La signora M. e io

Scritto da , il 2011-08-28, genere dominazione

Questa è la mia storia vera, recente, che vorrei condividere con tutti voi. Cambio solo il mio nome e sarò vaga sui luoghi, per ovvi motivi.

Mi chiamo francesca, ho 26 anni, vivo in una grande città. Mi sono laureata da poco e per ora sto lavorando come commessa in una libreria del centro, ovviamente precaria. Lo stipendio è da fame ma sopravvivo, riesco a vivere da sola in un monolocale e questo mi basta. Mi descrivo brevemente, per farvi capire il seguito. Sono alta 1.56, peso 44 chili più o meno. Sono normalmente carina e proporzionata, ma l'altezza è sempre stata il mio cruccio. Credo di non essere priva di carattere, ma spesso sono in soggezione col prossimo a causa di ciò. Questa cosa in me ha sempre scatenato una dualità, quindi sono sempre stata molto attratta dalle persone altissime. Sia uomini che donne, sono bisex. Ho avuto una storia seria nella vita con un ragazzo, poi ho deciso che non faceva per me, almeno per il momento. Sono anche abbastanza feticista, senza esserne però ossessionata.

La cosa più difficile per me trovare donne che mi interessino, così negli ultimi mesi ho iniziato a spulciare forum, bacheche e annunci. Di recente ho trovato qualcosa che mi poteva interessare, ho scritto un email. Lei mi ha risposto. "Quarantacinquenne in carriera biondoplatino, alta e dominante cerca nanette per giocare assieme. Potrei essere il vostro sogno o il vostro incubo peggiore." Wow, che pubblicità, non trovate? Dopo qualche letterina di convenevoli ci scambiamo i numeri e parliamo un po' al telefono. Non so perché io inizio a darle del voi, e così rimango. Lei mi dà subito del tu. "Allora franceschina ceniamo assieme stasera?" "Va bene, signora M." (la chiamo per cognome, ma non qui lo riporterò per privacy).

Arrivo in macchina un quarto d'ora prima dell'appuntamento. Mi specchio nella vetrina: sono vestita da schifo, e per niente adatta all'eleganza del posto, avrei fatto meglio a controllare prima su internet. Dannazione. Va be', ormai è fatta. Ho le mie ballerine rosse preferite, i leggins, una camicetta a fiori; la frangetta almeno è in ordine. Oh, se non le piaccio 'fanculo.

Arriva un taxi e credo che sia lei. Si avvicina a me ed è davvero gigantesca come mi aveva spiegato per telefono. Messe accanto sembriamo la madre e la figlia piccols. E' una sensazione assurda. E' davvero elegantissima, quindi ora mi sento davvero una merda. La squadro dalla testa ai piedi e noto l'abito da sera di marca, l'orologio, i monili (anelli e bracciali). Almeno 5mila euro addosso. Arrivo fino ai piedi e lì mi soffermo, da scemotta qual sono. Le scarpe sono bellissime, ha molto gusto e le porta con eleganza.

"Vuoi parlarmi o mi guarderai i piedi tutta la sera?"
"Ah, scusatemi, piacere... Io sono---"
"Sei franceschina, lo so, mica sono scema. Dai entriamo, che muoio di fame, su."
"Sì."

Ci sediamo e passa qualche minuto di silenzio, e proprio quando arriva la nostra cena lo interrompo con la cosa più idiota che mi sia mai venuta in mente nella vita.
"Voi siete così grande, signora, che per sbaglio potreste mangiare anche me" dico con un accenno di voce.
"Tu?" Lei si mette a ridere e poi continua: "Sei tutta pelle e ossa, non avrei niente da mangiare", la sua grande mano si avvicina al mio viso e mi prende la guancia con il pollice e l'indice, stringendo leggermente. La lascio fare in silenzio. "Se tu mettessi su qualche chiletto, magari sì" avvicina la testa nella mia direzione e chiude la bocca di scatto mostrando i denti, come a mordere l'aria. Poi riprende a ridere e mangiare, mentre io ho un brivido lungo la schiena.

Prende con la forchetta un grosso pezzo di carne e vedo che si avvicina verso di me, come a indicarmi. "Assaggia", mi fa, "E' molto buona".
"Signora, sono vegetariana!" rispondo.
"Dai."
"Sono vegetariana" continuo, stavolta spazientita.
"HO DETTO MANGIA!" la sua voce si alza imperiosa e mi fa paura, il suo sguardo è così forte che mi costringe a guardare per terra. C'era un po' più di silenzio nella sala e alcune persone si sono girate verso il nostro tavolo: provo molta vergogna.
"Trovo sia un'enorme mancanza di rispetto rifiutare la cortesia altrui, in fondo ti ho invitata io qui franceschina, AVANTI!" Alzo lo sguardo di nuovo e la forchetta è ancora lì, minacciosa. Chiudo gli occhi e apro la bocca il più possibile, mentre la signora mi ficca di colpo il boccone all'interno, facendomi quasi soffocare. Inizio a masticare provando una terribile sensazione di nausea ma sono in pubblico, tengo duro e alla fine ingoio questo boccone davvero molto amaro e disgustoso.
E' incredibile, frequento questa persona da pochi minuti ed è già riuscita a farmi rinnegare una delle cose più importanti in cui credevo, una filosofia di vita che mantenevo da quasi dieci anni.

"E' buona?"
"Sì, signora".
"Ecco, vedi? Devi sempre fare quello che ti dico, ti troverai bene. Frequentandomi metteremo un po' di ciccetta su quegli ossicini miseri, franceschina." Riprende la mia guancia tra la morsa delle sue dita, stavolta più forte, sento un leggero dolore. Ma passa subito perché mi lascia immediatamente e quasi mi accarezza.
Tremo al pensiero di ricevere un nuovo boccone di carne ma per fortuna lei non mi guarda più, è tornata alla sua pietanza e mangia in silenzio.

La cena poi prosegue tranquilla: stavolta sono io che cerco di suscitare la sua attenzione ma evidentemente i miei discorsi non sono interessanti: mi dice un paio di "sì" a mezza voce e scambia più parole col cameriere che con la sottoscritta.
Una volta arrivati al termine, io non chiedo nient'altro perché non mangio né dolci zuccherati, né tantomeno bevo alcool. Lei ovviamente ordina entrambi.

Mentre stiamo aspettando vedo che sta maneggiando il cucchiaiano da dolce, che all'improvviso cade per terra sotto il tavolo, non capisco se per sbadataggine o per intenzione.
"franceschina, è caduto il cucchiaino, raccoglilo". Né "per favore", né altro. Avrei potuto rispondere che se lo poteva raccogliere anche da sola e in cuor mio lo pensavo, ma da perfetta cretina quale sono letteralmente mi tuffo sotto il tavolo. Mi sa che sono proprio impazzita. Vedo subito il cucchiaino proprio sotto di lei, vedo queste due enormi gambe (grosse grosse e sode, non grasse) e il sandalo aperto rosso con un leggero plateau, lo smalto che riprende il colore della scarpa. Mi colpisce la grandezza del alluce rispetto alle altre dita mentre arrivo con la mano a prendere la posata: immediatamente l'enorme scarpa si adagia sulla mia mano, premendola con forza. Mi trattengo dall'urlare, sia per la sorpresa che per il dolore e maledico il mio essere una feticista, che mi fa dare un retrogusto di piacere anche a quel momento assurdo.

"Cameriere un altro cucchiaino per favore" sento la sua voce imperiosa potente da su, mentre noto che la parte anteriore della scarpa (un 41 credo) è così grande da far scomparire il mio palmo, mentre ruota su di esso come a spegnere un sigaretta.
"Signora, mi state pestando la mano" bisbiglio. Maledetta stronza, chissà come si diverte lassù.
"Signora mi fate male" non riesco a capire come faccia a dare così tanta pressione da seduta, la mano quasi ormai non la sento più.
"Per favore smettete di pestarmi, vi prego!" e per fortuna il dolore mi trattiene dal prendere in bocca quel ditone grande grande, smaltato di rosso.

"Ah, scusami, mica ti avevo sentita: d'altra parte sei così piccina, quasi invisibile. Ti ha fatto male il mio piedone cattivo?"
"Stavo meglio prima" dico mentre emergo con la posata, e prendo pure un leggero colpo sulla testa sul tavolo.
In quel momento arriva il cameriere, accolto dalla signora con un: "non ci faccia caso, questa ragazzina è tanto cara ma proprio imbranata."
"Vatti a lavare le mani franceschina, sei tutta sporca". Me ne vado con la coda tra le gambe.

Continua...?

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