Porte d'emergenza

Scritto da , il 2017-12-10, genere tradimenti

Ti aspetto con l’ansia che fa scoppiare il cuore. Sento i battiti nelle tempie. Il cazzo mi scoppia nei pantaloni. Non ci vediamo da quasi due mesi ormai. Da quando tuo marito ha intuito la nostra relazione ti sta col fiato sul collo rendendo, di fatto, impossibile incontrarci. Ma oggi abbiamo trovato il modo di aggirare la sua guardia.
La soluzione ce l’avevamo sotto gli occhi, ma c’è voluta l’angoscia e la disperazione della distanza per rendercela visibile: il tuo corso di nuoto. La piscina si trova accanto al palazzo dell’Università. Faceva parte del plesso universitario in origine. Poi è stata ceduta in gestione ad una società esterna. I lavori di ristrutturazione avevano murato tutte le porte di comunicazione. O quasi. Lo hai scoperto per caso. Le porte delle uscite di emergenza affacciano sullo stesso corridoio di fuga. Poche decine di metri che poi sfociano nel parcheggio.
Ed è qui che ti aspetto, mentre l’ansia mi travolge. Di fronte a questa porta. Abbiamo pochi minuti, lo sappiamo. Tuo marito arriverà fra poco in quel parcheggio per controllare che tu esca dalla piscina e salga subito in auto. Cercherà di non farsi notare, ma lo sappiamo che sarà lì. Lo fa tutti i giorni.
Finalmente arrivi. Indossi una tuta grigia. Aderente. Guardo le tue forme che mi fanno impazzire. Apro la porta in contemporanea a te. Sono porte di emergenza. Si aprono solo dall’interno. Sono le porte della nostra emergenza di averci, di possederci, di amarci.
Ti infili veloce nella mia porta. Il corridoio di separazione è largo pochi metri, ma è abbastanza esposto. Speriamo che nessuno ti abbia visto. Il cuore ora pulsa sulle nostre lingue mentre famelici ci baciamo.
Siamo fuori contesto in quella università, con i nostri quasi quarant’anni, ma ci sentiamo così ragazzini. Potremmo essere scambiati per professori, chissà.
Nel tempo della tua attesa ho esplorato il posto per capire dove avremmo potuto appartarci. Ci sono alcune aule in cui non è prevista lezione in questa ora pomeridiana. Ma qualche studente potrebbe sempre venirci a studiare. Ci sono i bagni. Non è romantico, ma non cerchiamo romanticismo. La nostra è una urgenza passionale, carnale. Abbiamo bisogno di fare l’amore, di scopare, di fottere. Abbiamo bisogno di possederci in modo primordiale ed animale.
Optiamo per i bagni maschili. Malauguratamente dovessero sorprenderci, i miei consimili dovrebbero essere meno isterici e più comprensivi rispetto ad una donna che dovesse incontrare un uomo nelle sue toilette.
La fortuna ci assiste. Non c’è nessuno e possiamo infilarci nell’ultimo cubicolo che è pure discretamente pulito. Abbiamo pochi minuti, lo sappiamo. Non perdiamo tempo in convenevoli. Le labbra bruciano per i baci famelici e voraci. Le mani sono già alla ricerca delle nostre intimità. Sento la tua carne liquefatta e aperta. Tu stringi la mia, ferrea e bollente. Vorrei sentire le tue labbra, ma lo spazio non basta per farti inginocchiare. Vorrei leccarti, ma sarebbe un faticoso contorsionismo. Lo spazio è stretto, non ci consente giochi di fantasia. L’aria è animale. Appoggi il tuo viso alla porta, abbassi i pantaloni quel tanto che basta per espormi il tuo sesso. Abbasso i miei quanto basta per tirare fuori il mio cazzo sull’orlo dell’esplosione.
Ti entro dentro mentre artiglio i tuoi fianchi. Spingo con forza e con rabbia. Ti amo, te lo ripeto come un mantra nell’orecchio mentre te lo lecco. Mi ami, lo sussurri mentre piangi di felicità e disperazione.
Sentiamo un rumore nel corridoio dei cubicoli. Sentiamo delle voci. Un paio di ragazzi ciarlano. Cerchi di ammutolirti, ma io spingo con più forza e ti stringo un seno attraverso il tessuto sottile della maglietta. So che ti piace. So che vorresti urlare ed io voglio farti urlare. Urlare come io vorrei urlare al mondo che tu sei mia ed io sono tuo, ed invece siamo costretti a scoparci come due ladri, in uno schifo di cesso. Voglio che almeno questi due qui dentro, che non sono neanche lontanamente il mondo, almeno questi due sappiano che tu sei mia.
Ed alla fine cedi. Alla fine cedi e ti lasci andare. Guaisci e mi implori di fotterti ancora. I due ci hanno sentito. Hanno capito. Si attardano un po’, per ascoltare meglio. Ridono. Uno ci invita a non sporcare per terra.
Poi li sentiamo andar via invidiandoci. Invidiando quei due sconosciuti che scopano in un cesso, come se ci fosse davvero qualcosa da invidiare nella nostra storia.
Ti sento godere. Non è il luogo dei sogni, ma la nostra irruenza, la nostra passione, la nostra urgenza sono più forti di ogni convenevole ed il desiderio represso per così tanto tempo non si formalizza più. E poi, ci eccita questa situazione. Ci eccita l’idea di essere in un luogo pubblico, ci eccita l’idea di star fottendo tuo marito che forse è già nel parcheggio. Ci eccita l’idea di scoparci come due animali.
Godi e ti tremano le gambe. Devo sorreggerti per non lasciarti cadere. Ma ho voglia di godere anche io. Ho voglia di esplodere questa tensione che mi martella nelle tempie.
E mentre ancora ansimi, mentre ancora il tuo respiro è un rantolo, esco dalla tua figa slabbrata e con un colpo deciso ti entro nel culo. Ti sento trasalire ma subito dopo ti inarchi per farmi entrare di più. Mi dici che sono un porco. Orgoglioso di esserlo affondo dentro te con arroganza. Lo so che ti piace. Lo sento da come mugoli. Hai un culo meraviglioso e lo sai. Da far girare la testa. Sentiamo il tuo cellulare che squilla in qualche tasca del pantalone. Ti irrigidisci. Involontariamente stringi le tue carni che diventano aderenti sul mio cazzo. E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Ti godo dentro. I miei fiotti ti riempiono. Spingo in fondo per non farli fuoriuscire. Senti le mie contrazioni e ne sei appagata. Lo so che ti piace farmi godere. Ti giri a guardarmi, per quello che la posizione ti consente. Sorridi.
Ci rivestiamo felici come due adolescenti. La fortuna ci arride. Il bagno è deserto e possiamo uscire senza che nessuno sappia di noi. Ti accompagno alla porta d’emergenza. Nel frattempo tu hai chiamato la tua amica, nostro angelo custode, che ti aspetta per farti rientrare in piscina, da cui poi uscirai attraverso la porta principale come se niente fosse, sotto lo sguardo sollevato di tuo marito. Ci baciamo un’ultima volta. Staccarci è un’impresa ma siamo più sereni. Ora abbiamo una porta d’emergenza.

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