Un suo ordine

di
genere
dominazione

L’aria gelida d’inverno m’investe il viso. Forse mettere al massimo l’aria calda in macchina non è stata l’idea più saggia, il cambio di temperatura è stato ancora più traumatico di quanto mi aspettassi. Di solito sono una tipa calorosa, di quelle che anche con la neve sta con il maglioncino e nient’altro. Ma in questi giorni, sono completamente l’opposto: questa influenza è una maledizione. Dalle narici immagino fuoriescano delle stalattiti ghiacciate piene di raffreddore, gli occhi mi lacrimano a causa della grande quantità di catarro, la gola è sull’orlo del baratro della tracheite e sono giorni che ho una relazione piuttosto intensa e passionale con l’emicrania. Un bello spettacolo, vero? In questo stato sono proprio come una di quelle donne che si vedono nei film: affascinanti, belle, portamento regale, viso perfetto, occhi seducenti...certo, come no. Eppure, nonostante le mie condizioni, sono qui per eseguire un ordine ben specifico. Un ordine dettato dal mio Padrone.

Il sale per terra scricchiola sotto i tacchi dei miei stivali di pelle, mentre mi dirigo verso il supermercato situato nella strada dietro la mia università. Spero che non ci sia nessuno. Non ho mai problemi a fare figure di merda o a ritrovarmi in situazioni ambigue, ci rido sempre sopra. Ma in questo caso, farei davvero una figura abbastanza strana e meno gente c’è meglio è.
Una signora anziana esce dal supermercato. Bene. Una persona in meno. Entro, sperando che l’aria calda possa alleviare il dolore che provo alle orecchie a causa del vento forte che c’è fuori. Non è proprio il massimo, ma c’è abbastanza calore da concedermi un attimo di tregua.
Mi dirigo verso il reparto di frutta e verdura. E già cominciano i primi problemi: sono sempre stata abituata a fare la spesa in supermercati muniti di bilance per pesare la frutta e la verdura che raccogli nei sacchetti di plastica. Prendi ciò che ti occorre, guardi il numerino del prodotto, vai alla bilancia, digiti il numero ed esce il codice a barre che devi presentare in cassa. Qua non vedo alcuna bilancia. O meglio, ne vedo una, ma osservandola bene non sembra essere funzionante, non è munita di alcuna tastiera e sui cartelli della frutta e della verdura non c’è scritto alcun numerino. Mi tocca chiedere aiuto al cassiere. E io che volevo passare indisturbata e quasi in anonimato!
Il supermercato è piccolino e non ci metto molto a trovare un lavorante: un uomo biondo sulla quarantina.
“Scusi? Salve. Mi saprebbe dire dove posso trovare la bilancia per la verdura?”
“Ah no, signorina. Qua i prodotti vengono pesati alla cassa.”
“Ottimo, grazie.” Ottimo un corno! Se avessi pesato io, avrei potuto sperare che il cassiere non si accorgesse nemmeno di quello che avevo preso: avrebbe passato svogliatamente il codice a barre e io avrei messo tutto via nel sacchetto. E invece qua farà ben attenzione al tipo di verdura che ha davanti.
Torno nel reparto e mi fermo davanti alla cassetta delle zucchine. Le osservo attentamente. Osservo la circonferenza, la lunghezza e tasto la durezza. Devo prendere una zucchina. Una sola. E non deve essere una qualsiasi: la circonferenza, la lunghezza e la durezza devono essere pressoché simili a quelle del pene del mio ragazzo.
Passo una decina di minuti circa di fronte alla cassetta, poi prendo la zucchina prescelta. Ci somiglia abbastanza, forse la circonferenza è leggermente più grossa, ma di pochissimo.
Okkei. Ora tocca al secondo e ultimo acquisto della mattinata. Giro per il supermercato come una scema, esplorando ogni reparto, pure quello dei biscotti che non c’entra niente con quello che sto cercando.
Alzo gli occhi al cielo. Mi tocca di nuovo chiedere al commesso: “Ehm...Scusi di nuovo. Dove posso trovare i profilattici?”
“I profilattici sono proprio dietro la cassa, signorina.”
“Grazie.”
“Si figuri.”
Ed eccoli lì. Alla cassa, dove in ogni supermercato che ho visitato sulla faccia del pianeta Terra si trovano merende varie della Kinder, pacchetti di chewing-gum, pile e giornaletti vari...qua ci trovo i preservativi. Prendo una bella e soprattutto grossa (perché più piccola non c’era) scatola di “Durex - Settebello”.
E di nuovo devo chiamare il commesso, perché è l’unico che sta lavorando e che quindi deve fare cassa e allo stesso tempo vagare per i vari scaffali a controllare che sia tutto in ordine.
“Mi perdoni, giuro che poi me ne vado...”
“Sono qui per questo, mi dica pure.”
“Dovrei pagare.”
“Oh, certo. Prego.”
E come da copione: lui passa la zucchina e poi i preservativi. Nient’altro. Lo vedo, palesemente, che fa due più due e mi lancia uno sguardo degno dei peggiori maniaci sessuali. Uno sguardo che dice: “Ma guarda qui. Che cosa ci devi fare con queste cosucce, cara?”.
Mio dio. Che figura. Ho sempre associato l’autoerotismo con gli ortaggi a delle signore in là con gli anni che non sono capaci né di farsi un uomo né di andare a comprare un vibratore, fatto apposta per questo scopo. E ora mi sento una di loro!
Per carità, non denigro chi lo fa. Né penso che a farlo siano solo donne molto mature. Ma non mi è mai piaciuta l’idea di dovermi masturbare con ciò che poi mangio. Non so come spiegarmi.
Esco dal supermercato il più in fretta che posso, sentendo sulla schiena lo sguardo del commesso...e forse anche il suo ghigno perverso.

Sono le 10.02 del mattino. Nell’atrio e nei corridoi della mia università c’è un grande fermento, perché c’è il cambio delle lezioni. Studenti di ogni età e facoltà entrano ed escono dalle varie aule. Nel tragitto che mi porta verso un bagno poco affollato incontro pure i miei compagni di corso che hanno finito la lezione di economia e si stanno dirigendo verso l’aula della materia successiva.
È difficile trovare un bagno libero in questo bordello. Le donne, soprattutto, approfittano del cambio dell’ora per andare a orinare o sistemarsi il trucco e i capelli allo specchio.
Arriva una mail dal mio Padrone: “Cagnetta. Sei al bagno? Hai ciò che ti ho richiesto?”
“Sì, Padrone. Mi sto dirigendo ora al bagno.”
“Scrivimi quando sei dentro.”
Dio. Ogni volta che mi scrive è sempre la solita storia: immagino la sua voce che mi ordina di eseguire tutti gli svariati compiti per procurargli piacere...e sento le mutandine accartocciarsi umide tra le mie cosce. Ha un effetto tale su di me che ogni volta che mi scrive “Penso con la fica”, usando le sue stesse parole.
Mi ritrovo a sgomitare tra la gente in fila alle macchinette delle bibite e merendine. Ma proprio accanto alla toilette dovevano essere piazzate?
Mi fiondo nel primo bagno libero che mi capita. Per fortuna è quello senza finestre, perché sono perennemente aperte e io non ho voglia di gelarmi il culo.
“Eccomi, Padrone. Sono chiusa in bagno.”
“Bene, cagnetta. Adesso voglio che tu prenda in mano la zucchina. Mandami una foto e descrivimela.”
Faccio come dice. Prendo la zucchina fra le mani, la tasto di nuovo con cura e parto con la descrizione: “È lunga più o meno quanto il pene del mio ragazzo. La circonferenza è poco più grossa. È dura ed è leggermente appiccicosa al tatto.”
“Bene. Ora voglio ascoltami attentamente: voglio che mi mandi un video mentre metti un preservativo sulla zucchina. Non devi farlo con le mani. Devi farlo con la bocca.”
“Sì, Padrone.”
Dentro di me sento combattere eccitazione ed imbarazzo per l’idea di dover avere un rapporto sessuale con un ortaggio. Mi sembra un classico cliché.
Apro la confezione dei profilattici e ne estraggo uno. Mi ero dimenticata della sensazione di bagnato e dell’odore particolare dei preservativi. Sono anni che non li utilizzo più.
Il cuore mi batte all’impazzata, mentre infilo la zucchina fra le labbra, dove tengo il preservativo. Immagino che sia il membro del mio Padrone. Certo, io lo immagino più lungo, ma ora ho questo fra le mani. E la sensazione che mi dona questa piccola fantasia è una goccia viscosa che mi solca le labbra della vagina.
“Brava, cagnetta. Adesso rimettitela in bocca. Immagina che sia un cazzo. Fin dove riesci a prenderlo? Fammi vedere fin dove arrivi segnandomi il punto con il dito.”
“Grazie, Padrone...lo faccio subito...”
Chiudo gli occhi e dietro le mie palpebre si materializza l’immagine di un pene turgido e svettante di fronte al mio viso. Posso quasi toccare quell’asta dura che tanto desidero dentro di me. Una goccia di pre sperma fuoriesce dal buchino e percorre lenta...lenta...molto lenta...il glande, il fusto e bagna una piccola parte dello scroto. Si tratta di due coglioni tondi, gonfi e pieni. Li vedo quasi pulsare, talmente è tanto lo sperma che anela di schizzare fuori. E mentre metto in bocca la zucchina, immagino di prendere in bocca quello spettacolo. I miei capezzoli quasi bucano il maglioncino e il mio sesso è oscenamente aperto e bagnato.
Arrivo alla metà, la circonferenza più grossa mi rende più difficile farla arrivare in gola più di così.
“Bene. Adesso toccati fino all’orgasmo, senza venire. Poi penetrati con la zucchina per 30 volte.”
Mi vuole fare morire?
Mi levo completamente scarpe e pantaloni, appoggiando per terra e il giubbotto e sedendomici sopra. (Sarò anche eccitata, ma un minimo di contegno! Non voglio che i germi del pavimento di un bagno pubblico entrino in contatto con il mio organo riproduttivo.)
Non devo neanche inumidire il dito medio con la mia saliva, ci pensano i miei umori. Con una mano apro per bene le grandi labbra per scoprire al massimo la clitoride. È già sensibilissima, gonfia, una protuberanza dura e bagnata. E al posto del dito, c’è una lingua calda che la sta leccando velocemente. Alternanza tra punta e lingua piatta. È questo ciò che immagino. Sento la testa che pulsa a pari della mia figa. Il mio corpo è come un tamburo in preda al delirio. È doloroso fermarsi a pochi passi dal venire, mi viene quasi da piangere e dal petto fuoriesce un lamento simile a quello di una bambina capricciosa. Come faccio a penetrarmi 30 volte senza venire? Prendo quel peculiare oggetto di piacere e senza pensarci su, mi penetro una volta...due volte...tre...quattro...dio! Ho le cosce spalancate, un cazzo che mi fotte e le ovaie che quasi esplodono. Per fortuna che il bagno è ormai deserto (fuori il silenzio domina) e nessuno mi sente, perché sto gemendo, forte. Da quanto non faccio sesso? Da molto, troppo tempo. Dannata relazione a distanza. Fosse per me e per la mia figa, uscirei dal bagno e mi fotterei l’unico professore del mio corso giovane e di bell’aspetto.
Mi sembra quasi un cazzo vero quello che ho dentro di me ora. E il solo pensiero sta bagnando completamente il preservativo. Mi trattengo un sacco per non venire, stimolata come sono. Faccio di tutto per pensare ad altro, a qualcosa di schifoso e per niente erotico ed eccitante, ma tutto ciò che mi viene in mente sono orge, schizzate di sperma, aromi di sessi eccitati e mi ritrovo quasi a cavalcarlo questo ortaggio che ho fra le cosce!
Per un miracolo divino riesco ad arrivare al 30 senza venire.
“Brava cagnetta. Ora vai a lezione, ma tieni la zucchina e i preservativi, che oggi voglio fartelo usare di nuovo.”
“Grazie, Padrone. Posso venire?”
“No, devi aspettare oggi pomeriggio...se farai la brava.”
“Sì, Padrone.” Sì un pezzo di cazzo! Io voglio venire! Come faccio ad andare a lezione con il cervello annacquato dalla voglia? Ma, ancora una volta, devo rispettare ciò che il Padrone mi comanda. E ancora una volta devo obbedire ad un suo ordine.
di
scritto il
2018-01-17
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