Fabiola l'architetto - (6) il funerale

Scritto da , il 2011-01-23, genere etero

Mi ritrovai solo in auto con quelle due amiche ritrovatesi dopo 13 anni. Una delle due era la mia ragazza, bionda e bella, sensuale come mi aveva fatto innamorare. L'altra, l'architetto, bruna mediterranea, con forme da sballo evidenti anche in quel castigato tailleur grigio scuro con cui dimostrava il suo lutto. Stavamo andando al funerale di suo suocero che io neanche conoscevo, ma a cui, vista la ritrovata vicinanza tra le due amiche, Anna mi aveva cortesemente di presenziare.

Nessuno parlava. La radio era ad un volume bassissimo. Fuori il sole di giugno infuocava l'interno della macchina, dove l'aria condizionata mischiava gli odori di quei due capolavori di donne. Dallo specchietto cercavo lo sguardo di Fabiola, pur avendo a fianco Anna. Guardava fuori dal finestrino, nascondendo i suoi occhi neri con degli occhialoni neri. Il suo tailleur grigio era piuttosto casto, ma accompagnava le sue morbide curve. Non indossava calze, come potei ammirare dallo specchietto. Le sue gambe erano già abbronzate, complice una carnagione già abbastanza scura di suo.

Erano lucide, segno di una “lucidatura” ricevuta con creme ad hoc. Il solo pensiero rendeva tutto estremamente eccitante: in più stava andando ad un funerale e sapere che nonostante l'infausta occasione lei curasse così tanto il suo corpo mi eccitava. Il tutto per una donna che nella notte precedente non aveva soddisfatto le sue voglie, visto il lutto del marito. Quel suo torturare nervosamente i capelli era terribilmente erotico e

Arrivammo a Cerveteri, paese di cui suo marito era originario. In chiesa ci dividemmo. Lei si ricongiunse col padre del defunto, mentre io ed Anna sedemmo qualche banco più indietro. Anche in chiesa i cattivi pensieri non se ne andavano. Il mio sguardo cercava Fabiola o quello che ne riuscivo a scorgere. Non capivo il perché, ma quella donna mi aveva stregato, aveva reso i miei occhi schiavi della sua visione. Neanche Anna riusciva a distogliermi dal pensarla.

Anzi, quando pensavo ad Anna mi veniva in mente che lei l'aveva avuta in quel casale e chissà forse anche a casa sua. Ed il pensiero mi provocava un'erezione istantanea, anche lì in chiesa, mentre il prete intonava l'estremo saluto a quel povero vecchio.

Fuori dalla chiesa ero con Anna in attesa di Fabiola, quando squillò il suo telefono. Era l'ospedale che la chiamava d'urgenza, visto che c'era un problema di carenza di personale: era ancora in prova in reparto e si sentì obbligata ad accettare. “Io vado, chiamo un taxi, tu aspetta Faby”, disse cogliendomi di sorpresa.

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