L'alfabeto degli amori (Ottava parte)

Scritto da , il 2012-03-02, genere gay

Ulrich, Vittorio, Virgilio
Ulrich
Che magnifico campione! Non mi ero mai goduto niente di tanto magnifico ed incredibile in tutta la mia vita. Mentre facevo correre le mani su quel duro corpo d’acciaio, sentivo la forza che vi giaceva dentro e mi indurivo al pensiero dell’incredibile cavalcata che stava per iniziare. Ma non è di ogni giorno la presenza di una tale bellezza; ogni minuto deve essere goduto... assaporato... curato teneramente.
"Vuoi continuare a guardarlo e strofinarlo tutto il giorno?" chiese Dietrich.
"Shush! Si chiama ‘foreplay’" risposi. Lui non capì; lui aveva la possibilità di toccarlo ogni giorno, io non sapevo quando mai avrei avuto di nuovo quella opportunità.
"Stai lasciando le tue impronte digitali dappertutto" affermò.
Sospirai. "Tu sai davvero come rovinare l'umore."
"È solo un'altra dannata macchina"
"Solo un'altra macchina?" ringhiai. "Cosa dici? Questa è una Porsche 911 GT2! Questa è l'ingegneria automobilistica tedesca al suo apice e tu, amico mio, non la meriti. Tu sai come trattare questa macchina come io so come trattare una donna, il che, permettimi di dirtelo, vuol dire molto poco. Mi rattrista che vendano questo pezzo di alta precisione a un nessuno qualunque!"
"Sì, va bene, io sono il nessuno qualunque che ne ha le chiavi, se vuoi guidarla ti suggerirei di misurare quello che dici di me."
"Ok, ok! Tu puoi essere tanto sensibile talvolta."
Dietrich sorrise furbescamente e fece dondolare le chiavi davanti a me. I miei occhi di allargarono come dei piattini, allungai una mano e le afferrai.
"Promettimi di stare attento, è nuova e mi piacerebbe poterla utilizzare almeno un paio di volte."
"La prenderò per un giretto."
Posso ancora sentire l'elettricità che ha attraversato il mio corpo quando ho inserito la chiave nell’avviamento ed il ruggito del motore mi provoca ancora sudori freddi, non posso fare ameno di pensare al sordo rimbombo potente dei sei cilindri di quel mostro che sparava i suoi 456 cavalli di potenza. Tutto sufficiente a far scoppiare le palle di un uomo. Se poi amate le macchine come io le amo sapete precisamente di cosa sto parlando.
Non penso che Dietrich si fosse reso conto dell'errore che aveva fatto nel darmi le chiavi della sua macchina. Non è che volessi fare niente di imprudente, ma una volta avuto il gusto del vero potere, non ero sicuro che sarei stato disposto a rinunciarci.
"Ritornerà la mia macchina, non è vero?" chiese mentre accendevo il motore. Il mio sguardo fisso nel vuoto e gli occhi ed il ghigno da maniaco dovevano averlo preoccupato un po’.
"Sì, sicuro" dissi.
"Gian Paolo..."
"Rilassati!" Dissi mentre ingranavo la marcia. "Dove andrò con la tua macchina, Dietrich?"
"Stai attento!" urlò per superare lo stridio dei pneumatici. Lo sentii appena mentre uscivo dal passo carraio.
Dietrich viveva in una cittadina poco distante da Stoccarda; la strada che conduceva a casa sua era un bel viale adatto per una prova di guida ma, quando si è in Germania, c'è solamente uno luogo dove è possibile provare veramente una macchina ed il proprio coraggio, l'autostrada. Non conoscevo molto bene Stoccarda ma riuscii a ricordare dove era l’ingresso autostradale più vicino, fu una questione di minuti ed ero in autostrada. Ero sull'autostrada... con una macchina sportiva spettacolare... c’era qualcosa di meglio?!
Erano le 7 di sabato mattina, il traffico era estremamente ridotto, spinsi l'acceleratore fino al pavimento. La macchina ringhiò e fu sparata sulla strada come una pallottola. Toccavo il cielo con un dito mentre guardavo il tachimetro balzare verso la zona rossa. Cambiai ed ascoltai il motore fare le fusa, la piccola funzionava come un sogno; anche a quasi 200 all’ora sentivo di avere tutto sotto controllo.
Mezz’ora e molti chilometri più tardi decisi che era ora di far ritornare il puledro dal suo padrone. Dio sa che non lo volevo, ma sapevo anche che Dietrich avrebbe cominciato a mostrare segnali di panico ed isterismo e si sarebbe scaricato sulla sua cara moglie; quindi, per il bene di Steffi, voltai e mi diressi verso casa sua.
Rallentai non solo per ritardare il momento di render a Dietrich la sua macchina, ma anche perché volevo guardare un po’ il paesaggio che durante il precedente viaggio supersonico mi era sembrato poco più di una macchia scura. Anche ad una velocità più ragionevole la macchina ringhiava come un leone addomesticato. Ragazzi, io amavo quella macchina!
Stavo per avvicinarmi all’uscita dell’autostrada quando la macchina cominciò a fare improvvisamente a fare strani rumori ed a perdere potenza, accelerai ma lo stallone non prendeva velocità; mi avvicinai al bordo della strada e spensi il motore.
"Oh ragazzi, Dietrich mi ucciderà!" e cominciai ad essere colto dal panico. La macchina aveva solamente un paio di mesi e, anche se Dietrich non era consapevole di quello che vuol dire possedere una macchina come quella, ci aveva speso 100,000 Euro. Non capivo cosa potevo aver fatto, non avevo guidato troppo veloce, avevo solo utilizzato tutta la potenza della macchina.
"Va bene, non farti prendere dal panico, probabilmente non è nulla, chiamerò un carro attrezzi e la farò riparare. Dirò a Dietrich che mi sono perso."
Progettata la bugia, uscii dalla macchina e misi il triangolo di avviso dopo di che mi feci un chilometro per raggiungere il telefono di emergenza più vicino. Nonostante il mio tedesco stentato riuscii a dare tutte le informazioni necessarie e mi fu assicurato che un aiuto era in viaggio. Ringraziai poi tornai alla macchina ed aspettai.
Meno di quindici minuti più tardi un carro attrezzi si fermò davanti all’automobile guasta del mio amico. Il conducente uscì dall'autocarro e mi si avvicinò. Il nome cucito sulla sua tuta era, "Ulrich."
"È lei che ha chiamato?" chiese.
"Sì, sono stato io."
"Mi chiamo Ulrich, mi è stato inviato un messaggio di venire a vedere la sua macchina. Qual è il problema?" chiese.
"Praticamente... è morta" dissi non avendo le parole tedesche ed adatte per descrivere quello che era accaduto.
"Ha tentato di riavviarla?"
"No, avevo paura."
"Mi permetta di provarci" disse tenendo la mano per avere le chiavi della macchina. Gliele diedi di malavoglia, le avrei protette con la mia vita e le tenevo così strette che lasciarono una chiara immagine dell'emblema della Porsche sulla mano. "Non si preoccupi" disse vedendo la preoccupazione sulla mia faccia "sarò gentile."
A quelle parole il mio cazzo si contorse un po’. Non era proprio il caso di avere un’erezione in un momento come quelle, ma non potevo evitarlo; era troppo eccitante. Quella profonda, seria voce era sufficiente per pomparmi il sangue ed il resto aggiunse solo combustibile al fuoco. Anche attraverso la tuta larga potevo capire che il suo corpo era magro e ben fatto. Le spalle larghe ed il torace scendevano a formare una V classica verso la vita magra. Aveva della barba sul mento che indicava l’inizio di una barbetta, oppure si era solo dimenticato di radersi. I capelli biondi e corti erano disposti in un disordine casuale sulla sua testa. Pensai che un uomo virile come lui poteva essere infastidito dal pettinarsi i capelli dopo averseli asciugati, e lui era un uomo virile, come attestava il suo sguardo fisso ed intenso, quasi arcigno ed il suo atteggiamento presuntuosa. Aveva odore d’uomo, sapete... quella miscela impetuosa di sudore e sapone.
Si mise al volante ed avviò la macchina, il motore si accese ma sembrò guasto, molto guasto. Invece di ringhiare, faceva una specie di... frigno. Lo spense e scosse la sua testa.
"Non mi piace" affermò.
"Diagnosi brillante" pensai. "Cosa pensa che sia?" chiesi.
"Non ne sono sicuro" disse recandosi dietro la macchina. Alzò il cofano e guardò nel motore. "Hmm Mm... mm hmm... oh..."
"Cosa?"
"Vedo che ha fatto delle modifiche al motore."
"Forse... non so... davvero, è la macchina di un amico."
"Bene, chiunque abbia fatto queste modifiche non sapeva quello che faceva. Le buone notizie sono che io posso ripararlo. Le cattive notizie sono che ci vorrà del tempo... e che le costerà."
Alzai le spalle, soldi non erano i miei e non dovevo andare da nessun’altra parte per un paio di giorni, così tempo e soldi erano di alcuna preoccupazione per me. "OK, andiamo" dissi.
Ulrich alzò rapidamente la macchina sul cassone del suo carro attrezzi, una volta assicurata entrammo nell'autocarro e partimmo.
"È una bella macchina" commentò Ulrich. "Anche a Stoccarda non se ne vedono molte."
"Sì, è magnifica, spero di averne una un giorno."
"Lei sembra che possa permettersela, perché aspetta del giorno?"
Non capivo come potesse essere così sicuro che io potessi permettermela solo guardandomi. Non c’era niente di particolarmente elegante nel mio abito e non portavo alcun gioiello. "È che viaggio molto e non avrei molto tempo per godermela."
"Oh, cosa fa per essere costretto a viaggiare tanto?"
"Sono un fotografo."
"Oh sì? Di che genere di fotografia?"
"Le troverebbe in una rivista di viaggi... panorami, persone, eventi culturali..."
"Allora perché è qui?"
"Il tizio che possiede questa macchina possiede anche altre macchine sportive dovrebbe fare delle gare e voleva che le fotografassi."
"Wow! Divertente. Mi piacciono le corse automobilistiche!"
"Potrebbe venire a vederle, è solamente ad inviti, ma io ho un pass in più se lei è interessato."
"Veramente? Sì, mi piacerebbe. È sicuro che non le dispiace?"
"Non mi dispiace per niente... anzi, mi piacerebbe la sua compagnia."
Arrivammo al garage e saltammo fuori dall'autocarro. Ulrich mi mostrò l'ufficio e mi disse che avrei potuto usare il telefono per chiamare Dietrich, poi se ne andò per cominciare a lavorare sulla macchina. Chiamai Dietrich e gli spiegai cosa stava succedendo; era quasi isterico ma si scusò.
"Ho alcuni clienti che stanno per arrivare" spiegò "così non posso allontanarmi per le prossime due ore e non mi fido a mandarti Staffi, non troverebbe mai il posto, posso mandarti un taxi o..."
"Non preoccuparti" dissi "resterò qui fino a quando potrai venire."
"Sei sicuro?"
Guardai Ulrich muoversi provocantemente mentre attraversava il cortile. "Sì, sono sicuro."
"Tutto bene?" chiese Ulrich entrando nell'ufficio.
"Sì" dissi. "Ma il mio amico non può venirmi a prendere per un paio d’ore, ci sono problemi se rimango qui?"
"No, naturalmente, ma si troverà più comodo nel salotto, c'è la tivù e delle riviste, inoltre ho appena messo della birra nel frigorifero. Faccia come se fosse a casa sua."
"Grazie."
"Nessun problema, se ha bisogno di me mi trova alla sua macchina."
Accennai col capo e lo guardai allontanarsi verso l’officina dimenando il culo sexy. Con un sospiro di scontento mi girai ed andai nel salotto. Come il resto dei locali il salotto era molto pulito, con brillanti muri bianchi, divani di cuoio neri; avrei potuto giurare di essere nell'ufficio di un dottore invece che in un’officina. Mi feci cadere con un tonfo sul divano davanti alla tivù a 36" e cominciai a fare zapping tra i canali.
Dopo un quarto d’ora mi ero già annoiato, la televisione tedesca non era il massimo per me e la raccolta di riviste di Ulrich consisteva in tre annate di un equivalente tedesco di Time. Il pensiero di bere una birra attraversò la mia mente, ma allontanai rapidamente la tentazione. Finii per guardare un articolo su travestiti tedeschi ed i loro clienti etero, almeno io penso che si trattasse di quello, il mio tedesco era un po' arrugginito. Il tema era tanto affascinante che presto precipitai in un profondo sonno.
"Signore? Si svegli signore."
"Huh? Cosa? Chi? Giuro che non conosco suo figlio!"
Ci volle del tempo perché i miei occhi si adattassero al sole del mezzogiorno che illuminava il salotto. Attraverso la nebbia misi a fuoco la faccia di Ulrich, sembrava angelica contro la parete bianco ed abbagliante. Gli sorrisi e lui mi sorrise. Quando la nebbia si alzò e la mia mente schiarì, osservai lo sguardo di preoccupazione che accompagnava il suo sorriso, lo stesso sguardo di preoccupazione che uno ha per persone che non sono mentalmente stabili. Mi alzai a sedere e mi strofinai la faccia nelle mani, tentando di nascondere il mio imbarazzo.
"Uh, mi spiace... Stavo avendo un sogno strano" tentai di spiegare.
Ulrich si limitò a sorridere furbescamente e mi diede una tazza di caffè. "Ne avevo bisogno e ho pensato che anche lei ne avesse" disse.
Accennai col capo enfaticamente ed afferrai la tazza. "Grazie" dissi dopo il primo sorso. "Come va la riparazione?" chiesi.
"Sta andando bene" rispose grattandosi il piccolo cespuglio di peli sul torace con le mani sporche.
Fino a quel momento non mi ero accorto che era mezzo nudo. Aveva aperto la tuta e l’aveva lasciata cadere sino alla vita lasciando la parte superiore del corpo completamente esposta al mio sguardo lascivo. Continuò a spiegare cosa non andava e quello che stava facendo ma, a quel punto, io non ero interessato a quello che diceva. La mia attenzione era concentrata decisamente sul magnifico torso di Ulrich. Non era grosso, ma il suo corpo era increspato da muscoli duri come la pietra forgiati da anni di buono e duro lavoro. Il cespuglio a forma di v di peli color sabbia, che avevano attirato per primi il mio sguardo, si annidavano tra i pettorali palpitante. Si restringevano in una sottile striscia che correva sui suoi addominali sbalorditivi e scompariva nella tuta. Non potevo vedere i dettagli di quello che risiedeva alla fine di quella striscia, ma ero disposto a scoprirlo. Mentre continuava a parlare la sua mano era occupata ad asciugare il sottile strato di sudore che rivestiva il suo corpo. Ogni volta che lo faceva lasciava strisce nere di grasso e sporco sul suo torso virile. Mi leccai le labbra e sospirai.
Improvvisamente fui consapevole di come mi stava eccitando e di come lo stavo fissando. I miei occhi salirono lentamente sul suo corpo finché non incontrarono i suoi. Stava ancora parlando ma c’era un sorriso furbesco inciso sul suo viso.
"Le piace quello che vede?" chiese interrompendo i chiarimenti sulla macchina in riparazione.
"Sì."
"Gradirebbe vedere di più?"
Io abbassai lo sguardo al suo inguine, il contenuto era ancora nascosto, ma era diventato un po’ più... distinguibile. Decisamente volevo vedere di più e non esitai a dirglielo. Lui non esitò ad accontentare il mio desiderio. Ulrich fu rapido a spingere in giù la tuta alle anche e lasciarla precipitare intorno alle caviglie. Era evidentemente orgoglioso del suo corpo, e lo doveva essere!, ed era disposto a mostrarlo a chiunque fosse interessato. Esplorai il suo bel corpo, dalle larghe spalle, potenti alle gambe pelose, muscolose, ma i miei occhi poi si fermarono sul suo vero orgoglio e la sua gioia.
Appese al suo cespuglio bronzeo e ben aggiustato c’era il paio più dolce di palle gonfie che avessi mai viste ed un cazzo lungo e snello da far vergogna a molti uomini. Non era ancora molto duro perché dondolava liberamente tra le gambe, ma stava pulsando e stava gonfiandosi ad ogni secondo che passava. Da stime mie superava venticinque centimetri, se non di più. Credo che io stessi sbavando, ma non ne sono sicuro, sapevo che volevo succhiarlo. Anche Ulrich sapeva che io volevo succhiarlo. Mi si avvicinò finché il suo osso non fu a pochi centimetri dal mio naso. Il suo profumo virile permeò le mie narici, costringendo le mie labbra ad aprirsi leggermente.
"Cosa succede se qualcuno ci sorprende?" chiesi.
"Non ci sorprenderanno" disse sicuro. Non sarebbe stata la prima volta che venivo sorpreso in una posizione compromettente. "Ma non si preoccupi" aggiunse "non ho altri lavori in elenco per oggi, non aspetto altri clienti ed il suo amico non verrà prima di un’ora. Penso che saremo lasciati in pace per un po’ di tempo."
Si avvicinò e il suo cazzo si trovò proprio sotto il mio naso fermandosi sulle mie labbra ed il mio mento. A quel punto non mi preoccupavo più che qualcuno ci vedesse, dovevo avere il suo cazzo nella mia bocca. Cacciai fuori la lingua e lo leccai. Assaporai il gusto salato di sudore poi diedi un'altra leccata. Mi allontanai e saltò su colpendomi sul naso. La testa sguscio fuori dal suo cofano protettivo e sputò fuori una perla succulenta di liquido pre seminale. La leccai via poi avvolsi le labbra intorno alla sua cappella bulbosa. Ulrich si lamentò felice quando aspirai il suo cazzo nella mia bocca e giù nella mia gola. Ero determinato ad ingoiare la sua verga e non mi fermai finché non sentii i suoi capelli pubici solleticarmi il naso. Ulrich sibilò e ringhiò alla sensazione del suo uccello spremuto nella mia gola. Afferrò il retro della mia testa con le sue grosse mani e mi tenne lì. Io lo lasciai alloggiato nella mia gola finché potei, ma dovevo prendere aria. Spinsi via le sue anche e lasciai che il suo cazzo scivolasse fuori dalla mia gola. Tossii alcune volte ansando per prendere aria.
"Mi spiace" disse.
"Tutto bene" dissi e poi lo succhiai di nuovo in gola.
Continuai a succhiargli il cazzo con grande ardore; nonostante la sua lunghezza il cazzo di Ulrich era piacevole da ingoiare. Scivolava dentro e fuori della mia gola che lo pompava abbastanza facilmente, emetteva una quantità copiosa di liquido pre seminale pungente e, anche quando spingeva forte, aveva una consistenza spugnosa il cui sfregamento era piacevole contro le mie tonsille. Doveva essere veramente bello anche per Ulrich perché, dopo poco, mi fece piegare indietro mentre lui mi sfotteva la gola, intendo dire completamente e profondamente contro le tonsille mentre le sue palle mi schiaffeggiavano ripetutamente il mento. Prima di allora nessuno aveva usato la mia bocca così. Misi le mani sul suo culo e l'incoraggiai a continuare.
Ora il suo cazzo stava realmente colando e sentii i muscoli del suo culo contrarsi nelle mie mani. Ulrich rallentò il ritmo per poi fermarsi. Tolse il suo cazzo mostruoso dalla mia gola lasciando un filo di liquido pre seminale appiccicoso nella mia bocca. Lo portai sulla mia lingua per assaporarne il gusto e poi lo feci scivolare in gola.
"La sua bocca è molto calda, ancora un momento e sarei esploso nella sua gola."
"Non sarebbe stato così male" dissi ingoiando l'ultima goccia.
"No, suppongo... ma stavo pensando che... bene... Mi stavo chiedendo se le piacerebbe essere fottuto. Io voglio dire, se la sua bocca è tanto calda, il suo culo deve essere incredibile."
Io ghignai in maniera astuta e seducente. " È un dato di fatto" mi vantai. "Vuole vedere da se?"
"Oh sì... per favore!"
Si allontanò per permettermi di alzarmi e spogliarmi. Mentre mi toglievo la camicia Ulrich si abbassò e mi tolse i pantaloncini. Era ansioso di avermi ed il suo entusiasmo mi faceva sentire super eccitato. Il mio cazzo era così duro che tirava il cotone sottile delle mutande al suo limite e stava perdendo notevolmente liquido pre seminale. Ulrich lo strinse forte e lo guardò curiosamente. Non avevo pensato che lui potesse essere nuovo a questa esperienza uomo a uomo, essendo l'uomo virile che era. Il mio avrebbe potuto essere il primo cazzo che avesse visto e toccato oltre al suo.
"Lo prenda" dissi.
Alla mia esortazione Ulrich allungò la mano verso le mie mutande gonfie e pescò fuori il mio cazzo pulsante. Era duro come l'acciaio ed appiccicoso per i miei umori. Gli diede alcuni colpi incerti. Io sospirai per fargli sapere come mi piaceva e lui sembrò lieto. Si leccò le labbra e diede alcune strette più decise.
"Ha un bell’aspetto, non è vero? Perché non l'assaggi?" chiesi sperando che non mi avrebbe negato la soddisfazione di sentire le sue labbra intorno al mio uccello.
Sembrava combattuto. "Non so" disse. "Non l’ho mai fatto prima."
Il suo commento mi fece chiedere a me stesso cosa avesse fatto prima. Qualsiasi fosse stata la sua esperienza passata io ero determinato ad aggiungere il pompino alla sua esperienza. "Andiamo! Hai visto quanto mi piaceva, vero?" Vidi il barlume del desiderio nei suoi occhi. "Dagli solo una leccata rapida. Se non ti piace puoi fermarti."
Ulrich non poteva resistere alla tentazione ulteriormente; si lasciò cadere sulle ginocchia e tirò il mio cazzo duro come pietra alle sue labbra. La sua lingua scivolò fuori dalla sua bocca e leccò la punta del mio uccello. Vidi la sua faccia aggrottare le ciglia poi rilassarsi quando valutò il suo primo sapore di succo di uomo. Gli dovette piacere perché ritornò una seconda volta... e una terza. Messe a parte le inibizioni, finalmente, si tuffò e succhiò il mio cazzo dolorante nella sua bocca. Solo cinque centimetri, ma erano i migliori cinque centimetri che sentivo da tanto tempo. Immagino che gli avessero succhiato il cazzo parecchie volte e che sapesse cosa per fare perché era maledettamente bravo per essere la prima volta. Usò una mano per spingere la mia sgocciolatura mentre la sua lingua turbinava sul mio inguine per raccoglierne ogni goccia.
Era riluttante a prenderne più di cinque o sei centimetri in bocca, ma io ero contento del lavoro che stava facendo. Era sufficiente vedere la faccia dello stallone che stava lavorando il mio uccello... e godere! Mi permise anche di usare la sua bocca come un buco da fottere. Vedere il mio cazzo luccicante scivolare tra sue labbra era più di quello che potessi prendere. Sentii le mie palle contrarsi ed un brontolio nel mio stomaco.
"Ulrich, sto per sborrare... fra pochissimo" lo avvertii.
Lui tolse le labbra dalla mia verga coperta di saliva e la fissò. Afferrandola dalla base, la puntò contro la sua bocca e disse, "Voglio assaggiarlo."
Avvolse le dita intorno al mio grosso uccello e cominciò ad accarezzarlo continuando a tenerlo puntato contro la sua bocca aperta. Io grugnii rumorosamente e feci volare il primo sprizzo di sperma attraverso le sue labbra. Le successive cinque o sei eruzioni furono delle vere esplosioni e rivestirono la sua lingua carnosa e distesa. Dopo aver spruzzato l’ultimo fiotto e dopo che lui aveva spremuto fuori l'ultima goccia dal mio cazzo che si contorceva, Ulrich piegò indietro la sua lingua e bevve la mia sborra. Che spettacolo da vedere! Quasi sufficiente a farmi venire ancora.
"Wow! Cazzo!" barrii "È stato terrificante."
"Sì, davvero" confermò lui leccandosi fili di sperma dalle labbra. "Avrei dovuto provarlo prima." Io ghignai verso di lui e lui ghignò verso di me. "Ma ora sono pronto per qualche cosa di più."
Sapevo precisamente di cosa stava parlando ed ero anche pronto. Gli feci segno di scambiare il posto con me così da essere inginocchiato di fronte a lui col suo coso puntato verso la mia faccia. Lo succhiai per alcuni minuti, il tempo necessario a prepararlo ed a permettergli di togliersi stivali e tuta. Quando il cazzo fu duro e bagnato abbastanza lui era completamente nudo, io mi alzai, mi voltai e piegai sul divano. Il mio culo era a sua disposizione. Rabbrividii nell’attesa me,tre sentivo il suo bastone calloso sulle mie natiche ed aprirle. La sua saliva calda gocciolò sulla mia fessura e sul mio buco contornato di rughe, aspettando solo di ricevere profondamente nel culo l’uccello di Ulrich.
Lo sentii bussare al mio ingresso e spinsi indietro per accettarlo. Il grasso elmo a fungo entrò nella mia apertura stretta con un piccolo rumore e la sua verga venosa e sottile scivolò nella parte posteriore. Ulrich incontrò una piccola resistenza per cinque centimetri, ma spinse accanitamente e penetrò nella seconda barriera. Continuò a spingere nei miei intestini; pensai che non si sarebbe fermato mai. Mi sembrava già che stesse spingendo contro il mio stomaco ma lui continuava a pigiare. Capii che l'avevo completamente dentro quando sentii i suoi peli pubici e morbidi incollati contro le mie natiche.
Ulrich mise le mani sulle mie anche e mosse dolcemente indietro ed avanti la sua pelvi dandomi la sensazione di essere impalato sul suo bastone. È una sensazione alla quale non mi abituerò mai, è una sensazione di essere pieno completamente diversa da qualsiasi altra, toccandomi in luoghi estremamente sensibili dove pochi uomini mi avevano toccato prima. Grugnimmo ambedue piano mentre lui colpiva delicatamente i miei intestini.
"Lei ha ragione" bisbigliò "Il suo culo è una cosa fuori del mondo."
"Grazie" grugnii in risposta.
Il cazzo di Ulrich si ritirò dal suo covo profondo all'interno del mio culo per ritornare con maggiore velocità e forza. La spinta era così potente che mi fece vedere le stelle.
"Come fai ad usare così il cazzo" mi lamentai.
"Quindi Le piace?" chiese ficcandolo di nuovo nel mio culo.
"Hmm Mm" uggiolai.
Lui lo tolse ed ancora una volta spinse dentro di me portandomi al delirio. Quindi lo fece di nuovo, e poi di nuovo, più velocemente sempre più velocemente, finché non cominciò a sbattere quel mostro dentro di me con tanta forza che il sofà cominciò a muoversi sotto le sue spinte selvagge. Mi afferrò sopra le spalle, mise i piedi sul divano e chiavò allo spasimo. Mi stava rompendo il culo e mi piaceva! Quel giorno stavamo facendo ginnastica veramente bene in salotto. Il suo sudore gocciolava come carboni ardenti sopra la mia schiena e grugnivamo da quei maiali che eravamo.
I grugniti di Ulrich crebbero di volume e rallentò le spinte. Sentii le sue dita scavare nelle mie spalle e capii che stava per esplodere. Strinsi il culo dolente il più possibile per provocargli l’orgasmo. Non passò molto tempo, il suo corpo tremò e sgorgarono i primi fiotti di sborra che mi allagarono il culo. Litri di crema calda resero saturi i miei intestini mentre Ulrich vuotava il contenuto delle sue enormi noci di toro. Non appena gli ultimi brividi dell'orgasmo attraversarono il suo corpo, il meccanico si estrasse da me e cominciò a vestirsi.
Mi voltai per vederlo ritornare il cazzo appiccicoso nella tuta, dopo di che si chino per rimettersi gli stivali.
"Devo tornare a lavorare" disse. "C'è un gabinetto giù in officina se gradisce rinfrescarsi."
"Va bene" dissi sentendomi usato e scaricato. Non mi aspettavo delle coccole, ma maledizione!
Uscì dalla stanza senza guardarmi. Io raccolsi i miei vestiti e scesi al gabinetto per pulirmi. Circa una mezz’ora più tardi arrivò Dietrich. Lo portai fuori, gli spiegai quello che stava succedendo e poi lo riportai nel garage.
"Ulrich, questo è Dietrich Krieger, è il proprietario della macchina."
"Felice di soddisfarla", disse Ulrich saltando fuori da sotto la macchina e stringendogli la mano.
"Gian Paolo mi dice che c'è un problema con le modifiche al motore."
Il meccanico rispose affermativamente.
"Dannazione! Avrei dovuto saperlo che Ralf stava facendo qualche disastro. Lei può ripararlo?"
"Io posso ripararlo ma avrei bisogno che la guidasse per un giorno e tornasse domani se per lei non è un problema." "Non è affatto problema. Sono sicuro che Gian Paolo tornerà qui con gioia, lui può tornare."
Credo di aver visto la faccia di Ulrich accendersi. "Eccellente" disse, stava parlando con Dietrich, ma i suoi occhi erano fissi su di me.
Dietrich ed Ulrich si misero d’accordo e ce ne andammo. Salii sulla Porsche accesi il motore. Nel momento in cui fui pronto ad partire, Ulrich venne alla finestra. Io mi allungai verso di lui e lui si chinò.
"La vedrò domani, Gian Paolo?" chiese.
"Sì, ritornerò con la macchina per un controllo."
"La macchina va bene" lui disse "Ma penso che lei potrebbe tornare per un altro motivo". Un ghigno apparve sulle sue labbra ed io ancora una volta vidi la fame nei suoi occhi.
"Vedremo" dissi partendo.
Permisi ad Ulrich di ripararmi alcune volte il giorno seguente, ma alla fine fui riparato... e anche lubrificato.

Vittorio

Uno dei molti vantaggi della mia posizione al giornale era di permettermi di fare le cose che avevo trascurato per anni, come trovarmi coi vecchi amici del liceo e dell’università e passare un po’ di tempo coi miei genitori. Amo moltissimo i miei genitori e mi spiaceva poterli vedere solamente un paio di settimane all'anno, così decisi di passare la mia prima vacanza con loro.
Già il primo giorno della mia visita la mamma mi aveva messo a lavare i piatti, era come se non fosse cambiato nulla cambiato nei 14 anni passati da quando ero andato a vivere da solo. Avevano due domestiche ed una lavastoviglie ed ero ancora relegato a lavare i piatti perché mia madre non riteneva di fare entrare un "estraneo" nella sua cucina né credeva che una macchina potesse lavare completamente. La cosa non mi preoccupava e trovavo il lavoro domestico rilassante.
Stavo raschiando via uova e sugo dai nostri piatti e guardavo i miei genitori sul prato attraverso la finestra della cucina, quando io vidi un tipo strano che camminava sull'erba. Dico strano perché non l'avevo mai visto prima, ma anche perché andava a zigzag lungo il recinto, fissando terra e borbottando piano tra di se.
"Papà, chi è quel ragazzo?"
Papà guardò per vedere di chi stavo parlando. "Oh, quello è il nostro nuovo giardiniere, Vittorio."
"Cosa accadde a Giuseppe?" Chiesi parlando del loro vecchio giardiniere.
"Giuseppe è andato in pensione il mese scorso, ha detto che stava diventando troppo vecchio per quel genere di lavoro e, francamente, ero d'accordo con lui.
"Troppo vecchio? Aveva solo 51 o 52 anni, non è vero?"
"Aveva appena compiuto i 60, Gian Paolo."
Ho fatto dei conti nella mia testa per verificare la risposta di mio padre. "Va bene, ma era ancora abbastanza giovane ed era in forma eccellente."
Mio padre si limitò a scuotere la testa incredulo, capivo di sembrare sciocco, ma Giuseppe era stato parte della nostra vita da quando ci eravamo trasferiti lì; non potevo capacitarmi di non vederlo più.
"Mi piaceva Giuseppe" borbottai.
Mio padre sogghignò astutamente e mi accarezzò sulla spalla. "Lo so."
Arrossii e ritornai a lavare i piatti. Evidentemente il amore segreto per Giuseppe non era tanto segreto, ma sarebbe stato difficile per i miei genitori non saperlo; era per me come un'ossessione. Quando ero più giovane pensavo a Giuseppe come ad un fratello maggiore; ma quando diventai più grande, i miei ormoni cominciarono ad accendersi ed io divenni consapevole della mia sessualità, accadde dell’altro. Lui era la stella di tutte le mie polluzioni notturne di adolescente. Mi ricordo che mi precipitavo a casa da scuola per poterlo vedere attraverso la finestra della mia camera da letto mentre lui lavorava in giardino. Giuseppe era della vecchia scuola e, per riguardo verso mia madre, non si spogliava mai per quanto caldo facesse. Se ero fortunato, tuttavia, lui si toglieva la camicia ed io potrei avere una bella visione dei suoi grossi bicipiti e spalle. La sua pelle mi ricordava il cioccolato fuso quando brillava di sudore sotto il brillante sole del sud. La visione della stoffa bianca e leggera che si attaccava al suo corpo scuro e sudato riempivano la mia testa quando mi masturbavo di notte. L'immagine era sufficiente per far uscire due carichi gagliardi dal mio cazzo da adolescente, a 16 anni non ci voleva molto.
Desiderai di avere avuto un'opportunità di vederlo un'ultima volta, lo immaginai a 60 anni, ancora abbastanza sexy per farmi venire due volte di fila.
"Se continui a strofinarlo farai un buco in quel piatto, figlio" commentò papà.
"Huh? Oh... mi spiace, avevo la testa da un’altra parte."
"Mm... bene perché non mi lasci perdere i piatti? È probabile che un paio di vasche in piscina ti servano per chiarirti le idee."
"Sei sicuro? Cosa succede se la mamma scopre che non sto facendo i miei lavori domestici?" scherzai.
Lui ridacchiò ed afferrò lo strofinaccio dalle mie mani. "Posso tenere a bada tua madre, vai!"
Lo abbracciai e baciai poi andai a cambiarmi. Scelsi un paio di calzoncini da bagno nel cassetto pieno di costumi che tenevo a casa dei miei genitori, e poi corse di nuovo giù dalle scale e sul terrazzo.
Io mi incontrai col nuovo giardiniere quando entrai in piscina, aveva smesso di borbottare ma stava ancora girando e guardava per terra. Lo osservai, si fermava, accarezzava la terra col piede, poi si muova verso un altro punto. Era abbastanza giovane, circa la mia età o poco più vecchio, sudamericano come mi suggerì la sua carnagione liscia, color miele e i capelli folti e neri che portava abbastanza lunghi da doverli spostare continuamente dagli occhi, ma troppo corti per farne una coda di cavallo più comoda. Era bello ed indossava stivali da lavoro gialli, jeans larghi ed una t-shirt verde scuro. Poiché lo stavo osservando almeno da cinque minuti, pensai che avrei dovuto almeno presentarmi.
"Salve, tu devi essere Vittorio" dissi. Lui mi guardò e sorrise. Gli tesi la mano, lui asciugò la sua nei jeans mi diede una forte stretta di mano. "Mi chiamo Gian Paolo, sono..."
"Lo so chi è" disse con un accento marcato. "Non ci si può girare senza vedere una sua foto... e sua madre parla di lei continuamente."
Arrossii furiosamente. "Mi spiace, qualche volta si fa portare."
"Non ci faccio caso, è molto orgogliosa di lei... anche lei lo dovrebbe essere. Mi ha mostrato alcuni suoi lavori... lei è molto bravo."
"Grazie." Vittorio sorrise ed accennò col capo. "Posso farti una domanda?"
"Sicuro" disse.
"Cosa stai facendo precisamente?"
"Sto tentando di vedere quanto è resistente l'erba. È abbastanza forte, ma avrà bisogno di alcuni interventi prima della festa."
"Oh sì... la grande festa."
"Lei non ne sembra molto emozionato."
Alzai le spalle. "È solo un gruppo di persone con cui mio papà lavorava, un andare ai vecchi gloriosi giorni, storie un po' vecchie."
"Wow! Sembra divertente per me."
"Perché non vieni?" suggerii. Sarebbe stato bello avere qualcuno della mia età con cui parlare.
"Non posso..." rispose. "Inoltre non ho vestiti eleganti."
"Non occorre ma, se proprio vuoi ti posso dare qualche cosa di mio."
"Non le dispiacerebbe?"
"No, penso che sarebbe divertente se tu ci fossi."
"Gr... grazie! " Aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
"Nessun problema. Ora, se mi scusi, vorrei fare una nuotata prima di portare mia madre a far compere."
"Sicuro. Si diverta" disse riportando la sua attenzione al fragile tappeto erboso dei miei genitori.
"Grazie."
Scesi lungo il sentiero acciottolato che portava alla piscina e mi tuffai; dopo una mezz’ora di nuoto rilassante uscii e Vittorio si spostato e stava osservando l’erba intorno al barbecue. Ridacchiai, avvolsi un asciugamano intorno alla vita ed entrai in casa.
Passarono alcuni giorni e Vittorio era occupato a rinforzare l'erba per il grande giorno. Ogni mattina chiacchieravamo prima della mia nuotata giornaliera. Lui commentava il paio diverso di pantaloncini che indossavo ogni giorno; io osservavo com’era ben curato il prato; poi cominciammo a parlare d’altro. Era effettivamente dell'America Meridionale, colombiano per essere esatti. Si era trasferito coi suoi genitori quando aveva 15 anni.
Il giorno della festa arrivò e, come promesso, lasciai che Vittorio prendesse in prestito un vestito per l'evento. Lo portai nella mia stanza e gli feci scegliere fra i vestiti che avevo portato con me. Dopo un po’ scelse un abito di lino ed una maglietta blu. Avevamo anche la stessa misura di scarpe e gli diedi in prestito anche un paio di quelle. Non lo vidi vestito fino a sera alla festa, tutti gli occhi erano su di lui, specialmente i miei, mentre si dirigeva verso il barbecue. Stava quasi meglio di me coi miei vestiti, i colori chiari accentuavano la sua pelle abbronzata.
Restava a bocca aperta ogni volta che incontrava i famosi personaggi presenti, e questo mi fece capire quanto ero ormai abituato a quelle cose, così vidi gli amici di papà in una nuova luce ed ascoltai le loro storie come se fossero una novità. Vittorio mi rimase vicino tutta la sera, mai più lontano di pochi centimetri, io mi abituai a sentire la sua calda presenza. Senza pensarci lo presi per mano, mi aspettai che la allontanasse immediatamente, invece gli diede una forte stretta.
Rimasi male quando disse che doveva andare via presto, doveva alzarsi presto per curare alcuni fiori; l'implorai di restare un po’ più a lungo, dicendogli che i fiori potevano aspettare, ma lui rifiutò.
"Conosco l’uscita" disse quando lo seguii verso la porta. "Grazie per la serata meravigliosa."
Mi lasciò confuso e demoralizzato. Pensavo si stesse creando qualche cosa tra di noi, ma evidentemente avevo torto. Fui di cattivo umore per il resto della festa, annoiato e solitario senza il nuovo compagno al mio fianco.
La mattina seguente finii i miei lavori domestici e poi uscii per la mia nuotata mattutina. Vittorio aveva finito di sistemare i fiori ed ora stava aggiustando le siepi. Era molto occupato e, devo ammetterlo, gli arbusti non erano mai sembrati così a posto. Per quanto fossi affezionato a Giuseppe e pensassi che non poteva fare nulla di sbagliato, dovevo ammettere che non era molto esperto con le siepi, mi era sempre sembrato che i nostri cespugli fossero delle masse verdi amorfe. Col lavoro di Vittorio stavano rinascendo, in una mattina aveva invertito decine di disastri e li aveva trasformati in opere d’arte di scultura.
"Buona mattina!" mi gridò avvicinandosi.
"Buona mattina, bel lavoro con le siepi!"
"Lo pensa? Potrei fare di meglio, ma erano piuttosto conciate."
"Sì, lo so, è per questo che la cosa mi impressiona di più."
"Ehi, mi sono divertito la notte scorsa" disse. Ero contento che fosse lui a parlarne; io non l’avrei fatto.
"Anch’io mi sono divertito. Non mi divertivo tanto ad una delle feste di papà da molto tempo. Era bello che ci fossi tu."
"Lo so, dovremmo farlo più spesso."
"Mi farebbe piacere."
Ci scambiammo alcuni sorrisi nervosi, poi un silenzio goffo prima che Vittorio cambiasse rapidamente temi. "Sta andando per la solita nuotata vedo."
"Sì, le vecchie abitudini sono dure a morire. Andavo a nuotare due volte al giorno quando vivevo qui."
"Questo spiega il suo fisico incredibile."
"Mi fa piacere che qualcuno se ne accorga."
"Non è difficile farlo" rispose. I suoi occhi passarono rapidamente sul mio corpo ed fui sicuro di vederlo attardarsi sulla parte anteriore dei miei pantaloncini da nuoto blu. Erano un po’ più corti e più stretti di quelli che avevo indossato gli altri giorni ed avevano una tendenza ad accentuare le gambe e l’inguine.
Lo fissai negli occhi color cafè e tentai di vedervi le vibrazioni che cercavo. Non vi trovai niente a parte un caldo sguardo ed un sorriso amichevole. Forse stavo solo immaginandolo, come quello che mi ero immaginato di sentire tra noi la sera precedente.
"Penso che stia tardando al suo appuntamento" disse.
"Huh?"
"Sì... il suo appuntamento con la piscina."
"Oh sì... la piscina... sì; non ne posso più di tuffarmici."
"Si diverta."
"Grazie. Vedrò di farlo."
Vittorio mi salutò con la mano e ritornò ad aggiustare le siepi. Io corsi verso la piscina. Dopo un po’ ebbi la sensazione di essere osservato, mi avvicinai al bordo e mi guardai intorno: non c'era nessuno eccetto Vittorio che stava sistemando le camelie adorate da mia madre.
"I miei sensi devono aver bisogno di una calibrata" mormorai.
Diedi una scrollata di spalle e continuai a nuotare, ma non riuscivo a scuotermi di dosso la sensazione che qualcuno stesse guardandomi. Era una sensazione raccapricciante come minimo. Decisi di smetterla e saltai fuori dalla piscina.
"Allenamento breve oggi?" chiese Vittorio.
"Sì... Improvvisamente mi è passata la voglia di nuotare."
"Oh, peccato, la vedrò domani mattina."
"Sì... salve, Vittorio."
La mattina seguente mi vide fare la stessa routine. Feci colazione con i miei genitori, lavai i piatti, portai mamma a fare una passeggiata e poi corsi disopra a scegliere un costume per la nuotata mattutina. Faceva caldo fuori, una temperatura perfetta per una bella nuotata. Frugai fra la dozzina o più di pantaloncini e decisi per un paio di vecchi pantaloncini rossi. Mi tolsi i vestiti e scivolai nei pantaloncini. Erano un po’ stretti ma andavano bene. Era gratificante sapere che avevo ancora il corpo di un sedicenne.
Quando mi girai davanti allo specchio per ammirare vanagloriosamente come stavo bene nel vecchio costume, mi accorsi di un movimento nel recinto. "Oh, è solo Vittorio" mi dissi. Era il suo giorno di tagliare l'erba ed aveva cominciato nel giardino posteriore quando ero tornato dalla passeggiata con mamma. Aveva spento la falciatrice ed ora stava facendo una pausa.
Mi avvicinai alla finestra e lo guardai ingollare metà di una brocca di acqua asciugandosi poi le labbra col braccio. Guardarlo dalla finestra nei vecchi pantaloncini mi ricordò di tutte le volte che avevo spiato Giuseppe. Vittorio non era Giuseppe, ma era altrettanto eccitante. Mentre il nostro primo giardiniere si copriva il più possibile, il nuovo non aveva di questi problemi, Vittorio era nell’abbigliamento più succinto che potesse portare senza essere giuridicamente perseguito: una canottiera stretta e un paio di piccoli pantaloncini di nailon bagnati che di aggrappavano al suo corpo sudato. Era la prima volta che lo vedevo così e mi piaceva quello che vedevo. Il meteorologo aveva detto che sarebbe stata una giornata caldissima ma io avevo la sensazione che stesse per diventare anche più calda.
Continuai a guardarlo per un po’ mentre portava il contenitore d’acqua vuoto al bidone dell'immondizia. L’abbigliamento rivelava molta pelle, con mia grande delizia. In analogia coi dolciumi, la pelle di Vittorio sembrava una caramella morbida e calda, molto dolce ed appiccicosa. Ritorno alla falciatrice e, prima di avviarla, si tolse la canottiera e la lanciò per terra, dandomi così una visione completa del suo torace liscio con un paio di piccoli tatuaggi incisi pericolosamente vicino al pube. Il mio uccello si agitò nei pantaloncini. Lo carezzai per fargli sapere che mi ero accorto della sua chiamata. "Calmati, ragazzo... lui non vuole giocare con te" mi lamentai. Obbedientemente lui assentì.
Vittorio accese il falciatore e cominciò il suo compito pesante di sistemare il vasto tappeto erboso. Io scesi verso la piscina tentando di evitare un incontro col giardiniere quasi nudo che avrebbe provocato un altro, più imbarazzante, accendersi della mia libidine. Lanciando l'asciugamano sulla sdraio, saltai rapidamente nella piscina e cominciai le mie vasche. 30 minuti, 30 vasche e 1500 metri più tardi riemersi sentendomi esausto ma rinfrescato, e molto meno eccitato.
"Quello è un allenamento." Vittorio stava vicino all'orlo della piscina col mio asciugamano in mano. "Mi sono stancato solo a guardarla."
Nuotai verso un bordo della piscina ed uscii. Lui mi diede l'asciugamano e sorrise.
"Stavi guardandomi?" chiesi.
"Sì. L’ho vista venire quaggiù, così ho pensato di venirla a salutare prima che cominciasse a nuotare. Quando sono arrivato lei era già nella piscina, così sono rimasto a guardarla finché non ha finito. Anche ieri l’ho osservata un po’. È così aggraziato mentre nuota... è una cosa affascinante da guardare."
Rimasi senza parole, smisi di asciugarmi con l'asciugamano umido sul torace.
"Qualcosa non va?" chiese in risposta allo sguardo preoccupato che mi aveva fatto inarcare le sopracciglia. "Ho detto qualche cosa di sbagliato?"
"No è solo una sensazione strana pensare che stavi guardandomi nuotare... come se tu stessi spiandomi..."
"Strana come guardare qualcuno dalla sua finestra della camera da letto?"
Sospirai. "Mi hai visto?"
"Sì" disse poi cominciò ad arrossire. "Ho visto tutto."
Non potevo credere che lui mi avesse visto spogliarmi, avrei voluto sentirmi offeso per l’invasione nella mia privacy, ma come potevo esserlo quando io ero colpevole della stessa trasgressione? Almeno Vittorio aveva le palle di essere onesto sulle sue abitudini di voyeur.
"È ovvio che noi abbiamo l'un per l'altro dei sentimenti e non avevamo il coraggio di farci qualche cosa. Quindi ci nascondemmo dietro tende e cespugli e segretamente ci desideravamo da lontano. Ora i nostri segreti non lo sono più, non dobbiamo più nasconderci."
Diede uno strattone all'asciugamano strappandomelo dalle mani e tirò il mio corpo vicino al suo. Il suo torace caldo, appiccicoso strofinò contro il mio ed io sentii il mio cazzo ridestarsi. Anche lui era duro come attestato dalla protuberanza nei suoi pantaloncini di nailon. Mise la sua mano sul mio culo e lo spremè costringendo le mie anche contro le sue per unire le nostre erezioni palpitanti. Come delle calamite le nostre labbra vennero in contatto. Vittorio era il primo latino focoso che avessi mai baciato e lui mi baciò come nessun uomo aveva mai fatto prima. Era forte ed appassionato, mi consumò con la sua bocca. "Questo è come si bacia?" mi chiesi. Io ero di fuoco! Non avevo mai desiderato tanto di fottere qualcuno in vita mia. Era duro per me smetter, ma dovevo.
"Perché hai smesso?" chiese. Mi guardava per una risposta mentre le sue mani percorrevano il mio corpo alla ricerca di tutto ciò che potevano trovare.
"Non posso farlo. Non qui... non ora."
"Dove, quando?" chiese. "Io devo averti" insistette. I suoi occhi stavano supplicando, avrei voluto acconsentire, ma non potevo. Non potevo mancare di rispetto ai miei genitori fottendo il loro giardiniere nel loro giardino.
"Io... io non so" dissi trovando improvvisamente la volontà per allontanarmi dal suo caldo, invitante abbraccio. "Io devo andare."
Lasciai Vittorio sul bordo della piscina, con l’asciugamano in mano e probabilmente mentre si chiedeva cosa diavolo era successo. Avrei voluto spiegarglielo, ma più a lungo fossi stato in sua presenza, più difficile sarebbe stato resistere al suo incantesimo.
Non dormii bene quella notte il pensiero di Vittorio continuava ad invadere i miei sogni. Mi masturbai un paio di volte come io avevo fatto tante volte prima in quel letto, in quella stanza, nella casa dei miei genitori. Si sentì sciocco ed infantile, ma era l'unico modo che riuscii a trovare per darmi sollievo. Arrivò mezzanotte poi la una, le due, alla fine abbandonai l'idea di dormire e decisi di andare a nuotare di notte. Se non mi avrebbe chiarito le idee almeno mi sarei stancato per potermi addormentare per puro e semplice esaurimento.
Afferrai un paio pantaloncini nel cassetto e li indossai. Scesi le scale ed uscii dalla porta del patio. I sensori avvertirono il mio movimento quando mi avvicinai alla piscina e le luci subacquee si accesero facendo l'acqua ardente di un'ombra misteriosa blu cobalto. Fuori faceva freddo ma l'acqua era tiepida grazie ai caloriferi che mio papà aveva installato. Immersi la testa e tentai di perdermi nell'abbraccio tiepido dell'acqua.
Non so quanto tempo nuotai; continuai finché braccia, gambe e polmoni non gridarono chiedendo aiuto. Mi portai al bordo e mi alzai, ero troppo stanco per uscire.
"È un po’ tardi per il nuoto, non è vero?"
"Gesù, Vittorio! Mi hai spaventato! Cosa fai qui?"
"Ho visto le luci dalla mia stanza e sono venuto a vedere cosa stava succedendo, ho pensato che si trattasse di un gatto randagio o qualche cosa del genere, ma speravo che fossi tu."
"La tua stanza?"
"Sì. Ho affittato la casa in fondo alla piscina, i tuoi genitori non te l’hanno detto?"
"No, se ne saranno dimenticati."
Vittorio scivolò nella piscina con indosso i boxer. Nuotò verso di me ma io mi spinsi via ed andai in mezzo alla piscina.
"Perché ti allontani?"
"Te l’ho detto, non qui."
"Perché no? Se sei preoccupato che i tuoi genitori ci sorprendano, io penso che stiano dormendo."
"Non è questo il punto. Non posso fare sesso in casa loro... non è giusto."
"Non siamo in casa loro!" esclamò.
"Sai cosa voglio dire" replicai.
Nuotò di nuovo verso di me; questa volta ero troppo stanco per fuggire. "OK. Che ne dici di casa mia?" chiese.
Sentii le sue gambe pelose strisciare contro le mie ed un formicolio cominciò a percorrere la mia spina dorsale. Sembrava così bello nel bagliore delle luci diffuse della piscina. Mi ricordai il tocco delle sue labbra pigiate contro le mie e la sua lingua che invadeva le profondità della mia bocca. Volevo provare di nuovo quella sensazione insieme a mille altre. Lui nuotò verso il bordo della piscina, uscì e si diresse verso la casa. Io lo seguii.
"Promettimi di fuggire questa volta." implorò.
Mi sporsi in avanti ed offrii la mia bocca alla sua. Quella era la risposta che lui stava aspettando. Mi baciò come aveva fatto quel pomeriggio. Tutta la fame e tutta la passione erano ancora là. Le sue dita scivolarono nei miei pantaloncini e fecero scivolare via la stoffa bagnata dal mio corpo. I pantaloncini precipitarono ai miei piedi ed io fui nudo. Le sue labbra si separarono dalle mie, io non volevo che lui smettesse di baciarmi, ma sentii le sue labbra ed il calore della lingua scendere lungo il mio collo e il mio torace e capii che stavo per avere delle cose migliori. Fece una pausa per leccare l’acqua dal mio ombelico prima di continuare il percorso verso il mio cazzo dolorante.
Le mie gambe stanche minacciarono di cedere quando avvolse le labbra caldi intorno alla testa del mio cazzo. Succhiò con forza sulla punta gonfia estraendo le prime gocce di sciroppo dal mio uccello. Io mi lamentai e caddi in avanti spingendo ulteriormente il cazzo nella sua bella bocca. Vittorio l'ingoiò senza protestare e l’aprì ancora di più. Io spinsi in avanti nell’ingresso stretto della sua gola, finché io sentii i miei coglioni sulle sue labbra. Non penso che avesse mai preso un uomo in gola prima di allora, rimase un po’ soffocato ma ben presto si abituò alla sensazione di avere la gola riempita dalla mia carne.
Scivolai dentro e fuori della sua bocca alcune volte, sentendo la sua lingua ruvida che raschiava contro la parte inferiore del mio cazzo, poi lo estrassi per permettergli di riprendere fiato.
"Ha un buon sapore?" chiesi.
Risucchiò di nuovo il mio palo nella sua gola e lo succhiò ancora, penso volesse dire che gli era piaciuto. Si spostò su e giù sulla mia verga allungata, facendo scivolare le labbra e toccando con la lingua ogni centimetro sensibile. Succhiò così forte il mio uccello che sembrava di sentire un aspirapolvere. Non avevo mai visto le vene sul mio cazzo così grosse prima di allora. Il colombiano sexy stava succhiandomi così bene che mi faceva rizzare i capelli sulla nuca.
Afferrai una manciata dei suoi capelli bagnati e ricci e cominciai a muovere il cazzo. Lui si chinò indietro come un buon succhiacazzi e mi lasciò fottere la sua gola. Mi guardò coi suoi occhi neri ed abbaglianti. Se la sua bocca non fosse stata piena di cazzo, sono sicuro che stesse sorridendomi; non era una cosa sexy? Ero così eccitato!
"Questo è quello che volevi?" chiesi. "Volevi che ti alimentassi col mio cazzo? Huh?" gemette il suo assenso mentre io continuavo a spingere il mio uccello giù nella sua gola. "Ti piacerebbe questo cazzo nel culo? Ti piacerebbe?" Lui si lamentò di nuovo, ma io volevo sentirglielo dire, così estrassi l’uccello dalla sua bocca e glielo chiesi di nuovo.
"Vuoi questo cazzo o no?"
"Oh merda... sì!" rispose tentando di riprendere fiato. "Non ho mai voluto tanto un cazzo in tutta la mia vita."
"Poi sai cosa fare?"
Accennò col capo e si alzò. I suoi boxer erano ancora fradici ed attaccati indissolubilmente alla sua pelle. Le grosse noci nerborute erano chiaramente visibili attraverso la stoffa bianca e bagnata. Il cazzo era riusciti a sgusciare nella patta ed era orgogliosamente sull’attenti di fronte a lui. Era di un buon diciotto venti centimetri ed aveva il colore dello zucchero di canna. Il prepuzio era tirato indietro sulla grossa testa a forma di fungo da cui gocciolava un ruscello di pre eiaculazione. Fui tentato di lasciarmi cadere sulle ginocchia e succhiarlo per asciugarlo, ma quando si voltò e lasciò cadere i pantaloncini, mi ricordai di qualche cosa d’altro di cui avrei voluto prendermi cura prima.
"Piegati ed apriti le chiappe." Rimasi colpito da me stesso ma lui mi aveva eccitato troppo.
Fece come avevo comandato ed allargò il culo per permettermi di ammirare il suo buco. Nel centro di un anello di peli neri e ricci c’era il piccolo buco corrugato e rosa di Vittorio. Lo solleticai con un dito e lo guardai vibrare in attesa. Poi spinsi il dito dentro fino alla prima nocca. Ragazzi, com’era stretto! Spinsi il dito più profondamente dentro e sentii le pareti del culo contrarsi. Vittorio emise un piccolo piagnucolio sentendosi invaso.
"Ti hanno mai chiavato?" Io chiesi in risposta al fatto di quanto ermeticamente il suo culo aveva afferrato il mio dito.
"Alcune volte." Feci scivolare il dito dentro e fuori sentendo una grande resistenza. "Unh! Oh cazzo!" barrì.
"Penso che sarà necessario lubrificarlo" dissi estraendo il dito.
Vittorio corse al suo comodino e ritornò con un tubo lubrificante. Me lo diede e riprese la sua posizione. Applicai un bel po’ di lubrificante al suo culo rivolto in su e lo spinsi col dito. Era ancora super stretto, ma era scivoloso come un maiale unto. Rivestii il mio cazzo con la pasta e lanciai via il tubo. Cominciai a prendere quel culo quasi vergine, spinsi finché la mia testa passò attraverso l'ingresso del culo. Vittorio guaì e si spostò in avanti, tentando di sloggiare il mio cazzo dal suo retto. Io lo afferrai per le anche e lo trattenni.
"Dove pensi di andare? Questo è quello che volevi, non è vero?" Spinsi dentro un po’ più profondamente sentendo i suoi lamenti pietosi di libidine e di dolore. "Non lottare... rilassati." Il mio cazzo era un fuoco che tentava di scavare nei suoi intestini rigidi. Scivolai lentamente dentro finché non sentii il suo sedere sodo sulla mia pelvi. Vittorio grugnì e soffiò mentre si adattava all'invasione del mio lungo e grosso uccello. Ora non si lamentava più e non tentava di scappare. L'avevo detto; il suo culo era mio. Tutto ciò di cui io ora necessitavo era l'indicazione che era pronto per la chiavata della sua vita. Si appoggiò a me e cominciò ad ondeggiare le anche; il suo retto si strinse dolcemente e si rilassò intorno alla mia asta gonfia.
Lo estrassi per alcuni centimetri e poi scivolai di nuovo dentro. "Mm sì" e fece le fusa. Lo feci altre volte; i suoi lamenti crescevano ogni volta, un po’ più forte ed il suo culo si apriva un po’ di più. Lo estrassi dal principio alla fine poi gli feci di sentire la lunghezza intera del mio cazzo che spingeva dentro di lui. Gli piaceva e scatenò l'animale latino che mi aveva sedotto nel suo letto.
"Ah sì... fottimi il culo stretto!" ululò. "Più forte... più forte!"
Spinsi nel suo buco con tutta la mia forza, i miei muscoli sembrava fossero infuocati; ero esaurito ma io non volevo fermarsi finché non avessi depositato la mia sborra dentro di lui.
Il mio cazzo lucente sembrava enorme mentre spingeva nelle labbra rosse e gonfie del suo culo. Mi piaceva il rumore che usciva ogni volta che il palo di carne usciva dal suo abbraccio stretto ed i rumori sporchi che faceva quando immergevo di nuovo nelle sue profondità. Vittorio era un allievo veloce e ben presto fece tutte le cose che un buon culo dovrebbe fare: stringendo quando estraevo, aprendo quando spingevo ed incoraggiandomi con frasi sporche. Gridava così forte che pensai che sicuramente i miei genitori lo avrebbero sentito, ma non me ne preoccupai; eravamo due adulti che stavano chiavando. Devo ammettere tuttavia che il pensiero essere nella casa della piscina a fottere il giardiniere era particolarmente eccitante, ogni volta che io ci pensavo il mio cazzo diventava un po’ più rigido ed io spingevo un po’ più forte nel culo di Vittorio. Non sarebbe passato molto tempo prima che i suoi intestini fossero pieni del mio seme.
"Sto per venire!" annunciai.
"Fallo" lui mi esortò. "Sborrami nel culo! Fammi sentire le tue noci dentro di me!"
"Unh! Oh merda!" Sentii le mi palle contrarsi, dopo poco seguì il fiotto di sperma caldo pompato fuori del mio cazzo. Io continuai a spingere nel buco di Vittorio che si stava riempiendo rapidamente della mia sborra appiccicosa, sentivo ribollire la crema spessa nel mio cazzo pulsante. Lui aveva un culo profondo, avido che ingoiò tutto il mio carico, ed era grande!
Estrassi il cazzo scivoloso dal buco di Vittorio, lui si girò e lo leccò per pulirlo, quando ebbe finito cedetti alla fatica e precipitai a terra. Lui si alzò e sventolò il suo uccello palpitante davanti alla mia faccia. Aprii la bocca ed accettai il suo attrezzo gagliardo, avvolsi le labbra sullo sciroppo dolce che rivestiva il suo attrezzo, poi spalancai la bocca per permettergli di scivolare nella mia gola. Afferrò il retro della mia testa e spinse lentamente il suo cazzo succoso che succhiai come per allattarmi. Non ci volle molto, dieci, forse dodici colpi, poi sentii il suo corpo contorcersi ed assaggiai il sapore salato-dolce del suo sperma sulla mia lingua. L’ingoiai mentre usciva dal suo cazzo senza perderne una goccia. Alla fine l'ultima goccia gocciolò nella mia gola e lui estrasse la sua verga, coperta di saliva, dalla mia bocca. Crollò sul pavimento accanto a me ed io mi addormentai nelle sue braccia.
Mi svegliai il mattino seguente col sole splendeva sulla mia faccia. Vittorio se n’era già andato, probabilmente era già in giardino da un paio di ore. Feci fatica ad alzarmi, i miei muscoli doloranti si apponevano, era doloroso solo il fatto di raccogliere i pantaloncini da bagno, avanzai strascinando i piedi lungo il sentiero.
Vittorio stava spandendo fertilizzante sul prato, l'attività della notte appena passata rendeva zoppicante la sua andatura di solito fluida. Nessuno di noi era disposto a coprire la distanza tra di noi così, per il momento, un sorriso sostituì la nostra chiacchierata solita. Mi trascinai in casa e salii dolorosamente i gradini.
"Sei tu?" gridò papà portandosi ai piedi della scala. "Ci stavamo domandando dove eri finito, non sei sceso a colazione."
"Mi spiace... mi sono svegliato presto e non riuscivo a riaddormentarmi così sono andato in piscina."
"Oh, la colazione probabilmente sarà fredda."
"Grazie, saranno sufficienti dei cereali ma prima mi faccio una doccia."
Mi voltai e salii i gradini piegato su me stesso come mi permettevano i muscoli dolenti. Mi alzai a metà strada quando mio padre disse, "Deve essere stato un nuoto strano."
Mi voltai e lo vidi guardarmi su con un sorriso furbesco sul viso. "Non sono neppure bagnati i calzoncini."
Li guardai, erano asciutti, ed arrossì. Lui se ne andò ridendo, io aggrottai le sopraciglia e salii, lo sapevo che fare sesso nella casa dei miei genitori non sarebbe stata una buona idea.
Virgilioio

Ero seduto nel mio ufficio e leggevo attentamente la scaletta del mese successivo della rivista quando Adamo entrò; anche se io dipendevo direttamente da lui, era raro che si presentasse nel mio ufficio. Era bello vederlo, tuttavia. Dopo che aveva cominciato ad uscire con Michele, non l’avevo più visto fuori dal lavoro; e prima della mia promozione, lo avevo visto una volta al mese in ufficio, al massimo. Mi mancava la sua amicizia quei begli occhi verdi. Mi mancava tutto.
"Ciao Adamo. A cosa devo il piacere della tua visita?"
"Oh, stavo solo passando e ho pensato di fermarmi a salutarti."
In tutti gli anni che abbiamo lavorato insieme non avevo mai saputo che Adamo passasse per caso, ogni minuto della sua giornata era programmato. Se era lì c’era una ragione.
"Bene, mi fa piacere."
"Non è proprio così" disse sedendosi di fronte alla mia scrivania ed accavallando le gambe. "Ho delle ragioni piuttosto egoistiche. Sai che domani sarebbe stato il nostro anniversario."
"Oh sì, giusto, me n’ero praticamente dimenticato." A dire il vero avevo scritto l’evento nel mio calendario ogni anno da quando ci eravamo separati.
"Io no, lo ricordo ogni anno."
Merda! Mi sentivo un tale stronzo.
"Nonostante tutto quello che è accaduto tra noi, io ti voglio ancora bene."
"Anch’io ti voglio ancora bene, Adamo ma tu mi avevi chiarito perfettamente che ognuno doveva fare la sua vita. Hai smesso di chiamare, hai smesso di uscire con me... cosa avrei dovuto capire?"
"Gian Paolo... c'erano circostanze..."
"Ah sì... circostanze. Per esempio Michele?"
Adamo sembrò colpito, forse ero stato troppo crudele a menzionare Michele, si diceva che fossero sull'orlo della separazione e lui non la stava prendendo bene, era sempre stato un innamorato molto esclusivo. Anche durante la nostra separazione, aveva fatto tutto quello che era in suo potere per tenerci insieme. "Mi spiace... non avrei dovuto."
"Forse, ma hai ragione. L’essere possessivo di Michele ha messo un cuneo tra me e tutti i miei amici. Io sono stato accecato da..."
"L’amore?"
Adamo sorrise furbescamente poi si alzò. "Ci vediamo."
"Arrivederci, Adamo... felice anniversario."
"Sì... felice anniversario."
Adamo si girò ed uscì dal mio ufficio. Mi aveva fatto male al cuore e impiegai alcuni minuti per ricompormi e ritornare al compito di completare la scaletta delle fotografie.
Che confusione! Comprendevo perché Larry lavorava così sodo; gli altri fotografi non erano di grande valore, su 200 foto, solamente 30 erano valide, e noi ne avevamo bisogno di 50. Dovevo essere creativo e questo mi avrebbe preso tutto il pomeriggio, ma lo feci... solo per un po’. Ero mentalmente e fisicamente esaurito dopo un po’, misi da parte il lavoro e decisi di prendermi il resto della giornata libera. Desideravo solo andare a casa, fare una bella, lunga, calda doccia, strisciare nel letto e dormire per le successive dodici ore. Borbottai "buona notte" a Jake e mi diressi agli ascensori.
"Dio, questi ascensori potrebbero essere un po’ più lenti?" borbottai.
Lavoravamo in un vecchio grande magazzino convertito in uffici e tutto nell'edificio era nuovo, eccetto gli ascensori. Erano gli ascensori originali costruiti 75 anni prima, erano vecchi, deboli, e lenti. Quel giorno non vollero smentirmi e mi fece aspettare cinque, forse sei minuti, unica cosa positiva era che dovevo dividerlo solamente con un'altra persona.
Si chiamava Virgilioio, almeno mi sembrava anche se non ne ero sicuro. Ricordavo di averlo visto alcune volte ma, come la maggior parte del tecnici, non frequentava moltissimo l'ottavo piano.
"Ehi, come va?" Dissi come da etichetta.
"Ciao" rispose.
Non era la risposta più calda, ma almeno aveva parlato. Pigiai il bottone per scendere nell'atrio ed aspettai il familiare raschiare delle porte mentre si chiudevano ed il rumore metallico di cella quando si bloccavano. Qualche cosa non andava. Il rumore di cella era fuori ritmo col rumore metallico e c'era un altro rumore; la macchina scese un piano o due, diede alcune scosse e poi fermò. "No buono" pensai.
Pigiai il bottone alcune volte, nessuna risposta. Virgilioio pigiò altri bottoni, nulla. Non ci spostavamo.
"Siamo bloccati" disse in un bisbiglio.
"Elementare, Watson" ho pensato.
"Cosa facciamo ora?" chiese.
"Guarda se funziona il telefono d’emergenza" suggerii.
Aprì lo sportello di metallo cigolante ed estrasse il brillante ricevitore rosso. Spinse un bottone e tenne il telefono all’orecchio.










“Sta suonando,” disse. Alcuni minuti più tardi cominciò a parlare nel telefono. “Sì, siamo in un ascensore… il numero 4… siamo in due… uh huh… uh huh… ok, grazie!”
Appese il telefono e sospirò.
“Bene? Cosa hanno detto?”
“Hanno detto che manderanno qualcuno ma che ci possono volere un paio d’ore.”
“Un paio d’ore?” io diedi una testata al muro. “Così molto per casa che va presto,” dissi io, slumping nell'angolo.
Virgilio piombò all'angolo opposto e sospitò, sembrava un po’ pallido e sudato come se stesse per svenire.
“Tutto ok?” chiesi.
“Sì, sono solo un poco claustrofobico,” disse. La sua testa cominciò a barcollare ed i suoi occhi a chiudersi.
“Ehi l'amico, non svenire,” dissi calmo tentando di non essere preso dal suo panico. Lui cominciò ad ansare e sudare a profusione.
Balzai al suo fianco e gli dissi di sdraiarsi, lo aiutai a tenere alte le gambe e gli allentai camicia e cravatta. Lui cominciò respirare normalmente ed il colore ritornò sulla sua faccia. Presi un fazzoletto dalla mia borsa e gli asciugai faccia e collo.
“Andrà tutto bene,” dissi accarezzandogli la fronte per asciugarla.
“Grazie,” bisbigliò.
Gli tolsi gli spessi occhiali di corno e glieli misi nella tasca della camicia vicino all’astuccio pieno di penne. Lui mi guardò e sorrise. Io gli sorrisi e continuai ad asciugare il sudore dal collo e dal torace. La sua pelle aveva il colore dell’alabastro; giuro di non aver mai visto qualcuno così pallido. Mi chiesi se non usciva mai al sole. Le piccole lentiggini marroni che c’erano sulla sua pelle bianca e cremosa a molti sarebbero sembrate brutte, ma io pensai che erano graziose. Pensai che era carino. Avevo trovato qualche cosa che mi aveva incantato in lui nel poco tempo che eravamo stati insieme. Erano le sue labbra rosse ed imbronciate e gli occhi verde chiaro o erano i capelli castani lievemente disordinati che trovavo attraenti? Forse era qualche cosa nel suo atteggiamento senza pretese che mi faceva desiderare di stringerlo ed amarlo. Anche mentre gli asciugavo le sopracciglia avevo una spinta incontrollabile ed improvvisa di baciarlo leggermente sulle labbra.
“Come stai?” chiesi.
“Meglio. Grazie.”
“Pensi di poterti sedere?”
Lui accennò col capo. Io aiutai nell'angolo dell'ascensore e mi sedetti di fronte a lui. “A proposito, mi chiamo Gian Paolo.”
“Virgilio… Virgilio Maerchi,” disse. “So chi sei. Tutti ti conoscono qui.”
Veramente non ho mai prestato molta attenzione al mio status di celebrità, la fama può essere così fugace. “Lavori qui, non è vero?”
“Sì, sono un ingegnere di network,” affermò orgogliosamente, io non capii cosa voleva dire veramente.
“Sembra eccitante… anche molto complicato, direi. Io sono contento se riesco a far partire il mio PC alla mattina senza che si pianti.”
“Non è complicato e nemmeno eccitante, non rispetto a molto di quello che fai. Mi piacerebbe poter viaggiare in tutto il mondo, vedrei cose nuove ed incontrerei persone nuove.”
“Sono state esperienze che mi hanno arricchito, ma non è così affascinante come sembra. Non ho un amore stabile perché non sono stato in qualche luogo abbastanza a lungo per provare ad averne. Se potessi scegliere probabilmente sceglierei un bel, quieto lavoro dietro una scrivania come il tuo.”
“Oh,” disse pensando a quello che io gli avevo detto. “È quello che è accadduto tra te ed Elliott?”
Mi ritirassi quando lui menzionò il nome di Elliott. Quella situazione ancora era fresca nella mia mente ed ancora mi colpiva dannatamente. Era la seconda volta quel giorno che dovevo affrontare il fatto di quanto fosse disastrosa òla mia vita amorosa.
“Mi spiace… non avrei dovuto chiederti qualche cosa di così personale. È solo che sembra così facile parlarti… mi ero dimenticato.”
“No, va bene. Non preoccuparti, tuttavia io non parlo molto di lui.”
“Sicuro… possiamo parlare di qualche cosa d’altro.”
Rimase silenzioso per un minuto ed io lo guardavo. “Come mai sai di me ed Elliott? Pensavo che fossimo stati capaci di tenere la nostra relazione fuori del lavoro.”
“L’avete fatto, ma… direi che ti girava abbastanza attorno. Lui sembrava molto… appiccicoso.”
Sarebbe stato molto facile per me sparlare di Elliott, ma non sarebbe stato giusto. “La nostra relazione era molto complicata,” risposi vagamente e la nostra conversazione finì.
L’aria stava diventando veramente soffocante nell'ascensore. Virgilio sembrava a suo agio, ma io stavo arrostendo nel mio oxford a manica lunga. Aprii i primi tre bottoni pensando che mi avrebbe aiutato. Lo fece ma non abbastanza. Quindi aprii il resto dei bottoni il più possibile senza estrarre il bordo della camicia e la lasciai aperta. “Così va meglio,” pensai mentre mi asciugavo il sudore dal torace e dallo stomaco.
Sentii gli occhi di Virgilio che mi guardavano. I suoi occhi passarono lentamente sul mio corpo, inconsapevole che io lo stessi guardando. La combinazione del calore col suo sguardo concupiscente mi stava eccitando. Arrossii di eccitazione; la mia pelle diventò calda e formicolante ed i miei capezzoli cominciarono a gonfiarsi. Virgilio vide l'effetto che stava avendo su di me, anche se non sono sicuro che fosse consapevole di esserne la causa. Io mi strofinai un capezzolo, una scossa di elettricità attraversò il mio corpo e rabbrividii. Chiusi gli occhi e continuai a strofinarmi la tetta sapendo che Virgilio stava guardando e stava godendo.
Poi sentii qualche cosa di caldo e bagnato carezzarmi le dita. La lingua di Virgilio turbinò tentando di gareggiare per il possesso della mia tetta sensibile. Io non avevo nessuna intenzione di oppormi, così tolsi il dito e gli permisi di prenderla. La sua bocca si strinse sopra il mio seno e succhiò la mia piccola protuberanza marrone. La sua lingua turbinò e volteggiò selvaggiamente colpendo leggermente ma rudemente la mia tenera areola. A quella sensazione tutto il mio torace si coprì di pelle d’oca. Virgilio afferrò l’altro seno tirandolo alla sua bocca e chiudendola sul mio altro capezzolo. Si avvicendò da una tetta all'altra strofinandoli con la sua calda lingua scivolosa.
Tirai le sue labbra dal mio torace e tirai le sue labbra alle mie. Il bacio dapprima fu goffo, forse era la prima volta che baciava qualcuno in quella maniera, ma rapidamente imparò. Presto le nostre lingue furono impegnate in una fiera lotta per controllare l’altra, una battaglia che io stavo perdendo rapidamente per la passione sfrenata di Virgilio.
Lui strappò via le sue labbra dalle mie ed entrambi restammo seduti anelando e fissandoci l'un l'altro.
“Era tanto che lo volevo fare,” disse. “Non sai quante volte ti ho sfiorato o sono stato dietro di te nell’ascensore fantasticatando di come sarebbe stato baciarti… solo una volta… solo così.”
“Era tutto quello che immaginavi di fare?”
“E più.” Lui mi baciò ancora, questa volta sapeva bene cosa fare.
Sentii la sua mano appoggiarsi sul mio ginocchio risalendo poi lentamente la coscia finché non si fermò sul mio inguine. Il mio cazzo era duro ed era scivolato giù nella mia gamba sinistra. Virgilio lo spinse contro la mia coscia e lo carezzò col palmo della mano. Io ansai per la audacia e per come mi faceva sentire, ma lui non lasciò mai che le mie labbra si allontanassero troppo dalle sue. Io stavo colando pesantemente nei miei boxer, cosa che non facevo sovente, e sentivo gocciolare giù lungo la mia gamba.
Virgilio impazientemente mi aprì i pantaloni ed entrò in per il mio cazzo. Interruppe il nostro bacio per vedere quello che lui aveva pescato fuori dai miei boxer. I suoi occhi allargarono di stupore alla vista del pezzo di carne che spuntava dalla mia patta, con la testa che pulsava e sputava fuori una grande quantità di pre eiaculazione.
“Non ho mai succhiato qualcosa di così grosso,” mormorò carezzando lentamente la mia verga appiccicosa.
“Unh… non sei obbligato a succhiarlo… solo… unh… continua a fare quello che stai facendo.”
“Ma io lo voglio,” insistette. “Devo farlo.”
Mi chinai di lato per vedere più da vicino. Dopo una considerazione accurata ed un'adorazione, le labbra di Virgilio si aprirono lentamente e sommersero il mio cazzo. Sentii la suzione incredibile sulla punta che lo fece gonfiare a dimensioni dolorose. La pre eiaculazione colava dal mio uccello in continuo ruscello che si vuotava nella sua bocca in attesa. Lui lo bevve poi ritornò più giù. Lo vidi tentare di prendere più della verga gocciolante nella sua bocca ma era seduto in un’angolazione goffa che gli impediva di prenderne più di tre o quattro centimetri. Così non ce l’avrebbe mai fatta.
Tirai via la sua testa dal mio grembo e gli dissi di alzarsi. Io mi alzai sulle ginocchia mi misi su di lui. Il mio cazzo bussò alle sue labbra chiedendo di rientrare. Lui aprì ansiosamente le labbra e lasciò che il mio grosso cazzo invadesse la sua piccola bocca. E se dico piccola... La sua mascella praticamente fu scardinata ed io ancora potevo sentire i suoi denti che rastrellano leggermente sulla mia verga. I denti non fanno male specialmente quando si scivola in una calda, stretta bocca come quella di Virgilio.
Tentai di scivolare nella sua gola ma sembrava che il deepthroating non faceva parte del suo repertorio sessuale, così mi fermai per permettergli di succhiare la metà del mio pene. Lo faceva molto bene. Succhiò e lisciò la mia verga come si suppone debba fare una piccola puttana succhia cazzi. Col mio cazzo nelle sue mascelle, non c’era spazio per molto altro inclusa la saliva che gli usciva dai lati della bocca e scendeva sul mento.
Lui carezzò la la metà trascurata della mia asta col suo pugno pompando fuori una buona quantità del mio succo di cazzo per ingoiarla. La sua presa era forte, forse per le ore che si era masturbato con le fantasie su di me, così ogni centimetro del mio uccello era avvolto ermeticamente in qualche cosa.
“Dimmi una cosa Virgilio,” dissi tra i lamenti. “Arrivavo ad incularti nelle tue fantasie?”
Lui fece scoccare il mio cazzo fuori della sua bocca e se la asciugò, poi guardò il mio cazzo coperto di saliva e mi disse, “Non so… non sono mai riuscito ad andare oltre il bacio.”
“Abbiamo finito lo stage del bacio; perché fermarci qui?”
“Non so… voglio dire, mi piace essere inculato, ma il cazzo del mio ragazzo non è grosso come il tuo.”
Ragazzo? Merda Avevo infranto inconsapevolmente la mia prima regola cardine: Mai fottere qualcuno con un ragazzo/marito. Non potevo essere arrabbiato, io non avevo chiesto e lui non aveva detto, ed io avevo già infranto la regola, così era inutile fermarsi ora. Feci quello che ogni uomo eccitato, col sangue che correva nelle vene ed un cazzo rigido avrebbe fatto…
“Sarò delicato.” Diedi uno strattone alla sua cravatta e cominciai a sbottonargli la camicia prima che avesse la possibilità di protestare. Quando le mie mani cominciarono a carezzare il suo magro torace bianco, tutta la sua resistenza se ne andò. Pizzicai i suoi capezzoli della dimensione di una gomma da cancellare e lo guardai contorcersi di piacere. Armeggiò con la sua cintura e con la chiusura lampo tentando di togliersi il più rapidamente possibile i pantaloni. Io continuai a lavorare i suoi capezzoli tra le mie dita. Lui finalmente riuscì a togliersi i pantaloni e in breve comparvero le sue mutande bianche.
Fui sorpreso dalla taglia dell'organo che sporgeva dal cespuglio marrone scuro del pube. Era di buoni 18 centimetri e molto grosso; sulla sua figura magra sembrò anche più grosso, mi piegai e leccai la pre eiaculazione che colava dalla verga rossa e luccicante. Ingoiai il suo cazzo alcune volte, un’impresa che sono sicuro che il suo ragazzo non riusciva a fare, prima di riposizionarmi tra le sue gambe per potergli leccare il sedere.
Lui riconobbe la penetrazione, le sue gambe immediatamente volarono in aria accordandomi l’accesso al suo buco del culo cremoso. Il sedere di Virgilio era rivestito di una peluria marrone e spessa. Leccai attraverso la massa aggrovigliata di peli sulla sua piccola increspatura marrone. Un tocco della mia lingua e si aprì istintivamente per me. Oh come amo un culo esperto ed ansioso!
Virgilio si lamentò e tubò in estasi in risposta alla mia lingua bagnata sul suo sedere. Gli bagnai il buco con la maggior quantità di saliva possibile per facilitare l'entrata del mio cazzo duro. Virgilio si carezzò selvaggiamente la grossa verga provocando lo schiaffeggiare delle sue palle contro la mia fronte. Io feci scivolare un paio di dita nel suo sedere solo per esaminarne l’umidità. Non era largo ma potevo dire che aveva avuto la sua giusta quantità di inculate.
Mi alzai sulle ginocchia ed alzai le sue al suo torace. Il suo ano scuro si spalancò per il mio uccello gocciolante. Misi la mia testa gonfia al suo ingresso e spinsi. Passai e scivolai completamente dentro sino alla radice. Era stato un bell’ingresso.
“Cazzo! Non sono mai stato così pieno,” confessò. “Non avrei mai immaginato che sarebbe stato così incredibile!”
Sapevo che non sarei durato molto a lungo; i pompini di Virgilio mi avevano portato al limite ed ero pronto venire. Lo inculai vigorosamente con lunghi e continui colpi. Il suo sedere esuberante abbracciò il mio cazzo che lo invadeva, afferrandolo nella sua mollezza vellutata dalla punta alla radice. Virgilio continuava a menarsi sua carne. Il suo pugno diede uno strattone e tirò la pelle larga intorno al suo cazzo; la pre eiaculazione gocciolò sulle sue nocche. Le mie palle si contrassero contro il mio corpo. Tenendo conto del loro avvertimento, io rallentai un po' per poter assaporare ogni secondo che rimaneva.
Virgilio fu il primo a sparare. Sentii il suo culo stringere il mio cazzo mentre i primi colpi di sperma spesso eruttavano dal suo uccello pulsante, un fiotto gigantesco dopo l’altro sul suo torace senza peli e sulla pancia. Pensai che lui non avrebbe smesso più. Era completamente coperto della sua sborra. Nel momento in cui l'ultimo sprizzo, ormai solo bolle, ed il suo cazzo esausto si dimenava contro il suo stomaco, io sparai il mio carico. Lo tenni stretto e vuotai le mie palle profondamente nel suo retto.
Mi estrassi da lui e lasciai che le sue gambe precipitassero a terra. Ci sdraiammo, io su di lui, nel tentativo di riprendere fiato. Sicuramente ci crogiolammo molto nel nostro bagliore post coitale perché alcuni secondo più tardi l’ascensore diede una scossa e ci muovemmo. Virgilio ed io ci rivestimmo rapidamente. Anche se l’ascensore era vecchio, sapevamo che non sarebbe passato molto tempo prima che arrivasse a terra. Non ci furono, fortunatamente, fermate inaspettate lungo la strada e riuscimmo ad abbottonare almeno tutti i bottoni e chiudere tutte le chiusure lampo. I nostri vestiti erano in disordine ma almeno eravamo vestiti.
Le porte dell’ascensore cigolarono aprendosi e noi uscimmo. Ci fu un assalto tumultuoso di persone che ci aspettavano nell'atrio, tutti volevano sapere come stavamo. Noi ci perdemmo nella folla. Il giorno seguente, mentre ero occupata con le fotografie dei miei fotografi, si aprì un box sul mio PC. Lessi: “Chi avrebbero pensato che essere bloccati in un ascensore poteva essere così divertente? Grazie per la cavalcata! - v.”
Un ghigno malizioso comparve sul mio viso, cancellai la comunicazione, mi aggiustai il cazzo e ritornai a lavorare.

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