La confessione di un’insegnante costretta ad essere una sex slave - 3

Scritto da , il 2017-03-07, genere dominazione

(segue dalla 2° puntata: https://www.eroticiracconti.it/racconto/25904-la-confessione-di-uninsegnante-costretta-a-2)

(...) Erano passati solo pochi istanti da quando avevo udito la voce di Francesco pronunciare: “Ti stavo chiedendo, gentilmente, di spiegarmi come ti masturbi”, e lo sentii aggiungere: ”Anzi, visto che sei davanti al computer, accendi la webcam e skype così da poterti vedere”.

Con la sensazione di aver perso su tutto il fronte ma anche immersa in una atmosfera irreale (che percepivo insieme ad un fastidioso ronzare nelle orecchie) meccanicamente eseguii i suoi ordini.

Ecco, così iniziò il mio sprofondare: all’inizio lentamente e poi con velocità esponenziale, in un abisso che non avrei mai immaginato esistesse, il mio abisso. Quella prima volta, mentre eseguivo e raccontavo, nello stesso tempo, la mia masturbazione, mi guardai allo specchio posto lateralmente. Il mio cuore si è fermato appena mi resi conto come gran parte del mio corpo si offriva con sensualità estrema e presi coscienza che mi eccitava ubbidire ma anche guardarmi: l’orgasmo arrivò non subito ma, quando giunse, mentre mi guardavo nello specchio, mentre ubbidivo sentendomi una cagna a comando.
Fu solo l’inizio, lo sapevo, ma cercavo ancora in qualche modo di resistere. Il giorno seguente Francesco lasciò un messaggio sulla mia cattedra “Domani non devi mettere il reggiseno, sbottonati sino al terzo bottone della camicia e vai vicino a Carlo…" sì proprio quel Carlo che è stato, insieme a Francesco, il mio bersaglio preferito... "Poi ti appoggi al suo banco e lasci che guardi senza fare nulla sino a quando sentirai un mio colpo di tosse: solo allora potrai tornare al tuo posto”.
Lo feci e, subito dopo, mi ritrovai nervosa, quasi isterica seduta sulla mia sedia e sentivo che avevo gli slip umidi: mi chiedevo il perché, ma sapevo già la risposta. Non volevo crederci, non poteva essere che ero caduta nelle mani di un ragazzino e che ne traevo cosi tanto godimento!

L’aberrazione non aveva limiti, le continue richieste rimbalzavano nella mia mente e diventavano sempre più malate, perverse ma, come dire, anche attese… sì, mi accorsi nei giorni seguenti che aspettavo di notte e di giorno i suoi messaggi. Passata la prima settimana stetti sei interminabili giorni senza ricevere alcun messaggio e alla sera ormai attorno alla 24, stremata dall’attesa ed anche dal desiderio di avere un orgasmo, presi il mio smartphone e scrissi ”Ordinami”.

In quello stesso momento capii che era finita: la mia vita, d’ora in poi, apparteneva ad un’altra persona. Mi guardai allo specchio e mi vidi più scavata, lo sguardo teso ma gli occhi erano brillanti come mai lo erano stati… mi accarezzai la pelle, il seno, l’interno delle cosce ma non volevo andare oltre, attendevo un ordine. E arrivò, molto dopo, erano quasi le 2 del mattino, il letto su cui poggiavo era bagnato di sudore e altro. Il suono dell’sms mi fece sobbalzare… lo aprii e lessi: “Domani alle 13, nella pausa pranzo, ti aspettano al negozio JT, in via Rovello: entra tranquilla, presentati pure con il tuo nome e loro sapranno che cosa farti”.

Mentre ero sdraiata nel negozio di Jason convinta che si trattasse soltanto della preparazione per essere tatuata vidi avvicinarsi un giovane con un rasoio ed una confezione di schiuma in una mano ed un anello d’oro nell'altra e, messosi in mezzo alle mie gambe, dopo avermi depilato con grande perizia e spruzzato quello che pensai subito fosse anestetico e/o disinfettante, mi perforò con energia e velocità giusto per infilare proprio quell’anello che gli avevo visto in mano, su una delle mie piccole labbra; poi mi prese un capezzolo, lo anestetizzò e applicò anche su quello un anello. Tutto questo avvenne in modo velocissimo, senza che quasi me ne rendessi conto. Ora il dolore era intenso ma vivevo tutto come se io fossi un’altra persona, lontana, estranea. Ad un certo momento sentii un qualcosa di indescrivibile... era come se il mio corpo fosse in pieno possesso di un’onda gigantesca ed io non avessi alcun strumento di controllo. Quando l’uomo si avvicinò con la bocca e leccò con voracità il mio clitoride, l’onda salì ancora e di improvviso mi mancò da sotto: rimasi sospesa mentre sentivo arrivare dal basso un orgasmo come mai lo avevo avuto, tremai inarcata e mi sentii proiettata in un’altra galassia fatta di suoni che rimbalzavano, di scrosci di acqua calda, senti, in un misto di dolore, umiliazione e vibrazioni che da me usciva un fiotto di liquido. Sobbalzai più volte e mi ci volle parecchi minuti per calmarmi esausta.

Erano bastate solo tre settimane per seguire questo percorso che mi ha portato sino a qui, completamente arresa ed umiliata davanti a quest’uomo, a me completamente sconosciuto, che mi guardava con un ghigno di superiorità, mentre introduceva senza alcun particolare riguardo il suo uccello dentro di me… Sentivo le sensazioni risalire – no, non è possibile gridai, stavo per venire di nuovo - era appena entrato ed ero già in climax - le labbra del mio sesso mi tiravano e sentivo il clitoride in fiamme come anche il capezzolo trafitto in cui sentivo il pulsare del mio cuore…
Ero diventata una sex slave, pensai mentre finivo di sobbalzare e, mio malgrado, gemetti.

Mentre ancora non mi ero ripresa da quell’onda umiliante e mi sentivo gli slip fradici, il giovane dai capelli lunghissimi, mi agganciò una catenella di oro nell’anello che trapassava il labbro della mia vagina per arrivare in alto ed agganciarsi all’anello del ca•péz•zo•lo. Mi sentii ripetere "no, no, no…" ero immersa in un unico dolore sordo, in un’unica sensazione, mi sentii vibrare all’unisono con la catenella che sbatteva contro la mia pelle… era come se avessi acquistato una spina dorsale ulteriore, posta sul davanti, una spina dorsale addetta alla trasmissione di una serie di sensazioni così nuove per me da lasciarmi senza fiato, in apnea… "Cosa sarebbe stato di me?" ebbi il tempo di pensare

Il mattino seguente, dentro la mia classe vidi lo sguardo di Francesco e mi accorsi di una novità: anche lui era eccitato, aveva luce negli occhi, come non mai: abbassai i miei occhi per pudore e consapevolezza … Appena fui seduta mi arrivo un sms: “brava cagna”, c’era scritto e alzai lo sguardo. Temevo di muovermi troppo e che qualcuno sentisse il tintinnio della catenella.

Non ho voluto parlare della notte appena trascorsa, la prima notte dopo le perforazioni, perché me ne vergogno profondamente, in un modo totale: solo a ripensarci mi sento male….
Sdraiatami sul letto verso le 23, non ero riuscita quasi a dormire e malgrado non avessi ricevuto alcun messaggio da Francesco, mi sfregai con ogni mezzo sia i seni che il clitoride e con orrore infilai tutto il tubo della mia lacca nella vagina per avere altri orgasmi, non riuscivo a contarli….
Sentivo i rumori delle mie dita che, senza controllo, si immergevano nella mia figa in un lago di umori… mi vedevo spingere i fianchi e le mie mani strappare le mutandine giù dalle gambe bagnate da quello che stava trasudando dalle mie piccole labbra di figa. ‘Aahhh, aaggghhhh!’, venni ancora mentre mi strofinavo come un’ossessa il clitoride con la bocca aperta e la testa all’indietro. Aggiunsi altre due dita strofinando contemporaneamente il clitoride, con i denti mi morsi a sangue le labbra… Ero in uno stato di eccitazione senza soluzione di continuità, stremata, vidi il sole già alto e corsi a prepararmi ma al primo movimento mi ricordai della catenella e dei piercing: ogni movimento mi trasmetteva un’onda di dolorosa e irritante eccitazione, mi sentivo una schiava proiettata all’improvviso nel medioevo, sentivo nelle mie vene, un contrabbasso suonare, lento ma costante, forse era un canto di morte dell’africa equatoriale, forse ero vittima di una macumba, forse ero solo prigioniera, anche se non lo volevo ammettere, della parte oscura di me stessa che ora gridava, ordinava e comandava attraverso la voce di un ragazzino. Andai in bagno e piansi, finalmente piansi a dirotto, come da anni non succedeva e sapevo che quello che stava succedendo era solo l’inizio.

Tornai alla mia cattedra, misi via le mie cose e malgrado Carlo mi ronzasse intorno e si toccasse il membro aspirando forte con il naso come per odorarmi sguaiatamente, feci finta di nulla ed uscii.
Arrivata a casa quasi di corsa, aprii l’acqua della doccia caldissima e mi infilai dimenticando per una attimo il mio stavo; stavo sotto lo scroscio dell’acqua, indolenzita, quando sentii il campanello di entrata squillare ripetutamente. Mi rivestii con l’accappatoio che era a portata di mano e corsi giù: dopo aver inquadrato il postino nello spioncino della porta, aprii con un punto interrogativo sul viso. “Un pacco raccomandato per lei, firmi”, disse il postino che per altro mi conosceva da anni. Presi in mano il pacchetto e rinchiusi immediatamente la porta. Perché avevo le gambe molli e le farfalle nello stomaco? Perché intuivo che era qualcosa che mi inviava Francesco e mi buttai sul divano per aprirlo… Non ci volle molto perché vedessi di che cosa si trattava: un vibratore doppio.
In quell’istante squillò il cellulare: “Facciamo una prova”, disse Francesco e continuò: “prova ad infilarlo in ambedue i buchi ma prima inserisci un po’ di crema nel tuo piccolo buco dietro – senti come ti parlo educatamente, disse – lo stai facendo?”. Non opponevo più resistenza, e per mia grande sorpresa mi sentivo soddisfatta ed eccitata in questa nuova lezione di degrado. Avevo un doppio vib che chiudeva tutt’due i miei buchi e Francesco, prima di terminare la telefonata mi disse solo “brava cagna, vieni a scuola così domani”.

Il mattino seguente iniziai la prima ora di insegnamento con gli slip già bagnati, mi sentivo posseduta interamente: un capezzolo teso all’insù e perforato, un anello sulle piccole labbra che tirava, la catenella che imprimeva ai due anelli una continua stimolazione ed ora, i due vib inseriti in profondità dentro di me mi lasciavano senza fiato, soprattutto nel momento in cui mi sedetti, ma non sapevo ancora che cosa doveva capitarmi. Guardai la classe in apparenza ignara di tutto quello che mi stava succedendo eccetto due paia di occhi che seppur in modo differente mi guardavano attentamente: Carlo e Francesco.
Iniziai la lezione parlando di W.Blake, della sua visionarietà e del contesto in cui si muoveva e mi alzai verso la lavagna: in quello stesso istante un fitta lancinante e un brivido che mi salì dalla schiena, mi obbligò ad appoggiarmi alla parete: qualcuno aveva acceso il vibratore dentro di me e sentivo scariche di adrenalina e eccitazione percorrermi tutto il corpo partendo dal basso…

Mi fermai un istante per capire meglio le mie sensazioni. Quello che mi lasciava maggiormente senza difese, era la parte più piccola del vibratore che era ben infissa nel mio ano: dapprima, come ha iniziato a rotare dentro di me, il dolore aveva il sopravvento, con una sensazione quasi insopportabile. Era un “possesso” che non rientrava nei miei schemi: da dietro, senza possibilità di vedere ne accettare, questo “scavare” mi occupava interamente la mente, se ne appropriava completamente e sentivo questa cosa tagliarmi respiro e gambe (ho pensato che avrei voluto essere da sola, nella mia casa, e rotolarmi sfregandomi nuda sul tessuto del mio divano).
Poi, palmo a palmo, il vibratore avanzava nel suo ‘lavoro di scavo e rotazione’ (era nella mia mente che scavava o nel mio ano poco elastico perché non abituato all’intrusione di alcunchè?). Ma non ebbi il tempo necessario per alcun altro pensiero perché là sotto, l’altro vib aumentava gradualmente il suo movimento cercando di guadagnare spazio nella mia vagina già ben lubrificata e allungata. L’alternarsi implacabile dei due movimenti, a mo’ di rotazione, dentro e fuori dei miei buchi, faceva presagire qualcosa che mai avrei voluto che accadesse lì, davanti alla mia classe. Boccheggiavo… e le mie tette erano ormai sobbalzanti e dentro e fuori i miei buchi sentivo come se stessi per esplodere, stavo per venire e mi ascoltai inebetita sibilare a bassissima voce 'sììììì': ancora una volta, pensai in un lampo: “cosa c'era di altro, dentro di me, da scoprire?”. Mi spostai dietro la lavagna e mi appoggia con la faccia al muro mentre la mia mano, senz’accorgermi, si spostò e andò a comprimere il mio ventre…..

Cadere o volare, dice Freud, ha un significato correlato al sesso: ecco io mi sentivo sempre più senza peso e in volo libero dentro un baratro….

Francesco mi metteva continuamente alla prova, sempre con autorità ma anche con una specie di 'raffinatezza' che non è certo caratteristica dei più giovani. Ogni mercoledì mi costringeva ad un appuntamento diurno dentro un sordido hotel ad una stella dove mi legava con arte e, dopo avermi stimolato per ore, mi guardava raggiungere orgasmi mai provati e per questo ancora più imbarazzanti. Oppure mi mandava sms con codici: "L" significava che, ovunque mi trovassi, dovevo andare in un bagno e leccare l'asse del wc auto-filmandomi, "T" significava che non dovevo andare in bagno sino ad un suo ordine (che arrivava magari anche 12 ore dopo) mentre "V" era un ordine per accostare un giovane qualsiasi (talvolta molto, molto giovane), e mostrargli la scollatura senza reggiseno.

Dopo l'esperienza del doppio vib durante la lezione, passai un’altra notte orribile, agitata, eccitata, inquieta ed arrivai a scuola, il giorno seguente, in uno stato pietoso. Per tenere occupata la mente iniziai la lezione quasi con rabbia e, mentre ero alla lavagna, vidi lampeggiare un sms … tentai di continuare a parlare ma, vista l’insistenza, dovetti prendere in mano il mio smartphone: mi apparve la foto di quando mi masturbavo via skype e c’era scritto: “Ora, restando in piedi, alla lavagna, piscia: voglio vedere del bagnato ai tuoi piedi”. Mi voltai di scatto verso Francesco, in un moto di rabbiosa ribellione ma lui teneva in mano il suo cellulare con ben in evidenza la foto che mi ritraeva in skype.

Feci come mi chiedeva. L’aberrazione non aveva limiti…

(continua)

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