L'alfabeto degli amori (Quinta parte)

di
genere
gay

Liam, Marco, Nicolò

Liam
"Prima mi amavi, mi desideravi, mi volevi; ora mi stai lasciando. Stuzzicandomi mi hai promesso che saresti stato con me, con me, fino alla morte; ora che sei andato con lui so che era tutta una bugia. Mi hai lasciato confuso, usato, nella disperazione ma quello che mi fa più male, mio amore, è che tu non te ne curi."
Quelle sono le tragiche parole di un amore perduto narrato da uno dei miei complessi preferiti, i Banshee's Keen. I Banshee's Keen sono un complesso irlandese con un timbro particolare che può essere descritto solamente come Irish Goth Rock, un misto di rock e musica popolare celtica, loro consegnano le loro parole di amore e tradimento ad un caotico insieme di strane melodie. Io devo ammettere che la loro musica dura e meno attraente di quella che normalmente ascolto, ma c'è qualche cosa di particolare che crea dipendenza al loro suono, o forse io dovrei dire qualcuno. Tra la cacofonia di tamburi, chitarre e violini, c’è il canto del solista: il languido e profonda voce di Liam Riordan.
In una parola, Liam è un dio! Non solo è il cantante e compositore più dotato d'ingegno che abbia mai camminato sulla faccia della Terra ma è anche, per me, la definizione di sesso. Io penso che la maggior parte lo definirebbe grazioso, anche se lui non è un bel modello di Armani. Quello che gli manca della bellezza classica, ha di più in sensualità cruda.
Se si è abbastanza fortunati da trovarlo fuori del palcoscenico, o di persona o in un'intervista, lo si trova elusivo e misterioso, parla poco di lui a meno che non ci si riferisca alla sua musica. Sul palcoscenico lui incarna la scura natura amara e meditabonda delle sue canzoni.
E che corpo! Liam inizia ogni show nello stesso look: pantaloni di pelle stretti e neri; stivali da motociclista neri con fibbie d’argento; una maglietta, di solito bianca, nera o grigia ed un cappotto lungo, nero che accentua la sua altezza. Il cappotto se ne va alla fine della prima canzone e la maglietta lo segue presto. Dalla quarta canzone, Liam è sudato e a torso nudo, garantito. Ho passato molti concerti a studiare ogni centimetro del suo pallido torso: dalle scure areole della dimensione di una moneta che circondano i suoi capezzoli della dimensione di una gomma da cancellare e gustosi; alla lunga cicatrice sul suo fianco, probabilmente ricordo di una scaramuccia in una notte della sua selvaggia gioventù. E non c'era modo di ignorare la protuberanza gagliarda in quei pantaloni di pelle.
La cosa peggiore per i loro fan e che i Banshee's Keen lasciano l’Irlanda raramente così per vederli dal vivo deve sobbarcarti un viaggio fino a Dublinoo. In un primo tempo facevo dei pellegrinaggi regolari all’Isola di Smeraldo ma, aumentando le richieste di lavoro, divenne sempre più difficile fare il viaggio. Erano passati quasi due anni dal mio ultimo viaggio in Irlanda prima che Larry mi desse la possibilità di farne uno. Dopo essere stato privato per anni della vista di Liam, finalmente avrei potuto vederlo di nuovo. Quindici giorni, ed io progettai di passare ogni sera ad ascoltare i Banshee's Keen e crogiolarmi nella gloriosa vista di Liam Riordan. La vita non poteva riservarmi niente di meglio, io pensavo.
Fortunatamente il complesso avrebbe suonato per cinque sere al Red Box, secondo me uno dei locali più caldi di Dublino. Ogni sera ho fatto in modo di essere di fronte al palco dove poter ammirare il suo corpo magnifico, sudato, poter fissarlo nei suoi occhi luttuosi e potermi perdere nel suono della sua voce lamentosa. Ogni sera desideravo che i concerti fossero un po’ più lunghi per poter passare più tempo con lui. Ogni sera ciondolavo al bar sino alla chiusura, aspettando un sguardo di Liam. Desideravo incontrarlo e parlargli, ma sapevo che non sarebbe accaduto mai, Liam era virtualmente un recluso.
Il resto del complesso di solito veniva al bar dopo lo show e si mescolava coi fans, ma non Liam. Se volevo incontrarlo dovevo darmi da fare. La sera del loro ultimo show al Red Box, si presentò un'opportunità in una conversazione che sentii.
Il più vecchio dei due, probabilmente il direttore del gruppo o qualche cosa del genere, diede una pila di carte al più giovane. "Porta queste a Riordan, aspetta che firmi e poi me le ritorni."
"Dannazione signor Cassidy! Sono già in ritardo, Siobhan si irriterà."
"Non rompere le scatole, Angus. Porta quelle carte a Liam... Ora!"
Il ragazzo afferrò le carte dalle mani dell’altro e se ne andò; io mi mossi per intercettarlo.
"Ehi ragazzo!" Lo chiamai. Angus si girò e mi guardò interrogativamente. "Vieni qui."
Mi si avvicinò camminando a fatica. "Sì, cosa vuole?"
"Ti do 50 sterline se mi fai consegnare quelle carte a Liam."
"Lei è pazzo! Il signor Cassidy mi prenderebbe a calci nel culo e questo non vale 50 fottute sterline."
"OK, te ne darò cento. " Angus cominciò ad allontanarsi, avido teppista! "300 sull’unghia."
Angus si fermò e si voltò verso di me. "300 sull’unghia?" ha chiesto. Io accennai col capo. "Vediamole."
Estrassi un rotolo di soldi (non dovrei portare tanto contante, è un'abitudine pericolosa) e ne tolsi 300 sterline. Angus afferrò i soldi dalla mia mano e mi diede le carte.
"Grazie" disse mettendosi i soldi in tasca e scappando via.
Io mi avviai al retroscena tentando di dare nell'occhio il meno possibile. C'erano ancora alcuni membri dell'equipe scenica ma erano tutti occupati e non mi hanno osservato. Finché riuscivo a stare lontano dal signor Cassidy sarei stato a posto.
Ho individuato facilmente il camerino ed avendo visto gli altri membri del complesso andare via, mi sono immaginato che fosse solo. Solo una porta ed un po’ di aria stavano tra la mia stella irlandese e me. Il mio cuore correva e le mie mani tremavano.
"Aspetta un attimo, cosa sto facendo?" Mi dicevo. "Io non entrare, lui sa che io non sono un membro della sua equipe e lui mi sbatterà fuori... o mi farà arrestare. Ma io sono arrivato sino a qui, non posso scappare ora. Questa è un'opportunità che si ha una volta nella vita."
Respirai profondamente, girai la maniglia ed entrai. Liam era in piedi in mezzo alla stanza con la schiena verso di me, asciugandosi dopo la doccia. "Sei Angus?" chiese voltandosi e vedendomi davanti alla porta gridò.
"Dannazione, non sei Angus. Chi cazzo sei e perché sei qui?"
Si avvolse rapidamente l'asciugamano intorno alla vita ma troppo tardi, avevo già dato una bella occhiata alla sua attrezzatura. Era simile al suo proprietario, pallida ma di una bella lunghezza; sedici, forse diciotto centimetri da molle. Prese il telefono e cominciò a comporre un numero, forse della polizia.
"Aspetti, posso spiegare!" Ho sbottato fuori. Liam smise di comporre e mi guardò aspettando. Come diavolo stavo per spiegare?
"Sono un nuovo, il signor Cassidy mi ha chiesto di portarle queste carte da firmare."
Mi guardò sospettoso ma per lo meno aveva smesso di comporre il numero. Mise giù il telefono, camminò verso me ed afferrò le carte dalle mie mani tremanti. Sfogliò i documenti ed accennò col capo. "Bene, li stavo aspettando."
Si sedette ed iniziò a firmare, ora avevo un'altra vista non ostruita della sua virilità attraverso l'apertura dell’asciugamano. Era appoggiato sopra le palle e mi sono leccato le labbra al pensiero della possibilità di assaggiarlo. "Come ti chiami?"
"Huh? Oh, Gianpaolo" ho detto distogliendo rapidamente lo sguardo dall'oggetto del mio desiderio. Fortunatamente lui stava ancora firmando e non è sembrato accorgersi del mio sguardo concupiscente.
"Questa è la prima sera?" ha chiesto firmando l'ultima pagina e spingendo da parte le carte.
Io ho accennato col capo, ha sorriso "Ti piace finora?"
"Oh sì, mi piace più che mai" ho detto e gli ho sorriso.
Peccato che non l’avessi visto sorridere sino a quel momento, aveva un sorriso caldo e gentile. I suoi fantastici occhi grigi mi facevano sentire a mio agio.
"Sei di qui?"
"No, sono italiano."
"Mi sembrava dall’accento. Come mai lavori per noi?"
"Sono sempre stato un grande fan della sua musica sempre, così mi sono trasferito in Irlanda nelle speranze di trovare un lavoro nella sua equipe."
"Se stato fortunato."
"Sì, fortunato."
La mia brillante bugia fu interrotta dal bussare alla porta.
"Avanti" gridò Liam.
Chi poteva entrare se non il signor Cassidy? Che fottuta fortuna! Ho tentato di non essere preso dal panico, ma sapevo che mi aveva catturato. Il Sig. Cassidy mi guardò con espressione interessata sulla faccia.
"Chi cazzo è questo?" chiese. "E dove cazzo è Angus?"
Stavo per inventare qualche altra bugia, ma Liam mi ha preceduto. "Questo è Gianpaolo, un mio vecchi amico, è venuto a trovarmi e si fermerà alcuni giorni." Ha allungato le carte firmate al Sig. Cassidy aggiungendo "Angus mi ha lasciato queste da firmare poi è scappato... doveva avere un appuntamento."
"Molto bene" disse Cassidy guardando rapidamente le carte. "Piacere di averti conosciuto Gianpaolo."
"Piacere mio" dissi asciugandomi il sudore dalle sopracciglia.
Dopo che Cassidy se ne andò, Liam si avvicinò all'armadio e prese un paio di jeans.
"Perché mi hai coperto?" chiesi.
"Non so" disse scivolando nei jeans. "Mi sembravi un bel ragazzo, non un bravo bugiardo, ma nondimeno bello. Inoltre Cassidy ti avrebbe... non c'è bisogno di dire cosa."
"Sapevi che stavo mentendo?"
"Sicuro. Sapevo che non assumono uno qualunque, un italiano poi... senza offesa." Afferrò una maglietta bianca e se la fece scivolare dalla testa. "Ed io ti avevo visto tra il pubblico ogni sera questa settimana."
"Mi hai visto?" chiesi.
Mi sembrava di essere un dannato idiota che ripeteva tutto quello che lui diceva, a mia difesa bisogna dire che tutta la situazione mi spaventava un po'. Non solo mi aveva protetto, un perfetto estraneo da un’accusa sicura e mi aveva anche notato tra il pubblico.
"Non prenderla in modo sbagliato, ma tu osservi tra la folla?"
"Sì, lo faccio."
Sorrise e disse: "Stasera è turno di chiusura, io vado a fare una passeggiata. Puoi raccontarmi perché eri qui."
Ho accettato senza esitazione e siamo usciti nella fresca aria d'aprile. Lungo la strada verso una meta sconosciuta ho raccontato della generosa mancia ad Angus. Lui rise per l'assurdità della situazione ma sembrò anche apprezzare la mia devozione. Camminammo e discorremmo per un po’; Liam parlava con facilità ma, come mi aspettavo, era molto reticente. Non disse mai qualche cosa di molto significativa o personale ma parlò solo della sua musica. Io invece parlai molto di me e sembrò contento di ascoltarmi. Dopo aver gironzolato per Dublino per quasi due ore, Liam si fermò di fronte ad un allineamento di case Edoardiane.
"Dove siamo? Perché ci fermiamo?" chiesi.
"Questa è casa mia" disse. "È tardi... Ho pensato che forse vorresti entrare."
"No, non posso..."
"Insisto."
Aveva già aperto il cancello ed aspettava che entrassi. Esitai, ma stavo scherzando? Volevo con tutte le mie forze trascorrere la notte lì, anche se sapevo che non sarebbe accaduto niente tra noi... sessualmente voglio dire. Solo l'idea di dormire nella casa di Liam mi stava eccitando. Lui è sembrato felice quando ho attraversato il cancello e l’ho seguito in casa sua.
Mi fece fare un giro della casa, non era per niente quella che io mi aspettavo fosse la casa di un musicista del suo genere. Non c'erano colori sgargianti, stampe di animali o mobili strani; niente immagini di demoni o catene appese al soffitto. La sua casa era decorata con tutto il calore e l’eleganza di una casa nobile.
Siamo saliti al piano di sopra e mi ha mostrato la sua camera spaziosa ed il suo simpatico Rottweiler, Gus. Poi mi mostrò la mia stanza.
"Posso trovare un pigiama se ne hai bisogno."
"No, va bene così... dormo con la biancheria intima" dissi dandogli ulteriori informazioni senza che lui ne avesse bisogno o le avesse richieste.
"Molto bene, poi... buona notte. Fammi sapere se hai bisogno di qualche cosa."
Lo ringraziai e lui uscì. Appena la porta si chiuse dietro di lui feci un salto e lanciai un grido. Non ci credevo, stavo per dormire nella casa di Liam Riordan. Mi spogliai e saltai in letto; fissando il muro che divideva la mia stanza da Liam, lo immaginavo sdraiato sul letto in veste da camera o forse con anche meno addosso. Pensavo solo a lui e con difficoltà riuscii ad addormentarmi in un sonno pieno di sogni che avevano per protagonista la mia stella sexy.
Mi svegliai la mattina seguente con l'odore glorioso di... cibo. Non ero sicuro di cosa fosse ma il profumo era meraviglioso e, dato che io non mangiavo dalla mattina precedente, non mi importava di cosa fosse purché fosse commestibile. Saltai fuori dal letto, scivolai nei miei jeans e corsi giù per le scale, seguendo il profumo.
Liam stava di fronte alla stufa, anche lui indossava un paio di jeans e null’altro, occupato alla cottura mentre Gus sedeva ai suoi piedi sperando disperatamente che uno scarto o due precipitasse da lui. Mi fermai per apprezzare quale aspetto sexy avesse così naturale, senza i capelli col gel o i vestiti di pelle.
"Buon giorno" disse allontanando lo sguardo dalla cucina per un tempo sufficiente per lanciarmi un caldo sorriso. "Come va? Dormito bene?"
"Sì, ho dormito bene, grazie." Mi avvicinai alla cucina per dare una sbirciatina a quello che stava cucinando. "Cos’è quell'odore meraviglioso?"
"Non gli ho dato un nome, ho mescolato insieme della salsiccia, della pancetta affumicata, uova, cipolle e pepe e preghiamo che non sia troppo forte. Ho pensato che tu dovessi essere affamato."
"Sei un perfetto casalingo" ho commentato.
"Faccio del mio meglio."
"Non trovi triste vivere tutto solo?"
"Non sono solo, ho Gus" rispose lanciando un pezzo di carne al suo compagno.
"Sai cosa volevo dire."
"Sì, so cosa volevi dire" la sua voce ora era meno vivace. "Io non viva sempre da solo, sai. Dividevo la casa con qualcuno."
"Cosa accadde?" chiesi, realizzando poi quanto personale era la domanda. "Se non ti dispiace parlarne" aggiunsi.
"È successo. Io ero troppo occupato con la musica per prestargli l'attenzione che lui desiderava." Liam mescolò più vigorosamente il cibo.
Il ricordo di Aurelio precipitò su di me, capivo come si sentiva. "Sono passato anch’io per quella strada. L’amavo molto, ma amavo anche di più il mio lavoro... o almeno era quello che lui riteneva."
"Sì, ma tu l’amavi più di quanto potessi ammettere?"
Ho accennato col capo per ammetterlo, lui prese una forchettata di quel pasticcio e me lo porse per assaggiare.
"Mm, è fantastico!"
Lui sorrise e portò la casseruola sulla tavola. Mentre si allontanava ed io ingoiavo gli ultimi pezzi della sua miscela deliziosa, realizzai che aveva detto "lui" quando del suo ex amore. Era stupendo come spensieratamente e disinvoltamente affrontasse il soggetto e come facilmente io la recepissi.
"Sei gay?"
Ha ridacchiato e poi sorriso furbescamente. "Sì; pensavo fosse già chiaro."
"Sì, avrei dovuto capirlo."
Si sedette a tavola ed indicò la sedia vicino a lui. "Siediti e mangia prima che si raffreddi."
Mi sedetti accanto a lui e cominciai a mangiare; non parlammo più di lui ma non c'era nulla di me di cui parlare; non volevo certamente ritornare al soggetto Aurelio. Per quanto lo riguardava la sua sessualità era irrilevante, non cambiava quello che io sentivo per lui, rimaneva il fatto che ai miei occhi lui rimaneva una, irraggiungibile anche se eravamo seduti semi svestiti nella sua cucina a mangiare un pasto che lui aveva cucinato per me. Però ero felice della sua presenza, il pensiero di una cosa che non sarebbe mai accaduto tra noi accadde a me.
Liam mi guardò mentre divoravo la mia colazione; lui non mangiò quasi nulla e si limitò a giocherellare col cibo. "Non mangi?" Ho chiesto. Con uno sguardo stupito ed un cordiale riso soffocato, fece scivolare il suo piatto verso di me e mi guardò divorare anche quello. Mi ingozzai e spinsi via il piatto.
"Era fantastico!" Ho barrito. Sorrise pallidamente, la sua mente era altrove. "Un soldino per i tuoi pensieri" dissi. I suoi occhi tornarono alla realtà e si rivolsero a me. Sembrò volesse dire qualche cosa; la sua bocca era aperta per parlare ma le parole sembravano incollate nella sua gola.
"Cosa c’è?" chiesi.
I suoi occhi morbidi e grigi si abbassarono. "Stavo pensando se eri disposto a passare il resto del tu soggiorno a Dublino con Gus e me."
"Stai scherzando vero? Tu vuoi che io stia qui... con te... per 10 giorni?"

"So che può sembrare strano, ma..."
"Lo farò" sbottai prima che avesse la possibilità di proseguire.
"Hai sentito Gus? Abbiamo un ospite!"
Gus non condivise il nostro entusiasmo, sembrò interessato solamente alla prospettiva di poter avere più cibo. Andai al mio albergo e trasferii le mie cose alla casa di Liam. Passammo il primo giorno passeggiando, parlando e ridendo, finché non fu l’ora per Liam di prepararsi per il concerto di quella sera. Mi invitò alla prova, mi permise di stare dietro la scena durante lo spettacolo e di andare al pub col resto del complesso dopo lo spettacolo. Ritornammo a casa ubriachi ed esausti e crollammo sul pavimento del soggiorno.
Quella sarebbe stata la nostra agenda per i prossimi nove giorni, più o meno. Guardai il complesso registrare nello studio nella cantina di Liam e mi lasciarono cantare in alcune delle loro canzoni. Mi divertivo ma quello che era veramente speciale era che Liam ed io stavamo diventando veramente intimi. Al passare dei giorni lui cominciò ad aprirsi di più e più conoscevo di lui e più mi innamoravo di lui; io pensavo a lui come a qualche cosa di più di un idolo su di un piedistallo e credevo che lui pensasse a me come a qualcosa di più del solito fan.
Il venerdì giunse troppo rapidamente portando con se la fine della mia vacanza, il pomeriggio seguente avrei dovuto volare a casa. C'era della tensione tra Liam e me quel giorno, nessuno di noi voleva ammettere che il nostro tempo stava per finire e nessuno sapeva come trattare la cosa, fingevamo di non sapere che stava accadendo. Per iniziare ad abituarmi decisi di non andare alle prove ma nulla avrebbe potuto tenermi distante dall’ultimo spettacolo.
Non mi stancavo mai di ascoltarli, di ascoltarlo, anche se li avevo ascoltati per quindici sere di seguito. Dal retroscena non mi persi una parola e mi trovai perduto nelle emozioni delle canzoni in un modo che io non avevo mai provato prima. Sentivo l'angoscia nella voce di Liam in un modo che io non avevo mai sentito prima, e la condividevo. Era l'agonia dell’addio.
Dopo l’ultima canzone Liam si rivolse al complesso e borbottò qualche cosa, gli altri accennarono col capo e cominciarono a suonare.
"Questa è nuova e vorrei dedicarla a qualcuno molto speciale che all'improvviso è piombato nella mia vita" disse.
"Ero imperfetto, incompleto, una bicicletta senza ruote, un aquilone senza filo. Prese il mio dolore, lo fece proprio, divenne la mia musa, la mia inspirazione, la mia ragione di cantare.
Ero offeso, fuorviato; il dolore aera la mia prigione, la musica la mia penitenza.
Il mio redentore, il mio maestro, la mia soluzione sei tu, tu la soluzione dell'enigma; tu la visione nuova, lo scopo nuovo che hai dato alla mia vita.
Se sevo avere una musa, mio amore, questa sei tu.
Illuminato, rinnovato, ora sono libero e amo la mia libertà, la musica è la mia innocenza"
La folla era silenziosa. Io non potevo capire dalle loro espressioni se la canzone piaceva o no, ma non me ne importava. Era la mia canzone. Non mi importava che a nessun altro al mondo piacesse, a me piaceva, mi colpiva fino al centro del mio essere.
Quando finì, si rivolse verso di me e sorrise. Dopo un breve ed incredibile silenzio, il pubblico impazzì, gridò. Liam li ignorò, augurò loro una buona notte ed uscì velocemente verso di me. Era di fronte a me in tutta la sua gloria sudata, senza fiato.
"Ti piace la canzone?" chiese.
Io lottai contro le lacrime, sono un uomo e gli uomini non piangono! "Non so cosa dire, Liam..."
"Non dire niente."
Chinò la testa e strisciò le sue labbra contro le mie, come se non fosse sicuro se doveva baciarmi o no. Io pigiai le mie labbra sulle sue facendogli emettere un sospiro di soddisfazione. Ci baciammo per un po’, non a sufficienza perché il nostro atteggiamento fosse considerato dissoluto, abbastanza per provocare alcuni commenti imbarazzanti dai suoi colleghi di complesso.
Lui arrossì ma ignorò gli scherzi, pensava solo al posto in cui avremmo passato la nostra ultima notte facendo l’amore.
Ci trovammo ai piedi del letto di Liam cercandoci l'un l'altro con tutta la goffaggine di vergini liceali. Io lo spogliai rapidamente, ansioso vederlo nudo. Lui sembrò un poco imbarazzato ad essere spogliato come un bambino, ma tutta l'umiliazione sparì dalla sua faccia quando sentì le mie dita scivolare sul suo torace nudo. Mi rese il favore alzandomi la camicia sulla testa, ma lasciandomi i pantaloni.
"Va bene?" chiese afferrando il mio inguine e dandogli una gentile stretta.
"Sì... mi va... bene" dissi soccombendo al tocco gentile della sua mano attraverso la stoffa.
Poi, come per magia, i miei jeans scivolarono sulle mie anche, sul pavimento ed io rimasi nudo come Liam. Il suo cazzo spingeva contro la mia coscia nuda, lo guardai, era alto e snello come lo ricordavo ma, eccitato, vidi le grosse arterie che pompavano il sangue nel suo cazzo eccitato, facendo indurire quei venti centimetri di carne irlandese. Lo afferrai e lo strinsi per assicurarmi che fosse vero. Lui si mosse avanti ed indietro.
Il mio cuore spingeva contro le mie costole. Una settimana prima avrei pensato di stare in paradiso al solo pensiero di stare vicino a Liam, ora avevo il suo cazzo nella mia mano e lui stava carezzando amorevolmente il mio. Mi alzò la testa e le sue labbra morbide toccarono le mia. Io ansai bruscamente e trovai la mia bocca improvvisamente riempita dalla lingua di Liam che mi sondava. Quella volta mi baciò come deve fare una stella rock: bagnato, con un po’ di fretta ed una buona dose di arroganza. La ritirò, mi mordicchiò il labbro inferiore alcune volte e poi si tuffò per un altro bacio.
Le mani di Liam erano scivolate intorno alla mia schiena ed ora mi avevano afferrato con forza il culo. Attirò le mie anche rendendo ancora più piccolo lo spazio tra di noi, finché i nostri corpi non furono schiacciati in un abbraccio intimo. L’anello del suo ombelico strisciava piacevolmente contro la parte inferiore del mio cazzo e le sue palle schiaffeggiavano le mie. E ci siamo baciati ancora, nessuno respirava per paura di doverci staccare.
Le mie dita si muovevano lentamente sulle sue forme sottili ma muscolose finché non si fermarono sui capezzoli. Pizzicai la piccola ferramenta che vi penzolava facendoli raddrizzare. Liam ansò per la sensazione e risucchiò la poca aria che mi era rimasta nei polmoni. Io gli diedi volentieri il mio ultimo respiro.
Lui si inclinò perché potessi giocare di più coi capezzoli, io tirai rudemente i cerchi d’argento, gli piacque; mi parve di scorgere un bagliore nei suoi occhi. Tirai di nuovo gli anelli e di nuovo e li ascoltai tintinnare mentre i capezzoli si irrigidivano ulteriormente. Liam diede al mio culo una stretta fissa e gregge il suo cazzo tra le mie cosce con ogni tirata. L'asta fece il solletico alle mie palle ad ogni colpo.
Rimosse la sinistra dal mio culo e fece scivolare le dita tra i miei capelli, lo sentii tirare e la mia testa volò indietro, esponendo la mia gola alla bocca vorace di Liam. Sentii i suoi denti contro la mia pelle, mordicchiarmi delicatamente il collo, poi la sua lingua che si avvolgeva alla mia gola... poi sulla mia clavicola... il mio torace... i miei capezzoli.... Lasciò andare i miei capelli e continuò a leccare e baciare lungo il mio torace e giù allo stomaco. Non potevo credere a quello che stava per fare, era incredibile pensare che Liam stesse per succhiarmi il cazzo; dopo tutto quello che era successo tra di noi, io pensavo ancora a lui come il mio idolo, il mio semidio. Avevo supposto che gli avrei prodigarlo il mio affetto, non altro.
Liam diede una bella succhiata alla punta facendo attraversare il mio corpo da brividi di freddo. La sua lingua ballò sulla fessura che mostrava una striscia di pre eiaculazione che gli si appiccicò al labbro. "Mm" disse leccando il liquido chiaro. Ripeté la manovra altre volte prima di afferrarmi le palle e succhiarmi l’uccello. Vidi più della metà del mio cazzo scomparire nella sua bocca.
"Oh sì... succhia il cazzo Liam" lo incitai. Lui assentì con vigore succhiando sempre più forte la verga.
Io afferrai il retro della sua testa e spinsi di più il cazzo nella sua bocca. Rimase un po’ soffocato ma continuò a divorare il mio uccello. Dopo alcuni minuti di ardente succhiata aveva portato lo sperma a bollire nelle mie palle; vibravano e si contraevano preparandosi ad esplodere nella sua gola. Mi sono ritratto ed ho estratto il cazzo dalla sua bocca. Lui piegò indietro la testa, aprì la bocca e sporse la lingua, voleva assaggiare la mia sborra. Perché avrei dovuto negargliela?
Gli schiaffeggiai la faccia, le labbra e la lingua alcune volte col mio uccello prima di pompare la mia carne scivolosa limacciosa; Liam l'aveva rivestita di saliva ed io ero facilitato a menarmi il cazzo. Non ci volle molto tempo per raggiungere il limite. Ho puntato l’uccello contro la sua bocca aperta, vederlo là, in attesa del mio sperma, era sufficiente per farmi venire. Il cazzo sobbalzò nella mia mano e scaricò un carico enorme di sborra sulla sua lingua. Tentai di indirizzarla tutta nella sua bocca, ma il mio cazzo aveva come una volontà propria, gli sprizzi seguenti sbarcarono sulle sue labbra, sul naso, sulla guancia e sul mento. Liam bevve ogni goccia e si leccò le labbra per pulirle.
Mi piegai e gli diedi un bacio assaggiando il mio dolce sperma sulle sue labbra e sulla lingua. Il suo cazzo era tanto gonfio da fargli male. Io l'afferrai e tirai Liam in piedi. Gli diedi un altro bacio, mi piaceva il contatto delle sue labbra morbide, poi strisciai sopra il letto sullo stomaco. Liam strisciò dietro di me e posò il suo corpo su di a me. Il suo cazzo si posò naturalmente tra le mie natiche come se fosse destinato da sempre ad essere là.
Liam fece inarcare il mio culo mentre posava baci bagnati sulla mia schiena e sul mio collo, poi sentii la sua mano esplorare delicatamente la fessura ed il suo dito graffiare il mio buco sensibile, era bagnato, del suo sputo suppongo, ed entrò facilmente. Io mi lamentai nel cuscino mentre il suo dito scavava nel mio retto. Sondò per un po', stuzzicando il mio punto sensibile con la punta del dito, lo estrasse e, alcuni secondi più tardi, aggiunse un secondo dito sdrucciolevole.
Le sue dita spingevano e stirarono il mio buco preparandomi per la cosa vera. Ero di nuovo rigido per l'attenzione prestata alla mia prostata e per l'attrito del mio cazzo contro le lenzuola di seta.
"Bastardo, sei di nuovo duro, vero?" chiese canzonatoriamente.
"E chi non lo sarebbe?" uggiolai. "Il modo in cui stai toccando il mio buco è incredibile."
"Così?" Io accennai col capo.
"Vuoi che ti fotta?" Io accennai col capo di nuovo.
"Non ne sono ancora convinto" disse immergendo le sue dita ulteriormente nella mia condotta.
Il mio culo prudeva per il desiderio di essere riempito. Capitemi, lui mi stava lavorando magicamente con le sue dita, ma non c'è niente come un cazzo... nulla!
"Smetti di stuzzicarmi, Liam! Io voglio sentirti in mmmm... oh sì, più profondo... Avanti Liam fottimi, per favore!"
Tolse le dita e si riposizionò sul letto così da essere su di un fianco di fronte a me. Afferrò la mia anca e mi fece rotolare su di un fianco sino ad aderire a lui. Sentii la punta del suo cazzo pigiare contro il mio culo e poi scivolare profondamente nella mia strettezza. Una volta entrato, Liam avvolse un braccio intorno alla mia vita e cominciò a fottermi, molto lentamente, molto profondamente.
Mi teneva stretto e posò la testa sulla mia spalla mentre il suo cazzo scivolava dentro e fuori dal mio culo. Abbiamo chiavato così per circa mezz’ora prima che lui mostrasse i segnali di un orgasmo imminente. Le sue spinte divennero più ansiose, spinse più velocemente, più forte... più profondamente, ed il suo respiro divenne spezzettato ed usciva insieme ad un piagnucolio o un lamento frequente. Diede alcune brevi forti spinte e poi spruzzò il suo sperma dentro il mio culo.
Il suo corpo poi si tese mentre veniva percorso dall’orgasmo e mentre depositava le ultime gocce di sborra profondamente dentro di me, poi si rilassò. Mi diede un delicato bacio sulla guancia ed appoggiò di nuovo la testa sulla mia spalla. Pensai si fosse addormentato finché non disse "Perché te ne vai? Non puoi stare qui con me per sempre?"
Ho singhiozzato. Lui non aveva idea di quanto avrei voluto dire di sì alla sua offerta, ma non potevo. Eravamo due uomini appassionati al nostro lavoro, lavoro che già aveva rovinato una relazione ad ognuno di noi. Non era bello dirlo, ma quella era la realtà delle cose.
Quindi facemmo il miglior uso possibile del poco tempo che ci avanzava: parlando, baciando, flirtando... chiavando. Poi ci siamo persi nel sonno in uno stato di beatitudine completa.
La mattina dopo mi svegliai e radunai le mie cose mentre Liam mi guardava silenziosamente. Non mi accompagnò all'aeroporto e probabilmente era la cosa migliore per tutti e due. Gli dissi addio in casa sua, promettendo di tornare il più spesso possibile, che avrebbe voluto dire uno, forse due, viaggi di due giorni all’anno. Liam trovò qualcuno contento di essere " la moglie di una star", s sono felici ed io sono felice per loro.
I Banshee's Keen alla fine ebbero fama internazionale, lanciarono la mia canzone 6 mesi dopo la mia partenza. Era il loro primo successo internazionale ed ancora a distanza di 11 anni, ogni volta che la sento, mi prende una sensazione agrodolce per quello che ho avuto e perduto.
Marco
"20 a 19, Johnny" mi rinfacciò Marco. "un altro punto e perdi... di nuovo!"
Lanciò la palla e mi rivolse un ghigno soddisfatto, sapeva quanto odiavo essere chiamato John o Johnny, faceva parte della sua manovra per rompere la mia concentrazione, gli piaceva parlare per infastidirmi, ma dopo tutti quegli anni c’ero abituato. Non so perché si comportava così ad ogni modo, lui avrebbe potuto battermi senza sforzarsi, ma lui non riteneva il gioco veramente finito se non era riuscito ad usare le sue tattiche poco sportive. Non quella volta.
Feci una finta e lui cercò di opporsi e mentre era distratto feci una battuta fuori della portata delle sue mani... facilmente.
"20 pari" dissi lanciandogli la palla ed un ghigno soddisfatto.
"Colpo fortunato! Tanto perderai!"
"Avanti" dissi io.
Marco lanciò lentamente la palla mentre pensava alla mossa successiva. Incuteva timore guardarlo, era alto, ben fatto, fiducioso e bello. Quando si mosse, ogni muscolo nel suo corpo si increspò. Era difficile concentrarsi con lui vestito in quel modo, penso che lo facesse per distrarmi, e funzionava!
Cominciava togliendosi la camicia perché "faceva caldo". Col procedere del gioco, la sua tenuta, pantaloncini di maglia blu (a mala pena fermati dalle sue anche) si muoveva ulteriormente in basso finché ero in grado di vedere alcuni ciuffi del pube neri e ricci. Perline di sudore brillavano sui suoi pettorali gonfi e scivolavano giù al suo impressionante, color mogano, addome, poi sotto la cintura dei pantaloncini. Non portava mutande così, più bagnati diventavano, più chiaramente disegnavano la sua attrezzatura possente. Lottavo per resistere a non guardarla ondeggiare sciolta sotto la stoffa resa saturo ma, inevitabilmente, la mia libidine insaziabile aveva la meglio su di me. Non quel giorno tuttavia, non lasciavo che la mia libidine vincesse... sì.
Marco diede, come casualmente, una tirata al suo pacco, come fanno gli uomini così spesso; anch’io lo faccio e normalmente non lo noto, ma quando Marco lo fa, lo noto! Il suo trucco era sufficiente per attirare la mia attenzione alla sua protuberanza di considerevoli dimensioni ed era quello che voleva. Uno sguardo ed io ero fatto. Marco lanciò la palla e tutto quello che io fui in grado di fare fu guardare la palla, alzai la testa ed ascoltai il rimbalzo.
"Tu lo rendi troppo facile" mi stuzzicò circondandomi con un braccio ed accompagnandomi verso lo spogliatoio.
Mentre mi toglievo il sudore e lo sporco sotto la doccia calda, tornai a pensare al giorno in cui avevo incontrato Marco. Eravamo all’ultimo anno di liceo, la mia famiglia si era da poco trasferita e mi aveva iscritto nella stessa scuola privata che Marco stava frequentando. Fra di noi si è creato subito un feeling naturale tra chi non è nel gruppo in scuola di giovani ricchi e locali. Mentre io avevo il peso di essere uno che viene da fuori, Marco aveva il problema di non essere ricco. I suoi genitori non erano poveri, ma lavoravano sodo per dare a loro figlio quella che pensavano fosse la miglior istruzione che i soldi potessero comprare. Tuttavia avrebbero potuto risparmiare i loro soldi perché Marco sarebbe riuscito lo stesso in qualsiasi cosa avesse intrapreso, riusciva a fare qualsiasi cosa si mettesse in mente di fare. L’ho sempre ammirato ed invidiato per questo.
Eravamo inseparabili, spesso dormivamo uno a casa dell’altro. Mi piaceva andare da lui, viveva in un quartiere popolare della città, ma lì tutto sembrava più colorito e vero. Io mi sentivo bene fra persone di cultura diversa e Marco era una persona diversa nel suo ambiente; metteva da parte la facciata da Accademia quando era coi suoi amici del quartiere e si mostrava libero da preoccupazioni, parlando sporco, mostrando di aver appreso la lezione della strada, essendo il vero Marco. Mi piaceva il "Marco della strada" e tentavo di emularlo, ma per me era una nota stonata, tuttavia Marco non se ne preoccupava ed i suoi amici mi accettarono.
Una cosa che ci appassionava era il basket, io ero bravo ma non come Marco, lui era fenomenale, avrebbe potuto diventare professionista, ma lui voleva essere dottore, non un giocatore di basket. Lo convinsi a giocare nella mia squadra, solo per divertimento. Fu divertente vedere come gli atteggiamenti dei nostri compagni cambiarono quando noi cominciammo a vincere; improvvisamente eravamo delle celebrità, tutti volevano essere nostri amici. No cademmo nella trappola, avevamo tutti gli amici di cui avevamo bisogno l'uno nell'altro. Ma qualche cosa accadde nel ultimo anno che minacciò di distruggere quell'amicizia.
Io stavo chiarendomi con la mia sessualità, non avevo detto a nessuno quello che stavo passando, specialmente a Marco; pensavo non avrebbe capito. Dannazione, non mi capivo neppure io. Ancor peggio, io cominciai ad avere un’attrazione per Marco... un’attrazione sessuale. Dapprima erano solo piccoli brontolii di cucciolo innamorato, ma presto si gonfiarono in qualche cosa di molto più grande di me. Mi trovai a fissarlo con desiderio: a tavola... in classe... nello spogliatoio. Un giorno mi sorprese mentre lo guardavo asciugarsi dopo che era uscito dalla doccia.
"Cosa stai facendo?" disse. "Mi stai guardando il cazzo, non è vero?"
"N...no, chiaramente no!" balbettai.
"Non mentire, ti ho visto!" Fu abbastanza discreto da tenere la voce bassa, ma io sentii il tono scioccato. "Sei un finocchio?"
Abbassai la testa e non risposi, non volevo mentirgli, ma io non potevo dirgli la verità.
"Oh mio Dio, lo sei! Lo sei!"
"Marco... " Tentai di spiegare, ma lui già era scivolato nei suoi pantaloncini e nelle scarpe e stava uscendo dallo spogliatoio.
Il giorno seguente ed ogni giorno dopo quello Marco mi evitò come se fossi infettato. Ogniqualvolta le nostre strade si incrociavano accidentalmente, lui faceva come se non esistessi. Ne piansi di notte per settimane sapendo che il mio miglior amico mi odiava.
Ci siamo diplomati e quella fu l'ultima volta che parlai a Marco per anni. Immaginatevi la mia sorpresa quando ritornato a casa un giorno sentii questa comunicazione sulla segreteria telefonica:
"Ehi Gianpaolo, sono Marco... ti ricordi di me? Tua madre mi ha dato il tuo numero... spero non tu dispiaccia. Ho saputo che vivi a Milano ora, ci sarò la settimana prossima. Stavo pensando che potremmo incontrarci. È passato tanto tempo... troppo tempo. Chiamami."
Mi lasciava il numero dell'albergo dove sarebbe stato, ma non avevo nessuna intenzione di chiamarlo. Avrei voluto vederlo, ma non avevo il coraggio di affrontarlo. Alcuni giorni dopo trovai un'altra comunicazione.
"Gianpaolo, sono ancora Marco. Ascolta, non voglio essere asfissiante, ma voglio parlarti. So di averti offeso tanti anni fa e mi dispiace. Posso capirti se non vuoi parlarmi, ma fammi solo questo favore e poi sparirò dalla tua vita per sempre."
Alzai la cornetta e fissai la tastiera. Oh, come mi era mancato. Le mie mani tremavano, sbagliai il numero più di una volta. Finalmente mi calmai a sufficienza per riuscirci. Il telefono suonò alcune volte e stavo quasi per appendere quando io sentii qualcuno rispondere.
"Pronto? Pronto?"
"Ehi, Marco; sono io... Gianpaolo."
"Ehi, sono contento che tu abbia chiamato... so che deve essere stato difficile."
"Sì, lo è stato, ma il tuo messaggio sembrava urgente. Tutto bene?"
"Oh sì... tutto eccellente. Ti ho cercato... volevo scusarmi..."
"Marco..."
"No, ascolta..." Fece una pausa per un minuto. "Aspetta, non voglio farlo per telefono. C'è qualche posto dove possiamo incontrarci e parlare... bere qualche cosa?"
"Sicuro, c'è una bar proprio sotto il tuo albergo. Dovrebbe essere tranquillo a quest’ora. Posso esserci tra circa 20 minuti."
"Grande! Ci vediamo."
Appesi e respirai profondamente. Non sarebbe stato facile, l’avevo capito. Afferrai la giacca ed uscii, parcheggiare in centro è sempre un problema per cui decisi di andare a piedi, era una bella giornata primaverile ed avrei goduto dell’aria fresca.
Arrivai al bar in tempo, era desolatamente vuoto a parte il cameriere al banco e c’era un bell’uomo seduto davanti al banco. Avrei riconosciuto quel bello sguardo nocciola dovunque, non lo vedevo sorridermi da almeno dieci anni. Respirai profondamente e mi avvicinai.
"Marco... che piacere vederti" dissi tenendo la mano.
Marco mi stritolò la mano e mi avvolse nel più stretto abbraccio di cui mai fossi stato vittima; avvolsi le mie braccia intorno a lui e ritornai ad essere innamorato. Lui mi tenne tra le braccia per quella che sembrò un’eternità prima di lasciarmi andare tenendomi a braccia tese.
"Mi sembri in forma, amico" commentò.
"Grazie... non male, ma anche tu mi sembri ben messo."
Ci sedemmo al bar, io ordinai una vodka; lui un altro whisky.
"Cosa fai da queste parti?" Chiesi.
"Sono un cardiologo."
"Benissimo! Sapevo che ce l’avresti fatta." Ingoiai la vodka e ne ordinai un’altra. "Abiti sempre a Roma?"
"Sì! Sto nella stessa via dei tuoi genitori, ci vediamo di tanto in tanto."
"Davvero? non me l’hanno mai detto."
"Li ho pregati io di non dirtelo."
La cosa mi ha disturbato un po', avevo un'idea abbastanza precisa del perché non voleva che io sapessi che si vedeva coi miei genitori, ma prima di tutto perché li vedeva? Meglio ancora, perché loro l'incontravano? Io sentii come se mi avessero tradito.
"Tua mamma è così orgogliosa di te... parla di te continuamente. Deve essere divertente viaggiare in tutto il mondo come fai tu."
Mi limitai ad accennare col capo, cominciavo a sentire la rabbia crescere nel mio stomaco. "Perché ti stai facendo bello coi miei genitori dietro alla mia schiena?"
"Io... io non capisco..."
"Voglio dire, sparisci dalla mia vita mia per dieci anni, poi improvvisamente frequenti i miei genitori chiedendo loro di tener segreta la cosa? Poi mi chiami e mi chiedendo di unirmi a te per parlare, evidentemente per dirmi che tu ed i miei genitori state tramando qualche cosa dietro la mia schiena. E ti siedi qui, e sorridi, e parli come se non fosse successo niente? Cosa cazzo vuole dire?"
Con la coda dell'occhio vidi il cameriere allontanarsi. Marco si contorse nervosamente sul suo sgabello, io non mi preoccupai di fare una scenata e non mi importava di imbarazzare Marco. Lui si schiarì la gola ed ingollò il drink.
"Me lo merito" disse. "Hai il diritto di odiarmi per come ti ho trattato. Io avevo torto... era così sbagliato. Eri il mio miglior amico al mondo ed io mi sono girato quando hai avuto bisogno di me. Ho pensato a te ogni giorno da allora, desiderando porre un rimedio, ma non ci riuscivo. Quando tua mamma e tuo papà sono venuti ad abitare vicino a me, mi hanno chiamato e mi hanno invitato a cena. Abbiamo parlato a lungo e ci siamo detti che la cosa migliore era chiamarti, ma io avevo paura, pensavo che mi avresti riappeso sul muso. Dissi che ci avrei pensato e ho chiesto loro di non dirti che mi avevano visto. Dopo ciò ci siamo visti di quando in quando."
Lo fissai, avrei voluto odiarlo, ma non potevo. Mi sembrava tanto abbattuto e scossi la testa.
"Perché lo hai fatto? Perché mi hai girato le spalle?"
"Eravamo giovani, ero spaventato."
"Spaventato di cosa? Spaventato del fatto che potessi provarci con te, che tentassi di stuprarti o qualche cosa del genere. Io ero il tuo amico, buondio!"
"No, non per quello" rispose. Sembrava frustrato. "Io ero spaventato perché... perché io stavo avendo gli stessi sentimenti."
"Cosa? Cosa stai dicendo?"
Guardò il soffitto come se stesse cercando la risposta corretta. "Sto dicendo io che io ero... che io sono... gay."
Rimasi fulminato, avevo pensato per tutto quel tempo che mi avesse lasciato solo perché ero gay quando in realtà lui stava fuggendo dalla sua omosessualità. Marco sembrò potesse piangere da un momento all'altro; gli misi una mano sulla spalla.
"Ti perdono."
Avevamo molto da dirci quella sera, quella la notte e la mattina dopo. Era accaduto molto ad entrambi nei dieci anni passati da quando ci eravamo persi di vista. Lui aveva abbandonato la casa dei suoi genitori che praticamente lo avevano disconosciuto; aveva lottato per frequentare università e specializzazione; aveva incontrato, era stato insieme e poi rotto con due amici.
Da quando quel giorno fatale la nostra amicizia era rinata, migliore di quanto non fosse mai stata. Giocava ancora a basket nel tempo libero ed ogni mese ci trovavamo a Roma o Milano per una partita, uno contro uno, sul campo, lui non era il Dott. Vanconi, lui era Marco; lo stesso ragazzo che usava parole sporche che io avevo amato e che ricordavo. Gli piaceva ancora giocare duro ma, come gli dicevo, gli piacque trascinare in lungo la partita e sopratutto gli piaceva specialmente tentarmi col suo corpo magnifico. Sapeva che lo trovavo eccitante, glielo avevo detto in molte occasioni. Penso che gli piacesse anche il mio corpo, anche se non lo dava a vedere.
"Gianpaolo... forza, ragazzo" disse poi ha schiaffeggiato il mio culo con la sua grande mano insaponata.
"Ahi!" Gridai dandogli un pugno sulla spalla.
"Taci! Sai che ti piace."
"Ha, ha, molto divertente" dissi bagnandomi la testa sotto l'acqua.
Continuammo a lavarci quietamente, il club era praticamente vuoto quel giorno. C'erano alcuni ragazzi nello spogliatoio ma Marco ed io eravamo gli unici sotto le docce. Lui aveva una tendenza ad essere apertamente allegro con la sua sessualità, ma quando non c'era nessuno intorno diventava euforico.
"Qualcuno ti ha mai detto che hai un bel culo?" chiese.
"Taci e finisci di fare la tua doccia. Io ho fame."
"Proprio nessuno" disse dando un altro schiaffo al mio culo.
"Giuro che se Lo fai ancora una volta, io..."
"Tu non farai niente, teppista!"
"Prova" dissi provocatoriamente.
Era solo più alto di qualche centimetro, ma non più pesante. Lui mi schiaffeggiò di nuovo il culo, così forte che mi fece quasi lacrimare.
"Adesso basta!" Gridai e mi precipitai contro di lui con tutto il mio peso.
Cadde sul pavimento con un tonfo, io persi l'equilibrio sul pavimento sdrucciolevole e caddi su di lui. Ci azzuffammo allegramente per alcuni minuti poi scoppiammo in una risata isterica. Quella visione doveva essere: due uomini adulti che rotolavano sul pavimento, bagnati, nudi, e... col cazzo eretto.
Penso di essere stato il primo ad accorgermi del nostro stato reciproco di stimolazione. Era difficile ignorare il cazzo di Marco. L'avevo visto dozzine di volte nel suo naturale, rilassato stato. Anche così non era male ma, non fu quando lo vidi duro per la prima volta che io veramente capii la grandezza della virilità di Marco.
Dovevo toccarlo per capire quanto grosso fosse, doveva essere vicino ai trenta centimetri, la mia mano non ne poteva nascondere nemmeno la metà della lunghezza. Cominciai ad accarezzare il suo mostro, stirandone la punta e lasciando poi che la pelle si restringesse di nuovo. Marco si leccò le labbra e si lamentò; i suoi occhi erano chiusi, poi mi guardò e sembrò spaventato, quasi imbarazzato. Io smisi di accarezzargli il cazzo.
"Cosa stiamo facendo?" chiese.
"Mi... mi dispiace, io... io..." Tirai via la mano ma lui mi afferrò il polso.
"N...non fermarti."
Alzò la testa, mi baciò leggermente sulle labbra e poi guidò di nuovo la mia mano al suo cazzo. Io pompai vigorosamente il suo muscolo d'amore al ritmo dei suoi ooh ed aah di approvazione. Cinque minuti e la mia mano fu rivestita di liquido pre seminale appiccicoso; alzai la mano alla mia bocca ma Marco volle assaggiare le mie dita appiccicose. Portò le mie dita alle sue labbra e, uno alla volta, li succhiò nella sua bocca leccandoli per pulirli.
"Non preoccuparti" disse notando le mi labbra sporte "C'è n'è in abbondanza da dove è venuto quello."
Sogghignai, mi alzai aiutandolo ad alzarsi, chiusi le docce e mi avviai verso lo spogliatoio rimorchiando Marco dietro di me. Lo condussi in un punto dove era più probabile non essere disturbati. Mi sedetti all'estremità di una delle panche e tirai Marco verso me prendendolo per l'uccello. Prima che si sistemasse stavo già leccando il suo succo salato dalla verga.
Non c'era possibilità di prenderlo tutto in bocca ma facevo del mio meglio. Mi feci scivolare il cazzo in gola finché non ci fu più possibilità di ingoiarne un altro centimetro; fortunatamente per me non era troppo grosso così l'unico problema era la punta che spingeva contro le mie corde vocali. Afferrai le sue palle e guidai il suo uccello dentro e fuori della mia gola.
"Cazzo che bello. Non mi hanno mai succhiato l'uccello in questo modo. Uh, sì, baby, succhiami il cazzo."
Marco spingeva avanti ed indietro le anche inserendo lentamente il cazzo. Io l'ingoiai come un bravo bambino tentando di succhiare tutto il liquido pre seminale che ne fluiva. Non potevo berlo tutto, la mia bocca era inondata. La sua verga era rivestita dei suoi umori, l'estrassi dalla mia bocca e guardai il suo lungo cazzo luccicante della mia saliva e del suo liquido, poi tornai ad ingoiarlo.
La mano che prima stava spremendo il succo dalle sue palle ora stava strisciando tra le sue gambe verso il suo bel culo, le mie dita entrarono tra i grandi globi di carne sodi finché non trovarono il punto celato fra le natiche. Solleticai la sua increspatura ed applicai una piccola pressione col medio. Il suo cazzo sobbalzò in risposta e sputò liquido con maggior vigore.
"Oh sì... gioca col mio culo... mi piace." Io giocai col buco stretto spingendo la punta del dito ma senza farlo mai scivolare completamente dentro. "Unh... smettila di stuzzicarmi... mettilo dentro... infilamelo." Spinsi con più forza, era stretto ed asciutto ma il mio dito alla fine penetrò la barriera con sospiri soddisfatti di Marco. Continuai a succhiargli il cazzo mentre il dito si agitava sulla sua condotta stretta. "Ah sì... così!"
Marco aprì completamente le gambe per darmi miglior accesso al suo buco, feci scivolare il resto del dito dentro di lui e lui si lamentò eccitato. Schiacciai quel bottone che stava profondamente nel suo interno e l'ascoltai piagnucolare come un bambino; lo pigiai di nuovo e sentii il suo corpo tendersi. Un'altra spinta e lui esplose nella mia gola. Dovevano essere passati molti giorni dall'ultima volta che le sue palle avevano eruttato perché praticamente sono affogato nella sua sborra. Ingoiai il suo carico cremoso, estrassi il dito dal suo culo e poi tirai fuori il suo cazzo, che si contorceva ancora, dalla mia bocca. Fili di sciroppo spesso si tesero dal suo cazzo alle mie labbra. Li leccai e li ingoiai.
"Dannazione com'è sexy!"
Mi sdraiai sulla panca ed alzai le gambe al torace.
"Vuoi che mi occupi del tuo culo?"
Accennai col capo e mi infilai un dito nel buco per adescarlo; non passò molto e lui era al mio. La sua lingua accarezzava intorno all' anello corrugato all'unisono col mio dito. Mi accarezzava i peli intorno al buco; io aprii le gambe permettendogli di bagnare la piccola apertura rosa con la sua lingua potente. Ad ogni colpo il mio culo si contorceva in attesa del prossimo. Non potevo attendere ulteriormente, dovevo essere fottuto.
"Ne ho abbastanza di questo... avanti, fottimi!" Ringhiai.
Marco strisciò obbedientemente dietro il mio culo rivolto in su e puntò il suo attizzatoio. Era ancora scivoloso per la saliva e lo sperma e l'inserì facilmente nel mio buco eccitato. Non potevo sbagliarmi sul momento in cui è stato dentro di me perché sentii le spinte leggermente dolorose contro i miei intestini.
"Sì, baby, sono profondamente dentro questo culo stretto."
"Lo so" Grugnii.
"Ti sto facendo male? Vuoi che mi fermi?" Chiese vedendo l'espressione di disagio sulla mia faccia.
Scossi la testa, il dolore stava diminuendo lentamente mentre il mio retto si adattava ad essere penetrato così profondamente. "Voglio che tu mi fotta, ma continua a parlare."
Un ghigno diabolico ha attraversato il suo viso, si è chinato e mi ha baciato mentre lentamente continuava ad aprirmi. "Ti sto rompendo il culo" sibilò mentre il suo cazzo si muoveva dentro e fuori del mio culo. Stupidamente avevo creduto di aver già preso completamente il suo uccello ma ad ogni spinta lui scendeva sempre più profondamente nel mio buco. Ho capito di averlo tutto dentro quando ho sentito il suo cespuglio graffiare le mie palle e le sue palle arrestarsi contro il mio culo.
Grugnivamo all'unisono mentre Marco spingeva nell’ano. Un strato sottile di sudore si formò sul suo corpo accentuando i suoi muscoli che si gonfiavano e contraevano in un ritmo aggraziato. Le sue spinte erano spietate, ogni colpo era un pugno al mio interno.
"Unhh... Unh... oh merda, Marco... fottimi..."
"Ti sto fottendo, baby... ti sto fottendo. E ti fotterò sempre di più, ti piace?"
"Tutto, uomo... lo voglio tutto."
Spinsi indietro la testa, chiusi gli occhi e mi concentrai sulla sensazione di lui che mi colpiva come un martello pneumatico; si era imperniato sulle anche cosicché ogni volta colpiva un punto diverso. Io non ero mai stato inculato così profondamente... mai. Il mio retto era di fuoco, formicolava e presto quella sensazione di diffuse nel mio stomaco e lungo la spina dorsale.
Il mio corpo si agitò violentemente nella beatitudine orgasmica. Grumi di sperma caldo schizzarono sul mio torace e sul mio stomaco. Ero venuto senza che la mia verga fosse toccata. Piagnucolai mentre lo sperma sgorgava dal mio cazzo e rivestiva il mio stomaco. Marco stava ancora pompando, scavando nel mio tunnel spasmodicamente.
"Aw! Se venuto e mi farai scoppiare le palle" anelò.
"Vai avanti... sborrami dappertutto."
Marco si affrettò ad uscire da me, pizzicò la testa del suo cazzo bloccando il torrente di sperma, poi puntò il suo bel bastone permettendogli di esplodere. Ruscelli di sborra spessa e bianco ne eruttarono fuori. I primi fiotti potenti mi colpirono sul mento, ma il resto atterrò sul mio torace e sul mio stomaco mescolandosi con le pozze io vi avevo lasciato solo un minuto o due prima . Ero sudicio, coperto in uno spesso strato di sborra.
Mi protesi sulla panca e sguazzai nel tramonto di sesso, mi sentivo così sporco... ma mi sentivo bene. Marco mi guardò sorridendo birichinamente e scuotendo la testa.
"Hai un culo dolcissimo."
Io sorrisi, lui mi aiutò ad alzarmi tentando di non lasciare cadere alcuna traccia della nostra attività sessuale. Corremmo di nuovo alla doccia per pulirci di nuovo. Sentivo il suo sguardo su di me mentre mi toglievo il suo sperma. Avevo già visto quello sguardo nei suoi occhi e mi dispiacque ad essere sincero. Vedete, Marco aveva una tendenza a trattare gli uomini che fotteva come puttane. Non mi importa essere trattato in maniera sporca a letto, ma non volevo essere la sua prostituta.
"Potrò farlo di nuovo una volta o l'altra?" chiese con avidità e fame negli occhi.
"Sì, forse... ma dovrai meritartelo."
Lui inarcò le sopracciglia. "Cosa intendi?"
"Dovrai giocartelo, se vinci la nostra prossima partita, potrai averlo ancora. Se io vinco... bene, diciamo solo che toccherà a me per un mese."
"Heh, mi va!" disse e ritornò a lavarsi.
Un mese più tardi abbiamo giocato la partita. Indovinate... io vinsi! Penso di non essere dopo tutto un così cattivo giocatore di basket. O... pensate... è possibile che... lui mi permettesse di vincere?
Noooo!!
Nicolò
Se state seguendo questa storia, ed io lo spero, vi starete chiedendo che fine ha fatto Enzo. Potrebbe sembrare che ci siamo persi di vista, ma non è vero. Vedete, il lato peggiore di scrivere dei miei amori in ordine alfabetico è che l'ordine cronologico ne soffre. Non ha una grande importanza chi ho fottuto prima, ma per questa storia è piuttosto importante.
Ho incontrato la maggior parte dei miei amanti intorno alla metà dei miei vent'anni, ne avevo 31 quando incontrai Enzo. Avevo messo da parte i miei modi di farfallone (più o meno), ero pronto a qualche cosa di più serio e pensai di averlo trovato in Enzo. Lui era abbastanza più giovane di me, ma la cosa non sembrava fosse un problema per lui e sicuramente non era un problema per me. E per due anni abbiamo avuto una buona, amorosa relazione; ma, poi, le cose che ci avevano uniti furono responsabili della nostra separazione.
Col tempo, la sua devozione che io così chiedevo insistentemente, si trasformò in gelosia e sospetto; mi accusò di ingannarlo in molte occasioni che erano completamente false. Mi accusò di vestirmi troppo seducentemente quando uscivamo, e la cosa poteva essere vera ma non era intenzionale. Pensai che volesse che io fossi presentabile solo per lui ed io non avevo nessuno problema ad essere il suo trofeo. Ma questo, combinato col suo temperamento impulsivo e irrazionale, creò molti problemi.
Io non ero completamente innocente nella rovina della nostra relazione, ad essere sinceri. Sentivo fosse mia responsabilità come più anziano di insegnargli e proteggerlo. Enzo sentiva come se stessi soffocandolo, trattandolo da bambino e tenendolo troppo sotto la mia ala protettrice. Guardando indietro con occhio critico penso che io volessi anche controllare la situazione, ma avevo solo le migliori intenzioni.
Tentammo molte volte, in quegli ultimi mesi, di chiarirci, ma la fine della nostra relazione era inevitabile, eravamo alla fine, ma nessuno di noi voleva fare il passo decisivo. Io stavo bene con Enzo e, cosa molto importante, mi preoccupavo per lui, tuttavia non l'amavo più e non ero sicuro di averlo mai amato.
In quel periodo la rivista stava preparando un intero numero su Roma ed aveva inviato tutti i migliori corrispondenti e fotografi nella capitale, compresi io, Enzo e Jake.
Jake era il nostro paciere, voleva che ragionassimo, scherzava, "Se vi lasciate, io sarò l'unico bambino con solo un papà gay." Ma ci voleva molto di più dei suoi scherzi per tenerci insieme; durante tutto il viaggio fece in modo che noi restassimo soli, fu un gesto ammirevole ma senza risultato. Ogni volta finivamo per litigare. Una volta finimmo per insultarci, lui mi chiamò opportunista, crudele ed io lo chiamai infantile, cagna. Fu molto brutto.
Fu un naufragio, quello non era il modo in cui volevo finisse. Non sapevo cosa fare, non potevo parlare con Enzo, era arrabbiato oltre ogni limite ed io ero ancora sconvolto, ma non potevo neppure lasciare le cose in quel modo. Jake, nella sua saggezza infinita, suggerì che avremmo dovuto andare in un bastone, ubriacarci, trovare qualcuno da portare a letto. Era la sua idea, non la mia, ma era l'idea corretta, mi avrebbe dato tempo di pensarci e le cose da ubriaco si dimenticano.
C'era lì vicino un club, due muscolosi buttafuori romani vigilavano sulla porta e controllavano chi si avvicinava. Mi sembrò un po' strano, ma io pensai che forse avevano avuto problemi ed mi sentii più sicuro sapendo che stavano controllando. La fila si muoveva rapidamente ed in poco tempo eravamo davanti alla porta pronti per l'ispezione.
"Apra le gambe e tenga le braccia allargate" mi disse una delle guardie.
L'altra guardia era tipo alto con una faccia da pugile, mentre la mia guardia era più piccola e molto più graziosa, era un piacere sentirlo frugarmi.
Cominciò ad accarezzarmi abbassando le mani: lungo il torace, la schiena, giù ai lati del culo, lungo l'esterno delle gambe e poi all'interno. Le sue mani sembrarono attardarsi sul mio inguine più lungo del necessario. Lo guardai ma non ci fu alcuna reazione o emozione sulla sua faccia. Mi gettò appena uno sguardo coi suoi occhi blu e d'acciaio prima di farmi passare ed ispezionare la persona seguente. Forse avevo solo immaginato la faccenda dell'inguine.
Dimenticai presto l'incidente quando fui nel locale, il luogo era colmo di le belle persone che ballavano al ritmo delle musiche che il DJ sceglieva. Mi piace ballare e già potevo sentire gli effetti affascinanti della musica sul mio corpo ed il mio spirito. Cercai Jake con lo sguardo, era già al bar con una bionda con grandi tette, lasciandomi senza il suo appoggio morale. Ma la cosa dopotutto non mi dispiaceva, non avevo voglia di averlo intorno.
Scesi sulla pista da ballo affollata, c'erano braccia, mani, inguini e seni che volavano dappertutto. Intorno a me avevo visi sconosciuti senza nome che strusciavano i loro corpi sudati contro il mio, ma non me ne preoccupai. Tutto quello che volevo era la musica, perdermi nel rumore della musica palpitante; ed una volta che il ritmo mi prese, io dimenticai tutti; dimenticai Jake e sopratutto Enzo. Era solo io ed il ritmo.
Dopo circa minuti la mia meditazione musicale fu disturbata da un paio di mani che mi toccavano, diversamente dal colpire, e brancolare casuale di prima, queste mani erano più intenzionali nel loro compito. Il modo in cui quelle grandi, muscolose braccio si avvolsero intorno al mio corpo da didietro e quelle grandi, potenti mani massaggiavano rudemente il mio torace non era incidentale; ed il modo che quelle dita pizzicavano i miei capezzoli eretti era sicuramente intenzionale.
Io tentai di voltarmi vedere chi mi stava abbracciando, ma lui mi attirò vicino a se e mi tenne fermamente tra le sue braccia. I nostri corpi ondeggiarono in unisono col ritmo. Io sentii il calore del suo corpo ben fatto contro la mia schiena e la presenza crescente del suo piacere si annidò contro il mio culo. Le nostre anche si abbassarono con la musiva ed io sentii le sue labbra strisciare contro la mia spina dorsale. Mi alzai e lasciai che la sua mano scendesse davanti al mio corpo fino al mio pacco che già si stava indurendo. Diede una forte stretta alla mia attrezzatura; il suo tocco mi sembrò misteriosamente familiare.
Ballammo così per un po', forse anche un'ora, avvolti in un abbraccio ritmico e caldo poi, in mezzo alla pista, con tutti gli occhi che potevano vederci, il mio amore misterioso fece scivolare una mano nei miei pantaloni. Il contatto della sua calda, ruvida pelle contro il mio cazzo praticamente mi fece partire, con l'altra mano afferrò il mio torace ansante. Accarezzò la mia durezza finché io non cominciai ad eruttare liquido pre seminale, poi alzò le dita appiccicose alle mie labbra; io aprii la bocca ed accettai le sue dita bagnate. Avevo già assaggiato il mio liquido ma io non l'avevo mai avuto da un altro.
"Ti piace come tocco il tuo corpo? " mi bisbigliò in un orecchio.
Estrassi le sue dita dalla mia bocca e dissi "Si, molto... Sì, mi piace molto."
"Vuoi che ti tocchi dappertutto?" bisbigliò.
"Si."
Lasciò la sua presa da orso e mi condusse via, non riuscivo ancora a vedere la sua faccia ma riconobbi la maglietta nera e stretta e le grandi protuberanze delle braccia. Era la guardia che si era presa le libertà con la mia attrezzatura durante il controllo. Io mi presi le mie libertà guardando i suoi beni mentre camminava davanti a me. Che culo! Il modo che i suoi jeans neri e stretti abbracciavano le sue natiche muscolose mi facevano impazzire. Sali su di una scala davanti a me ed io fui messo faccia a faccia con le sue dolci chiappe strette. Avrei voluto morderle ma decisi di aspettare finché non fossimo stati soli.
Aprì una porta e mi fece entrare, era un ufficio. Una piccola scrivania ed una sedia stavano in un angolo per fare spazio a due grandi divani letto di pelle. Accese un'illuminazione fioca e l'ufficio assunse l'aspetto di una nicchia d'amore. La parete più lontana era fatta completamente di vetro e, attraverso lei, era possibile guardare nel locale. Guardai giù le persone che si agitavano dieci metri sotto di me.
Mentre ero distratto da quella vista, il mio amore si avvicino dietro di me e pigiò il suo corpo contro il mio.
"Noi li vediamo ma loro non ci vedono" disse con le mani che strisciavano sui miei fianchi. "Sarà come fottere di fronte a loro."
"Mi sembra perverso" dissi e mi girai per affrontarlo.
Afferrai la sua maglietta, lui alzò le braccia per permettermi di sbucciare il cotone nero dal suo corpo nerboruto, mi aspettavo che fosse liscio invece era coperto da un cappotto corto ma spesso di pelli luccicanti neri. Lanciai da parte la camicia e feci correre le dita attraverso i peli del torace. I suoi capezzoli immediatamente si indurirono e balzarono fuori dal loro nido peloso. Portava una collana d'oro con un ciondolo che si annidò tra i suoi pettorali gagliardi e pelosi. Lessi "Nicolò." Ripetei il nome dentro di me, ora sapevo il suo nome. Pensai di presentarmi ma fui preceduto da lui che cominciò a sbottonare la mia camicia.
"Sei molto bello" commentò mentre le sue dita erravano sul mio torace nudo. "L'ho pensato quando ti ho visto in fila e poi quando ti ho visto ballare in maniera così sexy. Non potevo resistere a toccarti."
Continuò a spogliarmi, prima coi suoi occhi blu e scintillanti, poi con le mani, finché non fui completamente nudo ed il mio culo nudo non fu pigiato contro il vetro freddo. Il vetro fu sostituito ben presto dalla sua presa callosa sul mio culo liscio.
Si alzò in punta di piedi e mi baciò, mi baciò come se avesse qualche cosa da trovare. La sua lingua scese nella mia gola e fui pressocché soffocato. Afferrò le mie gambe, se le avvolse intorno alla vita e mi portò fino ad uno dei sofà. Interruppe il bacio e mi lanciò sui morbidi cuscini di pelle. Lo vidi guardare il mio corpo nudo con la fame negli occhi; non tolse mai gli occhi da me, anche mentre calciava via gli stivali e si slacciava i jeans.
Mi alzai sui gomiti e guardai la buccia di cotone nero che se ne andava dai suoi lombi robusti. I jeans precipitarono dal suo corpo sopra il pavimento, rivelando un venticinque centimetri impressionante. Stava ancora ingrossandosi ma penzolava libero tra le sue gambe, sopra due palle di dimensioni notevoli coperte di peli. Mi sedetti per dare una buona leccata al suo cazzo, solo per vedere ququanto poteva diventare grosso, ma lui mi spinse giù ed appoggiò il suo corpo muscoloso accanto al mio. La sua mano andò al mio cazzo completamente congestionato. Io ero duro fin da quando avevamo lasciato la pista da ballo e, con una stretta, munse fuori un'altra chiara goccia di pre eiaculazione. La spalmò intorno alla punta del mio uccello prima di alzare il pollice alla bocca e leccarlo.

“Il primo sapore era per te, il resto è per me,” disse e scivolò sul sofà finché la sua testa si trovò davanti al mio pene.

La sua lingua colpì leggermente la luccicante punta appiccicosa. Borbottò, evidentemente gli piaceva il sapore perché aveva presto tutta la testa in bocca e stava succhiandola con emozione. Io mi morsi un labbro e chiusi gli occhi mentre lui succhiava la mia verga con tutta la sua forza. Poi prese le mie palle in una mano e cominciò a carezzare l’asta con l'altra. Io ero in paradiso con questo nerboruto fusto italiano.

Per tutto il tempo le sue palle erano appoggiate al mio piede. Quando cominciò a succhiarmi il cazzo, le sue anche cominciarono a muoversi avanti es indietro. Io dimenai le dita del piede per aumentare la stimolazione alle sue noci pelose facendolo spingere più selvaggiamente. Presto cominciò a lamentarsi rumorosamente.

Lasciò andare le mie palle e mi allargò le natiche. Spinse un dito contro il mio buco che si aprì istintivamente per accettarlo. Fece un po’ male quando il suo grosso dito penetrò il mio sedere asciutto, ma non abbastanza per farmi desiderare che smettesse. Un piccolo dolore può eccitare sapete. Quello era il caso con me mentre il mio cazzo saltava e si gonfiava nella bocca di Nicolò nonostante le sue maniere fossero grezze.

Non c'era grazia o finezza nelle sue azioni che, abbastanza stranamente, mi eccitavano. Amavo il modo in cui ficcava il dito nel mio sedere. Non usò mai la lingua o le labbra. Dannazione, non prese mai più di due centimetri del mio cazzo in bocca, ma io ero duro e sempre sull'orlo. E lui non emise un rumore, nessun grugnito, nessuno lamento, ma io facevo abbastanza rumore per tutti e due. Sì, il suo minimo pompino e ditalino rozzo mi avevano portato in paradiso e mi tenne là per quasi trenta minuti là, aumentando lentamente la pressione.

“Uhhh… sto per venire!” avvertii.

Nicolò continuò a succhiarmi la verga e penetrarmi il buco, convincendo lo sperma ad uscire da me ed indirizzarsi nella sua bocca. Fu un orgasmo potente che mi scosse dalla testa alla punta dei piedi. Era da un po’ che non venivo e sparai un carico mortale nella sua bocca. Lui ne prese ogni goccia.

Lo guardai far scivolare le labbra sulla mia punta che lentamente si stava sgonfiando. Mi sorrise chiudendo le labbra ed estraendo il dito dal mio sedere. Poi alzò le mie gambe finché non fui quasi piegato a metà e le mie ginocchia erano ai lati della mia testa. Non avrei mai pensato di essere così flessibile. Nicolò guardò il mio sedere volto in su ed aprì la bocca. Lo sperma che io pensavo avesse ingoiato cadde dalla sua lingua e sopra il mio buco. La sola vista era sufficiente per farmi avere un’altra erezione.

Lui spinse lo sperma nel mio sedere col dito, rivestendo il mio interni col mio grosso carico. Poi fece scivolare dentro un secondo dito per aprirmi. Due delle dita di Nicolò erano più grosse della maggior parte dei cazzi che mi avevano inculato. Dopo alcuni minuti di questa azione, il mio sedere fu allargato a sufficienza e ben lubrificato ed io ero dannatamente eccitato.

“Ora mi piacerebbe incularti,” disse. Più che una richiesta era un dato di fatto.

“Sì, Nicolò, inculami,” implorai stringendo le sue dita che continuavano ad allargarmi.

Avevo bisogno di essere allargato ancora. Lo vidi puntare la sua asta dura e grossa di 25 centimetri di salame italiano intonso al mio sedere, e sentii prima del dolore la preoccupazione. Era tardi; tutto quello che potevo fare era stare fermo aspettando l'invasione. Lui tirò indietro il prepuzio e pigiò la grossa testa contro la mia fessura già torturata. Sentii ogni centimetro tormentoso di quel mostro che mi penetrava.

Il sangue stava salendomi alla testa e faticavo a respirare, ma il piacere di essere riempito da quella nerboruta carne italiana vinse il disagio. Una volta che ebbe l’uccello seppellito profondamente nei miei intestini e mi ebbe dato un minuto per abituarmi, cominciò a fottermi. Appoggiò il suo corpo contro il retro delle mie gambe e cominciò a spingere contro il mio sedere come un martello pneumatico. Ogni spinta mi faceva espirare e strillare pigiando sui miei polmoni già compressi.

Nicolò stava sbattendo il mio sedere con tale forza e velocità' che pensavo che avrebbe sparato rapidamente il suo carico. Non fu così. Aveva la capacità di resistenza di un maratoneta, possedette il mio sedere per buoni trenta minuti ed ancora non mostrò segnali di fatica od orgasmo. Grugniva e bestemmiava mentre devastava il mio sedere stanco. Il sudore gocciolava dalle suo sopracciglia ed atterrava sulle mie labbra. Mi leccai la bocca desiderando di poter leccare il liquido salato dal suo stomaco e dal torace peloso.

Solo quando pensavo che non sarei riuscito più a resistere alla sua inculata brutale, il bel viso di Nicolò si contorse in una smorfia grottesca. I suoi grugniti divennero ringhi a denti stretti e lui cominciò a spingere più lentamente e con più forza. Sentii il suo sperma rivestire il mio interno come sciroppo caldo. Lui continuò ad incularmi spingendo la sua sborra sempre più profondamente nei miei intestini. Poi il suo corpo smise di tremare, il suo cazzo smise di pulsare e lo sperma smise di fluire. Estrasse il suo grosso pene molle dal mio sedere pieno di sborra e crollò sul divano. Io l'avvolsi e misi le mie gambe sulle sue.

Restammo sdraiati ansando ed annaspando per il sesso incredibile. Mentre io recuperavo lentamente i miei sensi, compresi che il mio cazzo era di nuovo duro ed aveva bisogno di attenzione. Cominciai a carezzarlo ma capii che avevo bisogno di qualche cosa più stretto e più caldo da avvolgerci. Mi alzai a sedere e guardai Nicolò che sembrava addormentato. Le sue palle erano appoggiate a me ed il suo uccello molle, bagnato ed esanime era sul suo stomaco. Io avevo un piano per farlo ritornare in vita.

Mi tirai indietro per aver spazio, mi succhiai il dito medio per renderlo scivoloso, poi lo spinsi delicatamente tra le sue natiche; lui si agitò leggermente e poi si rilassò. Io mossi il dito tra le sue dolci colline strette, lo feci scivolare avanti ed indietro finché non trovai il buco.

Lui aprì gli occhi e mi fissò confuso. Sembrava sbalordito ma notai che non si stava tirando via.

“Cosa stai facendo?” chiese.

“Sto tentando di svegliarti così noi potremo giocare ancora. Certamente hai ancora un po’ di energia.”

Mossi il mio dito un po’ di più finché la punta penetrò il suo ano ermeticamente sigillato. Lui ansò ed i suoi occhi si girarono indietro.

“Nessuno mi ha mai toccato là prima,” borbottò.

“Vuoi che mi fermi?” chiesi torcendo la punta del dito intorno all'ingresso al suo buco vergine.

“N… no.” il Suo corpo si rilassò improvvisamente ed il mio dito si immerse nelle sue profondità non abituate.

Lo penetrai per un po’, ma io volevo assaggiare quel fresco sedere aperto. “Girati,” comandai. “Sdraiati sullo stomaco.”

Lui nervosamente, ma obbedientemente, si girò a faccia in giù sul sofà. Io ancora una volta ero faccia-a-faccia col sedere magnifico. Mi piegai e lo morsi con forza come avevo desiderato. Nicolò saltò.

“Rilassati,” dissi.

Gli strofinai con forza le natiche e poi le allargai per dare il mio primo sguardo al suo tenero buco vergine. Non era difficile credere che questo campione di virilità non aveva mai fatto lavorare nel suo sedere e sarebbe stato mio onore essere il primo.

Mi tuffai su di lui dividendo i bei peli con la lingua e dando la prima leccata alla sua carne incorrotta. Nicolò si lamentò rumorosamente ed alzò le anche dal sofà proponendomi completamente il suo sedere. Leccai la sua carne interna e spugnosa che vibrò aprendosi alle mie sollecitazioni. La mia lingua scivolò nella sua condotta.

Nicolò si lamentava e borbottava qualche cosa in italiano. Gli stava piacendo essere leccato come a me piaceva leccarlo. Mordicchiai, succhiai, leccò e penetrai il suo buco con la mia lingua.

Contro voglia tolsi le labbra dal suo sedere e guardai quello che avevo combinato. Il suo buco gocciolava la mia saliva; i peli scuri erano appiattiti intorno al centro rosa e dolcissimo. Mi succhiai l’indice, lo pigiai contro il suo piccolo buco e lo roteai dentro. Lui era stretto ma voglioso ed il suo sedere ingoiò lentamente tutto il mio dito.

Il suo respiro stava diventando affannoso mentre io colpivo le pareti del suo tunnel. Al pensiero di invadere la sua apertura per la prima volta il mio cazzo era diventato così duro da farmi male. Lo misi tra le sue gambe tentando di ottenere un po’ di giovamento, ma non sarei stato soddisfatto finché il mio uccello non fosse seppellito profondamente nel suo sedere.

Succhiai l’indice dell’altra mano e lo feci scivolare accanto al primo. Gli aprii il morbido buco rosa con le mie dita; il suo sedere bevve rapidamente la saliva e si aprì di più. Sputai ancora ed ancora finché fu riempita l’apertura… era pronto come doveva essere.

Salii sul suo sedere e spinsi dentro la mia verga. Era molto stretto e sentii Nicolò che mormorava piano qualche cosa. Seppellì la faccia nel cuscino ed emise un grido smorzato infilai i miei 25 centimetri profondamente nel suo sedere peloso. Che brivido avere il cazzo seppellito nei confini stretti di quell'uomo che finalmente prendeva il mio uccello nel sedere. Eccitato da quel pensiero mi aggrappai alla sua larga e muscolosa schiena e cominciai a martellargli il buco.

Lui piagnucolò e si lamentò come un bambino. Ero pronto per una lunga cavalcata. Le mie anche schiaffeggiavano accanitamente contro il suo sedere teso finché non fu rosso e le mie gambe dolevano per la fatica. Mi estrassi da lui e rotolai a sedere, mi accarezzai il grembo e dissi: “Vieni a sederti qui.”

Come un drogato si affrettò ad alzarsi e si posizionò di fronte a me con la schiena verso di me. A gambe divaricate sulle mie gambe, si abbassò sul mio uccello con un sospiro di soddisfazione. Ora il suo sedere si adattava al mio cazzo come un guanto e in breve cominciò a rimbalzare sul mio palo rigido, gratificando il suo desiderio ardente di avere un cazzo nel sedere. L'avevo detto e lui non sarebbe mai più lo stesso.

Io ero paralizzato a vedere il mio cazzo luccicante che scivolava dentro e fuori del suo sedere. Era come una scena da film porno. Lui cavalcò il mio uccello più velocemente mentre il mio orgasmo si avvicinava e continuò l'incredibile ritmo mentre io eruttai nei suoi intestini. Anche mentre il mio sperma gocciolava fuori del suo sedere, giù sul mio pene e sopra le mie palle, lui continuò a rimbalzare sul mio grembo. Improvvisamente si sedette completamente sulle mie anche col mio cazzo sulla sua condotta fino a dove poteva arrivare e rabbrividì sparando il suo secondo orgasmo sul lussuoso tappeto.

Io affondai indietro nei cuscini mentre lui si chinava in avanti per riprendere fiato. Alcuni minuti più tardi si alzò, il mio cazzo molle scivolò fuori del suo sedere e sopra il mio stomaco. Lui prese i suoi vestiti e cominciò rapidamente a vestirsi. Accogliendo la sua indicazione, afferrai i miei vestiti e spensieratamente me li misi.

Quando fui pronto mi diressi alla porta dove lui stava aspettando pazientemente. Nicolò aveva un piacevole, soddisfatto sorriso sulla faccia.

“Mi sarebbe piaciuto giocare ancora ma ora devo ritornare a lavorare. Ritornerai domani, no?”

“Sicuro,” io risposi e gli diedi un bacio bagnato confermare.

Uscimmo dalla stanza e ritornammo al piano del club. Chiunque se ne fosse preoccupato avrebbe capito quello che avevamo fatto, se non altro per il nostro aspetto disordinato e dalle sonnolente espressioni di appagamento, certamente dall'odore di sesso che irradiava dai nostri corpi. Ma nessuno se ne preoccupò… beh, quasi nessuno.

Enzo stava davanti al bar, guardando Nicolò ed io scendere dal nostro nido d’amore. Io non volevo un'altra scenata, un’altra discussione; io volevo solo dannatamente essere fuori di là, ma Enzo distrusse i miei piani. Prima che io potessi arrivare in fondo alla scala, lui era là ad aspettarmi.

“Tu, fottuto figlio di una cagna!” gridò.

Si tolse l’anello e me lo lanciò. Rimbalzò sul mio torace e cadde a terra con un forte fragore. Prima che ci arrivasse lui se n’era andato. Io andai a prenderlo, lo misi in tasca ed uscii dal club lasciando Nicolò sbalordito e confuso.

Non inseguii Enzo; a cosa sarebbe servito? Non volevo insultare la sua intelligenza con mezze bugie sul fatto che avevo fottuto accidentalmente con Nicolò. L’avevo fatto, ne avevo goduto ed avrei finito per farlo di nuovo il giorno seguente. Sì, è crudele. Sì, ero un buco di culo. Io amavo Enzo a modo mio ed avrei preferito una fine diversa ma, comunque, la nostra relazione era finita. Lo era prima che fottessi con Nicolò.

Il giorno seguente Enzo lasciò l'albergo. Mi aspettavo che la nostra storia fosse diventata di pubblico dominio ma non fu così. Le uniche persone che conobbero la verità sul nostro “divorzio” furono io, lui, e il povero Nicolò.
di
scritto il
2012-02-12
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