Ghiaccio

Scritto da , il 2010-09-22, genere prime esperienze

Ghiaccio

Ci sono momenti in cui il tempo si fa ghiaccio. Ad un tratto, i rumori che ci circondano si trasformano in un tintinnio di cristalli e le voci scompaiono.

Sara osserva il volto delicato e assonnato di Alessandro mentre sull’uscio di casa prende a carezzare la gatta bianca che la gente del paese aveva adottato. Rea, così si chiamava la bestiola, sembrava nutrire un affetto tutto speciale per Alessandro: lo cercava anche quando lui era a scuola o partiva con il padre per viaggi d’affari. E se non lo trovava piangeva e raschiava la porta. Alessandro l’aveva nascosta quando volevano sterilizzarla e si era preso cura dei suoi cuccioli una volta nati. Dopo la prima figliata, però, si lasciò convincere a far operare la gatta che sembrò restargli grata per tutta la vita.

Sara aveva visto crescere Alessandro e come lui gli altri bambini e bambine della città. Era il medico del luogo e sebbene la sua cultura le impediva di partecipare alla vita del paese e a sentirsi parte di esso, voleva molto bene alla sua gente ed accettava quella sua posizione a metà tra il privilegio e la solitudine.

Alessandro era sempre stato diverso, diverso per intelligenza e sensibilità, diverso per i problemi che si portava dietro. Un padre padrone aveva privato del sorriso la madre a cui il bimbo tanto somigliava e poco a poco anche a lui, che crescendo diventava sempre più delicato nella sua bellezza e pareva farsi sempre più solo. La violenza verbale dell’uomo la infastidiva a tal punto da farle tremare le mani dalla rabbia quando lo sentiva inveire sul ragazzino che impavido guardava in cielo e non rispondeva. Non un cenno di paura, non un cenno di rabbia. Il padre comunque non era mai arrivato al punto di picchiare il figlio e di questo Sara ringraziava spesso la sorte.

Alessandro era da sempre stato dotato di un fascino malinconico capace di irretire anche la sua mente empirica di medico. Lei aveva visto le asperità della vita e dalla vita cruda e cattiva era scappata. Tutto ciò l’ aveva resa saggia e profonda ed allo stesso tempo empatica nei confronti della gente che curava.

Alessandro aveva la pelle liscia, gli occhi neri e delle labbra sottili che parevano essere state disegnate dal pennello di un giovane Raffaello. Non veniva mai accompagnato dai genitori nell’ ambulatorio e a differenza degli altri ragazzi chiedeva spesso spiegazioni sui medicinali somministrati. Un ometto molto intelligente.
Non aveva neanche vergogna di mostrarsi nudo sul lettino: sembrava fidarsi di Sara e di stare a suo agio con lei.

Sara, d’altra parte, non poteva che ammirare la bellezza di quel giovane dalla pelle
d’alabastro con quei lineamenti così perfetti da ricordarle le statue dei giovani eroi greci. Un giorno però Alessandro le sembrò diverso: aveva difficoltà a parlare e pareva avesse una gran fretta di andare via. Era ancora in slip e maglietta quando Sara gli annunciò di dover controllare i testicoli. Alessandro non volle abbassare le mutandine e Sara lo guardò con affetto e comprensione e disse, “Va bene Ale, li controlliamo da sopra gli slip”. Alessandro le regalò un bel sorriso e poi abbassò gli slip dicendo “Non si preoccupi”.

Alessandro stava crescendo: una sottile peluria gli puntellava il pube e sporadici peli infiorettavano lo scroto di un ragazzo ancora molto giovane. Anche l’ asta del pene era più grossa e le gambe gli erano diventate più forti e muscolose. Sara guardava Alessandro con l’affetto di una donna colta e con l’istinto di una mamma: voleva solo che il ragazzino diventasse uomo al più presto per poter vivere una vita meno infelice, lontano da quel padre violento e quell’ambiente così vuoto. Sara aveva trent’ anni e considerava Alessandro un fratello minore di cui prendersi cura e a cui volere bene. “C’è un piccolo varicocele Ale, devo parlare con tua mamma. Seguiremo tutto insieme, è un problema che risolveremo senza alcun problema. Ora rivestiti.”

Lo seguì durante tutta l’operazione che filò liscia come l’ olio e si assicurò che le infermiere si prendessero cura di lui. Restò in ospedale per tutta la notte, spiegando alla madre come doveva farlgi indossare il sospensorio e come posizionare meglio il ghiaccio sui testicoli gonfi.
C’ era qualcosa che la legava a quel ragazzo e quel legame lo ritrovava nei suoi occhi profondi. Lo sentiva figlio, fratello ma anche piccolo uomo e desiderava farlo crescere forse…per lei. Il pensiero a volte la tormentava.

Un giorno la madre portò Alessandro nel suo studio: aveva dei lividi in volto. Lei capì tutto ed ascoltò la madre che le chiedeva di prendersi cura del ragazzo per un po’. Sara accettò ma quel po’ diventarono anni, Alessandro dimenticò tutto e lei ricominciò a vivere.

Continua..

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