Insegnami a giocare

Scritto da , il 2015-06-21, genere gay

Spiaggia, sole, sdraio, acqua: cose che la maggior parte delle persone adora, ma non io.
Andare al mare, per me, è sempre stato un peso, semplicemente non mi piaceva che centinaia di persone invadessero con i propri occhi la mia intimità. Io sì, potevo farlo. La cosa più bella dello stare sotto l'ombrellone è vedere, sicuramente, un via vai di ragazzi, di costumi, di fisici possenti, di provocazioni. Questo, questo sì che è eccitante. Ero là, su una di quelle comunissime sdraio leggendo un comunissimo libro aspettando forse che qualcosa mi svoltasse la giornata. Neanche a pensarlo: mi arrivò subito, vicino l'ombrellone una di quelle palle schiacciare sicuramente da un pallavolista professionista. Lo vidi uscire dall'acqua, lentamente, sensualmente: biondo, un costume bianco perla, dei pettorali e addominali da far paura e un pacco che scrutavo con gli occhi qua e là. Lo conoscevo? Certamente no. Avrei cercato di flirtare? Certamente si. Lo feci subito: vedendolo avvicinarsi verso la mia sdraio mi alzai, poggia il libro sulla sabbia e con molta grazia mi piegai a 90° per prendergli la palla, permettendo al mio costume di lasciar intravedere il mio sedere abbastanza sodo. Mi girai, non c'era bisogno di dire altro, il rigonfiamento del costume diceva tutto: potevo agire. Feci finta di niente e con molta disinvoltura mi avvicinai verso di lui.
"Grazie, ti va se vieni a giocare con noi in acqua? Sai, siamo pochi, mi piacerebbe aggiungere un compagno di squadra al mio team". Il mio cuore. Stava cedendo. Io di sport, fino ad allora, avevo solo provato il salto con la corda nel giardino di casa mia, figuriamoci cosa avrei potuto fare con una palla di beach volley in mano.
"Certamente, eccome se mi va. Piacere, Joan" risposi in fretta. Cosa cazzo avevo in mente, credetemi, non lo so.
"Piacere, Paolo. Vieni, seguimi".
Ci incamminammo verso l'acqua, mi ci buttai a capofitto per poi sbucare prorprio vicino il loro gruppetto. Non c'è bisogno di aggiungere altro: tanti ragazzi fisicati, intriganti, eccitanti. Avevo voglia di toccarli uno ad uno e assaggiare il loro membro. Iniziammo a giocare. Tra schizzi, pallonate in faccia e risate riuscì finalmente a colpire la palla mandandola a largo. Ovviamente mi offrì volontario per andarla a recuperare, ma ecco che a ruota iniziò seguirmi anche Paolo. Iniziammo a nuotare e fare gli stupidi fino a quando riuscimmo a raggiungere la palla. Lì ci fermammo.
"Lo sai che sei una frana a giocare vero?" Ecco. Lo sapevo. Prima o poi sarebbe dovuta arrivare una frecciatina.
"Già, lo so Paolo. Ma, forse, potresti provare tu ad insegnarmi come colpire bene la palla, come fare pieno centro". Misi il giusto tocco di malizia nelle mie parole.
"Certo, se vuoi ti posso insegnare le basi già da ora". Si stava avvicinando verso di me, sempre di più. Mi prese le braccia, buttò via la palla e inizio: "prima proviamo con delle palle un po' più piccole, ti va?". Mi afferò subito la mano. La passo sul suo petto fino a farla entrare nelle mutande.
"Certamente" - risposi - "ecco cosa so già fare". Iniziai a segarlo. Il suo pene si stava gonfiando. Sempre di più. Avvicinai le mie labbra alle sue iniziando a scambiarci saliva con le nostre lingue, mentre io continuavo a segarlo. Aveva una voglia matta, lo sentivo da come penetrava la mia bocca con la sua lingua, da come strusciava il mio pacco sul mio addome. Non potevo resistere, andai giù, sott'acqua e quando aprii gli occhi vidi lo spettacolo più bello del mondo: una cappella gigante che aspettava solo di essere presa in bocca. Era compito mio. Mi tenni dalle sue gambe muscolose e iniziai ad usare la lingua, giusto per far sentire la mia voglia. Lo misi in bocca, tutto. Ero senza fiato, dovetti risalire per forza. "Vedo che hai voglia di svuotarti un po'. Ti va di allargarmi un pochino il mio buchetto?" Dicendo ciò tolsi il costume e mi avvicinai a lui. Ora il suo pene era tra le mie chiappe. Andava se e giù, su e giù, quasi per prepararsi ad entrare definitivamente nel mio culo e sfondarmi come non mai. Avevo paura. Non ero molto esperto, ma potevo constatare che le sue dimensioni del cazzo erano troppo esagerate per il mio culo. Non potevo fare più niente. Eccolo, l'ospite stava entrando. Lo sentvo. Ah. Lo sentivo. Era grande. Ah. Ah. Fa male. Ma godo. Ah. Eccolo! Sì, mi piace. Mi prese a solleticare i capezzoli a mordermi il collo. Mmmm, siii. Stavo godendo, urlando dal piacere. Avevo i capezzoli turgidi. Lui li stava massaggiando. Mi stavo segando, in acqua. Morivo dal piacere. Eccolo. Lo sento. Il suo seme. Non mi aveva risparmiato. Dritto nel buco, senza avermi chiesto il permesso. Ancora più eccitante. Tornammo a riva. Erano passati 30 minuti. Trovammo gli altri che giocavano con un'altra palla, del tutto indifferenti. Uscii dall'acqua, misi l'asciugamano attorno il bacino e mi incamminai verso la macchina. Le gocce d'acqua mi scendevano ancora dal costume. Potevo vedere il sale ancora attaccato sul copro di Paolo, in lontananza. Avrei voluto tornare là per pulirlo meglio, ma capii che ci saremmo visti molto spesso.
Quanto è bello il mare, non lo credete anche voi?

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