Vent'anni d'amore: Sconosciuto

Scritto da , il 2016-03-11, genere etero

Poco prima di Natale si qualche anno fa stavo rincasando come tutte le sere finito il lavoro. Ero in attesa sulla banchina della fermata Cordusio della linea rossa del metrò quando notai vicino a me un uomo, vestito con un elegante cappotto. Alto poco più di me, moro, nascondeva gli occhi dietro occhiali leggermente scuri. Salimmo insieme e nella calca della carrozza ci ritrovammo appiccicati insieme a centinaia di altre persone. Al momento non ci feci caso, visto che tutte le sere mi ritrovavo in quelle condizioni. Ma poco dopo mi resi conto che lui premeva insistentemente contro il mio corpo. Aveva aperto il cappotto ed il suo inguine era a contatto con il mio sedere. Mi girai a guardarlo e i suoi occhi mi penetrarono. Si era tolto gli occhiali e le sue pupille grigioverdi mi guardavano intensamente. Era sicuramente un bell’uomo. Mi voltai nuovamente dandogli le spalle e sentii che premette ancora contro il mio corpo. Avrei potuto girarmi e dargli un ceffone, oppure spostarmi con la scusa di scendere o trovare altri mille modi per allontanarmi. Invece rimasi li, e sentire quella pressione sul mio sedere che stava cominciando ad eccitarmi. Voltai ancora la testa e lo guardai dritto negli occhi, sorridendogli. Lui rispose al mio sorriso. Mi voltai nuovamente e questa volta fui io a spingere il mio sedere contro di lui. Nonostante la mia gonna ed i suoi pantaloni che facevano da scudo, potei sentire la sua erezione. Mossi leggermente il mio culetto strofinandolo sul suo inguine. Nel frattempo eravamo giunti a Loreto ed io dovevo cambiare. Mi avviai verso la porta e lui mi venne dietro. Una volta scesi presi i corridoi che portavano alla linea verde. Camminavo ancheggiando appena e con la coda dell’occhio vidi che due passi dietro di me c’era lui. Sicuramente mi stava guardando il culo e a me piaceva sentirmi il suo sguardo addosso. Salimmo sulla linea verde diretta verso la periferia. Per le prime due fermate anche quella carrozza era molto piena e lui si appoggiò a me come poco prima. A mia volta spinsi il mio sedere contro di lui per risentire la sua erezione. A Lambrate scese molta gente e fummo costretti a staccarci. Mi girai verso di lui guardandolo intensamente negli occhi. Nessuno dei due spostava lo sguardo dall’altro. Giunti a Cimiano scesi per dirigermi verso casa. Lui mi seguiva tre passi indietro. Mi girai un paio di volte sorridendogli. Giunsi al cancello di casa ed invece di avviarmi verso l’ascensore presi la rampa che portava nei box e nelle cantine. Aprii il cancello del passaggio pedonale e inizia a scendere. Mi girai verso di lui che si era fermato qualche passo indietro. Lasciai il cancello aperto e mi infilai nel corridoio delle cantine. Dopo 5 secondi sentii il cancello chiudersi. La porta delle cantine si aprì e lui entrò. Io ero contro il muro e lui si pose davanti a me. Aveva il cappotto aperto e mi schiacciò contro il muro con il peso del suo corpo mentre la sua bocca correva sul mio collo e le mani sul mio corpo. Mi lasciai sopraffare da quell’irruenza. Abbassò le mani fino al bordo della gonna e me la tirò su accarezzandomi le gambe. Poi mise le mani sul sedere mi attirò a se. Sul mio pube sentivo la sua erezione e lui cominciò a strusciarsi. La sua lingua prese possesso della mia bocca fino quasi a soffocarmi. Poi all’improvviso si inginocchiò. Sentii che con le mani lacerava i miei collant e le mie cosce furono preda dell’aria fredda dell’inverno. Affondò la faccia fra le mie cosce e, dopo avermi scostato le mutandine, sentii la sua lingua che cercava la mia figa. Spinsi in fuori bacino cercando di facilitargli l’operazione. Mi penetrò con due dita mentre con le labbra cercava di succhiarmi il clitoride. Tenevo con le mani la sua testa premuta contro la mia figa. Quando ero solo a un passo dall’orgasmo si rialzò. Mi baciò in bocca regalandomi il sapore della mia stessa figa. Cercai a tentoni la cerniera dei suoi pantaloni e, una volta abbassata, gli tirai fuori il cazzo. Lo tenni in mano andando su e giù su quell’asta dura e pulsante mentre la sua bocca continuava a baciarmi il viso ed il collo. Alzai una gamba e cercai di indirizzare quel pezzo di carne tra le mie cosce. I movimenti erano difficoltosi a causa degli indumenti pesanti che avevamo addosso. La sua cappella riusciva a malapena a raggiungere le labbra della mia figa. Così mi girai appoggiando le mani al muro e spingendo il fuori il sedere. Lui sollevò la mia gonna (per fortuna avevo un giubbotto alla vita) e finendo di dilaniare i miei collant poggiò il suo cazzo sulla mia figa fradicia. Entro dentro di me con un colpo secco. Lo sentii fino in fondo. Mi prese per i fianchi ed iniziò il suo andirivieni. Ad ogni affondo sentivo la figa che si allargava e l’orgasmo che si avvicinava. Venni con un gemito strozzato. Probabilmente stava per venire anche lui perché rallento il ritmo dei colpi. Quando capii che era giunto il suo momento, mi girai inginocchiandomi. Presi tra le mani il suo cazzo impregnato dei mei umori e lo accolsi in bocca mentre con la mano lo segavo velocemente. CI vollero pochi secondi e lui venne nella mia bocca. Continuai a leccare e succhiare quel cazzo che mi stava donando tutta la sua sborra. Quando anche l’ultima goccia fu espulsa e sentii la sua erezione perdere vigore mi rialzai. Lo guardai in faccia e lui avvicinò un dito al mio viso e raccolse una goccia si sborra. Lo lascò sospeso davanti alla mia bocca. Io l’aprii e succhiai il suo dito. Abbassai la gonna ed uscii al freddo dell’inverno rifacendo la strada inversa fino al cancello. Dopo aver rimesso il cazzo nei pantaloni, a distanza di qualche secondo uscì anche lui e si riavviò verso la metropolitana. Lo seguii con lo sguardo fino a quando non lo vidi più. Sussurrai un “grazie sconosciuto” e salii in casa.

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