Tendenze a sessualità diverse

Scritto da , il 2017-07-24, genere etero


Tutto il perverso, non lo nego, è nella mia indole. Io sono nata così: diversa, egoista, porca nell’animo e nel fisico, come nella mente. Tendente ad attività sessuali lussuriose, particolari, di genere esaltante oppure infimamente volgari. Il sesso, è la mia fede, l’orgia, il mio vero palcoscenico. Succhiarlo, un diversivo per rinforzare lo smalto dei miei denti. Lasciarmi sodomizzare, un dono natalizio o di compleanno che concedo, mentre, il farmi scopare, un chiaro bisogno di soddisfare il mio amor proprio, ma pure per scaricare i nervi, o anche la cisterna colma di umori che disturba il mio equilibrio sessuale. Essere schiavizzata, un piacevole diversivo, sculacciata, una necessità che mi assale improvvisamente. Seviziata, nei limiti sopportabili, una consuetudine. Esaltata nelle beltà che caratterizzano il mio fisico, sempre …, poiché predispone il mio io a qualsiasi evenienza o esperienza sessuale. Che razza di donna sono? Una femmina, porca fino alle ossa, che trae piacere da tutto ciò che si può interpretare come godimento sessuale. Se incontro un bel uomo e mi va di andare a toccargli l’uccello, lo faccio, succeda quel che succeda. Se mi attizza una donna, giovane, oppure di mezz’età o vecchia, io provo a rimorchiarla. E se poi un nonnino mi fa capire che mi farebbe, io, per fargli godere l’ultimo piacere della sua vita, mi impegno con tutta me stessa poiché, se fallissi, ciò mi renderebbe assai nervosa, intrattabile. Se poi non gli reggesse il cuore, il mio successo sarebbe ultra pieno, molto più esaltante di mille orgasmi bene goduti. Mi fa sentire onnipotente, una dea del sesso ma pure una megera da casino, una troia all’aria aperta …; oppure una bella fata ricercata dall’innocenza, anziché un’assatanata demolitrice di fedeltà fittizie; gli orifizi del bene e del male che si riempiono di sperma fisica e morale ogni qualvolta il mio cervello non ha più diritto di dare alla mia vulva ordini precisi. Ogni mio desiderio, da quel momento in avanti, diventa conduttore assoluto dei miei gesti, l’articolazione della mia lingua, l’apertura automatica delle fessure del mio bacino, pronte a ricevere in se ogni sorta di perni carnali o meno, che mi procurino dolore o piacere, ma soprattutto, l’ineluttabile desiderio di gustare con la bocca il gustosissimo fiotto che riesco a far eruttare, dai più disparati vulcani umani che frequento molto spesso con il massimo impegno. Come, per esempio, uno degli ultimi che ho rimorchiato facendo l’auto stop sulla statale per la mia Rimini, dopo che avevo bucato una gomma della 500, per la quale non avevo ancora fatto riparare la ruota di scorta, già sostituita la volta precedente. Il tipo che mi aveva dato il passaggio, un bell’uomo sui quaranta, con tanto di moglie e due bambini al seguito, diretti nella mia bella città per un periodo breve di vacanze, non mi aveva tolto gli occhi dalle cosce, tramite lo specchietto retrovisore, che io mi ero guardata dal coprire con la mini che si era sollevata eccessivamente quando ero salita sul sedile posteriore, accanto ai bambini. Quell’avido e insistente sguardo, mi aveva eccitata terribilmente, così da farmi escogitare una storia che mi permettesse di rimanere sola con lui. “ Dove siete diretti? ”, chiesi, fingendo disinteresse. “ A Rimini, all’albergo Au……a ”, rispose sua moglie, prontamente. “ E lei, signorina ? ”, mi domandò subito lui, continuando a sbirciarmi fra le cosce. “ Io anche, ma non proprio nella città. I miei abitano in una frazione che dista altri cinque o sei kilometri più a nord ”, dichiarai, mentre scherzavo con i bambini. “ Una volta che saremo là, sicuramente troverò qualcuno che mi darà un passaggio ”, continuai, mostrandomi leggermente affaticata. “ Non è necessario che lei cerchi un altro passaggio; il tempo di scaricare i bagagli, la moglie ed i miei bambini poi, dato che si tratta di pochi chilometri, l’accompagno io, non si preoccupi ”, mi rassicurò lui visibilmente goduto per avere trovato il modo per restare solo con me. Quando restammo soli, lui: “ Da che parte vado? ”, mi chiese. “ Segui questo viale sino in fondo, poi vai a destra verso la statale ”, risposi usando il tu, tanto per fargli capire che con me non c’era bisogno di convenevoli. Ero eccitata, pertanto, allungai la mano a tastargli la patta dei pantaloni, constatando che anche lui era già molto eccitato. “ Ti spiace se te lo ciuccio? ”. “ Si, cioè, no, non mi dispiace ”, biascicò affannato. Senza attendere oltre gli abbassai la cerniera, infilai la mano dentro gli slip e feci sorgere il suo bel pisello, già inumidito da una infinità di umore. Oh, che sapore stupendo! Non mi capitava spesso di succhiare un membro cosi gustoso, perciò mi dedicai con tutta la mia esperienza fermandomi quando temevo di farlo godere troppo presto. Nel frattempo, l’eccitatissimo paparino, aveva fermato l’auto in una radura lontano della strada e, con impegno, si era messo a tastarmi i glutei e fra le gambe, pronunciando frasi che mi fecero andare oltre l’orgasmo mentale più appagante. “ Lo sai vero che sei proprio una bella troia, ragazza? La più gran puttana che io abbia conosciuto …? ”, seguitò, sollevando il bacino sempre più velocemente, proprio come se mi stesse montando. “ Beh, se è questo che pensi di me, allora mi costringi a chiederti di pagarmi ”, le dissi, sottraendomi appena qualche secondo dal gustare la sua delizia. “ Certo, ti pagherò …! ”, esclamò con ardore, deviato dalla mia bocca e dalla mia gola, sempre più sondate dalla sua mirabile mazza. “ E quanto vuoi? ”, chiese lui senza concedermi un attimo di respiro. “ Gli mostrai una mano che per lui significò cinquanta euro, cifra a cui io non avevo minimamente pensato, visto che avevo alzato il palmo solo per indicargli di aspettare poiché, in quel momento, potevo esprimermi soltanto a segni. “ Ovviamente, non mi basta che me lo succhi soltanto, per quella cifra ”, disse, togliendo il membro dalla mia bocca. “ Cosa pretendi per una somma così misera? ”, chiesi, una volta libera da quel virgulto così saziante. “ Questa ”, mi propose, immergendo un dito della mano che aveva fra le mie gambe, dentro le labbra della mia vagina. Benché il tipo esteticamente non fosse eccezionale, la situazione che si era venuta a creare, e soprattutto il fatto di averlo sottratto alla moglie, mi aveva inorgoglita, eccitata oltre la normalità.
Cosa aspetti, allora: prendila! ”,urlai, preda di un travolgente orgasmo che mi aveva assalita all’improvviso. Senza attendere, dopo avermi posizionata a pecorina con il viso a sfiorare il vetro della portiera e strappato completamente le mutandine, si infilò dentro di me con una foga tale da farmi persino avvertire un briciolo di dolore, passato il quale, entrambi raggiungemmo nuovamente il massimo piacere; godimento che sia io che lui gustammo molte altre volte, al termine dei quali, ci accorgemmo che erano trascorse più di tre ore. Mentre facevamo ritorno a Rimini, dove io avevo confessato di abitare veramente, lui tirò fuori dalla tasca una banconota da cinquanta euro e me la infilò fra i seni, denaro che gli rimisi in tasca dicendogli: “ Questa volta è gratis … Pagherai la prossima, se ci incontreremo ancora … ”. Fatalità volle che il giorno dopo lui, sua moglie e i bambini occupassero lo sdraio e l’ombrellone proprio di fianco a me, nel bagno Au….a. La moglie, in un primo momento fece finta di non riconoscermi, ma non appena mi videro i bambini, subito mi corsero incontro felici, pronti a giocare con la nuova amica. “ Papà, è andato a comprarci i gelati …! ”, dissero come per rispondere ad una mia precisa domanda, che invece non avevo fatto. Costretta dalla innocenza dei suoi bambini a non più fingere, la donna fece finta d’essere contenta della coincidenza che ci aveva nuovamente fatte incontrare. “ Mio marito mi ha raccontato del contrattempo avuto quando ti ha accompagnata a casa. E pensare che l’abbiamo comprata proprio per venire in ferie, e ce l’avevano anche garantita, la macchina. Invece si è rotta subito. Quando torneremo a casa, mi sentiranno quelli della concessionaria ”, si lamentò, con vero impegno. “ E si, proprio sfortuna …! ”, completai io, con un tono ironico nella voce, che sono certa lei comprese pienamente. Infatti, cambiò subito discorso. Proprio in quel momento giunse il marito con dei gelati in mano, sciolti per metà dal caldo di quella giornata di sole. “ Oh, che sorpresa …! ”, esclamò, felice di rivedermi così presto. “ Il destino è proprio strano …, in due giorni ci ha fatto incontrare due volte! Avrà dei progetti nei nostri riguardi ”, dichiarò la moglie guardandomi fissa negli occhi ”. “ Tu pensi, cara …? ”, le domandai io, cercando di capire dove voleva andare a parare. Il marito, per interrompere il nostro dialogo, mi offrì il suo gelato, che io accettai di buon grado leccandolo con bramoso piacere, molto simile alla bella succhiata che le avevo fatto la sera prima. Anche se la situazione era parecchio strana, trascorremmo una bella giornata insieme, al termine della quale Clara, la moglie, m’invitò a cenare con loro al ristorante dell’ albergo. Lì per lì, pensai di rifiutare, ma poi, guardando il volto di lui, supplichevole, decisi di accettare di buon grado, spinta soprattutto dalla curiosità che mi faceva pensare fossero concordi nel desiderare la mia presenza, una situazione che esaltava parecchio la mia fantasia follemente erotica. Il tempo che mi divideva dall’appuntamento lo trascorsi provando diversi indumenti, che scartavo sistematicamente, fino a quando optai per un paio di pantaloncini, provocatoriamente ampi di gamba, i quali, se indossati senza biancheria intima , assumendo certe posizioni, da seduta, mostravano ampiamente la folta peluria del mio intimo, ed a volte anche di più. Sopra i quali avevo abbinato una leggerissima T-shirt rosa pallido, che, in controluce, non celava molto di più d’un vetro leggermente appannato. Quando giunsi al ristorante, loro erano già seduti e intenti a scorrere il menù. Sorpresa per l’assenza dei bambini, domandai: “ Che avete fatto dei pargoli …? ”. “ Li abbiamo affidati a mia sorella, anche lei in vacanza qui, coi suoi figli ”, mi aveva risposto Giuliano, senza togliere lo sguardo dal menù. La cena, a parte i tagliolini mare e monti, era stata proprio uno schifo! Ma poi prese interesse quando Clara mi chiese se l’accompagnavo alla toelette. Una volta lì, senza perdere tempo, lei dichiarò che sapeva benissimo cos’era successo fra me e suo marito. “ Non è la prima volta, sai, e io non incolpo le donne con cui mi tradisce, ma soltanto lui. Anzi, tu, ti prego, devi aiutarmi a vendicarmi. Voglio che anche lui sappia cosa si sente quando si viene traditi dalla persona che ami …! ”, mi supplicò, quasi con le lacrime agli occhi. D’impulso l’abbracciai e, dopo averla baciata teneramente sulle labbra, bacio che lei mi ricambiò con tenerezza, le sussurrai: “ Va bene …! Tu però devi assecondare tutte le mie proposte, nel dopo cena; affermare che desideri trascorrere una serata diversa dalle solite, capito? ”. Certo. Mi affido a te cara, e farò tutto quello che mi suggerirai ”, rispose ringraziandomi con un secondo bacio, molto più conturbante di quello che le avevo dato io. Mentre assaporavamo il dolce, io, me ne uscii con: “ Dopo, se vi va, possiamo andare a passare la serata in un locale che conosco io, un bel posto, dove si può anche ballare, volendo, e dove noi donne non paghiamo nemmeno il biglietto d’entrata ”, prospettai, rivolgendomi esclusivamente al marito di Clara, il quale, prima di accettare, lo chiese a sua moglie. “ Per me va bene … ”, rispose lei. “ Basta che non facciamo troppo tardi ”, seguitò, ponendo un limite alla serata che non era altro che un paravento.
Giunti al locale, dopo i preliminari di rito, un tesseramento societario imposto dalla legge, ed il pagamento di cento euro da parte del marito, una specie di guida c’introdusse nel salone del club dove un folto numero di persone ballavano un lento strusciandosi lascivamente, mentre altri, uomini e donne, seduti su divani in spazi laterali si dedicavano a carezze e palpeggiamenti vari senza badare a vari singoli che li guardavano con libidine, in attesa di un cenno, da parte dell’uomo o della donna, di aderire alle loro sconcezze. “ Venite con me ”, li invitai a seguirmi, verso l’altro lato del salone dove avevo visto un divano libero da persone. “ Cosa vi sembra? ”, chiesi, sedendomi appositamente al centro del divano in modo d’averli al mio fianco. “ E’ un posto strano ”, rispose lei guardandosi intorno curiosa. “ Un club per scambisti ” , commentò lui, molto più smaliziato. “ Vedi, cara, tuo marito, probabilmente ha già frequentato questi posti, e magari, anche dopo il matrimonio …! ”, prospettai io, per mettere a disagio Giuliano, che negò prontamente la cosa, affermando che c’era stato un’unica volta in occasione dell’addio al celibato. “ Allora hai provato le tante emozioni che si possono gustare in questi luoghi, vero? ”, gli domandai in modo impertinente, voltandomi poi verso sua moglie quasi tremante per la piega che avevano preso gli avvenimenti. Vederla in quello stato, Clara mi fece tenerezza, così tanta da spingermi ad abbracciarla, a baciarla con affetto, mentre lei schiudeva le labbra per ricambiare il delizioso contatto. Questa nostra esibizione aveva attratto tre giovani guardoni ed anche una bella donna sui cinquanta, molto affascinante e sicuramente molto porca visto il modo con cui ci osservava, socchiudendo gli occhi, mostrando un intenso visibilio dipinto sul volto. “ Ora masturbo tuo marito così non potrà dire nulla se qualcuno si avvicinerà a te, d’accordo? ”, le bisbigliai in un orecchio, mentre con la mano, di nascosto, indicavo ai ragazzi di avvicinarsi a lei, sempre più tremante. Giuliano non si aspettava che io lo aggredissi in modo cosi sfacciato di fronte alla moglie, pertanto, quando l’abbracciai mettendogli le braccia al collo e lo baciai con audacia, in un primo momento tentò di sfuggirmi, ma poi, apprezzando la mia lingua nella sua bocca, si calmò assecondandomi con bramosia; ed ancor più quando le mie mani entrarono negli slip massaggiandogli l’asta già oltre ogni massima impennata. La prima ad avvicinarsi a Clara, fu la donna, la quale, dopo essersi seduta a terra, di fronte alle ginocchia di lei, le aveva infilato una mano in mezzo alle cosce, e senza alcun preambolo, aveva raggiunto la vagina, probabilmente già bagnata come lo era la mia. Al primo lamento di sua moglie, Giuliano la guardò quasi con meraviglia, come se da lei non si aspettasse delle emozioni dovute a contatti così particolari. Ma lo sentii poi agitarsi estremamente quando uno dei tre ragazzi, il più giovane, prese a palparle una mammella che, inavvertitamente, le era uscita dalla camicetta la quale, per metà, si era sbottonata. “ Da come ti sei indurito, direi che ti eccita vedere tua moglie che viene palpata da altri ed in pubblico …? ”, le sussurrai piano, ma comunque in modo tale che sentissero almeno le persone più vicine a noi. “ Non tanto ”, rispose lui, comunque mantenendo sempre la stessa durezza della mazza che stavo manipolando con lena. “ Allora ti dispiacerà ancora di più quando qualcuno glielo metterà fra le labbra: e sì, perché questo accadrà, mio caro porcellino, fedifrago per abitudine”, seguitai io pur senza smettere di torcerglielo, scappellarlo fino al massimo permesso dalla sua pelle elastica. Le mie parole, forse perché ascoltate dai ragazzi, furono profetiche. Dopo poco, uno di loro, era salito con le ginocchia sul sofà e dopo averle abbassato la testa verso il suo membro, l’aveva infornata senza che lei opponesse una benché minima resistenza, anzi, con la testa ciondolante, contribuiva a farlo entrare il più possibile in gola. Il timido lamento di lei, agì su di lui come la massima delle eccitazioni; infatti, venne sulle mie mani in modo intenso, così copioso da aver bisogno di recarmi al bagno per lavarmele. Avevo appena iniziato a detergermi le mani quando avvertii qualcuno che mi palpava il sedere. Mi voltai, e non fui molto sorpresa nel vedere la bionda che prima tastava il clitoride di Clara adattare entrambi i palmi delle sue mani ai miei glutei, mentre coi suoi pollici spingeva la stoffa dei pantaloncini nel solco del mio dietro come se volesse introdurla nel buchino del mio ano. Di per se la cosa non era stata un granché esaltante non fosse stato per il fatto che subito dopo mi aveva appoggiato i denti sul collo e mi aveva morso come fa un lupo, capo branco, per sottomettere la sua femmina mentre la monta. La sensazione che mi assalì fu molto simile a quella che avevo provato un tempo quando, durante un festino con persone perverse, ero stata legata a pecorina, ad uno sgabello, e costretta a subire lo stupro da parte di un Molosso Napoletano, il quale, forse vedendomi dimenare nel tentativo di non farmi profanare da lui, dopo essermi saltato addosso con le due zampe anteriori, mi aveva azzannato il retro del collo e non mi aveva più lasciata fino a quando non mi aveva riversato un litro di sperma dentro la passera, martoriata dal suo spropositato organo ingigantitosi enormemente quando con l’aiuto di qualcuno aveva trovato la retta via. La stranezza di quell’esperienza è che, ricordare l’accaduto, benché fosse stato molto doloroso, mi eccitava tremendamente; anzi, diverse volte, avevo persino pensato di ripetere quella esperienza, ma poi l’avevo tralasciata perché temevo che tornare volontariamente fra quel gruppo di orchi sessuali, avrebbe potuto mettermi nelle condizioni di subire chissà quali altre dolorose sevizie. “ Ho voglia di lapparti tutta, bambina …! Al termine della serata, se lo desideri, ci appartiamo a casa mia e seguitiamo a divertirci io e te, da sole. Ho dei progetti che ti faranno morire di piacere, godere come mai hai creduto che fosse possibile ”, mi confidò, mordicchiandomi il lobo dell’orecchio destro, senza mai fermare le mani che al momento mi esploravano il pube, dopo essere risalite dalle estremità inferiori dei pantaloncini. Non ebbi un attimo di ripensamento. Accettai ancor prima che lei terminasse l’elenco delle piacevolezze promesse, e, a dire il vero, già fantasticavo su cosa avrei fatto io per ricambiarla degnamente. Al nostro ritorno nella sala, la composizione sul divano che occupavo era cambiata totalmente. Clara era stata denudata e presa in tutti i suoi anfratti carnali dai tre ragazzi, mentre un nugolo di spettatori, uomini e donne, osservavano con gusto il loro amplesso esultando rumorosamente quando i ragazzi si alternavano dentro di lei facendola mugolare come una vacca in calore. Nel frattempo lei, senza smettere di farsi cavalcare e di succhiare l’asta che aveva in bocca, aveva allungato le braccia fino a prendere il membro del marito e glielo stava massaggiando con così tanto vigore da costringerlo a godere tutto il bagaglio di sperma che aveva accumulato dal momento in cui aveva capito quale sarebbe stato il proseguimento della nottata in quella bolgia molto simile alla più che famosa torre di babele. Mi aveva poi confessato che vedere sua moglie impegnata dai tre membri, l’aveva eccitato in tal modo che in seguito era ritornato con lei più volte, nel privè, ed ogni volta le aveva permesso di aumentare il numero di persone che contemporaneamente avevano approfittato del corpo della moglie. Dopo aver partecipato per almeno un’oretta all’orgia che si era sviluppata, io e la bionda cinquantenne, ce ne eravamo andate e raggiunto la sua abitazione, un lussuoso appartamento al settimo piano di un palazzo al centro della città, abitato dall’anziano genitore della mia nuova amica lesbica, un settantasettenne molto arzillo che, quando entrammo in casa, era seduto su una poltroncina, di fronte al televisore, appisolato, ma non appena ci sentì, si alzò e ci venne incontro per abbracciare la figlia, e poi anche me, con una stretta così energica che mi stupì parecchio, soprattutto perché, non sapendo assolutamente chi io ero, il suo abbraccio era stato troppo intimo e caloroso: si era appoggiato a me con tutto il corpo combaciando perfettamente col suo bacino al mio, dandomi la sensazione di essere a contatto con qualcosa di voluminoso, che se non era lo spessore di un pannolone, sicuramente doveva essere la più naturale appendice che un uomo mostra con fierezza all’avversaria vaginale. “ Arzillo tuo padre, Gianna … ! ”, le feci notare, mentre lei mi trascinava verso la sua camera da letto, senza nemmeno darmi la possibilità di farmi una doccia ristoratrice e valida a detergermi da tutte le tracce di sperma che avevo ricevuto nel contendere i maschi a Clara. “ Non temere, ci penserò io a lavarti. Ti leccherò dalla testa ai piedi, ed anche all’interno, fino dove la lunghezza della mia lingua mi darà la possibilità di entrare … ”, mi aveva promesso, Gianna, chiudendo la porta della stanza alle nostre spalle. Non era la prima donna con la quale andavo a letto, ma lei, era stata il massimo del piacere saffico. Mi aveva amata in tutti i modi resi possibili ad una donna, naturalmente, e non solo, anche con dei rimedi fallici che aveva estratto da un cassetto del comò, come, per esempio, un grosso fallo ambivalente che, dalla sua parte aveva imboccato per poi infilarmelo dentro in tutta la sua mirabile lunghezza, mentre le sue mani mi accarezzavano, mi esploravano tutto il corpo, talvolta profanandomi l’ano con due dita oppure la bocca con le cinque dita chiuse ad imbuto, il tutto, sculacciandomi con un cucchiaio di legno da cucina, e altre volte strizzandomi i capezzoli con delle grosse pinzette strappa peli. Il momento più piacevole però lo gustai quando mi accorsi che oltre la porta della camera, leggermente socchiusa, due occhi, ci scrutavano avidi. Quando mi sentivo spiata, avvertivo un’eccitazione particolare invadermi anche il cervello. Una mia anomalia che sicuramente aveva avuto origine quand’ero poco più di una bambina, sui tredici o quattordici anni, spesso mio zio, fratello di mia mamma, che viveva con noi, le volte che restavamo soli in casa, faceva finta di non essersi accorto che ero in bagno ed entrava …, poi con la scusa che gli scappava, non potendo usare il water, lo tirava fuori, orinava nel lavandino e, con la scusa di scuotere le ultime gocce di pipì, se lo sbatteva a lungo fino a godere dentro il lavabo, senza per altro pulire. “ Ci pensi tu tesoro …? ”, mi chiedeva poi andandosene, temendo che rientrasse qualcuno della famiglia. Ed io, per il timore che mia madre se ne accorgesse e pensasse a male, ripulivo il tutto, non prima di averci pasticciato dentro con le dita, o magari, averne assaggiato un pochino; talvolta ancora tiepido. Il momento più estasiante però era quando veniva a osservarmi dal buco della serratura. Io, quando capivo che era appostato, mi svestivo con lentezza, poi mi rigiravo in tutte le posizioni più oscene in direzione della porta, accarezzandomi lascivamente, anche se in quel periodo non riuscivo ancora ad avere degli orgasmi veri e propri. Istintivamente, quando capii i essere spiata, la mia esuberanza sessuale, aumentò in modo strabiliante, notata anche da Gianna che di lì a poco, mi chiese: “ Se ti disturba, lo caccio! Da quando è mancata la mamma, è diventato una specie di maniaco. Pensa che quando sono sola in casa con lui, quando dormo sono costretta a chiudermi a chiave. Più di una volta, mi sono svegliata mentre lui mi palpeggiava o tentava di stuprarmi. Sono tranquilla soltanto se c’è la badante, a cui passo qualche euro, oltre allo stipendio, al solo scopo di soddisfare le sue frequenti voglie ”, mi confidò mentre mi leccava l’interno dell’orecchio. “ Anzi, quando andrai a farti il bagno, non dimenticare di chiudere la porta; lui è costantemente in agguato, e ne approfitterebbe subito per venire ad importunarti ”, mi avvertì caldamente. Raccomandazione che finsi di scordare, vista la struggente curiosità di constatare se l’infiammato vecchietto, durante lo stretto abbraccio, mi avesse puntato sul ventre una cosa innaturale o quell’abbondanza che l’età non aveva ancora destabilizzato. Lo scroscio caldo dell’acqua della doccia, non mi aveva permesso di sentirlo arrivare; me ne accorsi, con un briciolo di spavento, solo quando la sua mano mi sfiorò i glutei ed un suo dito ruvido raggiunse il forellino del mio dietro, ancora bene insaponato, per cui, scivoloso. Mi voltai di scatto. Il vecchietto era li, nudo più di un neonato appena partorito, con un fardello enorme fra le gambe che, in un primo moment, mi spaventò per causa della sua lunghezza e grossezza, ma che, mi impegnai subito a manomettere con tutta me stessa, adattandogli la bocca, i seni, le cosce, appena un briciolo aperte in modo che la sua mazza uscisse da dietro di me, come se mi avesse trafitta. Ansimavo abbondantemente mentre adagiavo il suo mostro su ogni anfratto del mio corpo, senza avere il coraggio di farmi penetrare. Ho sempre sperato di morire con un membro infilato in me, ma ritenevo che fosse ancora troppo presto per esaudire questo mio desiderio. “ Ho voglia di scoparti, bella …! ”, mi suggerì, infiammato come una bestia. “ Solo se mi prometti di non spingere oltre quello che io ti permetterò, paparino ”, le dissi, impugnandogli l’asta poco oltre la metà e innestandolo dentro di me fino dove la mano impediva di andare oltre: e già così, era assai, anche se l’istinto mi diceva di togliere l’impugnatura e lasciare che quel tosto cric carnale, mi sollevasse oltre l’universo, fino in paradiso. Dopo più di un’ora del su e giù, sempre tirato come l’ogiva di un razzo, il mio bel nonnino non era ancora venuto, anzi, alternava la mia vulva con la mia bocca incitandomi a cavalcarlo velocemente o a succhiarlo con avidità. “ La mia mogliettina me lo succhiava molto meglio di te ! ”, mi disse, tentando quasi di evirarmi le tonsille con la sua arma terribile. “ E se la scopavo, si metteva alla pecorina, oppure sollevava le gambe sulle mie spalle per farmi entrare il più possibile ”,seguitò lasciandomi perplessa. Per ricevere dentro tutto quel coso, sua moglie, minimo doveva essere sfondata. Ed io, pur se non mi ero mai risparmiata nel prendere misure di calibro medio grande il suo, con tutta la buona volontà, non sarei riuscita certo ad assumerlo per intero, ne fra i denti che in altri fori. “ Anche mia figlia lo succhia meglio di te, e poi non mette la mano per limitare l’entrata, quando la fotto … ! ”, confessò, mentre tentava di togliere l’intoppo che avevo messo fra me e i suoi testicoli, simili a due grosse arance siciliane. Dopo poco, mi fece inginocchiare ad abbracciare il water, ancora tutta insaponata. “ Ora stai ferma, troia, e lasciami entrare bene, senza limitarmi. Se metti ancora la mano, ti infilzo con colpi così violenti da romperti tutta, davanti, e poi, anche dietro ”, mi minacciò, seriamente, più che determinato a mettere in atto le sue promesse. Se avessi avuto sale nella zucca, dopo quelle minacce, mi sarei eclissata frettolosamente, invece, il mio senso masochista, mi convinse a sottostare alle sue voglie, a costo di subire conseguenze devastanti. Quando iniziò a penetrarmi la vagina, le pareti del mio sesso si adattarono abbastanza facilmente all’ampia circonferenza dell’anaconda che mi esplorava, bagnata da umori che non pensavo più di avere, dati i tanti amplessi avuti dal giorno prima fino a quel momento della notte inoltrata. I problemi veri nacquero quando lui raggiunse il limite di profondità della mia vagina, la parete oltre la quale, credo, se avesse spinto ancora, mi sarebbe uscito da dietro. Vedi che lo hai preso quasi tutto, vacca? ”, mi insultò, continuando a spingere, come un forsennato,anche se non riusciva ad avanzare oltre. Il dolore era divenuto insopportabile, pure se, all’inizio di quel supplizio, avevo avuto un orgasmo fenomenale. Per fortuna, dopo poco tempo, il vecchio mi sbrodò dentro qualche goccia di linfa, la quale limitò subito la dimensione del suo pene; e benché egli continuasse a spingere, non avvertivo più dolore ma soltanto un senso di pienezza e di stimolo, una voglia di orinare che non riuscii a trattenere, poiché i muscoli, dilatati, non reagivano più agli impulsi inviati dal mio cervello. Non mi era mai successo di rilasciare così tanto liquido, pur avendo la vagina impegnata. Qualche volta, durante dei festini, mi era stato richiesto di lasciarmi osservare mentre la facevo dentro il portaghiaccio dello champagne o dentro una teiera, ma ero sempre stata libera da impedimenti, in quel frangente. Semmai dopo, mi avevano impegnata senza attendere che la detergessi ... Anzi , qualcuno mi aveva anche leccata al solo scopo di assaggiare i residui del mio bisogno. Una volta, avevo provato anche io a tastare quel liquido …, ma è un’esperienza che non ripeterò, nonostante che il senso di sottomissione, e di schiavismo, mi avessero fatto raggiungere piaceri indescrivibili. Dopo quella maratona sessuale, per quasi una settimana non uscii di casa. Soltanto il sabato successivo mi decisi di fare ritorno fra la gente comune e di cenare come i cristiani, visto che per tutto il tempo che ero rimasta segregata in casa, non avevo ingerito altro che latte e biscotti. La pizza quattro stagioni che mi era stata servita, era stata davvero eccellente, così come lo era il ragazzo del servizio, un giovane carino di nome, Nestore, uno dei tre fratelli proprietari della pizzeria. “ Ti è piaciuta …? ”, mi aveva chiesto, confidenzialmente, sedendosi di fronte a me girando la sedia e appoggiando gli avambracci sullo schienale. “ Molto …! ”, affermai senza riuscire a trattenere quel sorriso che il suo bel viso dolce mi donava. “ Sei qui in vacanza? ”, mi aveva chiesto, curioso. “ Si ”, avevo risposto, simulando una cadenza Crucca. “ Non sei italiana? ”. “ No, tedesca … ”, avevo risposto, accentuando molto le erre e le zeta. “ Parli bene l’italiano, però ”, constatò. “ Molto tempo vengo Italia vacanza … Piace! ” dissi stroppiando il più possibile la mia lingua. “ E cos’è che ti piace di più di questo paese? “, mi domandò subito dopo, con un tono di voce così suadente da farmi venire la pelle d’oca. “ Pizza, spaghetti e poi, anche … “, accennai, lasciando la frase sospesa. “ Ed anche …? ”, mi sollecitò. “ Indovina …! ”, affermai, abbassando la testa, fingendo di vergognarmi. “ Un bel maschio Italiano ? ”, domandò lui sfacciatamente. Abbassai solo il capo, senza aprire bocca. “ Allora ascolta. Quando hai finito di mangiare la pizza, vai in bagno, poi quando esci entra dove c’è la scritta “ privato ” e aspettami li. Appena chiudiamo ti raggiungo …! ”, mi suggerì piano prima di andare a servire altri clienti. Feci esattamente come lui mi aveva consigliata. La stanzetta buia nel retro del locale dove per orizzontarmi dovetti illuminarla con l’accendino, si presentava con uno scarsissimo arredamento: un tavolino con due sedie, un lettino ad una piazza e una specie di armadio sgangherato, con a fianco un servo muto dove appendere gli abiti. Per non rischiare di andare a sbattere contro qualcosa che la fiammella dell’accendino non aveva evidenziato, mi sdraiai sul lettino e attesi fantasticando sulla nuova avventura che mi era capitata senza cercarla proponendo a me stessa di lasciare al ragazzo un ricordino non facile da scordare. Prima mi sarei fatta sbattere per bene e poi, se lo avesse voluto, mi sarei fatta impalare, atto che, chissà perché, agli uomini piace molto di più che fottere le donne per vie naturali. Inoltre, li fa poi proprio impazzire se a richiederlo siamo noi. Immersa in quei pensieri , mi ero appisolata senza nemmeno accorgermene. Mi svegliò la luce di un misero lampadario acceso probabilmente da uno dei tre uomini che erano entrati in camera: lo stesso Nestore e i suoi fratelli. Invece di disturbarmi la cosa mi eccitò moltissimo anche se finsi di essere spaventata per l’evidente stupro che avrei dovuto subire. Come fossi un’educanda, mi addossasi alla spalliera del letto tentando di ricoprire le gambe con il lenzuolo; gesto che li fece sorridere tutti e tre e che sembrò dare il via al loro assalto. In meno di qualche secondo mi denudarono con una certa violenza ed un attimo dopo avevo i loro membri dentro di me, senza la possibilità di scegliere chi di loro mi sarebbe piaciuto sentire davanti, dietro o in bocca. Fingevo di lamentarmi per il dolore mentre invece era di piacere, specialmente quando il fratello più adulto mi aveva goduto in bocca, una linfa così gustosa da farmi godere il mio primo orgasmo di riflesso. “ Ti piace vero baldracca …? ”, mi aveva chiesto l’altro fratello, il più ben dotato di loro, quando senza nessun preambolo mi aveva sodomizzata con ferocia tale da farmi poi versare un paio di lacrime per il dolore. Soltanto un paio poiché le seguenti erano state versate soltanto per colpa del gran piacere gustato senza ritegno. Il bel Nestore invece sembrava prediligere la mia passera. Lui mi stava montando lentamente, inserendosi in me con calma, dilatandomi le pareti della vagina centimetro dopo centimetro, giungendo fino al fondo per poi uscire con la stessa lenta cura, usandomi come se stesse sverginando la sua fidanzata. Mentre lui continuava a prendermi, mi avvicinai al suo orecchio e le sussurrai: “ Vorrei che tu mi godessi dentro …! Sperma che io terrei tutta in me con la speranza di restare gravida ”. Velocemente, come era entrato, aveva estratto il suo membro e l’aveva avvicinato a quello di suo fratello, pressandolo contro il mio dietro già ampiamente dilatato. Non so dire se l’ho facilitato io o se sono state le pareti troppo cedevoli a lasciarlo entrare, ma soltanto che si inserì prepotentemente anche lui dentro di me fino a quando entrambi vennero nel mio dietro con fiotti roventi come se fossero le colate di lava vulcanica.
La richiesta sconsiderata che avevo proposto a Nestore, e che l’aveva probabilmente terrorizzato, era priva di fondamento …, o meglio, un’altro dei miei modi per auto eccitarmi, farmi entrare in un mondo fantastico che escludeva ogni altra persona, lasciandomi unica principessa nelle mani del mio principe azzurro. Come ho già detto, una semplice fantasia sessuale che però contribuiva a farmi raggiungere il paradiso fisico ma soprattutto mentale. Dopo avermi rivoltata come un calzino per tutta la notte, i tre fratelli, prima di lasciarmi andare, temendo una possibile mia denunzia, visto che loro pensavano di avermi violentata contro la mia volontà, mi avevano fatto vedere un video ripreso col telefonino dove mugolavo di vero piacere mentre li succhiavo a turno. Gli stessi rimasero perplessi quando io risposi che non li avrei mai denunciati soltanto se, quando lo desideravo, avessi potuto andare da loro a mangiare una pizza pagando esclusivamente in natura, magari comprendendo nel prezzo anche l’aiutante nero e quello indonesiano, due esemplari che, guardandoli dalla cintola in giù, lasciavano presagire meravigliose proboscidi ancora semi vergini.

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