Una romantica quanto oscena lettera d'amore

Scritto da , il 2016-03-20, genere sentimentali

Marito mio adorato, sono passati cinque anni dal giorno del nostro matrimonio e tre da quando, su quella spiaggia dell’adriatico ti chiesi il consenso di farmi montare al chiaro di luna dal gestore del nostro bagno. Per me e anche per te, fu una serata indimenticabile e l’inizio delle nostre esperienze sessuali trasgressive. Sento però la necessità di confermarti che mentre altri maschi mi scopano, il mio cuore rimane abbracciato al tuo, perché per me ciò che faccio è soltanto questione di sesso, per il godimento mio e tuo.
Persino quando, in quel club privè, bevvi avidamente lo sperma da un bicchiere in cui avevano eiaculato tre bianchi e tre neri, il mio amore era rivolto a te. Fosti tu a mescolare il loro seme affinché il cocktail di sperma interraziale si amalgamasse perfettamente. Fissandomi, eccitatissimo, ti masturbasti mentre degustavo quella copiosa quantità di nettare maschile sorseggiandolo lentamente e attendendo di prendere la più grossa sorsata nel momento in cui avresti raggiunto l’orgasmo.

Lasciai che una parte mi fuoruscisse dalle labbra, mi colasse sul mento e formasse un filo biancastro. Il filo denso e cremoso dondolò sull’aria prima di colarmi sulle mammelle. Così desideravi che facessi per apparire troia ai tuoi occhi di marito libidinoso e libertino: una Vacca con la V maiuscola.
Ti sorrisi amorevolmente e mi leccai le labbra per manifestarti tutto il mio appagamento mentale e papillare. Mi approssimai a te con il bicchiere vuoto e tu ci abboccasti l’uccello per eiacularci dentro. Gemesti, mugolasti per l’intensità dell’orgasmo che provasti e riversasti nel bicchiere un’incredibile quantità di sperma. Mai ne avevo vista tanta zampillare dall’orifizio del tuo cazzo.
Evidentemente osservarmi bere la sborra degli altri maschi ti aveva arrapato oltre ogni limite. Ti spremesti persino il canaletto dell’uretra lungo l’asta del tuo cazzo per colare nel bicchiere anche le ultime stille. Mi guardasti bere, affascinato e stordito dalla mia bellezza di mora procace e inesauribile degustatrice di sperma, alla stregua di un’insaziabile ninfomane. Forse sono una ninfomane ma anomala perché se, come si afferma, le ninfomani sono assatanate di sesso per cercare di provare orgasmi che non riescono a raggiungere, io non soffro di queste difficoltà: sono pluriorgasmica ed eiaculo pure.
In questi anni ho bevuto tanto sperma da non rammentare a quanti uomini appartenesse, ma il tuo è il più dolce.

Il giorno successivo alla serata del drink-spermatico mi vennero le mestruazioni. Me la volevi leccare ugualmente ma io non te lo consentii e ancora oggi, in quel periodo preferisco farmela leccare da estranei e da estranee fetish, amanti del mestruo. Non da te!

Rammenti, amore mio, quando mi sodomizzasti per la prima volta usando come lubrificante la bava di alcune lumache che strisciavano tra l’erbetta? Avevi infilato l’auto in un varco tra i cespugli di salici che correvano lungo la sponda di un torrentello. Erano mesi che mi chiedevi il culo ed io recalcitravo perché temevo di sentire troppo dolore. Invece la bava delle lumache fece scivolare il tuo cazzetto di quindici centimetri dentro il mio intestino con grande facilità.
Sei sempre stato un uomo pieno d’ingegno! Eravamo scesi perché in auto faceva troppo caldo e mi avevi appoggiato al cofano della macchina, sollevandomi la gonna e togliendomi soltanto le mutandine. Quanta eccitazione provavo nel sentirmi vestita ma senza mutande e avvertire che ti stavi preparando a incularmi in un posto nel quale era possibile che qualcuno ci vedesse. C’erano profilattici e fazzolettini sparsi qua e là e non era difficile essere presi di mira da un voyeur nei posti frequentatati dalle coppiette. Poi il primo tentativo doloroso con l’aiuto della tua saliva e del tuo liquido prespermatico che non furono sufficienti ad attenuare la dolorosa pressione della tua cappella sul mio sfinterino vergine. Vidi che frugavi tra l’erba. Raccogliesti due lumache ne prendesti con le dita le scivolose secrezioni e le spalmasti sul mio buchetto. Quella bava funzionò alla perfezione. Il mio sfintere si aprì alla tua cappella come una margherita al sole di primavera. Mi rilassai e il tuo cazzo mi penetrò in profondità. Tirai un sospiro quando sentii i tuoi testicoli sbattermi contro i peli della fica. Segno che non ne avevi più da infilarmi dentro. Incominciasti a incularmi, dapprima con cautela, poi con sempre maggiore energia. Il mio clitoride strofinava contro il metallo della carrozzeria. Mi resi conto di quanto fosse piacevole la sodomia, per nulla dolorosa, almeno con cazzi del tuo calibro e con quell’ottimo lubrificante improvvisato. Davvero goduriosa! Non riesco a capire perché alcune donne non accettino questa variante alla chiavata. In una rivista femminile avevo letto che l’atto della sodomia le faceva sentire oltraggiate nella dignità. Insomma la repulsione per la penetrazione anale si limitava alla mera questione psicologica di sentirsi profanate in un orifizio che per loro era innaturale usare. Invece basta lasciare che la mente non si blocchi in questi orpelli psicologici perché la sodomia ti rimandi sensazioni bellissime. Ti senti più piena rispetto alla sensazione che ricevi dalla penetrazione in vagina, più violata, più riempita, più maiala e se una donna gode nel sentirsi troia raggiunge vette di piacere fisico e mentale, impensabili. Se poi scopri di essere nata con un apparato genitale sensibilissimo e un marito che condivide con te pensieri e desideri nascosti, anzi ti sprona affinché tu possa appagarli realmente, il godimento si diviene un’esplosione melodica di mille violini e una fonte di piacere intensissimo. Il solo problema che quel godimento dà è quello di dover controllare la tua libido che prende a galoppare a briglia sciolta sui prati della lussuria. È una libido che si fa ingorda, mai paga di quel che le offri perché esige sempre di più in un vortice di carnalità mai doma e chiede esperienze sempre più ardite, fino a giungere a sessioni sadomaso in cui trarre piacere anche dal dolore e dalla sottomissione. Io ho provato, incalzata dalla tua complicità di fare ciò che avrei voluto, anche in tua assenza, un’esperienza di quel genere. Mi sono sottoposta alle più triviali umiliazioni e castighi dolorosi, traendone un indicibile piacere. Attendo un’altra occasione per rivelarti, dettagliatamente, i sette castighi che ho subito da un esperto maestro del BDSM quando tu eri assente per motivi di lavoro. Sono convinta che dopo avere letto le mie confessioni riguardo quella particolare esperienza, mi chiederai di partecipare e ti anticipo subito che lui sarebbe d’accordo. Mi è venuta un’idea: chiederò a lui di scrivere la narrazione di quella particolare giornata, perché sicuramente lui avrà più audacia di me nel descriverti i dettagli dei miei trattamenti.

Adesso, però, torno a rammentarti di quel pomeriggio estivo che ti concessi il culo per la prima volta, perché accadde il temuto.
Intravidi, con la coda dell’occhio, una faccia a pochi metri da noi. C’era un uomo celato tra i rami degli arbusti. Avvertii il cuore palpitarmi in gola per timore fosse aggressivo, ma rimaneva lì, a guardarci con gli occhi sgranati. Non ti avvisai per timore che reagissi. Sentii salire in me una forte emozione. L’uomo, che poteva avere sui quarant’anni, mi fece vedere la lingua e la mosse come un serpentello fuori della bocca per farmi capire che cosa mi avrebbe fatto, se avesse potuto. E tu seguitavi a incularmi muovendoti avanti e indietro con sempre maggiore rapidità. Incominciai ad avvertire l’orgasmo accerchiarmi il clitoride. Anche quello che stavo per avere sarebbe stato uno di quegli orgasmi che mi scuotevano tutta, mi facevano gemere come una gatta in calore ed eiaculare come una fontanella. Il tuo respiro si faceva sempre più rapido. Tra poco mi avresti riversato nell’intestino il tuo carico di sperma. Me lo scaricasti in culo fino all’ultima goccia, mugolando e gemendo. Poi seguitasti a sodomizzarmi ancora un po’ perché l’uccello ti era rimasto durissimo. Guardai l’uomo dischiudendo le labbra come per fargli capire che pure io stavo per raggiungere l’orgasmo. Si avvicinò un po’ perché ormai aveva capito che lo avrei lasciato guardare senza avvisarti. Potevo vedere il suo uccello. Era più grosso e lungo del tuo e aveva un glande violaceo che sporgeva come la capocchia di un fungo. L’uomo, col viso congestionato dal godimento, se lo menava in modo forsennato. Vidi schizzargli dal forellino dell’uretra un fiotto di sperma che quasi raggiunse l’auto, poi un altro e un altro ancora. Sembrava che i suoi organi genitali fossero un serbatoio senza fine. Mi lasciai andare a gridolini e mugolii, avvertii anch’io un fiotto che mi usciva dall’imbocco dell’uretra e mi colava giù per le cosce.

L’uomo si dileguò ed io rimasi ansante, bocconi sul cofano dell’auto. Mi sfilasti il cazzo dal culo solo quando avvertisti che perdeva consistenza.
Soltanto quando fummo sulla strada del ritorno, ti rivelai che eravamo stati osservati da un guardone. La confessione ti accese al punto che mi proponesti di ritornare in quel posto perché sarebbe stato eccitante per entrambi sapere che una terza persona ci avrebbe osservato mentre facevamo sesso.
Acquistammo un lubrificante adatto e quindici giorni dopo tornammo sul posto ma il voyeur non c’era. Tornammo sul luogo la domenica successiva ma sembrava che nemmeno quella volta ci fosse ma forse tu lo avevi scorto. Mi chiedesti il consenso di incularmi bendata. Accettai quel gioco come una variante erotica. Mi bendasti gli occhi con uno straccio che usavi per pulire i vetri dell’auto. Poi cominciasti a stantuffarmi. A un tratto mi sfilasti il cazzo dalle viscere. Rimasi ad attendere un tuo affondo che non veniva. Mi dicesti che lo avevi tolto per evitare di eiaculare troppo presto e volevi che lo stimolo dell’orgasmo si ritirasse dalla tua cappella. Poi qualcosa premette contro il mio sfintere. Mi accorsi subito che quel “qualcosa” era molto più grosso del tuo glande. Sentii un bel po’ di dolore quando quel qualcosa mi entrò tutto in culo. Capii. Quello che mi trapanava non era il tuo cazzo. Mi sentivo dilatata al massimo delle mie possibilità di principiante sodomita, ma resistetti agli affondi, poi sentii un grido strozzato di piacere che non era il tuo. Giunsi anch’io all’orgasmo gemendo e mugolando. Sentii di nuovo il mio eiaculato colarmi giù per le cosce. Mi togliesti lo straccio dagli occhi. Vidi l’uomo dei cespugli allontanarsi dall’auto e scomparire tra essi. Mi avevi fatto inculare da lui!
Tornammo sul luogo un’altra volta ed il guardone sembrava attenderci. Mi chiedesti di farti un pompino completo, lasciando che lo sperma mi colasse dalle labbra, mentre il nostro “ospite” ci guardava. Poi fui io stessa che mi tirai giù le mutandine per mettermi prona sul cofano dell’auto ma tu prendesti un plaid dal bagaglio, chiedesti al nostro ospite di sdraiarcisi sopra e dicesti a me di accovacciarmi su di lui perché mi potesse chiavare a spegnimoccolo. Quell’uomo aveva un cazzo favoloso, lungo almeno una ventina di centimetri e se lo teneva con la mano destra alla base affinché rimanesse in verticale. Mi accovacciai su quella torre di carne pulsante cercando la posizione giusta perché la grossa cappella si abboccasse all’accesso della mia vagina, poi mi calai e quel cazzo mi penetrò nella fica fino a premermi sull’imboccatura dell’utero. Mi voltati per vedere che cosa stavi facendo. Te lo menavi godendoti la scena, poi mi dicesti che mi avresti sodomizzato mentre il nostro ospite seguitava a chiavarmi. Mi suggeristi di fermare il movimento del bacino, e di sporgere i glutei, poi t’inginocchiasti e abboccasti il glande all’ingresso del mio secondo regno. Qualche istante d’attesa e m’immergesti negli intestini il tuo cazzo, poi mi suggeristi di riprendere il movimento. Fu sublime la sensazione di essere montata da due cazzi. Chiusi gli occhi e mentre mi stavo godendo la doppia penetrazione a occhi chiusi, sentii giungere alle mie narici un odore che conoscevo bene: l’odore inconfondibile del sesso maschile. Dischiusi gli occhi e quel che vidi me li fece sgranare. Un terzo uomo, anch’esso completamente nudo si era inginocchiato di fronte a me e si masturbava il cazzo che giudicai essere più u meno lungo come il tuo. La goduria che provavo per essere chiavata e inculata contemporaneamente mi spronò ad aprire le labbra. Adesso erano tre maschi che si occupavano di me. Per primo eiaculò l’uomo al quale facevo un pompino. Lasciai che la sborra mi colasse dalle labbra, poi eiaculasti mugolando e gemendo. Subito dopo l’ospite che mi chiavava mi schizzò in vagina tanto di quello sperma che, fuoriuscendo dalla fica gli colò giù per l’asta sino ai peli pubici e i testicoli, infine giunsi all’orgasmo e nella mia mente fu come se esplodessero i fuochi pirotecnici. Tutto avvenne senza che tu e i tuoi transitori collaboratori vi scambiassi una sola parola. In fin dei conti in una circostanza così occasionale c’era solo da fottere.
Non tornammo più in quel posto perché tememmo che la voce si spargesse e i nostri ospiti divenissero troppo numerosi.

Adesso ti lascio perché devo preparare la cena. So che questo messaggio ti farà drizzare il cazzo ma ti chiedo di non masturbarti perché domani sera dovremo incontrare quel trans che mi ha chiavato mentre a te faceva un pompino. Dovrai essere in forma amore mio, perché stavolta sarò io a fare un pompino a lui mentre tu lo sodomizzerai.

Tua moglie Sabina, innamoratissima.

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