Dall'amore di mamma alla perversione di cagna

Scritto da , il 2015-07-31, genere incesti

Non avrei mai creduto che sarebbe potuto accadere ….Dopo 4 anni di matrimonio mio marito ed io come sai divorziamo . Dal nostro matrimonio è nato un bambino. L’ho avuto in affidamento anche perché il padre ha manifestato la volontà di non volersene occupare. Un anno dopo il divorzio mi trasferisco, insieme a mio figlio, in un’altra città. Mi laureo in giurisprudenza e, dopo il praticantato, avvio uno studio legale tutto mio. Oggi sono una professionista abbastanza conosciuta. Sono una bella donna con gli attributi al posto giusto e ben evidenziati. Ho una quarta di seno (36 D). Alta 175 cm con gambe lunghe ed affusolate. Bruna con carnagione bianco latte. Gli uomini mi definiscono, sessualmente parlando, una bomba. Molti colleghi e clienti mi porterebbero volentieri a letto. I primi tempi sono stati duri. Con mio figlio ho vissuto in una casa formata da due vani di cui una era cucina, soggiorno e studio, l’altro camera da letto. Io e mio figlio dormiamo nello stesso letto. Questo è durato per circa quattro anni. Poi le cose cominciano a cambiare. I clienti aumentano di numero. Fuori città c’è una villa in vendita. Il prezzo è conveniente. Aiutata dai miei genitori l’acquisto. Contemporaneamente fitto anche un appartamento in città che attrezzo a studio legale. Nonostante ci siano, nel piano superiore della villa ben quattro camere da letto, mio figlio continua a dormire nel mio stesso letto. Personalmente il fatto che lui dorma insieme a me non mi da fastidio. Al contrario mi piace sentirlo vicino. Spesso mi addormento tenendolo stretto contro il mio petto. Gli anni passano. I clienti aumentano. Per far fronte agli impegni devo fare ricorso a giovani laureati in cerca di praticantato. Poi… Una notte d’estate ha inizio quello che in seguito mi ha trascinata in un vortice senza più possibilità di ritorno. Fa caldo. È notte inoltrata. Sono girata su di un fianco verso mio figlio. Una piacevole sensazione pervade il mio corpo. Qualcuno sta giocando con una mia mammella. La sensazione si trasmette al centro delle mie cosce. Investe la passerotta e mi bagno. Non resisto. Apro gli occhi. Altro che sogno. Questa è pura realtà. Mio figlio ha la testa contro il mio petto e la sua bocca è attaccata ad un mio capezzolo. Sta succhiando. Ha gli occhi chiusi. Non ho il coraggio di sottrarmi. Il piacere è troppo forte. Sono anni che non provo tali sensazioni. Lascio che continui a succhiare. Di colpo smette. Si gira e mi da la schiena. Resto immobile non so per quanto tempo. Mi alzo e vado in bagno. Mi guardo allo specchio. Ho la camicia da notte tutta aperta sul davanti ed una mammella fa bella mostra di se. Vedo il capezzolo ancora turgido e proiettato verso l’alto. Rivedo le labbra di mio figlio avvolte intorno al capezzolo. Sento la sua lingua schiacciarlo contro il palato e succhiarlo. Lo sgomento mi colpisce non per il fatto in se stesso ma per aver provato piacere. Mio figlio ha risvegliato in me sensazioni che credevo perdute. Non so se è stato un caso oppure lo ha fatto con intenzione. Da brava legale investigherò. Rinfresco il viso con acqua fredda e ritorno a letto facendo attenzione a non svegliarlo. La mente è un turbinio di pensieri. Non riesco a prendere sonno. Verso le prime ore del mattino, stanca e forte del fatto che è sabato e non ho impegni mi addormento. È circa mezzogiorno quando mi sveglio. Sono sola nel letto. Mi alzo. Vado in bagno. Faccio una doccia. Infilo reggiseno e mutandine. Copro il tutto con una camicia molto ampia che mi arriva a meta coscia e scendo al piano inferiore della villa. C’è un silenzio assordante. Capisco che mio figlio non è in casa. Vado in cucina e mi accingo a preparare da mangiare. Verso le due del pomeriggio sento la porta d’ingresso aprirsi e poi chiudersi. È tornato. Con il pensiero vado ai momenti di questa notte. I miei capezzoli si inturgidiscono. Dio. Cosa mi succede? Il pensiero della bocca di mio figlio chiusa intorno ad un mio capezzolo mi eccita. Scaccio il pensiero. Mio figlio mi raggiunge.
“Ciao, mamma. Stamattina dormivi un sonno pesante. Ho preferito non svegliarti. Sono andato in città a gironzolare ed eccomi di ritorno. Ho una fame da lupo.”
Si avvicina alle mie spalle. Mi cinge la vita con le sue braccia e mi bacia il collo indugiando con le labbra e facendomi sentire la punta della sua lingua. Un brivido mi attraversa la schiena. Mi stringe ancora di più. “Mamma sei bella e ti amo.”
È una frase che già altre innumerevoli volte mi ha detto. Questa mattina le attribuisco un significato molto, molto diverso. La sua stretta lo porta a far incontrare il suo pube con le mie natiche. Sento l’eccitazione crescere in lui. Il suo cazzo si indurisce e preme contro il mio culo. Sono presa dal panico. Mi libero dal suo abbraccio. Santi numi. Sto impazzendo. Non può essere. Mio figlio a contatto con il mio corpo si eccita. “Perché non vai a farti una doccia?”
“Mamma l’ho fatta già stamattina. Hai un’espressione stravolta. Cosa ti è accaduto?”
“Niente. Niente. È che ho dormito poco. Vai di la che è pronto.”
Esce dalla cucina. Sento le gambe piegarsi. No. Non può essere. È la mia fantasia a farmi vedere cose che non esistono. Eppure stanotte ha succhiato da una mia mammella. E poco fa il suo “coso” premeva contro il mio culo. E quel bacio sul collo è stato carico di desiderio. Devo assolutamente sapere. Lo affronterò e lo costringerò a parlare. Dopo pranzo lo invito a fare una passeggiata nel vicino bosco. Ci inoltriamo. Ogni tanto mi prende la mano e me la stringe. Arriviamo in uno spiazzo pianeggiante al centro del quale scorre un ruscello. Ci sediamo sull’erba. Sull’altra sponda del corso d’acqua vi sono due splendidi cavalli. Uno è un maschio e l’altro è una femmina. Senza por tempo avvio il discorso.
“Dimmi un po’ perché non mi fai conoscere la tua ragazza? Com’è? Bella?”
So bene che al momento non c’è l’ha. Invece la sua risposta mi sorprende.
“Mamma la donna di cui sono innamorato è meravigliosa. È talmente bella che gli uomini farebbero carte false per trascorrere un giorno con lei.”
“E quando la vedi? Sei sempre a casa. E’ forse una tua collega di scuola?”
“No. non è una mia collega. In quando a vederla la vedo tutti i giorni.”
Per il grande Odino. Lo ha detto. Non è una sua collega e la vede tutti i giorni. Quella donna sono io. Questa notte non è stato un caso. Mi ha succhiato una tetta sapendo bene quello che stava facendo. Arrossisco. Devo correre ai ripari.
“Non ti sembra di essere un poco cresciuto per dormire ancora con me. Ormai sei un giovanotto e non sta bene che tu dorma ancora nel mio letto.”
Lo guardo fisso negli occhi. Lui si rabbuia. In quell’istante, sull’altra sponda del ruscello, lo stallone si è alzato sulle gambe posteriori e le ha poggiate sulla schiena di una delle giumente. Tra le gambe vedo penzolare il suo grosso cazzo che duro e dritto tenta di infilarlo nella fica della giumenta. Dopo vari tentativi finalmente ci riesce. L’accoppiamento non dura molto. Pochi attimi è lo stallone si ritrae. È stata una scena eccitante. Sono talmente affascinata da quella rappresentazione d’amore di quello stallone che a stento riesco a sentire le ultime parole che escono dalla bocca di mio figlio.
“…..ti amo.”
Sono quelle parole che mi portano alla realtà.
“Cosa hai detto?”
“Mamma, la donna di cui sono innamorato sei tu. Voglio fare l’amore con te come quel cavallo lo ha fatto con quella giumenta.”
Un attimo di sbigottimento mi assale. Non c’è voluto molto per farlo parlare. È bastato vedere uno stallone possedere una giumenta. Non lo credevo capace di tanto ardire.
“Sei impazzito? Vuoi accoppiarti con me? Sono tua madre?”
“Si. È vero. Sei mia madre, ma sei anche una stupenda e bellissima donna.”
“Non dire eresie. Io bella? Come ti viene? E poi non puoi amarmi. Come mamma va bene, ma come donna no. Non sta bene. Sei mio figlio. Si è fatto tardi. Rientriamo a casa.”
Lungo la strada cammino a pochi passi dietro di lui. Le sue parole mi rimbombano nel cervello. Vuole entrare nel letto non più come figlio ma come amante. Vuole fare l’amore con me. Mi vuole possedere. Sì. È uscito di senno. Mi ha paragonata ad una cavalla. Che modo barbaro di dire ad una donna di amarla. Però ha anche detto che sono una bellissima donna. Alzo gli occhi e vedo la sua schiena. Sorrido. È un giovincello. Appena conoscerà una ragazza della sua stessa età mi dimenticherà facilmente. Siamo a casa. Il discorso fatto nel bosco non viene ripreso. Giunge la sera. È ora di andare a letto.
“Non credi che sia opportuno andare a dormire da solo in un'altra stanza?”
Il suo viso si intristisce.
“Figlio mio. Non ti sto scacciando. Dopo che hai manifestato il tuo amore per me noi due non possiamo e non dobbiamo più dormire nello stesso letto. Potrebbero accadere fatti a cui non sarà possibile porre rimedio.”
Lo guardo fisso negli occhi.
“Stanotte hai succhiato una mia mammella. In un primo momento ho creduto che stavi sognando. Avevi gli occhi chiusi. Non ti ho svegliato. Poi ho visto il piacere espresso sul tuo viso ed ho capito. E stamattina quando mi hai baciato sul collo lo hai fatto con intento malizioso. Così come malizioso è stato farmi sentire la tua eccitazione premere contro le mie natiche. Tu non mi ami più come madre. Tu stai vedendo in me una donna. Vuoi possedermi. Non posso accontentarti. Sei mio figlio e un rapporto sessuale tra noi due è impuro e insano. Fai prevalere la ragione. Scaccia dalla tua mente questo tuo desiderio.”
“Non posso farlo. So bene che sei mia madre ed è di mia madre che sono innamorato. Desidero stare nel letto insieme a te e possederti proprio perché sei mia madre. E’ questo che non mi fa ragionare. Io non voglio altre donne. Voglio te. Voglio amarti come un uomo ama la sua donna. Voglio essere il tuo amante ed allo stesso tempo tuo marito. Questa notte quando ho ciucciato la tua tetta ho capito che senti la mancanza di un uomo che ti stringa fra le braccia. Ti ho visto mentre mi guardavi succhiare. La conferma l’ho avuta questo pomeriggio quanto ti ho baciato sul collo. Ho sentito il fremito che ti ha attraversato il corpo. Infine, quando la mia eccitazione ha premuto contro il tuo fondo schiena, hai atteso prima di scostarmi da te. Tu hai bisogno di un uomo e quell’uomo voglio essere io. Accetterò di andare a dormire da solo. Sappi però che questa non è la soluzione del problema. Io continuerò ad amarti. Da oggi niente tra noi sarà come prima.”
Si alza e si avvia verso la scala che porta al piano delle camere da letto. Sono sola. Sono inebetita e spaventata. Mio figlio ha fatto un discorso che ha fugato tutti i dubbi che avevo sulle sue intenzioni. Di una cosa sono certa: non mi userà violenza. Lui vuole che lo ami come uomo. Vado nella mia camera. Dio com’è fredda. Eppure fuori è estate. Mi spoglio e indosso la mia solita camicia da notte. Mi distendo sul letto. Le luci sono spente. Sento la mancanza di mio figlio. Ho paura di stare da sola. Il sonno tarda a venire. È una lunga notte quella che si appresta a trascorrere. Più volte le sue parole mi rimbombano nel cervello. La sua figura si proietta nella mia mente. È molto tardi quando, stanca, mi addormento. Al mattino. Mi guardo intorno. Mio figlio non c’è. Non ha dormito insieme a me. Cosa è potuto succedere? Sgomenta mi precipito camera. Lo cerco nelle altre stanze. Non c’è. Faccio le scale di corsa e vado in cucina. Lui è lì seduto vicino al tavolo e sta facendo colazione.
“Ti sei svegliato presto? Potevi restare ancora a letto. Oggi è domenica.”
“Ben svegliata. Dormito bene?”
Altri giorni si sarebbe precipitato a prendermi fra le sue forti braccia e riempirmi di baci.
“No. Come puoi chiedermi se ho dormito bene dopo quando hai detto di volere da me? Ho trascorso un notte agitata.”
“Hai sentito la mia mancanza?”
“Non fare il cretino. Certo che ho sentito la tua mancanza. Cosa credi che una notte basti a cancellare tutti questi anni che abbiamo dormito insieme. E ti confesso che mi sono spaventata quando, svegliandomi, non ti ho visto al mio fianco.”
“Ecco perché sei arrivata di corsa. Hai creduto di non trovarmi.”
“Sì, è vero.”
“Allora anche tu mi ami.”
“Certo che ti amo.”
“Non mi riferisco all’amore materno.”
“Ho capito bene a quale tipo di amore ti riferisci. Quello è un amore che non posso darti. Sei mio figlio.” “Posso farti una domanda? Mi prometti di rispondere sinceramente?”
“Prometto.”
“Fa conto che io non sia tuo figlio ma un uomo come gli altri. Potresti innamorarti di me?”
“Dove vuoi arrivare?”
“Rispondimi.”
“Se tu non fossi mio figlio? Mi credi se ti dicessi che farei cattivi pensieri? Sì. Potrei innamorarmi.”
“Mi basta.”
Si alza ed esce sul giardino. Dopo un minuto sento il motore dell’auto. È andato via. Rifletto sulla risposta che gli ho dato. Che figlio di buona donna. Mi ha fatto dire che lui mi piace. Il ché è vero. È un bel ragazzo, ben piantato e da quello che ho sentito contro il mio culo è anche ben dotato. Se non fossi sua madre non avrei aspettato le sue dichiarazioni d’amore. L’avrei trascinato nel letto e l’avrei posseduto. Un senso di angoscia mi assale. Piango. Non è giusto. Sto scoprendo di essere innamorata di mio figlio come uomo. Cosa posso fare perché la situazioni non precipiti. Tra le mia clienti c’è una dottoressa in psicologia si chiama Yvonne. Prendo la rubrica telefonica, cerco il numero e la chiamo. Le chiedo se possiamo vederci nel pomeriggio. Mi risponde che è libera. Ci vediamo nella piazza centrale della città. È una bella donna. Andiamo in un locale che lei conosce. Ci sediamo ad un tavolo.
“Allora che problemi hai?”
Senza tralasciare niente le espongo la situazione venutasi a creare tra me e mio figlio. Le dico anche che ho scoperto di amarlo e di desiderarlo.
“Qui non possiamo parlare di queste cose. Vieni. Ti porto in un posto conosciuto solo da me. Saremo sole.” Usciamo dal locale, saliamo nella sua auto e dopo un’ora circa di viaggio ci addentriamo in un sentiero che porta al fiume. Scendiamo dall’auto. Lei prende un plaid e ci incamminiamo. Raggiungiamo un’insenatura del fiume.
“Questo è un posto in cui vengo spesso, d’estate, con mio marito e mio figlio.”
Stende il plaid e ci sediamo sopra.
“Ascolta quanto sto per dirti e capirai. Al tuo problema, come del resto a tutti i problemi, ci sono due soluzioni. La prima è la più semplice. Tu o tuo figlio vi separate ed andate a vivere ognuno per conto proprio. Questo presuppone che nessuno dei due sappia dove l’altro è andato. La seconda è la più difficile da seguire anche perché comporta una serie di sacrifici. Tu e tuo figlio vi incontrate in un letto con bianche lenzuola e date vita alla vostra luna di miele. Prima che tu ti scandalizzi ti dico che questa è la soluzione che più preferisco.”
“La prima tua proposta non mi aggrada perché significherebbe perdere completamente mio figlio. In quanto alla seconda. Come puoi propormi di andare a letto con il frutto del mio ventre?”
“Perché l’ho fatto anch’io.”
“Tu, tu, tu sei andata a letto con tuo figlio? Non ti credo.”
“A letto con mio figlio ci vado ancora. Di questo mio rapporto è al corrente anche mio marito. Tutto è incominciato circa un anno fa. Il mio ragazzo si trova in bagno. Sta lungo disteso nella vasca. Ha dimenticato di chiudere la porta. Entro e lo vedo. La sua asta, voglio dire il suo cazzo fuoriesce dall’acqua. Un pene come quello non l’ho mai visto. Nemmeno mio marito c’è l’ha cosi grosso. La libidine prende il soppravvento. Mi spoglio e mi immergo nella vasca. Artiglio il grosso gladio con le mani e, sotto gli occhi allibiti di mio figlio gli faccio un pompino che ancora lo ricorda. Va in estasi. Anche perché è la sua prima volta con una donna. Scarica nella mia gola il suo dolce nettare. Continuo a succhiare quello splendente cazzo fino a quando non lo ritengo pronto per un altro raid. Mi sollevo, gli do la schiena in visione, mi piego sulle ginocchia e con la mano guido il suo duro cazzo contro l’apertura della mia figa. Mi faccio penetrare e lo cavalco. Lui si aggrappa alle mie mammelle e contribuisce a rendere la mia galoppata più ricca di piacere. Godo come una vacca. Dalla mia gola escono nitriti ed urla di piacere da riempire l’intera casa. Quando tutto ha fine apro gli occhi e vedo, nel vano della porta, mio marito che si sta masturbando. Lo invito ad avvicinarsi. Quando mi è vicino accosto la bocca al suo fallo. Lo faccio entrare nella cavità orale e gli pratico un pompino. Da allora non abbiamo più smesso. Ci amiamo fino a sfiancarci. Questo non ha impedito a mio figlio di trovarsi una ragazza che vuole sposare.”
“Fai sesso insieme a tuo marito ed a tuo figlio contemporaneamente. Non ti credo. Lo dici per convincermi a farmi cavalcare da mio figlio.”
“Ecco la mia proposta. Tu conosci mio figlio ed anche mio marito. Sabato prossimo, di mattina, verso mezzogiorno, vieni in questo posto. Quando sto partendo ti farò un colpo di telefono sul tuo portatile. Ti nascondi dietro quel grosso spuntone di roccia. Verrò con i miei due stalloni e ti farò assistere ad una porno sceneggiata. Verificherai dal vivo la veridicità di quello che ti ho detto. Ci stai?”
“Invitandomi a vederti mentre ti sollazzi con i tuoi amanti debbo ritenere che quello che mi hai detto risponde al vero. Non mi freghi. L’invito lo hai fatto perché sai che non sarei venuta. Invece ci sarò.”
“Ed io ti farò assistere ad uno spettacolo da te mai visto.”
Ci alziamo e raggiungiamo ognuna la propria casa. Incomincia una settimana di attesa. Allo stesso tempo mio figlio incomincia il suo corteggiamento. Ogni mattina, sul tavolo da lavoro del mio studio legale, trovo una splendida rosa rossa con un biglietto in cui dice di amarmi. Sul tel. portatile non passa giorno in cui un suo messaggio non mi annuncia il suo desiderio. Quando torno a casa dal lavoro trovo sempre dei piccoli pacchetti avvolti in carta di ricercati negozi di intimo femminile che non apro e lasciandoli nel posto dove li trovo, ovvero nella mia camera da letto. I primi giorni mi incavolo per quelle manifestazioni d’amore. Poi mi ci abituo e le aspetto. Se tardano a venire vado in ansia. Le notti sono un incubo continuo. Più volte sogno di vedere mio figlio entrare nella mia stanza; avvicinarsi al letto; sollevare le lenzuola e stendersi nudo al mio fianco; mi abbraccia e mi possiede senza che io mi ribelli. Mi sveglio sempre madida di sudore. Arriva il sabato. Come preannunciato e promesso arriva lo squillo sul telefonino. Rispondo. La voce di Yvonne mi annuncia che sta per partire da casa. Mi invita a raggiungere il posto prima di lei. In fretta mi vesto indossando jeans, maglietta e giubbino. Vado in garage. Su una mensola c’è la mia video camera, la metto nella borsa. e prendo la moto di mio figlio; indosso il casco e via verso il fiume. Durante la corsa verso il luogo dell’appuntamento sorpasso l’auto di Yvonne. Alla guida c’è lei. Ci sono anche due passeggeri. Arrivo sul posto. Nascondo bene la moto fra i cespugli e cerco un posto da cui avere una buona visuale e che sia il più vicino possibile. Una grossa roccia fa da riparo ad una rientranza nel costone che circonda la piccola ansa. Sono a circa cinque metri dal posto dove dovrebbe consumarsi l’amplesso. Mi sistemo. Spero di riprendere tutta la rappresentazione. Sento il rumore dell’auto fermarsi sopra la scarpata. Le figure dei tre si stagliano contro il cielo azzurro. I due maschi incominciano a scendere. Yvonne si ferma un attimo. La vedo manipolare il telefonino. La vibrazione del mio entra in funzione. Sul visore c’è scritto:
“Ci sei?”
Le rispondo di sì. Loro raggiungono lo spiazzo. Metto in funzione la video camera. Il marito stende sulla spiaggia un grosso telo di stoffa. Il ragazzo si è già spogliato e si stende sul telo. È nudo. Yvonne si sfila l’abito e resta in reggiseno, calze, reggicalze e tanga. Si inginocchia vicino al figlio ed incomincia a carezzarlo. Le sue mani scivolano sul corpo del ragazzo. Il marito si è anche lui spogliato ed è seduto dietro le spalle di Yvonne e le sta slacciando il reggiseno. Glielo toglie. Le bianche mammelle non più tenute ferme hanno un sobbalzo ed i capezzoli si librano nell’aria. Sono magnifiche. Il marito la circonda con le braccia e porta le sue mani sotto la rotondità di quelle splendide protuberanze. Le solleva e le pastrugna. Faccio delle zummate. La maliarda geme. Metto in azione il microfono. Le mani della psicologa si sono spostate sul pube del ragazzo. Una mano sta giocando con i testicoli e l’altra sta manipolando la verga di carne che ora è dritta e dura. Da quello che vedo nel mirino della videocamera è un cazzo bello, grosso e lungo. Ha un glande roseo e luccica sotto i raggi del sole. Yvonne si sposta e si porta sul davanti del ragazzo che ha allargato le cosce. La donna si china in avanti e comincia a leccare l’asta di carne. Il marito le ha sfilato il tanga e con la testa affondata fra le natiche le lecca la fica senza tralasciare di far scorrere la lingua anche sul buchetto del culo. Yvonne, per un attimo, solleva la testa e lancia un forte nitrito. Il figlio le dice che gli fa male il pene. Lei smette di leccargli il cazzo e sposta il suo corpo su quello del ragazzo. Si solleva sulle ginocchia. Afferra il pene con una mano e, mentre con l’altra si regge sul petto del giovane puledro, lo guida verso l’entrata della sua vagina. Vedo il glande farsi strada fra le labbra vaginali e scivolare dentro. La penetrazione giunge al punto massimo. Il marito si sposta sul davanti. È in piedi e offre il suo cazzo alla bocca di Yvonne che lo accoglie prima leccandolo e poi ciucciandolo. Di colpo stacca la bocca dal cazzo del marito.
“Sei pronto. Puoi incularmi. Prima Indossa il preservativo.”
L’uomo si sposta dietro il culo della moglie. Con i denti strappa la custodia del preservativo. Riveste il pene con la membrana di lattice e artigliandolo con una mano lo indirizza contro il buchetto posto al centro di un grintoso e scuro sfintere. L’altra mano è ferma sulla schiena della donna per evitare che faccia qualche movimento che ostacoli la penetrazione. In questo è aiutato dal figlio che ha avvolto la madre fra le sue braccia. Il pene dell’uomo incomincia ad entrare nello stretto cunicolo. Roteando il bacino Yvonne favorisce la penetrazione. L’uomo da piccole e vigorose spinte in avanti. La donna lancia grida di dolore. Il figlio la tiene ferma e le succhia le tette per cercare di alleviare il dolore. La sodomizzazione giunge al suo apice. Il cazzo del marito è per intero dentro il culo della moglie. Incomincia la danza. I due coordinano i loro movimenti. Padre e figlio stanno possedendo contemporaneamente l’uno la moglie e l’altro la madre. Sono diventati un unico ammasso di nuda carne. Senza staccare l’obiettivo da quella eccitante scena ne registro anche i suoni. I due uomini grugniscono e sbuffano. La donna ulula, grida, nitrisce. Infine l’amplesso raggiunge il suo culmine. I tre raggiungono all’unisono l’orgasmo. Il marito le riempie il culo del proprio sperma ed il figlio riversa nel ventre della madre il suo liquido seminale. La donna, nonostante il dolore, manifesta il raggiungimento del proprio piacere perdendo conoscenza. Pochi minuti ed i corpi si sciolgono. Yvonne si alza ed entra nel fiume. La seguo con la videocamera. La riprendo mentre, accovacciata, si lava la micina ed il buco del culo con l’acqua corrente del fiume. Ritorna sul telo. Il marito si è liberato del preservativo. Il figlio ha il pene di nuovo in tiro. Lei glielo bacia e poi gli infila il preservativo. Oh, dio! Adesso ricominciano e con le parti invertite. Il marito è già disteso. Lei lo cavalca e si fa penetrare nella vagina. Il figlio si porta dietro di lei e infila il suo pene nel culo della madre. Non incontra nessuna resistenza. Ha trovato la strada anale già tracciata dal cazzo del padre. Ancora una volta Yvonne viene riempita di sperma. Poi così come ha avuto inizio lo spettacolo ha fine. Insieme si inoltrano nell’acqua. Si lavano; si asciugano al sole; si rivestono e vanno via. Dopo cinque minuti il telefonino squilla. Rispondo. È Yvonne.
“Ti è piaciuto?”
Non le rispondo. Ho ripreso ogni momento di quelle due ore. È stata una rappresentazione sconvolgente. Il mio corpo ha reagito. Ho le mammelle ed i capezzoli pieni di punture di spilli. Tra le gambe sono un lago. Non voglio restare un minuto di più in quel posto. Risalgo la scarpata inforco la moto e via, di corsa a casa. Mi precipito nel bagno e mi infilo sotto la doccia. Ci resto per circa un ora. Esco dalla doccia. Indosso un accappatoio e scendo giù in cucina. C’è mio figlio seduto al tavolo. Lo saluto. Mi risponde con un grugnito. La cinghia che tiene chiuso l’accappatoio si allenta. I contorni di una mammella fanno capolino. Non la nascondo. Fingendo di guardare altrove noto che gli occhi di mio figlio sono puntati nell’apertura dove la mia tetta fa bella mostra della sua forma. Il capezzolo è nascosto da un lembo dell’accappatoio. Il suo sguardo è carico di desiderio. Guardo fra le sue gambe e noto che si è formata una grossa protuberanza. Non si preoccupa minimamente di nasconderla. Distolgo lo sguardo. Nella mente si proiettano le scene del mattino. La mia micina lancia un grido di aiuto. Il mio corpo incomincia a riscaldarsi. Per evitare il peggio esco dalla cucina e mi precipito in camera mia. Mi butto sul letto e piango. La psicologa invitandomi a vedere le sue performance sessuali ha risvegliato l’animale che è in me. La ragione incomincia a vacillare. Desidero essere posseduta. Sono una femmina i cui ormoni sono impazziti. Sono in calore. Devo assolutamente trovare un uomo che spenga il fuoco che mi sta divorando. Dove cercarlo? Deve piacermi. Un estraneo significherebbe scacciare mio figlio da casa e non voglio che accada. Non resta che la seconda soluzione proposta da Yvonne. Cedere al desiderio del mio puledro. Farmi montare da mio figlio. È un bel ragazzo. Fisicamente ben messo e da quanto ho notato fornito, anche se non l’ho ancora visto, di un poderoso pene. Mi piace. Ebbene se così deve essere così sia. Prima voglio vedere con quali occhi mi vede. Mi alzo dal letto e mi avvicino a tutte le scatole che mi ha regalato e che non ho mai aperto. Una alla volta le apro. Sono piene di biancheria intima: mutandine e reggiseno di pizzo e di colori diversi. Calze a rete nere con reggicalze. Dei collant a rete con apertura al centro. Calze e reggicalze di colore bianco, rosse e nere. Vestaglie nere di velo trasparentissime. In una scatola vi sono dei reggiseno formati da cinghie confezionate a mò di cappio dove infilare le tette e cinghie che dovrebbero fungere da mutandine ma che non sono altro che due strisce di cui una cinge la vita dal cui centro parte un’altra cinghia che si infila tra le natiche passa sul buco del culo si inserisce tra le grandi labbra e va ad agganciarsi sul davanti. In un’altra scatola vi sono degli string aperti. Insomma nelle sue fantasie erotiche mio figlio mi vede come una star del sesso. La mia attenzione viene attirata da 2 scatole grandi. Ne apro una. Dentro vi è un vestito rosso ed un biglietto. Lo tiro fuori. È un vestito che, una volta indossato, lascia scoperta tutta la schiena fino all’inizio delle anche e sul davanti due triangoli di stoffa si dipartono dal collo che a stento coprono le mammelle, scendono fin sotto l’ombelico e si congiungono con un gonnellino che copre il resto fino a mezza coscia. Non resisto. Tolgo l’accappatoio ed indosso il vestito. Infilo le string con l’apertura. Le calze ed il reggicalze. Mi guardo allo specchio. Sono uno schianto. Prendo il biglietto e lo leggo.
“Mamma. Se stai leggendo significa che hai indossato il vestito. Ti piace? Non vedo l’ora di vedertelo addosso. Sono sicuro che mi farai impazzire. Ti amo.”
Arrossisco. È un presuntuoso. Lo amo. Ecco. Finalmente l’ho pensato. Sono innamorata di mio figlio. Mi precipito per le scale e lo raggiungo in cucina. Lui mi vede e si precipita ad abbracciarmi.
“Finalmente. L’hai indossato. Mamma sei bellissima. Dillo: ti amo”
“Sì! Sì! Sì! Ti amo. Ti voglio. Fammi tua.”
Gli cingo il collo con le braccia e poggio la mia bocca sulla sua. Dischiudo le labbra e la mia lingua guizza verso la sua bocca che trovo pronta a riceverla. La faccio vibrare nella sua bocca. Incontro la sua lingua e diamo vita ad un lungo duello. Le nostre lingue si avviluppano tra loro. Lui succhia la mia lingua. Dio, com’è bello essere baciata da un uomo. Che quest’uomo è anche mio figlio poco importa. Senza smettere di baciarmi mi solleva e mi fa sedere sul tavolo. Le sue mani scorrono sul mio corpo. Fa scorrere le punta delle dita sulla mia schiena come se fossero una piuma. Un brivido attraversa la mia spina dorsale. Miagolo. Smettiamo di baciarci. Mi guarda. Sorride. Mi slaccia il vestito ed i due triangoli cadono in avanti. Le mie grosse mammelle sono, nude, sotto i suoi occhi. I capezzoli, già inturgiditi per l’eccitazione, diventano due bulloni.
“Mamma hai delle tette stupende. Vorrei tanto che avessi latte per allattarmi.”
“Piccolo mio. Mi piacerebbe molto farti succhiare latte dalle mie poppe. Purtroppo dovrai accontentarti. Vieni. Poggia la tua bocca sui miei capezzoli e succhia come hai fatto quella notte.”
Lui china la testa sul mio petto e mi bacia prima una e poi l’altra mammella. Poi con le labbra aggancia un capezzolo e lo fa sparire nella sua bocca. Con la lingua lo titilla. Lo lecca. Lo succhia. Una sua mano è sull’altra mammella. La comprime. Con le dita stringe il capezzolo e lo strizza. Tiro su le gambe le allargo e poggio i talloni sul bordo del tavolo. La sua mano libera scende e si fa strada sotto il vestito. Raggiunge la string. Sente il caldo delle grandi labbra della mia vagina. Un dito si fa largo verso l’orifizio vaginale. Lo raggiunge e lo valica. Il dito anulare della mano di mio figlio è penetrato nella mia fica. Al primo se ne aggiunge un secondo e poi un terzo. Sento che stanno rovistando il caldo antro. Il pollice sta stuzzicando il clitoride. Le dita stanno stantuffando nella mia fica. Nitrisco. Non riesco a trattenermi. Un orgasmo sta invadendo il mio corpo. Grido e vengo. Chino la testa sul suo collo e lo mordo. L’orgasmo impiega qualche minuto per esaurirsi. Quanti anni sono trascorsi dall’ultima mia scopata. L’ho fatta con il padre del mio puledro che sta degnamente sostituendolo. Mio figlio smette di succhiare la mammella e, piegandosi sulle ginocchia, infila la testa sotto al vestito. Raggiunge la figa che è completamente depilata, poggia la bocca sulle grandi labbra e con la lingua lecca i miei umori e li ingoia. Gioca con le piccole labbra che sono gonfie di sangue impazzito dall’eccitazione. Avverto che il clitoride si sta indurendo. Con le mani manovro la sua testa in modo che le sue labbra incontrino il mio clitoride. Ci riesco. Lui lo lecca. Lo stringe fra le labbra e lo succhia. Un nitrito mi sale in gola. Mi fa uno stupendo pompino che culmina in un altro orgasmo. Riverso il mio piacere nella bocca di mio figlio che beve ed ingoia i miei densi umori. La mia mente non ragiona più. Lo costringo ad alzarsi.
“Amore mio. Ti prego prendimi. Ho la figa in fiamme. Penetrami!!!. Spegni il fuoco che mi divora.”
Lui sbottona i pantaloni e con un unico movimento li fa scivolare, insieme agli slip, sul pavimento. Il suo cazzo balza fuori. È come ho immaginato. È un lungo e possente grosso pene. Deve essere almeno 20 cm di lunghezza e deve avere un diametro di almeno 4cm.
“Figlio mio hai un cazzo che è magnifico. Vieni. Mettilo dentro la mia vagina. Voglio vederlo entrare.”
Lui lo prende con la mano e lo indirizza fra le grandi labbra. Incomincia a spingere. Nonostante la figa sia ben lubrificata il cazzo fa fatica ad entrare. Ho la sensazione che mi stia sverginando. Del resto sono anni che un pene non visita la mia patata . Centimetro dopo centimetro lo vedo sparire dentro il mio corpo. Che momento fantastico. Dopo anni un pene entra nel mio ventre. Quando è tutto dentro la spinta si esaurisce. Sento il glande in contatto con il mio utero. Distolgo lo sguardo dal punto d’incontro dei nostri organi sessuali e lo guardo.
“Perché ti sei fermato?”
“Mamma non mi sembra vero che io e te stiamo facendo l’amore. Dimmi che non sto sognando.”
“Quello che è ho visto sparire dentro il mio ventre è un cazzo di pura carne e non è un fantasma. Tu stai chiavando tua madre ed è pura realtà.”
Lui passa le sue braccia sotto le mie gambe e le porta sulle sue spalle. Da parte mia ho le braccia intorno al suo collo. Ho il busto quasi parallelo al suo. Voglio vedere il suo cazzo entrare ed uscire dalla mia vagina. Il ballo incomincia. Lui arretra lentamente con il bacino ed il pene esce dall’orifizio vaginale e, prima che fuoriesca del tutto, velocemente lo fa rientrare. È uno spettacolo meraviglioso vedere il cazzo di mio figlio che mi chiava. Ad ogni affondo del suo cazzo nella mia vagina un gemito mi esce dalla bocca. Poi l’andatura del dentro/fuori aumenta. La mia percezione della realtà va a farsi benedire. Il piacere si è pienamente impadronito del mio corpo. Le mammelle sobbalzano. Mi lascio andare con la schiena sul tavolo. Vedo il soffitto della cucina roteare sempre più velocemente. Allungo le mani sulle mammelle e con le dita artiglio i capezzoli e li torturo. Li strizzo. Li faccio roteare su loro stessi. Il sangue affluisce veloce alla testa. Il mio corpo incomincia a tremare. Mio figlio aumenta l’andatura. Lo sento sbuffare come uno stallone lanciato a forte velocità.
“Mamma. Sto per venire.”
“Sì. Vieni. Deposita il tuo seme dentro il mio ventre. Riempimi.”
Sento che si irrigidisce e poi violenti spruzzi di caldo sperma si infrangono contro il mio utero. Un ululato seguito da un forte nitrito annunciano il raggiungimento di un devastante orgasmo. Dio che chiavata! Perdo conoscenza. Quando ritorno in me sono distesa sul divano. Sono senza il vestito. Me lo ha sfilato lasciandomi solamente con le calze e con il reggicalze. Mio figlio è seduto su una poltrona e mi sta guardando. È completamente nudo. Si sta toccando il pene. Dal divano struscio fra le sue gambe. Senza distogliere gli occhi dai suoi chino la testa verso quel magnifico cazzo. Le labbra hanno preso contatto con il grosso glande. Lo bacio. Lui chiude gli occhi e geme. Caccio la lingua e comincio a leccare la mostruosa asta di carne. Con una mano aggancio i testicoli e li accarezzo. La lingua scorre veloce sulla superficie. Dal basso verso l’alto e viceversa. Dischiudo le labbra e l’alieno si avventura nell’esplorazione della mia cavità orale. Dio com’è grosso. Faccio fatica a riceverlo. Lo succhio. Le mani di mio figlio si chiudono sulla mia testa. Una è dietro la mia nuca e spinge la testa verso il suo pube. Con la lingua avviluppo il corpo della bestia e lo lecco. Succhio e lecco. Incomincia a muoversi come se stesse chiavando la mia vagina. Invece è la mia bocca che è sottoposta al dentro fuori. Mi sta chiavando in bocca. Un grugnito mi annuncia che sta per esplodere. Il primo fiotto di sperma si perde nella mia gola. Non ho il tempo di assaporarlo. Seguono altri spruzzi che mi premunisco di raccogliere con la lingua e schiacciarli contro il palato per gustare appieno il sapore di quel dolce nettare. Con le labbra lo mungo per fargli uscire i residui di sperma fermi lungo il condotto uretrale. Non ho intenzione di perdere nemmeno una goccia. Il cazzo perde la sua durezza. “Mamma, vieni, andiamo di sopra. Staremo più comodi a letto.”
“In quale delle stanze?”
“Nella nostra.”
Per godermi le cavalcate a cui mio figlio mi sottopone quotidianamente ho preso un periodo di vacanza. Lo studio l’ho lasciato a due avvocati a cui ho dato la procura di curare i rapporti con i clienti e di assisterli. Siamo andati su un isolotto dei tanti arcipelaghi dell’oceano Pacifico. Dopo una notte di intenso amore “Dimmi, mio bel porcellino, quando tempo è che sognavi di chiavarmi?”
“Mamma saranno circa due anni che sono innamorato di te. Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo. Poi quella notte. Dormivi. Una tua mammella stava fuori dalla camicia da notte. Il capezzolo mi guardava e mi invitava a prenderlo in bocca. Mi sono avvicinato e l’ho baciato. L’ho preso fra le labbra ed ho incominciato a succhiare. Il resto lo conosci.”
“Due anni? Non dirmi che in questi due anni hai pensato solo a me? Avrai pure avuto qualche ragazza.”
“Sì. Le ho avute. Ma non sono durate più di una settimana. Quando stavo con loro era te che avevo davanti. Quando andavamo a letto eri tu che mi abbracciavi. Facevo l’amore con loro pensando di fare l’amore con te. Loro se ne accorgevano che pensavo ad un’altra donna e mi lasciavano. Poi ho smesso di cercare altre ragazze. La donna che amavo già l’avevo eri tu.”
“Povero cicciolo hai sofferto molto. Ora è tutto finito. Non dovrai più soffrire. La tua mammina si prenderà cura di te. Ogni volta che avrai desiderio di giocare con il mio corpo sarò sempre pronta a soddisfarti. Sarò la tua amante.”
“Mamma, non ti voglio solo come amante. Voglio che tu sia anche mia moglie.”
“Questo non è possibile. Non possiamo sposarci. La carte certificano che tu sei mio figlio e nessuno ci sposerebbe.”
“Se è solo questo l’ostacolo è superabile. Basta andare in un paese dove nessuno sa che siamo madre e figlio e ci sposeremmo. No! Non mi riferisco alla regolarizzazione del nostro rapporto.”
“Allora cosa intendi quando dici che vuoi che io sia tua moglie?”
“Tu sei giovane. Non hai superato i 40 anni. Credo, anzi sono sicuro che sei ancora in grado di procreare. Lo so perché ho notato che le tue mestruazioni sono puntuali e regolari. Mamma, io voglio fecondarti.”
Si, senza ombre di dubbio mio figlio è impazzito.
“Tu vuoi ingravidarmi? Vuoi che io partorisca un figlio tuo?”
“Si. Sarà la prova del nostro amore.”
“Come puoi propormi una cosa del genere? Lo sai che non si può. Sono tua madre. Già è troppo l’essermi lasciata chiavare da te. Con questo non voglio dire che mi pento. Al contrario. Ti ho già detto che sono la tua amante e non lo rinnego. Ma farmi mettere incinta. No! Questo non posso concedertelo. Anche se te lo permettessi come pensi di gestire il futuro del bambino? Immagina a quando crescerà e si vedrà additato come il frutto di un rapporto incestuoso.”
“Mamma, nessuno saprebbe che è figlio mio. Diremmo che è la conseguenza di un incontro casuale.” “Dovrei essere additata come una donna di facili costumi. Insomma per darti un figlio vuoi che mi chiamino puttana?”
“Hai detto che sei la mia donna. Hai detto di amarmi. Però non vuoi farti ingravidare.”
“Non ho detto che non voglio. Ho detto che non possiamo avere figli. È sbagliato. Se non fossi tua madre mi farei fecondare non una ma cento volte. Per te sarei disposta a diventare una scrofa.”
“Mamma, io voglio un figlio da te e per averlo non resta che una soluzione.”
“Quale sarebbe la soluzione?”
“Potremmo restare su quest’isola. Qui tutti sanno che siamo amanti. Nessuno sa che siamo madre e figlio.”
“No, non posso accontentarti.”
Per il resto della vacanza non toccammo più l’argomento. Giunse il giorno del rientro.
“Mamma, io non vengo.”
Lo guardo sbigottita.
“Cosa hai detto?”
“Hai capito. Non parto. Non ritorno a casa con te. Resto qui. Non mi muovo. Aspetterò che tu torni.”
Passiamo l’intera giornata a discutere. Lo minaccio che non mi sarei più fatta rivedere. Che non mi avrebbe più stretta fra le sue braccia. Niente. Non lo smuovo dal suo proposito. Devo assolutamente partire. Con un groppo alla gola lo lascio senza nemmeno dargli un bacio. Il ritorno non è dei più sereni. La casa sembra vuota. Riprendo il lavoro. La mattina quando vado in ufficio e non trovo la rosa sul tavolo da lavoro mi intristisco. Il mio animo è con il mio figlio/amante. I giorni passano. Lui non mi telefona. Non avanza nemmeno richiesta di danaro. La notte è portatrice di pensieri cupi. Le parole: gravidanza, fecondazione, figlio, parto, rimbombano nel mio cervello costantemente. Sogno di essere incinta con un enorme pancione e mio figlio che lo accarezza. Che passeggiamo lungo le spiagge dell’isolotto con la mano nella mano. Sogno che partorisco e che il mio amante impazzisce di gioia per avergli dato un figlio. Mi sveglio sempre madida di sudore e con il desiderio di amore. Mio figlio mi manca. Non riesco a vivere senza sentire le sue mani stringere il mio corpo contro il suo. Oramai sono già cinque mesi che non lo sento. Ancora una volta faccio ricorso alla psicologa. La chiamo e fisso un appuntamento a casa mia. All’ora fissata si presenta. Con mia sorpresa insieme a lei c’è anche suo figlio. La sorpresa è ancora più forte allorché noto che la bella Yvonne ha un pancione enorme. La guardo con occhi spalancati. Lei sorride. Andiamo nel salone e ci sediamo sul divano. Suo figlio si siede al suo fianco. È un bel ragazzo.
“Tuo marito sta bene? Vedo che sei gravida. A quando il lieto evento?”
“Mio marito gode ottima salute. Il bambino dovrebbe nascere, se tutto va bene, tra circa quattro mesi.” “Come mai hai deciso di avere un altro figlio?”
Gira la testa verso il figlio e gli sorride; gli prende le mani nelle sue e le stringe.
“Ho voluto cementare il nostro amore con un figlio. Il padre del bambino che porto in grembo è mio figlio.”
Ammutolisco. Dalla mia gola non escono suoni.
“E… tuo… marito …”
“Sa che non è figlio suo. Sa che è il frutto del mio amore per suo figlio.”
“Come farai per il riconoscimento?”
“Solo tu sai che il padre del bambino è mio figlio. La legge mi permette di dargli il mio cognome e non vuole sapere altro. Cosi faremo. Mi dici perché mi hai fatta venire?”
Mi alzo e vado ad abbracciarla. Le do un grosso bacio sulle labbra.
“Grazie Yvonne. Hai già risposto alle domande che volevo farti. Ora ti darò una cosa che ti appartiene.”
Vado alla scrivania e prelevo da uno dei cassetti un DVD. Glielo porgo. Lei mi guarda con aria interrogativa.
“Ricordi quel giorno che mi invitasti a vedere uno spettacolo? È tutto registrato qui sopra. Fu uno spettacolo indimenticabile e sconvolgente. Ti dispiace se ne tengo una copia per me?”
“Hai registrato proprio tutto?”
“Si!”
“Hai poi risolto il problema?”
“L’ho risolto con la tua seconda soluzione.”
“Ed ora come vanno le cose?”
“Vuole che io gli dia …”
Guardo il suo pancione.
“Ho capito. Daglielo. Vedrai è bello sentirsi di nuovo madre.”
Si rivolge al figlio.
“Vieni, andiamo. La signora non ha più bisogno di me. Mi chiamerai?”
“Non solo ti chiamerò ma, l’anno prossimo, ti inviterò a passare le vacanze insieme.”
La bella Yvonne si alza mi abbraccia ricambia il bacio che le ho dato, prende per mano il suo amante ed escono dalla mia casa. Non la rivedrò più. I mesi che seguono li trascorro a sistemare i miei affari. Lo studio legale, dietro un forte compenso lo trasferisco ai giovani laureati dello studio stesso. Vendo la villa. Prenoto il primo volo. Raccolgo in un sacco-valigia tutti gli indumenti intimi regalatimi dal mio figlio/amante. Indosso uno dei due famosi vestiti, quello nero, con sopra un soprabito e via verso l’amore. Raggiungo con un volo aereo il capoluogo dell’arcipelago di isole. Vado all’ufficio del telegrafo. Spedisco un telegramma con poche parole.
“Tra un'ora sarò da te.”
Non lo firmo. Noleggio un aereo taxi e mi faccio portare all’isolotto dove mesi prima ho lasciato il mio amante. Sulla pista d’atterraggio trovo ad aspettarmi, appoggiato ad un auto, mio figlio. Gli corro incontro. Gli getto le braccia al collo. Lui mi solleva da terra. Le mie gambe gli cingono la vita e si incrociano sulla sua schiena.
“Amore mio quanto mi sei mancato.”
“Mamma da quando sei andata via vengo ogni giorno sulla pista sperando di vederti scendere da un aereo. Finalmente sei qui. Più niente ci dividerà.”
Sento la sua eccitazione premere contro il mio ventre. Mi guardo intorno. L’aereo è ripartito. Siamo solo noi due.
“Dai, tiralo fuori e dammelo, fallo entrare. Sono senza mutandine.”
“Mamma, siamo su una pista d’atterraggio. Aspetta di essere a casa.”
“Non c’è nessuno. Non ce la faccio ad aspettare. È troppo il tempo che ho aspettato. Su, sbrigati. Non sono mai stata chiavata in questa posizione.”
Porta una mano fra le sue gambe e attraverso l’apertura del pantaloncino fa uscire il pene che, libero come un uccello deposita il suo glande contro le grandi labbra della mia vagina. Mi sollevo quel tanto che basta per facilitargli l’accesso. Le sue mani sono sulle mie natiche e mi sorreggono. Il cazzo, come la punta di un trapano, sta perforando la mia vagina. Lentamente scivolo verso il basso. Il pene completa la sua penetrazione. Ce l’ho tutto dentro. È talmente grosso che mi sento spaccare in due.
“Oh! Amore quando ho desiderato questo momento.”
Metto in azione i muscoli vaginali e mungo il poderoso cazzo di mio figlio. Lui geme e mugola. Dio come mi piace sentirlo gemere di piacere. Lentamente indietreggia verso una roccia alle sue spalle. Vi si appoggia con il bacino.
“Sta fermo. Non muoverti. Lascia che sia io a condurre il gioco.”
Facendo forza con le braccia sul suo collo mi sollevo lasciando fuoriuscire il pene dalla mia vagina e subito dopo mi lascio andare facendolo rientrare. Così facendo sono io che lo chiavo. La danza dura diversi minuti. Poi giunge alla fine. Le sue dita artigliano i miei glutei e mi bloccano. Un suo prolungato ululato mi annuncia che sta per venire. Spinge in avanti il bacino come se volesse penetrarmi più in profondità e viene. Un potente e copioso getto di caldo sperma si infrange contro il mio utero. Al primo ne seguono, credo, diversi altri. Dio, quanta ne ha. Ho la vagina piena. Per non farla fuoriuscire contraggo i muscoli vaginali intorno al suo cazzo. Voglio che i suoi spermatozoi non vadano dispersi. Restiamo avvinghiati in quella posizione finché il suo cazzo non perde forza. I nostri corpi si sciolgono dall’abbraccio. Lo bacio.
“Mamma è stato magnifico. È da quando sei andata via che ogni notte sogno il caldo abbraccio della tua vagina intorno al mio pene.”
“Non ti lascerò più. Sono tornata per dare seguito al tuo desiderio di avermi come madre dei tuoi figli. Sarò la tua scrofa.”
Lui mi guarda incredulo.
“No, non ti credo. Davvero vuoi che io ti fecondi?”
“Si amore e sono disposta a darti quanti figli vuoi. Tutto compatibilmente con il mio ciclo biologico.”
Mi solleva di peso e mi deposita sul sedile anteriore dell’auto. Si sistema al posto di guida e via verso la sua casa. Lungo la strada si ferma ad una capanna. Mi fa scendere ed entriamo. L’ambiente è molto oscuro. Un uomo molto vecchio è seduto su un tappeto steso sul pavimento. Mio figlio parla con l’uomo nella sua lingua. Questi solleva gli occhi su di me.
“Cosa gli hai detto?”
”È uno sciamano. Si, insomma, uno stregone. Gli ho chiesto se vuole sposarci. Ha detto di sì.”
L’uomo si alza in piedi. Si avvicina mi gira intorno. Mi scruta. Poi incomincia a pronunciare frasi che non capisco. Intona una cantilena e con un ramoscello intriso di fango lo agita sul nostro capo. La cerimonia dura circa un’ora. Alla fine ci congeda con una frase che solo mio figlio capisce. Lo vedo impallidire. Gli chiedo cosa ha detto. Non mi risponde. Usciamo dalla capanna e andiamo a casa. Mio figlio mi prende sulle sue braccia e valica la soglia di casa.
“Mamma, questa sarà la nostra casa. Che tu sia benvenuta.”
“Amore. Sarebbe opportuno che tu mi chiamassi per nome. Qui nessuno sa che siamo madre e figlio.” “Quando saremmo in casa ti chiamerò sempre “mamma”. Quando invece avremo contatti con altre persone ti chiamerò con il tuo nome. Ora ti farò visitare la casa.”
“Prima voglio fare una doccia e poi voglio che mi porti a letto. Non dimenticare che siamo novelli sposi e dobbiamo consumare la nostra prima notte di matrimonio.”
Lui ride.
“Verrò con te nella doccia.”
“Non puoi. Mi devo preparare per riceverti. Vai anche tu a prepararti. Questa sarà una notte molto lunga. Sarà una notte d’amore.”
Così è stato. Mio figlio mi ha inseminata. Sono incinta. I mesi passano. Partorisco un bellissimo sano e forte maschietto. Mi ingravida una seconda volta e lo rendo padre di una bella bambina. Dopo non riesco più a dargli altri figli. I ragazzi crescono pieni di vigore. Ogni mattina il padre li accompagna, con un motoscafo, all’isola capoluogo dove frequentano la scuola. Arriva il momento del distacco. I due ragazzi, oramai entrambi adulti, decidono di entrare in un college universitario. Si trasferiscono negli U.S.A. Li vedrò solo quando vengono in vacanza. Anni prima lo stregone che celebrò il mio matrimonio passò a miglior vita. Andiamo al suo funerale. Mio marito solo allora mi dà la risposta alla domanda che gli feci.
“Lo sciamano si era raccomandato di avere cura di te per due motivi: uno perché sei mia moglie e l’altro perché sei mia madre.”
Gli chiesi se era stato lui a dirglielo. Mi rispose di no.

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