A casa di papà - Pensieri

Scritto da , il 2016-08-10, genere incesti

Giada rifletteva rannicchiata in posizione fetale fra le coperte. Aveva fatto sesso con suo padre la sera prima. Aveva compiuto un incesto. Ancora non se ne capacitava: nella sua testa si scontravano troppi pensieri, troppe domande, troppe paranoie. Sapeva che non era moralmente giusto quello che aveva fatto, scopare con lo stesso pene che le aveva dato la vita, farsi riempire dallo stesso seme che le aveva donato l'esistenza. Ma allo stesso tempo si sentiva sempre protetta e al sicuro, il suo papà pensava sempre a farla stare bene, si era dimostrato un padre amorevole in quei pochi giorni che avevano colmato quegli anni di silenzio e vuoto. Si era sentita esplodere di piacere come mai nella vita. Coccolata da quell'amore che veniva dimostrato anche dal punto di vista fisico. E lei lo aveva desiderato! In quella settimana lei aveva desiderato di fare l'amore con suo padre. Adesso aveva il coraggio di ammetterlo: si masturbava e il suo cervello vagava sempre verso l'immagine e il ricordo dei suoi abbracci consolatori e di quei baci delicati, delle carezze leggere e della sua voce vellutata. E adesso la stava ancora cullando, con il suo russare accanto a lei. Il suo braccio le stringeva il corpo nudo e lei si sentiva protetta. Con questo casino nella testa si riaddormentò.

Mauro le aveva dato il buongiorno con una bella colazione a letto. Avevano parlato di quello che era successo. Diceva che la amava, che era la sua bambina e che avrebbe fatto qualunque cosa volesse, perfino dimenticare l'accaduto e ripartire da zero. Ma Giada si scoprì non volere questo. Lo voleva, sia come padre che come amante. Non sapeva perché, ma la sua presenza era diventata come una droga per lei, che la faceva sprofondare nella lussuria e nel piacere.
Avevano fatto sesso tante volte da quella notte, per tre giorni di fila. Sua madre poi l'aveva contattata, dicendo che avrebbe tardato il suo rientro e che poteva stare da suo padre per una settimana in più. Lei non poteva che esserne felice. Ogni giorno si avvicinava di più a lui. Ivan sembrava invece ritirarsi, con quasi aria di disprezzo. Lui sapeva benissimo che mentre era in camera sua, Mauro era immerso con la faccia nella fica della "sua bambina". E quello che gli rodeva dentro ancor di più era l'immagine di lei che glielo succhiava, che prendeva dentro di sé il suo cazzo e che godeva sotto i suoi colpi, che accoglieva dentro di sé tutto il suo sperma quando veniva. Cazzo, l'aveva proprio imbambolata per bene. Era proprio un incantatore di serpenti quel figlio di puttana! E un'altro fatto "sgradevole"...era che lui stesso voleva farci sesso! Voleva tenerla fra le braccia, mentre la baciava con passione, affondando tutto sé stesso dentro di lei. Lui però, a differenza di Mauro, ne era davvero innamorato...fin dal primo giorno che l'aveva vista. Un colpo di fulmine. Un colpo di fulmine che l'aveva lasciato di stucco e che gli faceva provare rimorso ogni giorno, perché sapeva a cosa sarebbe andata incontro lei. Mauro la voleva. E il metodo per attirarla a sé...gli faceva fare ogni sorta di incubi di notte. In realtà ce li aveva sempre avuti da quel tragico giorno...non poteva fare a meno degli antidepressivi. Si sentiva sporco dentro. In fondo Mauro aveva abusato di lui quando era ancora molto giovane! Era solo un ragazzino, cazzo! Voleva denunciarlo, voleva fargliela pagare! Ma la paura, il disprezzo per sé stesso l'avevano fatto tacere per tutti quegli anni e gli avevano fatto interpretare il ruolo di una pedina del cazzo in quella tragica partita a scacchi che era la sua miserabile esistenza, dove Mauro era il re. E Giada era paragonabile a un cavallo che stava per essere mangiato. Ma ora basta! Era il momento di parlare! La prima cosa che doveva fare: chiarire la situazione con il fidanzato di Giada, Stefano. Dopo uno scontro al telefono iniziale, erano riusciti a mettersi d'accordo. Si sarebbero visti un paio di giorni dopo in un bar della zona e avrebbero parlato. Quando Ivan mise giù il telefono, sentì gemiti e mugolii provenire dal piano di sopra. Quel suono gli faceva ribollire il sangue. Era ora di fare scacco matto.

Continua.

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