Mai più cornuto

Scritto da , il 2015-01-28, genere tradimenti

Sono stato un cornuto per tre anni.
Cioè, no, lo so che una volta che uno è cornuto lo rimane per sempre e non ci si può più “decornificare”, ma voglio dire che dopo tre anni mia moglie ha smesso di farmi le corna.

Mi chiamo Giulio, mia moglie è Roberta e la colpa è mia.

Infatti dopo cinque o sei anni di matrimonio, ormai quando eravamo entrambi ben oltre la trentina, io ho cominciato ad avere queste fantasie cuckold e mi emozionavo al pensiero di vedere mia moglie nelle braccia di un altro uomo.

Eppure la nostra vita sessuale era fantastica e non avrei potuto desiderare di più.
Roberta non aveva il minimo desiderio di stare con un altro e quando cominciai a parlarle di questa mia fantasia con molta circospezione al principio mi guardò con un misto di orrore e preoccupazione negli occhi.

Poi piano piano cominciò a considerare l’idea.

Cominciammo con prudenza, prima con giochi di ruolo, poi con esperimenti nelle discoteche con altri ragazzi che lei agganciava per poi ritirarsi all'ultimo quando questi si facevano troppo audaci, mentre io me ne stavo in disparte fingendo di non conoscerla.

Ma era ormai chiaro che prima o poi saremmo arrivati a fare sul serio.

Il giorno del nostro settimo anniversario di matrimonio tornai a casa dal lavoro con un mazzo di fiori e una scatola di cioccolatini. Sul divano del salotto c’era un ragazzo che teneva mia moglie seduta sulle sua ginocchia, con la gonna rialzata e la camicetta sbottonata.
- Giulio, ti presento Enrico!

Non nego di essere rimasto sorpreso e sconcertato. Non ero preparato e non mi aspettavo un anniversario così. Ma feci buon viso a cattivo gioco e strinsi la mano allo sconosciuto. Era uno studente universitario della Cattolica, all'ultimo anno di scienze politiche, biondo, molto alto e molto intimidito e forse anche un po’ spaventato.
Cercai di metterlo a suo agio, ma pareva come bloccato e Roberta dovette prendere l’iniziativa cominciando a baciarlo e a infilargli le mani sotto la camicia.
Alla fine dissi che forse sarebbe stato meglio metterci comodi in camera da letto e feci loro strada.

Mi accomodai in poltrona, abbassai le luci e rimasi a guardare mentre mia moglie spogliava Enrico, gli baciava i capezzoli e infine gli infilava la mano nei pantaloni estraendo un uccello non enorme, più o meno come il mio, ma duro come il marmo.
Roberta ci si dedicò con la bocca con grande passione e Enrico parve riprendere man mano sicurezza e padronanza di sé.

La spogliò, la stese sul letto e cominciò a scoparla con foga.

Notai che non aveva una gran tecnica, ma che ci metteva tutto il suo impegno e la sua energia era di gran lunga superiore alla mia.
Roberta venne varie volte e io mi beai guardando il suo viso stravolto dal piacere.
Si accasciarono entrambi dopo un orgasmo fantastico e io ne approfittai per andare in cucina e preparare loro un bicchiere di vino per riprendere le forze.
Quando tornai vidi che tra di loro si era creata una certa intimità: si carezzavano con complicità, si sussurravano sconcezze nelle orecchie, ridevano fronte contro fronte. In breve ripresero a fare sesso cambiando posizioni e ritmo.
Un paio d’ore dopo Enrico se ne andò e io mi gettai sopra mia moglie con una passione che non sentivo da anni.

Ero eccitato come non lo ero mai stato: leccai via tutto lo sperma di Enrico dalla fica di Roberta e poi la possedetti con una tale foga come se il mondo avesse dovuto finire l’indomani.

Fu la miglior scopata della mia vita e l’amore che provai fu così intenso che mi sentii una cosa sola con lei.

Da quel giorno Enrico prese l’abitudine di passare da noi tutti i giovedì sera. Era un gran bravo ragazzo e in breve tra noi si cementò una bella amicizia.
Il giovedì cominciò a venire da noi per cena e a tavola si chiacchierava del più e del meno. Scoprii di avere molte passioni in comune con lui: il Milan, le auto d’epoca, l’arte moderna o la cucina tradizionale lombarda e la conversazione fluiva senza imbarazzi fino al momento di ritiraci in camera da letto.

Il sesso tra me e Roberta raggiunse livelli incredibili per frequenza e intensità.
Cominciammo a voler bene a Enrico e io presenziai anche alla discussione della sua tesi di laurea alla Cattolica, tenendomi in disparte per non metterlo in imbarazzo davanti ai suoi familiari.

Purtroppo, poco tempo dopo la laurea Enrico accettò una proposta di lavoro da una associazione americana e poche settimane dopo ci salutò quasi piangendo per trasferirsi definitivamente a Boston.

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L’esperienza con Enrico era stata talmente esaltante che decidemmo di provare a ripeterla.

Qualche mese dopo, infatti, Roberta mi accolse al ritorno dal lavoro sottobraccio a uno sconosciuto che mi presentò come Matteo.

Matteo era più anziano di noi di qualche anno. Un bell'uomo, riservato, serio, sicuro di sé, quasi calvo ma con un fisico in ottima forma. Era di poche parole e con lui non si instaurò un rapporto di amicizia come con Enrico, ma come amante era davvero esperto e Roberta impazziva dal piacere, anche se la sua attrezzatura non era meglio della mia.

Era un manager e guidava una grossa Bmw aziendale.

Con me era corretto e educato. Aveva poco tempo e spesso arrivava in ritardo ai nostri giovedì trasgressivi.

la nostra coppia raggiungeva comunque lo scopo di scatenare l’esuberanza sessuale al massimo ed eravamo estremamente felici.

Matteo era un maestro con le dita e con la lingua. Quando, dopo i preliminari, avvicinava il suo cazzo alla fica di mia moglie, lei invariabilmente aveva il suo terzo orgasmo.
La iniziò anche ai piaceri del sesso anale, con pazienza e sapienza, e riuscì a farla godere fin dalla prima volta senza farle provare dolore.

Imparai molto da lui e sono sicuro di essere diventato un amante migliore solo guardandolo.

Sei mesi dopo però, durante un controllo medico di routine, a Matteo trovarono un tumore al fegato e per lui cominciò un calvario di operazioni, chemio, radio e antidolorifici che gli impedirono di continuare la nostra relazione. Andai a trovarlo qualche volta in ospedale e mi trovai di fronte l’ombra dell’uomo che faceva urlare di piacere mia moglie.

Alla fine smisi di visitarlo. Spero che ce l’abbia fatta ma ne dubito.

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Qualche tempo dopo, il giorno del nostro ottavo anniversario, Roberta mi presentò Derek.

Derek era nigeriano, smilzo, arrogante, con uno sguardo poco amichevole.
Viveva in Italia da molto tempo, aveva un buon lavoro e parlava benissimo la nostra lingua.
Era proprio ben dotato e Roberta spalancava gli occhi dall'emozione quando Derek glielo sbatteva dentro senza tanti complimenti.

Era il suo modo di scopare, rude, possessivo, intimidatorio.
Roberta pareva gradire, io non troppo.

Per qualche mese le cose comunque procedettero altrettanto bene come con i suoi predecessori, ma presto cominciarono dei piccoli cambiamenti.

Il primo fu che Derek prese l’abitudine di apparire non invitato anche il martedì, oltre al solito giovedì. Con me quasi non parlava e appena mi degnava di uno sguardo. Faceva come se io non fossi presente.
Poi un giorno Roberta mi negò il sesso dopo che era stata con Derek, adducendo il fatto che le dimensioni di Derek le provocavano dolore e che non vedeva l’ora di riposare.
La prima volta non ci feci caso, ma poi la cosa cominciò a capitare sempre più spesso, fino a diventare la norma.

Il giorno del nostro nono anniversario, mentre Derek sorseggiava sogghignando il mio Barbaresco Gaia del Fagiano dopo aver aperto la pregiata bottiglia senza avermi chiesto il permesso, Roberta mi prese da parte e mi disse nervosamente:
- Giulio, scusa, ma Derek per il suo anniversario vorrebbe un po’ di privacy e mi ha chiesto di pregarti di non presenziare al nostro incontro stasera. Ti spiace, amore? Solo per questa volta. Sì?

La verità è che ci rimasi male.

Cazzo, era anche il NOSTRO anniversario, perbacco! Comunque acconsentii e per la prima volta passai due ore seduto sul divano a guardare il Milan che perdeva il Derby in Tv mentre mia moglie si scopava Derek. Che alla fine se ne andò senza neanche salutarmi.

Da quel momento le cose precipitarono sempre di più.

Cominciai ad essere escluso dalla camera da letto dei due amanti, fino a che ne fui definitivamente bandito.

Poi Derek cominciò a chiedere a Roberta di uscire il sabato con lui e anche questo divenne la regola. Quindi Roberta mi informò che Derek era geloso e che era contrario al fatto che io e lei avessimo rapporti sessuali e che quindi lei non me l’avrebbe più permesso.

Io protestai ma alla fine cedetti quando Roberta mi disse che la storia con Derek sarebbe durata soltanto qualche tempo e che poi tutto sarebbe tornato come prima.

Quello che era cominciato come un delizioso stimolo per la nostra vita sessuale si era trasformato in un incubo spaventoso.

Derek passava da noi ormai quasi tutte le sere e si comportava come se fosse a casa sua. Roberta pendeva dalle sue labbra e gli saltava addosso in continuazione.

Ma quando Derek non era presente le cose tra me e Roberta erano sempre le stesse: discutevamo di tutto, prendevamo assieme le decisioni della nostra famiglia, dormivamo ancora insieme e passavamo del tempo scambiandoci ancora affetto e coccole.
Il punto di svolta fu il nostro decimo anniversario. Quando tornai a casa dal lavoro Roberta mi stava aspettando con uno sguardo trepidante.

Derek non c’era e io cominciai a pensare che forse l’incubo stesse per finire.

Poi Roberta mi pregò di sedermi perché mi doveva parlare di una cosa molto seria.
Era così eccitata che faceva addirittura fatica a parlare.

Cominciò dicendomi che mi amava alla follia, che i dieci anni trascorsi con me e soprattutto gli ultimi tre anni erano stati i più belli della sua vita e che non avrebbe potuto essere più appagata. Ma che c’era ancora una cosa da fare per raggiungere la completa felicità.

Le chiesi cosa intendesse.
- Vorrei avere il nostro bambino, Giulio! Un figlio! Nostro figlio!
Io stentavo a credere alle mie orecchie. Voleva avere un figlio con me?!
- Ne ho parlato con Derek e abbiamo deciso che è ora di interrompere la pillola in modo che lui possa mettermi incinta! Non sei contento?

Era talmente eccitata e felice che non lo potevo credere.
Il mio mondo stava crollando su sé stesso e lei non se ne rendeva conto.

C’è un momento nella vita di un uomo, di ogni uomo, in cui si devono prendere delle decisioni. Definitive. Per me quello fu il momento.

Le dissi che non avrei mai accettato che lei avesse un figlio da Derek.
Che non ne potevo più di questa storia e che me ne sarei andato dall'avvocato per la separazione e il divorzio se lei non avesse lasciato Derek e non avesse pianificato di avere invece un figlio con me. Come poteva pensare che avrei mai potuto allevare il figlio di un altro!

Considerando il fatto che Derek era nero e che suo figlio sarebbe stato ovviamente di etnia mista e che sarebbe stato chiaro a tutti che non era mio!
E che quindi il nostro stile di vita cuckold, che avevamo sempre tenuto gelosamente segreto sarebbe diventato di dominio pubblico, mettendomi in una posizione molto imbarazzante.

Quindi doveva scegliere: o me, lasciando Derek per sempre, o lui e il suo bambino meticcio, ma io non ci sarei più stato per lei.

Roberta mi guardava sbalordita.

Gli occhi le si riempirono di lacrime.

Era chiaro che la mia reazione per lei era del tutto inaspettata.

Mi disse che ci doveva pensare.

Le diedi una settimana di tempo, durante la quale non si azzardasse a interrompere la pillola.

Mi girai e me ne andai a sistemarmi nella camera degli ospiti, sbattendo la porta alle mie spalle.

Due giorni dopo Derek apparve nel mio ufficio e con fare arrogante mi chiese che cazzo mi era preso per trattare così Roberta.
Io sono grosso anche più di Derek e non ho certo paura di lui. Mi alzai in piedi e lo fronteggiai guardandolo fisso negli occhi e gli dissi che quando io e Roberta discutevamo non era affar suo e di star lontano dalla mia famiglia o ne avrebbe pagato le conseguenze.

Derek si era fatto l'idea che solo perché mi piaceva vedere mia moglie con altri fossi una mezzasega facile da intimorire. Invece si trovò ad abbassare gli occhi e ad andarsene con la coda tra le gambe pur imprecando e insultandomi borbottando.

Allo scadere della settimana, tornado a casa, trovai Roberta seduta sul bordo del divano con gli occhi rossi per il pianto e un fazzoletto intriso di lacrime tra le mani.
Appena mi vide mi buttò le braccia al collo e con la faccia contro il mio petto, singhiozzando, mi chiese perdono anche solo per aver pensato di avere un figlio da Derek e non da me.

Mi disse che doveva essere impazzita per essersi lasciata influenzare in quel modo dal suo amante, un uomo che non amava e che nemmeno rispettava.

Si scusò per tutto quello che mi aveva fatto passare negli ultimi due anni, mi pregò di perdonarla e di riprendere a fare sesso con lei, una cosa che ora si rendeva conto, le era mancata moltissimo.

Si colpevolizzò per avermi tagliato fuori dalla sua vita sessuale e mi giurò che non avrebbe più visto Derek neanche dipinto.

Che se le avessi dato un’altra chance non avrebbe più fatto sesso con nessun altro all'infuori di me.

Mi chiese perdono per aver considerato i desideri di un altro uomo più importanti dei miei.

Mi riconfermò tutto il suo incondizionato amore che per qualche tempo aveva dimenticato per il suo egoismo e per la sua stupidaggine.

La presi tra le braccia e la tenni teneramente stretta a me.

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Ora stiamo celebrando il nostro quindicesimo anniversario.

Negli ultimi cinque anni abbiamo avuto due meravigliosi bambini e la curiosità di vedere mia moglie con un altro mi è passata definitivamente. Siamo una coppia felice e affiatata e di fronte a noi c’è un avvenire sereno e la prospettiva di invecchiare insieme.

Scrivo questa storia per mettere a disposizione la mia esperienza e per dare una speranza a tutti quei mariti che vivono un dramma segreto e inconfessabile.

C’è sempre la possibilità di una impennata d’orgoglio e di un riscatto dalla vergogna e dalla umiliazione. Basta trovare il coraggio.

Buona fortuna.

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