese, l'arcata. Dopo l'arcata si trovavano fianco a fianco la strada che saliva verso la montagna e uno degli accessi al Parco Ducale più a sinistra.
Entrarono nel parco superando una struttura indistinguibile a causa dei rampicanti che la coprivano, il viale alberato di fronte a loro saliva verso il monte, parallelo alla strada oltre il muro di cinta.
A sinistra invece correvano in piano due vialetti separati come uno spartiacque da una fila di prefabbricati contenenti laboratori e sale studio per gli universitari. Presero quella direzione camminando per qualche minuto lungo il vialetto più interno, fiancheggiato a destra da una staccionata di legno e siepi. Arrivati in fondo svoltarono a destra lungo il lato più corto.
Alla fine di questo nuovo viale il terzo angolo del parco era occupato da un oratorio, con un corpo circolare da cui si dipartivano quattro costoloni, due dei quali fiancheggiavano la porta.
Milo volle fermarsi per vedere un'ultima volta l'interno, con la croce su una predella rotonda, e per pregare. Mentre era inginocchiato Legno in piedi dietro di lui commentava pensosa.

" Molti della tua gente ci credono Dei. Non capiscono che esiste un solo Creatore e nient' altro può essere adorato. "

Dopo l'oratorio l'ultimo viale tornava in direzione del primo, congiungendosi nel punto in cui l'asfalto cedeva il posto ai sentieri intagliati nella roccia.
Il lato esterno di quest'ultimo viale però non era limitato da un muro di cinta, ma si apriva su un'ampia area di prati percorsi da una quantità di dossi e collinette, tutte piccole, ma ripide.
C'erano anche persone, qualcuno passeggiava, altri seduti sull'erba all'ombra di uno dei pochi alberi, chi stava steso a prendere il sole, Tutto trasmetteva una sensazione di grande pace, un luogo dove si potevano dimenticare le preoccupazioni.

Legno, sempre da dietro, gli parlò all'orecchio.
" Lo riconosci questo posto ? "

" Eccome, è uno dei primi sogni che ricordo. Salivo di corsa sule colline e poi saltavo di sotto e planavo come un aliante, ne avrei volute sempre più alte.

In questi giorni sono tornato qualche volta a vederlo, ma non sono riuscito a volare come da piccolo. "

Lo abbracciò da dietro, lo fece girare verso di lei, gli toccò la punta del naso col suo.
Senza il borsone in mezzo a ingombrare sarebbe stata una bella immagine.

" Adesso però hai imparato a cedere, sei anche tu Legno-che-si-piega-nel-Vento, puoi riuscirci. Io però non posso accompagnarti oltre, devi andare da solo. "

Si sfiorarono appena le labbra un'ultima volta, non rimanevano cose da dire, lei proseguì per la strada e lui uscì dall'asfalto per addentrarsi in quel prato.

Visti da vicino tutti quei dossi non erano ripidi da ogni lato, c'erano punti in cui un pendio più dolce, coperto da un tappeto d'erba viva, permetteva di salire alla cima senza difficoltà. Su altri lati i fianchi terrosi cadevano bruscamente lasciando spazio per dei bei salti dall'alto. Lasciati i bagagli vicino una fontanella provò qualche salto più facile, poi si mise a correre giù dai sentieri per prendere velocità.
Come nel sogno di tanto tempo prima i colli non erano mai abbastanza alti e le discese mai abbastanza lunghe.
Così quando arrivava in fondo staccava da terra i piedi e si lasciava portare dalla sua spinta, il gioco era di durare il più possibile prima di essere ripreso dalla terra.
Nel mondo materiale non sarebbe stato possibile.
Ma in quel luogo e in quel momento lo era, e tanto si divertiva che dimenticò di avere uno scopo.

Fu solo allora che si rese conto di un'altra presenza.
Alzò gli occhi. La Salamandra era venuta veramente a cercarlo, stava seduta sul ramo di un albero e dondolava le gambe. Aveva una felpina grigia col cappuccio dietro,e i cordoncini, pantaloni aderenti di seta gialla, piedi nudi.

" Posso giocare anch'io ? "

Senza aspettare risposta saltò dal ramo e si inseguirono. poi duellarono con dei rami, si tuffarono dalle cime dei dossi. Fecero girotondo fino a perdere l'orientamento per fare moscacieca, ma finirono a doversi sostenere a vicenda con le teste che giravano.

" Giro giro tondo casca il mondo... "

Mentre il mondo cascava le loro lingue in qualche maniera si erano incontrate, l'orientamento al suo ritorno li trovò in ginocchio a baciarsi e non era possibile ricordare chi avesse cominciato.
E mentre si baciavano lei di sua volontà aprì i pantaloncini lasciandoli cadere, scivolando tra le braccia di Milo tornò in piedi e divaricò le gambe.
Ancora inginocchiato aveva lo scrigno segreto davanti ai suoi occhi, circondato da una peluria arancione. Il profumo era simile a quello delle saponette allo zolfo.
Con la lingua assaggiò il punto in cui i due lembi si incontrano, la prese per i fianchi, si sentì tirare i capelli, non gli importava.
C'era qualcosa di intossicante, avrebbe dovuto fomentarsi e voler fare di più, invece non riusciva a smettere, la Salamandra lo pressava con le mani contro di lei, ma anche se avesse potuto muoversi non avrebbe voluto. Ogni assaggio portava solo più sete, fumi alcolici salivano per il naso, lei stava dicendo qualcosa, o forse solo sospirando, ma non riusciva più a sentire.
Per la verità non riusciva più nemmeno a vedere.
O meglio gli pareva di vedere altro, tutto attorno, ma non erano più il prato e le collinette, era come se in un teatro si fossero sollevati per errore i fondali esponendo alla vista i macchinari e gli inservienti che lavorano dietro.
Solo un attimo, poi il sapore lo portò indietro, la Salamandra aveva allargato ancora di più le gambe in una mezza spaccata, la lingua entrava intera e questo fu troppo.

Di quel che era successo dopo gli rimasero nella memoria solo lampi sconnessi.

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