Tre foto - Il riflesso (1/4)

C’è una stanza.
C’è una ragazza.
C’è uno specchio.

È mattina.
La luce entra nella stanza da una fessura tra le tende di velluto rosso.

Il letto è sfatto.
Un’anta di un armadio rosso è aperta dietro di lei.
Evidentemente ha cercato qualcosa da mettersi per la giornata.

Lei è di spalle.
Vestita.
Indossa un tailleur grigio.
Pettinata.
Ordinata.
Decorosa.
Impettita.
Statuaria.
Apatica.
Non si vede nient’altro.
Una statua apparentemente femminile con indosso la Serietà.
La Compostezza.
L’Immagine.
Né il suo viso, né il suo seno, né le sue gambe sono visibili agli occhi di un ipotetico spettatore. Solo una chioma liscia, piatta, di colore biondo, adagiata con cura sulle spalle dritte.

Ma lei sta facendo qualcosa.
Lei si sta osservando allo specchio.
E sta osservando il suo riflesso.

Nuda.
Il corpo abbronzato e tonico in una posizione rilassata.
Un fianco contro la cornice dello specchio.
Una gamba leggermente flessa.
I nei scuri formano una costellazione sensuale sul suo ventre liscio e piatto.
Il fiore, il suo sesso, che gioca ad un erotico vedo non vedo.
Si può scorgere la sua insenatura, lo spacco tra le grandi labbra.
Ma l’intimità è ancora celata.
Di poco.
Le gambe lunghe, affusolate, color miele si mostrano fiere e toniche.
Il seno non troppo grande e non troppo piccolo.
Due cerchi perfetti, tondi, mordenti, color latte.
Capezzoli duri che coronano quei cerchi.
Sono l’invito all’ipotetico spettatore di assaggiare quella pelle, quella carne, quel latte.
Coperti a malapena da una criniera leonina color oro, che cade ribelle su quelle membra.
La bocca leggermente aperta in un impercettibile sorriso, circondato da labbra carnose e piene, colorate di un leggerissimo rosa.
E gli occhi.
Lo sguardo.
Occhi da tela di ragno.
Occhi che attendono le mosche attirate dal latte e dal miele e che sanno ci sguazzeranno felici.

Questo si vede nel riflesso. Una femmina che indossa il Gioco.
La Malizia.
La Natura.