Al vernissage

Scritto da , il 2015-09-11, genere trans

AL VERNISSAGE

Girando per la città ho trovato una locandina che annuncia per giovedì l’inaugurazione di una mostra di acquarelli di un illustre pittore sconosciuto. Sconosciuto per me, almeno, visto che il suo nome non l’ho mai sentito.
Sono sempre stata un’appassionata di arte e mi piace visitare mostre, musei e luoghi ricchi di storia e di cultura, ragion per cui decido di andare anch’io alla presentazione. Mal che vada, se proprio i quadri fanno cagare, mi defilo subito.
Il gran giorno è arrivato ed anch’io mi sono adeguatamente preparata. Indosso un abito optical bianco e nero, una cintura rosa in vita, collant bianchi e stivali neri che arrivano poco sotto il ginocchio. Ho anche cambiato pettinatura per l’occasione: anziché lunghi e mossi come al solito, ho un caschetto di capelli biondi. Mi sono addirittura truccata con rossetto rosa, fondotinta e un filo di rimmel attorno agli occhi. Completano l’abbigliamento un paio di orecchini ed un bracciale al polso destro. Se, come si millanta, ci sarà la creme cittadina, tanto vale prepararsi bene per l’occasione.
La mostra è tutto sommato interessante: ne è valsa la pena andare. Una volta che la coppia autore e curatrice ci hanno fatto fare il giro delle opere con spiegazione dettagliata di ciascuna, ecco il buffet. E poi dicono che con la cultura non si mangia.
Prendo giusto un paio di bicchieri di vino bianco e delle pizzette: non ho particolarmente fame.
Visto che non conosco nessuno, torno allora a rimirarmi i quadri. Alcuni mi hanno particolarmente colpito e voglio gustarmeli meglio.
Mi rifaccio il giro delle opere e fisso una veduta di un paesaggio marino.
“Mi ricorda tanto una cala vicino ad Amalfi dove ho attraccato con la barca quest’estate”.
In genere un’affermazione simile colpisce per il suo contenuto: quante persone possono dire di aver fatto la stessa cosa? Un po’ come quella pubblicità che sponsorizza le prestazioni di un’automobile sul percorso Montecarlo – Sankt Moritz: chi cazzo è che si fa abitualmente quel tragitto?
Io invece vengo colpita dal fatto che chi ha parlato si è avvicinato alle mie spalle di soppiatto, senza farsi sentire. E infatti trasalgo spaventata.
Mi giro. Si tratta di una persona sulla cinquantina. Alto, fisico asciutto, abbronzato (anzi, visto che siamo alla fine di ottobre, sicuramente lampadato), capelli sale e pepe perfettamente pettinati, occhi scuri. Indossa un completo color castagna, una camicia gialla, un foulard screziato arancione e occhiali con la montatura rossa.
Insomma, una via di mezzo fra Philippe Daverio e Flavio Briatore.
La cosa che però più mi colpisce è la voce baritonale, sembra quasi quella di un doppiatore.
“Mi spiace, signorina. L’ho spaventata?”
“No, si figuri, nessun problema. Stavo ammirando il dipinto e non l’ho sentita arrivare”.
“Sì, in effetti è un quadro molto poetico”.
“Vero. Molto suggestivo. E glielo dice una cui non piace il mare”.
“Non le piace il mare? Non sa cosa si perde, per me è la vita. Non potrei vivere senza”.
“Sì, ho sentito prima che lei ha una barca”.
“Infatti. Proprio quest’estate ho… Ma che diamine, non mi sono nemmeno presentato! Massimiliano”.
“Beatrice. Tanto piacere”.
Allungo la mia mano per stringere la sua ma lui me la afferra, la alza e mi fa il baciamano.
Arrossisco: è forse la prima volta che mi capita una cosa simile. Però mi piace questa galanteria.
Iniziamo a parlare del più e del meno e ne approfittiamo per allontanarci dalla mostra. Il palazzo è una vecchia residenza nobiliare. Scendiamo al piano inferiore che dà sul giardino esterno. Lui mi fa da cicerone. Scopro che è un antiquario (“E lei, invece, che mestiere fa?” “Impiegata in un mobilificio. Viaggio molto in Italia ed all’estero”). Mi aspetto che, da un momento all’altro, si presenti come un membro dell’alta aristocrazia borghese.
Mano a mano che la conversazione procede, i discorsi vanno sempre più sul personale: mi dice che è sposato ma senza figli (“E lei?” “Sono nubile, grazie”).
Ad un certo punto mi scosta un capello fuori posto. Ci impiego poco però a notare che il gesto si trasforma subito in una carezza sulla guancia. Il suo sguardo è chiarissimo.
“Qua dietro c’è una stanza dove non ci va mai nessuno ed è sempre aperta”.
Le sue parole lo sono ancora di più.
“Ci sto”. Mi sta già venendo un po’ duro.
Entriamo dentro e cominciamo a baciarci. Sento la sua lingua scontrarsi come per gioco con la mia, e le sue mani andare su e giù lungo i miei fianchi. Io gli accarezzo i capelli, gli sbottono la camicia e comincio a sfiorargli il torace con le dita. Lui intanto entra nella scollatura e mi palpa il seno.
“Niente male davvero”, esclama.
Io scivolo con le mie mani dentro la patta dei pantaloni e sento un pene già bello duro e ingrossato.
“Niente male davvero”, esclamo io.
Mi mette le mani sotto la gonna e mi tasta il culo.
“Bello sodo, così mi piace”.
Poi scivola sull’inguine e mi tocca il pacco. Viene colto di sorpresa dalla novità.
“Non te l’aspettavi questa, vero?”, lo schernisco.
“Tu invece non sai che regalo mi hai fatto”.
Io comunque mi abbasso e comincio a succhiargli l’uccello. Mi sembra quasi che sia impregnato di arte e cultura pure lì. Me lo gusto a fondo e ne approfitto per insalivarlo per bene. Tanto so già come andrà dopo.
Mi sollevo e mi giro. Lui inizia a spingermi la sua nerchia sulle terga. Mi alzo la gonna, mi abbasso collant e mutandine e gli mostro quello che vuole. Lui inizia ad infilarmi due dita nel culo e ad allargarmi l’ano. Poi prende in mano il suo uccello e me lo spinge dentro.
Si aprono le danze: lui che va avanti e indietro ed io che stringo il buchetto per farlo godere ancora di più. E pensare che un paio d’ore fa mi stava facendo il baciamano! Comunque sia, io sono piegata a novanta gradi e apprezzo la sua possenza virile accogliendola dentro di me. Lui è il leone ed io sono la leonessa, e siamo entrambi in calore.
Ansima in modo più vistoso: siamo vicini all’eiaculazione. Ansimo anch’io di piacere. Lo sento venire dentro di me.
Tutto l’ardore e l’istinto animalesco svaniscono come d’incanto. Ci rivestiamo e, quasi se non fosse accaduto nulla, torniamo ad essere l’uomo attempato che esercita il suo fascino sulla donna più giovane di lui. Riprendiamo il giro del palazzo e il filo della conversazione da dove si era interrotta.
***
Mi richiama qualche giorno dopo, invitandomi a casa sua per un dopocena domestico. Vuole farmi conoscere sua moglie.
Ci tiene dunque a mantenere le apparenze, poco ma sicuro. Non riesco però a capire che rapporti voglia mantenere con me. D’accordo, ci conosciamo da pochissimo e quindi vorrà andare per gradi; però abbiamo già scopato, cazzo! Vorrà pur dire qualcosa!
Comunque, mi presento all’appuntamento a casa sua, un edificio razionalista perfettamente conservato. Salgo tre rampe di scale e, dopo aver bussato, mi apre il padrone di casa che mi accoglie con affabilità.
L’appartamento è arredato con gusto e con classe: mobili, quadri e suppellettili delle epoche più disparate si uniscono in un tutto armonico. Soprattutto, non ho mai visto così tanti libri in una casa.
Dopo aver attraversato assieme stanze stipate di volumi fino all’inverosimile, arriviamo in un salottino dove, accomodate su due poltrone, trovo due donne.
La prima è circa coetanea di Massimiliano. Caschetto di capelli mesciati, viso squadrato, occhi azzurri, qualche ruga attorno alla bocca e soprattutto dentatura bianchissima. Porta un vestito corto bianco e aderente che mette in risalto un seno generoso, collant marroni e tacchi a spillo neri. Non so quanti anni possa avere ma è ancora una bella donna.
La seconda invece è decisamente più giovane, sulla trentina. Capelli castano chiaro che ricadono lunghi ben oltre le spalle, occhi grigi, pelle che sembra di porcellana da quanto è liscia e rosa, viso che disegna un tondo quasi perfetto per terminare nel mento appuntito. È vestita in modo abbastanza simile all’altra: anche per lei un vestito corto ma di paillettes argentate che, in combinazione con le calze color carne e scarpe col tacco con una punta parecchio pronunciata (ed anche altrettanto fuori moda) mette in risalto due gambe da urlo.
Tanto per completare il cerchio, io ho scelto un abbinamento bicromatico: nero per maglietta a maniche lunghe, collant e scarpe col tacco, bianco per la giacca, nero a quadri bianchi larghi per la minigonna.
Massimiliano, da buon padrone di casa, dà il via alle presentazioni.
Inizia con quella più anziana.
“Lei è Angelica, mia moglie”.
Ci avrei scommesso le palle.
“Lei invece è Arianna, la mia amante”.
Ho sentito bene?
“Lei è Beatrice, un’appassionata d’arte che ho avuto il privilegio di conoscere solo pochi giorni fa alla mostra di cui vi parlavo”.
Questa mia celebrazione non riesce comunque a distogliermi dai miei pensieri: veramente questo qui mi sta presentando la sua amante? E in presenza della moglie?
Evidentemente la signora riesce a leggermi nel pensiero perché, senza che io apra bocca, subito proferisce parola:
“Io e Massi siamo sempre stati una coppia molto aperta. Ognuno di noi ha avuto numerose relazioni extraconiugali e non ci siamo mai fatti problemi nel dircelo a vicenda. Anzi, con alcune di queste persone siamo anche rimasti amici quando tutto è finito”.
La franchezza di Angelica mi rincuora. Vengo fatta accomodare su un’altra poltrona.
Iniziamo un discorso a quattro. Anche in questo caso il livello culturale degli argomenti è decisamente elevato: si passa da Rousseau a Calvino, da Wagner a Piero della Francesca, da Pasolini a Molière. Il padrone di casa poi serve a tutti dell’ottimo vino passito.
“Oddio, l’ho perso!”, esclama tutt’ad un tratto Arianna.
“Cosa?”, chiede Angelica.
“Il bracciale d’argento che tuo marito mi ha regalato l’anno scorso”.
Una frase simile scatenerebbe l’ira funesta anche della moglie più remissiva. Angelica invece risponde con un: “O che peccato!”
“A chi lo dici! Mi spiacerebbe terribilmente perderlo!”
In quattro aguzziamo gli occhi. Proprio sotto la poltrona dove Arianna è seduta scorgo qualcosa luccicare. Glielo faccio presente.
“Ah, meno male, mi sento più tranquilla. Ti spiacerebbe prenderlo? Non ho tanta voglia di alzarmi…”
“Nessun problema”.
Mi inginocchio sul tappeto persiano e ravano sotto la seduta quando sento qualcosa premermi sulla nuca.
“Resta dove sei”.
È stata la padrone di casa a parlare. Il suo tono di voce è però decisamente cambiato: secco, deciso, imperativo. Non so perché mi abbia appoggiato il piede sulla nuca. Anche l’amante ha fatto la stessa cosa.
Il padrone di casa, invece, si limita ad osservare in silenzio tutto quanto.
Mi levano i piedi di dosso. Io però rimango in ginocchio, più stupita che impaurita. In che gabbia di matti sono capitata?
Angelica mi prende il volto fra le mani e, guardandomi dritta negli occhi, mi sciorina queste parole come in una specie di trance.
“Mio marito mi ha detto come ti ha conosciuto. In tutti i sensi. E mi ha anche detto che in realtà non sei una donna, ma un transessuale”.
Annuisco. E quindi?
“Adesso giochiamo noi”, ribatte Arianna. “Sdraiati”.
Faccio come dicono. Si tolgono le scarpe e cominciano a strusciarmi i loro piedi in faccia. Sento il sudore delle suole ed il calore delle dita contro il mio viso.
“Adorali”, dice Angelica.
Comincio a baciarli e ad annusarli con piacere. Con la coda dell’occhio, di quando in quando getto un’occhiata anche alle gambe delle due donne: lunghe e filiformi quelle di Angelica, sode ed atletiche quelle di Arianna.
La moglie poi le tiene aperte e riesco quindi ad intravedere l’intimo color albicocca. L’amante, invece, le ha accavallate e, seppur lo stacco di coscia mi arrapi enormemente, copre la visuale dell’interno gonna.
Evidentemente anche Arianna deve possedere doti telepatiche, perché scavalla e riaccavalla le gambe, mostrandomi le sue mutandine rosa.
Sempre coi piedi mi tastano la zona inguinale, anche strisciando sotto la minigonna. Il mio bigolo si sta decisamente indurendo, anche perché questa è una delle situazioni che preferisco.
“Senti qua che bell’uccello nasconde Beatrice!”
“L’uccello del Paradiso”.
Sì sì, fate pure i giochi di parole danteschi. Tanto anche a voi intellettuali piace fare le porche.
Massimiliano è ancora al suo posto, fermo immobile, con lo sguardo fisso verso di noi.
“So a cosa stai pensando, troietta. A mio marito piace fare il guardone, fra le varie cose”.
Le due donne mi tolgono i piedi di dosso e mi fanno cenno di alzarmi.
Mentre mi metto in piedi, Arianna mi si avventa addosso con foga e, dopo avermi saldamente afferrato la nerchia, sbotta con queste precise parole:
“E adesso vediamo se sei capace di farci godere, frocetto!”
Cominciamo a baciarci. Lei mi artiglia la schiena, tenendomi ben stretta a sé. Io parto subito all’attacco tastandole il culo. Da dietro però sento Angelica che mi abbraccia, mi tocca il seno, insistendo sui capezzoli, e mi morde un orecchio.
Mi giro e ricambio la cortesia mettendole svariati metri di lingua in bocca. Questa volta però è Arianna a prendermi alle spalle e a leccarmi il collo in maniera lasciva.
Mi sento assediata: vogliono proprio prendermi per sfinimento.
Mi giro nuovamente verso l’amante e tuffo la mia testa fra i suoi seni. Le infilo poi due dita dentro la vagina. La sento calda e umida. Lei apprezza il gesto ed inizia ad ansimare. Mi mette una mano dentro le mutande e comincia a massaggiarmi il pene. Angelica da dietro fa la stessa cosa. Parimenti, inserisco anche a lei due dita dentro la baggiana.
Questo gioco ad incastro prosegue per un po’ di tempo, poi arriva l’ordine imperativo della padrona di casa:
“Spogliamoci!”
“Prima la foto!”
A parlare è stato Massimiliano, destatosi all’improvviso dall’oltretomba. Ci chiede di metterci in posa e di sorridere.
“Le mie tre Grazie”, commenta mentre scatta la foto. Poi rientra nella sua catalessi e torna a fissarci immobile come un segugio che punta la preda.
Noi tre donne ci spogliamo e rimaniamo nude.
Angelica ha ancora un corpo stupendo per la sua età. Magari la muscolatura non è più tonica come quand’era giovane, ma è comunque ancora asciutta e snella.
Arianna nuda sembra ancora più una bambola. Forse con qualche insospettabile filo di cellulite ma, in fin dei conti, chi se ne frega.
Dal canto mio, non fosse per due bicipiti un po’ troppo pronunciati per essere una ragazza, ho un corpo squisitamente femminile. Al netto di fava e balle, ovvio.
Ma bando alle ciance, cominciamo. Già qui però sorge il dilemma: con chi parto? Do la precedenza all’età e quindi scelgo Angelica? O mi fido del motto ‘largo ai giovani’ e opto per Arianna?
La seconda che ho detto.
Avvicino a me Arianna e le infilo rispettivamente la lingua in bocca e l’uccello dentro la figa. Credo che apprezzi di più il secondo gesto perché parte a mugugnare. Io intanto la penetro con foga, e continuo a insistere anche quando ci sdraiamo per terra.
Pur continuando a penetrarla, metto il mio corpo in posizione perpendicolare al suo e le tocco un’altra volta le tette, ricambiata a mia volta. Intanto, avverto il pube caldo di Angelica contro la mia nuca e lei che mi accarezza i capelli aggiungendo: “Guarda che dopo tocca a me”.
Arianna si alza.
“Prendimi da dietro!”
Detto, fatto. Io spingo, spingo e spingo.
“Anche il culo!”
Le infilo due dita attraverso l’ano per farla godere ancora di più. Lei apprezza: si sente posseduta da me, dal mio pene che la castiga, che la scalza dal ruolo di amante ufficiale, che le fa vedere che il suo uomo ha scelto un’altra per spassarsela e non più lei. Mentre mi macero il cervello con tutti questi pensieri, eiaculo.
Faccio appena in tempo a riprendere fiato ed a bere un bicchier d’acqua che è Angelica a prendermi per mano e trascinarmi a sé. Ho la netta impressione che entrambe le donne abbiano fretta.
A differenza dell’altra, è lei a baciarmi per prima. Io non me lo faccio ripetere due volte e la penetro subito. Mi sento un po’ più vuota rispetto a prima e quindi ho bisogno di un po’ più di tempo, ma il mio bigolo si rimette alacremente al lavoro, scavando indefesso dentro la vulva delle padrona di casa.
Con un balzo inaspettato, mi salta addosso e avvinghia le gambe dietro la schiena. Io la sostengo da dietro per non cadere. Mi sento un’equilibrista. Continuiamo comunque a spingere a vicenda, in direzione ostinata e contraria l’una all’altra.
Mi chiede di poggiarla sul tavolo. Mi trascino verso il mobile. Lei prima si siede e poi ci si sdraia sopra supina. Io invece rimango in piedi davanti a lei.
Il mio uccello intanto continua a uscire ed entrare nella sua vagina.
“Dai, spaccami la figa!”
Io ci vado giù ancora più cattiva.
“Anche il culo!”
Sì, hanno proprio fretta. È come se si fossero studiate a tavolino la parte: ripetono ambedue le stesse cose. Io comunque assecondo anche lei. Le ficco due dita su per il buco del culo e intanto spingo dentro la topa il mio cazzo con tutta la rabbia di cui sono capace. Come ho castigato Arianna, adesso fustigo anche te, Angelica. Non mi basta aver preso il posto dell’amante. Punto molto più in alto: voglio detronizzare anche la moglie, voglio che Massimiliano sia mio e solo mio, e di nessun’altra. Per la seconda volta, vengo mentre ho la testa in queste faccende affaccendata.
Bene, ormai è finita.
“Ferma lì!” La voce è quella di Angelica.
Ancora? Cosa hanno sempre da sbraitare queste due matte?
“Ora è il nostro turno”, ribadisce Arianna.
Il vostro turno per fare cosa?
La padrona di casa scompare per qualche istante per poi ricomparire con due oggetti dalla forma inequivocabile.
Sono due dildo, uno per ognuna.
Angelica ed Arianna hanno indossato l’armatura.
“Credo che tu sia abbastanza intelligente per capire cosa debba fare ora”, mi chiarisce l’amante.
Capisco subito l’antifona e mi metto a ginocchioni.
“Brava. E adesso vediamo se il tuo culo è così morbido come mi ha detto mio marito”.
Si sono lubrificate gli arnesi prima di mettersi all’opera: la classe non è acqua. E infatti non fa quasi male. Quasi.
Si sono infatti scelte dei birilli di proporzione ciclopiche: credo che minchie di quelle dimensioni esistano in altre specie animali, ma non di certo in quella umana.
Angelica mi spinge il dildo sempre più dentro, mi sembra quasi di sentirlo arrivare al cervello. Però mi piace. Fa un male cane però sto appunto godendo come una cagna. Sì dai, ancora, infilalo dentro tutto, finchè puoi. Poi si adagia su di me e mi mette le mani attorno alla vita.
“Ricordati che io sono la tua padrona e che tu sei solo un giocattolo nelle mie mani!”
Va bene, va benissimo, però basta mi fa male. O forse no: proprio perché mi fa male, continua.
Continua fino a raggiungere l’orgasmo. Il suo orgasmo. Poi mi sfila con una mossa da maestro il dildo dal culo.
Non faccio in tempo a sentire i muscoli dell’ano rilassarsi che subito Arianna mi chiama a sé.
“Ed ora vieni qua, sgualdrina”. Da che pulpito, penso io.
Mi mette schiena a terra. Mi afferra per le gambe, tenendole divaricate ed alzate da terra. E mi penetra.
Il suo fallo è forse ancora più grande di quello di Angelica. Fa più male e quindi mi fa godere ancora di più come una troia.
“Mi sono messa così perché voglio vederti negli occhi mentre te lo sto mettendo nel culo”.
“Ancora, ancora, ancora!”
Dà un colpo secco di reni.
“Così ti piace?”
“Sì, così è magnifico! Ancora!”
Continua a battere colpo su colpo, come se con quel dildo volesse veramente sfondarmi tutta.
Dopo un po’ di strappi bruschi, le sue spinte riprendono un ritmo più lento ma regolare, inesorabile.
Si sdraia sopra di me. Ho la sua faccia a pochi centimetri dalla mia. Posso sentire il suo respiro.
In un impeto di tenerezza, mette le sue mani nelle mie e me le stringe.
“Sai che è anche più bello di quanto pensassi?”
Mi dà un bacio, poi riprende a scoparmi il culo. Sta avvicinandosi all’orgasmo: i gemiti di piacere sono sempre più alti e profondi. Alla fine viene anche lei.
Sfila il suo pene dal mio buco. Sono soddisfatta. Dolorante, ma soddisfatta.
“Meraviglioso, semplicemente meraviglioso. Altra foto!”
Il padrone di casa si è nuovamente destato dal torpore in cui versava. Questa volta ci immortala nude.
“Le mie Muse!” è il suo commento.
Io, Angelica ed Arianna ci rivestiamo.
“Sei stata davvero brava, Bea. Massimiliano ha scelto bene”, commenta Angelica.
“Concordo. Soprattutto, trovo che tu abbia molta fantasia”, aggiunge Arianna.
Io ringrazio e annuisco col capo, come si fa coi matti. Abbiamo appena fatto un’orgia al femminile (o quasi) con tanto di guardone e ne parlano come se fosse stato uno spettacolo teatrale.
Dopo un po’ di convenevoli finali, decido che è arrivato il momento di levare le tende.
Saluto tutti come se avessi trascorso da loro una tranquilla serata conviviale. Come se non fosse successo nulla di anomalo.
“Mi raccomando, torna pure a farci visita!”, esclama Angelica.
“Può contarci!”, ribatto io.
In effetti, mi sono divertita parecchio. Chissà cosa ci inventeremo la prossima volta.
“Venerdì prossimo avremo a cena Michela, una nostra carissima amica transessuale. Sarai dei nostri, vero?”
Ecco, mi ha già risposto.


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