L'Elementalista ( 3 di 8 )

Scritto da , il 2018-08-23, genere pulp

III

La strada che dalla provinciale sale verso Alzara è tutta tornanti, segue docilmente ogni piega del monte battuto dal sole, le reti anti frana sono appena visibili sotto i Rovi carichi di more e le Ginestre che protendono cascate di fiori gialli sull'asfalto consumato.
Una sorgente con una vasca intagliata nella roccia annuncia la fine dei tornanti e l'ultima salita che porta alle prime case del paese.
C'è uno spiazzo ai piedi della salita, coperto di ghiaia bianca e polvere, come un parcheggio vuoto, e c'è un capanno sul margine dello spiazzo, rialzato, in legno, il lato lungo parallelo alla strada e la porta su quello corto rivolto verso chi arriva da fuori, con una scaletta di alluminio a tre gradini davanti. Nel fondo dello stesso spiazzo da una piccola grotta nel fianco del monte è stato ricavato un bar, senza tavolini fuori.

Milo Gladi, che finora abbiamo conosciuto come " Lui " , girava attorno al capanno, visto che il portafoglio era rimasto nell'auto in un altro universo e non avrebbe potuto prendere nulla al bar.
Lui lo aveva già visto quel posto, ricordava tutto, anche la prima casa in cima alla salita, a sinistra, simile a una torre quadrata col tetto più largo del corpo, anche le travi inclinate che lo sostenevano e le finestre in alto, due per lato, lunghe e basse come feritoie. Aveva visto tutto in un sogno tempo prima. Nel sogno il capanno era suo, era li in vacanza, possedeva una casa estiva nel paese e il capanno era il negozio estivo. Visto che lo ricordava suo salì i gradini cigolanti e provò a entrare, non era chiuso a chiave. Dentro c'era un minimo d'ombra, interrotta da lame di luce che sembravano filtrare persino da sotto, attraverso le fessure tra le assi di legno su cui camminava. Scatoloni per terra ai lati, uno scaffaletto di legno troppo basso, una scrivania con sedia in fondo. Negli scatoloni c'era proprio quel che ricordava, dischi, nulla di valore però, quelli belli erano nel negozio serio a casa, l'equivalente onirico di casa. Nello scaffaletto c'erano riviste, esemplari stracciati della Lettura e Illustrazione Italiana, però anche un paio di numeri di Lacerba e una fanzine punk del 1977 printed in England. Soprattutto c'era qualche soldo in cassa, una manciata di monete e due biglietti da dieci che finirono subito in una delle numerose tasche dei pantaloncini, mentre le riviste valide trovarono posto nel borsone.

Non era un furto, era certo che gli appartenessero, peccato non sapere anche quale fosse la sua casa nel paese, questo il sogno non lo diceva.
C'era tutta una logica visibile: lui era in vacanza e di conseguenza anche la parte del mondo degli archetipi che si era sovrapposta a quello materiale era il suo luogo di vacanza, stesso punto, ma su un piano parallelo.

Lasciò la borsa nel capanno e attraversò lo spiazzo fino al bar. Le pareti della grotta erano state pareggiate con mattoni e imbiancate, appesi sulla destra spiccavano un telefono a scheda e un orario di partenze navali, nonostante la mancanza di un porto. Due pastori sedevano a un tavolino con caffè corretto, gazzetta dello sport e cappello in testa, dietro il banco in fondo la barista era quasi addormentata, donna sciupata di mezz'età nascosta tra bottiglie e pacchetti di sigarette, ma si riscosse con un sorriso quando lo vide.

" Signor Milo ! Che le do ? "
Giustamente, visto che nel sogno lui era li ogni estate, lo conoscevano, avrebbe persino potuto chiedere a loro dove abitava nel paese, ma si sarebbe sentito troppo ridicolo.
Chiese invece caffè e cornetto, arrivarono accompagnati da un bicchierino di vermut. Il caffè sapeva di ginseng, la brioche conteneva marmellata di more, il nuovo mondo cominciava a piacergli.

" Starà nel suo magazzino questo pomeriggio ? "

" No, no, faccio un giro, ripasserò stasera. "

Il paese era antico, si camminava su sassi piantati nella terra battuta, le case avevano muri spessi, finestre piccole, qualche balcone con i vasi di fiori.
Era fatto a terrazze come in Liguria, piazzette quadrate in piano illuminate dal sole, strade strette in dislivello e buie a causa del'altezza delle costruzioni tra cui erano schiacciate.
La chiesa nella piazza più grande poi era un gioiello, però appariva stretta ai lati e troppo alta come tutto il resto, anche se la facciata non aveva nulla di gotico.
Gente se ne vedeva poca, giusto ogni tanto dei vecchi seduti a tavoli per strada che giocavano a carte o parlavano tra loro. Nessuna traccia di negozi o locali pubblici, bella scena, ma poca sostanza insomma.
In tutta questa escursione cercava delle case che gli piacessero particolarmente e che avrebbe potuto voler comprare. Ogni volta che ne individuava una guardava se ci fosse una targhetta o campanello con un nome. Con questo metodo non gli ci volle molto a trovare il suo.

Era nell'angolo di una delle piazzette, quasi nascosta da un grosso vaso con un alberello di limoni e dai glicini arrampicati sulle pareti dei vicini, la porta di legno nuova che faceva contrasto con le pietre consumate. Chiusa a chiave. due finestrelle chiuse e troppo piccole, nessun tappetino sotto cui guardare, cassetta delle lettere vuota. Lui non avrebbe mai lasciato chiavi in giro, le teneva sempre in tasca e non faceva copie. Le chiavi vere erano appunto nella sua tasca, preso da ispirazione provò quelle e riuscì davvero ad aprire.
Al piano terra c'era una sola stanza polverosa, l'unico mobile era una poltrona a fiori bianchi e rossi con i braccioli di legno, comoda. Poi un ripostiglio con qualche attrezzo e delle bottiglie di minerale.
Una scala ad angolo retto portava al piano di sopra, anche li monolocale con letto, angolo doccia e servizi, scaffale a muro con qualche libro, armadio e finestra.
L'armadio conteneva due camicie, un calzino spaiato e una calzamaglia. La camicia da surf arancione gli stava anche bene, meglio della maglietta tutta sporca che aveva.
La finestra era più grande di quelle di sotto e guardava dalla parte opposta. Quel che si vedeva però non aveva nulla a che fare col panorama di Alzara. Era una distesa di erba alta pianeggiante, con un sentiero che serpeggiava in mezzo. Dirigeva verso una grossa casa in lontananza da cui si protendeva un muretto. Era in controluce, non si distinguevano i particolari, ma lui sapeva perfettamente di cosa si trattava, nei sogni aveva camminato più di una volta per quel sentiero.
Preso dall'emozione corse di sotto con la camicia ancora aperta e uscì per vedere se fosse possibile arrivarci. Ma niente, dopo aver girato attorno tutto il paese dovette concludere che quel paesaggio non esisteva, o esisteva solo attraverso quella finestra. Un salto dal primo piano era complicato, ma non impossibile.

Tornò alla cameretta, ormai aveva in mente un programma chiaro: riposino, doccia, aperitivo al bar, recuperare borsa e infine mettersi a letto e sperare che il sonno gli portasse consiglio.

Due giorni dopo era di nuovo senza un soldo, ma aveva un piano. Due giorni in cui aveva vissuto di aperitivi e biscotti, aveva esplorato inutilmente la campagna attorno al paese ed era tornato alla scogliera senza trovare più nessuno. Per fortuna nell'archetipo di un paese di mare non potevano mancare le reti, ne aveva ottenuta una lunga e bella robusta, da peschereccio, cedendo in cambio il suo capanno.
Con gli attrezzi nel ripostiglio aveva potuto inchiodarne un capo sotto la finestra della camera da letto e buttare il resto di sotto. Ora poteva aggrapparsi per scendere nell'altro luogo che non era più Alzara.

Arrivò senza incidenti, il terriccio sotto l'erba era morbido. Aveva ancora la camicia arancione, la maglietta stava nell'inseparabile borsa da spiaggia assieme a qualche giornale raro e un litro di minerale di marca mai sentita. L'erba arrivava al gomito, ai margini del sentiero crescevano anche soffioni e spighe verdi di gramigna, quelle che si possono usare come freccette e si attaccano ai vestiti.
Colse un soffione per soffiarlo nel cammino. La casa in lontananza era quella in cui era cresciuto nella sua città, Parma, e se avesse percorso il sentiero nell'altra direzione sarebbe arrivato al cortile della scuola che frequentava tempo prima. Tutto come da sogno.

La Parma onirica aveva diverse differenze rispetto a quella materiale, una in particolare di quelle differenze intendeva sfruttare.
Ma comunque era un posto vivo, c'erano i negozi, c'era gente, c'erano gli equivalenti della sua casa e attività, grazie a cui avrebbe potuto procurarsi tutto il necessario.
C'era anche tanto da vedere.

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