Amore Proibito (13) Rinascita

Scritto da , il 2011-03-05, genere incesti

Amore Proibito (13) Rinascita
di sexysheriff


Due giorni dopo Sara aprì gli occhi e si guardò intorno: Federico era addormentato al suo fianco e sul divanetto spostato accanto al letto dormiva Marcel, la testa reclinata sul petto. La ragazza provò a muoversi e il corpo le rispose con mille piccole fitte di dolore. Sentiva la pelle bruciare, l’interno dell’ano e della vagina in fiamme e i seni gonfi. Fece un piccolo lamento e i due giovani furono subito svegli, chini su di lei. Federico le accarezzò il viso, i capelli, un amore sconfinato nei suoi occhi.
- Sei sveglia, bellissima?
Lei annuì, guardò anche Marcel che le sorrideva.
- Da quanto sono qui?
- Tre giorni.
Lei chiuse gli occhi, ondate di terrore che la sconvolgevano, le sevizie di Tarik che rivivevano ad ogni movimento. Cercò di cacciarle, di pensare ad altro.
- Il lavoro?
- Sei in ferie per dieci giorni e sei partita per dare una mano a mamma che si è rotta una gamba.
Lei annuì. Poi lo guardò di nuovo.
- E l’esame?
Federico guardò Marcel che si strinse nelle spalle, si era completamente dimenticato dell’esame! Sorrise a Sara, deciso.
- Tutto bene, non ci pensare.
Lei sospirò e richiuse gli occhi, tirando fuori una mano e allungandola verso Marcel.
- Avevi ragione tu, quella sera facevo meglio a venire da te!
Lui le strinse la manina, le passò le dita sui segni bluastri che aveva sui polsi, il sangue che gli ribolliva nelle vene al pensiero di come era stata legata e disse calmo.
- Un’altra volta sai cosa devi fare. Io sarò sempre ad aspettarti.
Lei fece un altro sospiro e poi mormorò.
- Ho tanto sonno.
Federico si distese di nuovo, accarezzandole il viso, i capelli, senza osare scendere a sfiorarla nemmeno sul collo, sapeva che doveva avere il terrore di sentirsi toccata e le posò le labbra sulla fronte, dolcemente.
- Dormi, piccola, dormi tranquilla, ci siamo noi qui con te.
Marcel lo guardò e gli sorrise, era stato incluso nel sodalizio, come uno di loro due e si sentì orgoglioso di essere un altro fratello per lei.
Sara migliorò di giorno in giorno e dopo dieci giorni potè tornare al lavoro, anche se ancora un po’ debilitata. Marcel praticamente si era trasferito da loro, anche se durante il giorno si dava da fare con la sua nuova palestra che aveva acquistato in società e che stava per aprire i battenti. Ma alla sera andava a casa loro, aiutava i due giovani a fare le spese, a preparare da mangiare e spesso dormiva sul letto singolo in ingresso. Ma niente era più come prima. Sara era spenta, senza più calore, luce. Parlava poco, era chiusa in sé stessa e sembrava sempre sul punto di piangere. Quando rientrava dal lavoro si cambiava e indossava una tuta, chiusa fino al collo e i due giovani si erano guardati, era un chiaro segnale che non voleva essere guardata, toccata. A letto stava distante da Federico, anche se gli permetteva a volte di prenderla tra le braccia, ma se appena moveva una mano lei fuggiva, raggomitolandosi in un angolo del letto. Un pomeriggio quando rientrò aveva i capelli tagliati cortissimi e non diede spiegazioni. Federico e Marcel le stavano vicini, cercavano di coinvolgerla nei loro discorsi, ma lei era assente, apatica; annuiva, sorrideva, ma si vedeva che la mente era altrove. Avevano cercato di farsi dire cosa era successo, ma lei aveva rifiutato di rispondere e non aveva mai più nominato Tarik a parte una sera in cui aveva chiesto, guardandoli.
- Che fine ha fatto Tarik?
Federico aveva risposto con calma.
- Ha avuto la lezione che si meritava.
Lei aveva avuto un piccolo brivido.
- Chi….voi due?
Marcel aveva risposto sicuro.
- Sì, noi due. Non si dimenticherà più di te, te lo assicuro.
Lei aveva chinato il capo, il viso pallido, smunto.
- Nemmeno io.
E la cosa era finita così. Dopo un mese i due giovani si trovarono in cucina, lei era appena andata a letto e li aveva salutati con un casto bacio sulla fronte, tutti e due. Federico disse, meditabondo.
- Non può andare avanti così.
Marcel confermò.
- Se ne è fatta una ossessione, se non riesce a sbloccarsi le rovinerà la vita.
- Cosa dobbiamo fare?
Il giovane allargò le mani, impotente.
- Non lo so! Prova ad andarle vicino, a toccarla, sei suo fratello!
- Mi respinge. La sento irrigidirsi e tremare e non voglio forzarla, deve essere lei ad avere voglia di venirmi vicina di nuovo.
- Ma se continua così, non ci verrà mai più.
Rimasero in silenzio, pensierosi, poi andarono a dormire e il giovane si distese accanto alla sorella, la voglia di prenderla tra le braccia che lo faceva soffrire; lei aveva gli occhi chiusi e sembrava dormire e Federico desiderava talmente sfiorarla sulla pelle che si sentiva quasi male, ma poi lei si mosse, si girò e lui rimase immobile, senza avere il coraggio di provare.
Passò un altro mese, ormai la palestra di Marcel era avviata e andarono insieme a vederla e Sara sembrò animarsi un poco, rise perfino e quella sera i due giovani erano così felici che si sentivano in paradiso! Ma appena a casa lei si richiuse nel suo mutismo e, appena dopo cena, li salutò e andò a dormire.
Stavano sparecchiando e commentando quando suonò il campanello e Federico andò ad aprire. Sulla porta, sorridente ed espansiva, c’era Micaela che lo salutò con un bacio sulle labbra. Il giovane la fece entrare, la presentò a Marcel e poi sedettero al tavolo. Per un po’ parlarono di cose banali, ma Federico sentiva che la ragazza era sulle spine, quindi chiese diretto.
- Come mai da queste parti?
Lei rise, scuotendo i folti capelli biondi, leggermente imbarazzata.
- Me lo avevi detto tu che se volevo potevo tornare!
Federico la guardava, un pensiero che gli stava nascendo in mente.
- Allora sei venuta per…. ripetere la serata?
Micaela lo fissò e poi guardò Marcel, incerta su cosa rispondere davanti ad un estraneo, ma Federico disse con semplicità.
- Marcel è quello che ci ha insegnato il sesso a tre, in Thailandia.
Micaela lo guardò, un brivido di eccitazione per il corpo, poi si umettò le labbra e disse, piano, senza guardare nessuno dei due.
- Ci ho pensato molto, ma…. mi sta bene. Voglio di nuovo provare quelle sensazioni. Anche con Sara. Dov’è, a proposito?
I due si guardarono, Marcel aveva capito e fece un piccolo cenno di assenso.
- Sara è malata, Micaela.
- Oh! Mi dispiace. Cos’ha?
Federico le spiegò quello che era successo alla ragazza e quando finì di parlare Micaela era pallida e aveva le lacrime agli occhi.
- Che cosa spaventosa! Come sta, adesso?
- Di salute bene. Non ha più nemmeno un segno, credo che anche internamente sia a posto, non abbiamo più potuto controllarla. Ma psicologicamente è a pezzi. Ha il terrore di essere sfiorata, baciata, toccata. E ogni giorno che passa si chiude sempre più in sé stessa.
Micaela guardava dall’uno all’altro e ora chiese, piano, incerta.
- Posso fare niente io per lei?
Federico le prese le mani, gliele strinse.
- E’ quello che stiamo pensando, forse se c’è un modo per ridarle la normalità, quello sei tu!
Micaela annuì, molto seria.
- Credo anch’io. Una mano di donna su di lei potrebbe non spaventarla quanto una mano di uomo.
- Vuoi provare?
Lei si alzò in piedi e sorrise.
- Ero venuta per questo, no?
Senza aspettare risposta si avviò alla camera ma Federico la fermò.
- Spogliati qui, Micaela, senza fare rumore da lei.
Micaela fece un lieve sussulto, ma poi cominciò a spogliarsi velocemente, senza guardare nessuno e Marcel ammirò i grandi seni candidi e il corpo pienotto in silenzio; quando fu pronta guardò Federico che le fece un cenno di assenso e si diresse alla camera, il corpo nudo e quasi luminoso nella sua bianchezza. Disse con un mezzo sorriso, sentirsi guardata da quei due giovani le eccitava la pelle.
- Non interrompeteci, forse ci vorrà un po’ di tempo.
Federico sorrise e fece l’occhiolino a Marcel.
- Tu non pensare a noi due, pensa di essere sola in casa con Sara! E domattina è sabato, non c’è lavoro!
Micaela fece un cenno di assenso ed entrò nella camera, chiudendo la porta dietro di sé. I due giovani si guardarono e Marcel sospirò.
- Speriamo che sia la mossa giusta.
- Se non lo è, tra qualche minuto la caccia fuori.
- E siamo al punto di partenza.
Sospirarono, si accomodarono meglio sul divanetto, accesero la televisione, cercando di non ascoltare se venivano rumori dalla camera, di non pensare a cosa stava accadendo.
Micaela rimase ferma appena dentro la porta, cercando di adattare gli occhi al buio, poi distinse la forma raggomitolata di Sara in un angolo del grande letto e si avvicinò piano, salendo al suo fianco e infilandosi sotto alle coperte. Sara fece un sospiro e si girò verso di lei, forse credeva che fosse Federico. Micaela rimase ferma, sentiva il desiderio di provare sotto alle dita di nuovo la magica pelle setosa di Sara e si sentiva quasi male al pensiero di quello che avevano potuto farle. Nel silenzio e nel buio della stanza allungò leggera una mano e la passò lungo la schiena di Sara, coperta da una camicia da notte. La sentì irrigidirsi ma non si scostò e lei si fermò, la mano su di lei, dolce, quasi sospesa. La sentì rilassarsi di nuovo e allora la accarezzò ancora, lentamente, dalle spalle alle natiche, seguendo la curva del fianco, sopra la camicia. Sara fece come un sospiro ma non sembrava tirarsi indietro. Micaela le passò le mani sul viso, sulle labbra, sui capelli corti e poi si chinò leggera e le posò le sue labbra, senza muoversi, solo posate su di lei, in attesa. I sui seni nudi sfioravano le mani di Sara che stava immobile, il respiro appena più pesante di prima, gli occhi chiusi. Micaela le passò la lingua sulle labbra, piano, con tenerezza e Sara socchiuse appena le sue, lasciandola entrare con un altro sospiro. La bocca di Micaela si incollò alla sua e la lingua la esplorò con gioia, dolcemente, mentre le teneva il viso con le mani e lasciava che i suoi seni si posassero su Sara, le sue gambe incrociassero quelle di lei. Sara fece un lieve gemito e subito Micaela si ritrasse, ma la ragazza le prese una mano, se la strinse al cuore, sempre con quel piccolo gemito. Micaela accarezzò i seni morbidi, sopra la stoffa della camicia e sentì i capezzoli che si inturgidivano, così continuò ad accarezzarla, senza frenesia, senza fretta. Quando la sentì morbida sotto alle dita, lasciò scendere la mano e la infilò sotto alla camicia, assaporando la pelle fresca e vellutata. Sara la lasciò fare senza partecipare, immobile ma non ostile. Micaela raggiunse i seni di lei, li accarezzò, le strinse appena i capezzoli e poi le sollevò le braccia e le sfilò la camicia e la ragazza lasciò fare. Ora la sentiva al suo fianco, quasi si sfioravano e cominciava a provare una eccitazione potente tra le gambe. Si trattenne, era ancora su terreno minato. Si chinò di nuovo a baciarla e questa volta Sara rispose al bacio, passandole le braccia dietro la schiena, il sospiro che la faceva tremare. Micaela le leccò le labbra teneramente, scese con la lingua verso i seni di lei, le prese in bocca un capezzolo, lo accarezzò con la lingua e Sara nascose il viso sull’incavo del suo collo, tra i capelli biondi. Micaela continuò ad accarezzarla e a baciarla e poi lasciò che la mano scendesse, quasi per caso, lungo la schiena, fino alle natiche. Si fermò, di nuovo aveva sentito l’irrigidimento di Sara, ma non tolse la mano. La mosse invece lentamente in circolo e piano piano la sentì di nuovo lasciarsi andare. Un passo alla volta, si disse, un piccolo passo alla volta, anche se lei aveva ormai il fuoco tra le gambe e la vulva che sprizzava scintille. Quando le fece scivolare via gli slip Sara fece un mugolio ma lei lo intese come desiderio, perciò non si fermò. Con estrema cautela e delicatezza riprese a massaggiarle i seni, ogni volta ampliando il giro della mano, fino a raggiungerle il pube, depilato. Si fermò e disse, sottovoce, divertita.
- Ti sei tolta la pelliccia?
Sara gemette appena e non rispose e Micaela la tastò con curiosità, era come se tutto fosse nuovo, così nudo di peluria. Passò le dita leggere sulla vulva e la trovò calda, umida e allora proseguì, tastando le grandi labbra, sfiorando la vagina. Sara si tirò indietro di scatto e lei non si mosse, sentiva la ragazza ansimare, tremare e si diede della stupida, doveva aspettare ancora! Invece Sara tornò a girarsi verso di lei, le prese la mano e se la portò tra le gambe, aprendole leggermente. Micaela sorrise tra sé, forse erano a buon punto. Le passò dolcemente le dita, sparse il suo umore su tutta la vulva, mentre Sara mugolava e cominciava a muovere il bacino e allora scostò le coperte e le salì sopra, la bocca sulla sua vulva fremente, il suo pube setoso sul viso di Sara che allungò le mani e glielo sfiorò, come se non ne avesse mai toccati prima. Micaela baciò il clitoride duro ed eccitato, passò la lingua sulle grandi labbra, le scostò e lasciò che la lingua fosse inghiottita dalla vagina umida e aperta. Sara mugolò, le anche che si sollevavano per accogliere quella lingua morbida e delicata che le dava sensazioni primordiali e nello stesso tempo baciò la tenera vulva che si trovava davanti, scostando con le dita la peluria e trovando la vagina bagnata e bollente. Micaela continuò a leccare, a succhiare, badando bene a non diventare mai violenta, mai frenetica, mentre sentiva che anche Sara le stava dando il medesimo piacere, adeguandosi ai suoi movimenti. Si diedero piacere a vicenda, i loro umori che sgorgavano spandendosi sulle vulve arroventate e poi si lasciarono andare, cadendo l’una sull’altra, abbracciandosi e baciandosi con passione. Sara le prese i seni e mormorò, estasiata.
- Non mi ricordavo più di quanto fossero grandi!
Micaela rise, mentre le stringeva le natiche e gliele allargava dolcemente, infilando poi un dito dentro di lei, ruotandolo con delicatezza.
- E io invece mi ricordavo benissimo come fosse adorabile questo buchino!
Sara mugolò e le restituì il piacere, succhiandole un capezzolo e infilando le dita nella vagina di Micaela che fece un piccolo grido, le dita fresche di Sara le avevano dato un brivido di eccitazione. Continuarono a baciarsi, a darsi piacere, fino a che Sara si distese accanto alla ragazza e la baciò dolcemente su un seno.
- Di chi è stata l’idea?
Micaela rise, le piaceva sentire il godimento di Sara nascere sotto alle sue dita e non avrebbe voluto smettere mai.
- Sono capitata qui per una seduta a tre e mi hanno detto…. di te.
Sara rabbrividì.
- E’ stato terribile.
- Immagino. Ma ora è tutto passato, ci siamo noi con te, non devi più aver paura di nulla.
Sara sospirò e allargò le gambe per lasciare che l’amica le accarezzasse meglio la vulva ardente.
- Hai ragione, ci siete voi con me.
Micaela lasciò che Sara la baciasse, la leccasse e poi mormorò, quasi divertita.
- Cosa dici, andiamo a dare la buona notizia ai maschietti?
Sara tornò ad irrigidirsi, spaventata.
- Micaela, io non so se potrò! Ho ancora tanta paura!
- Ma sono Federico e Marcel! Non devi aver paura di loro!
Sara chinò il capo, aveva ragione Micaela, non poteva aver paura di suo fratello, del suo dolce e meraviglioso fratello! E Marcel era quasi come un fratello. Annuì, guardandola con affetto.
- Hai ragione. E poi dovrò pur provare, no?
- Esatto! Su, prepara un po’ di atmosfera che vado a chiamarli!
Scesero tutte e due dal letto e Sara si affrettò ad accendere candele, bastoncini di incenso, cominciava a sentire la frenesia che le nasceva dentro, la voglia di carezze, le mancava la bocca di Federico su di sé, la sua lingua…. Pensò a cosa avrebbe provato a sentirlo sul pube denudato e rabbrividì di piacere. Tolse le coperte, distese il copriletto di broccato rosso e oro e poi si distese sul letto, le braccia aperte, il corpo bianco che spiccava sul rosso e chiuse gli occhi, aspettando con timore ma con fiducia che suo fratello la facesse di nuovo sua, come se fosse la prima volta. E poi pensò al corpo poderoso di Marcel e tremò appena, anche di lui aveva voglia, non come di Federico, ma ne aveva voglia! Micaela rientrò e si mise accanto a lei, baciandola leggermente sull’ombelico, sul ventre, le mani che le passavano leggere sul corpo finalmente rilassato.
- Stanno arrivando. Ho detto loro di andare piano, di non fare i bulldozer!
Sara sorrise, era piacevole quella serie di carezze che le tenevano il corpo caldo e fremente e alzò le braccia invitando Micaela a continuare.
- Hai fatto bene, non so ancora come reagirò ad un pene!
Micaela rise, intensificando le carezze sull’amica, non voleva che le scemasse il desiderio che le sentiva a pelle.
- Tutt’al più glieli mordi a sangue, come hanno fatto con te!
Sara sorrise appena, voleva dimenticare, dimenticare tutto e fu felice di rispondere alle pressanti domande di Micaela su Marcel.
- Ti piace, allora?
La ragazza prese una mano di Sara e se la infilò tra le gambe, facendole sentire la vagina bagnata e calda.
- Senti quanto mi piace? Quando l’ho visto mi è venuto un colpo, così muscoloso e bello, quei capelli lunghi sul collo…. A proposito, perché ti sei tagliata i capelli?
Sara rispose senza guardarla, continuando ad esplorare con le dita il corpo dell’amica.
- Aveva fatto…. aveva usato i miei capelli per farmi del male….per godere di più lui….
Micaela non chiese altro e la baciò dolcemente.
- Non pensarci più, è finita.
- Hai ragione, non voglio pensarci più.
Federico entrò in quel momento e si avvicinò al letto, guardando con infinito amore la sorella che si girò verso di lui e gli tese le braccia, il viso pallido.
- Ti amo, Federico!
Lui salì sul letto, la accolse in una stretta fremente, la baciò sul viso, sui capelli e poi la distese teneramente, guardandola in tutto il corpo, gli occhi scintillanti, pieni di desiderio. Micaela si era spostata per lasciare spazio ai due giovani, capiva che dovevano riprendere conoscenza tra loro due e rimase seduta a gambe incrociate, titillandosi la vagina e aspettando Marcel che, aveva capito, sarebbe venuto più tardi. Federico intanto aveva posato una mano sui seni di Sara e li stava toccando con leggerezza, gli occhi nei suoi.
- E’ come se fosse la prima volta, piccola.
Lei annuì, si sentiva sciogliere dentro, stava davvero provando le medesime sensazione di quando quel pomeriggio d’estate lui le aveva fatto aprire l’accappatoio per guardarle i seni.
- E mi piace come quella prima volta!
- Ero abbacinato dai tuoi seni, fino a quel momento li avevo solo spiati dal buco della serratura!
Lei rise, li protese verso di lui sussurrando.
- Sai che se accarezzi il capezzolo diventa duro come una pietra?
Federico le posò due dita sulle labbra e lei le leccò e con la saliva il ragazzo le passò i capezzoli, sentendoli vivere sotto le dita.
- Non come pietre, come due piccoli gioielli rosa!
Sara gemette di piacere, alzando le braccia e godendo delle mani sapienti del fratello. Disse con una punta di divertimento nella voce.
- Sei meglio di allora, però! Adesso sai dove toccare!
Federico sorrise e continuò, le mani che massaggiavano i seni, glieli impastavano, dolcemente, senza fretta, fino a sentirli gonfiare sotto alle dita, i capezzoli brucianti e rigidi. Si chinò a baciarla sulla bocca, la lingua che la esplorava con gioia, era la sua Sara, era tornata! Scese con la bocca sui seni, le prese i capezzoli tra le labbra, senza usare i denti, succhiandoli teneramente e lei mugolò di piacere. Poi Federico cominciò a scendere con la mano, deciso ma lento e lei lo lasciò fare, aveva il fuoco tra le gambe e voleva che lui arrivasse alla vulva nuda, che le facesse provare la sensazione della sua mano fresca sul pube depilato. Finalmente il giovane le toccò il pube, il respiro appena più rapido.
- Mi piace sentirti senza peluria. Ma mi piace anche con quella peluria di seta che avevi prima.
Lei rispose ad occhi chiusi, allargando lievemente le gambe.
- Ricrescerà.
Federico le sfiorò il clitoride e lei sobbalzò appena, ma lui disse, divertito.
- Adesso sì che potresti farmi lezione di anatomia femminile, non quella volta, in mezzo a tutta quella pelliccia!
Lei rimase immobile per lunghi minuti e lui non si mosse, in attesa. Poi Sara si decise, aprì gli occhi e lo guardò, un sorriso che le nasceva in fondo agli occhi e aprì le gambe, sollevando le ginocchia e lasciando la vulva scoperta davanti ai suoi occhi bramosi. Sempre fissandolo si toccò con le dita, dicendo a fior di labbra.
- Questo è il clitoride, fonte di ogni piacere. E queste sono le grandi labbra e qui sotto, nascosta, c’è la vagina. Sì, è proprio in questa fessurina che devi infilarci il tuo grande coso, ma piano, piano fratellino…..
Federico rise e chiese, stando allo scherzo.
- Posso toccare anch’io, sorellina?
Sara lo guardò, un amore immenso che le nasceva in cuore e rispose in un sussurro.
- Sì, puoi.
Federico si chinò su di lei, passò un dito gentile ripetendo sottovoce.
- Allora questo è il clitoride…. E le grandi labbra….. e la vagina…. Mmmh, è tutta bagnata, come mai?
Sara allargò ancora di più le gambe e sussurrò, movendo sensualmente il bacino.
- Perché ti voglio, fratello mio, adesso, subito!
Il giovane sorrise, era guarita! Le infilò un dito nella vagina umida e calda e poi due, tre, rigirandoli con perizia, fino a che le vide arcuare il corpo, stringere le lenzuola e allora si posizionò sopra di lei, il pene duro sul suo ventre e la guardò negli occhi.
- Sto per entrare, Sara.
- Va’, Federico, va’ dentro, presto, sto morendo!
Lui obbedì, scivolando piano dentro di lei, gustando di nuovo l’abbraccio morbido di quella guaina di pelle fremente che avvolgeva il suo membro rigido come un’asta di legno e spinse piano, sempre più a fondo, mentre lei si sollevava per accoglierlo, piccoli gemiti di piacere che le uscivano dalle labbra. Federico cominciò a muoversi dentro di lei, sentiva migliaia di vibrazioni salire dal corpo della sorella e raggiungere il suo corpo e aumentò sensibilmente il ritmo, massaggiandole i seni, stringendola per la vita, tirandola a sé. Sara mugolava e gemeva, le mani che abbracciavano la schiena del fratello, le unghie che gli si conficcavano nella pelle e poi sentì l’orgasmo che la lacerava, le scoppiava dentro come una tempesta, facendola gridare, mezza sollevata dal letto, gli occhi spalancati, il viso stravolto. Anche Federico venne con un potente getto caldo che la inondò e continuò a spingere fino a quando la sentì calmarsi, sospirare, abbandonare le braccia lungo il corpo. Si distese su di lei, aveva i brividi che lo scuotevano e posò la sua bocca su quella di lei, baciandola dolcemente.
- Ti amo, sorella mia!
Sara passò le sue braccia dietro le spalle di lui, gli agganciò le gambe sulle natiche e mormorò a sua volta.
- E io amo te, fratello mio!


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