004 a Pranzo (1943)

di
genere
dominazione

T-“scegli” mi guarda stupita, le labbra tremanti, gli occhi umidi, mi prende la mano destra tra le sue, tirandomi dolcemente il braccio, china leggermente la testa, mi bacia il dorso della punta delle dita, non ho pensieri, si raddrizza, mi guarda in viso, gli occhi asciutti e brillanti, la bocca ferma, mi ruota la mano a palmo in su rilasciandomi il braccio, si china, questa volta più profondamente perché la vedano, mi lecca il palmo dalle dita al polso, si erge tirandomi il braccio, diritta in piedi, mi chiude la mano a pugno, se l’accosta alle labbra, mi bacia le nocche, rilascia la mano che ricade inerte, che vuol dire? è mia Lei o sono suo io? ho bisogno di un Cognac per riprendermi non tè caldo, gli altri ammutoliti alla scena, è Lei che conduce il gioco, domina con la sua personalità e sono solo 2 ore da quando è mia, sudo, voglio uscire, aria anche se calda, mi muovo nel reparto mobili, mi segue dappresso, osservo ma non vedo, a un tratto mi tocca leggera un braccio e mormora
I-“questa” una bella cameretta per bambini da 8-10 anni, lo stile lineare mi piace, chiara, luminosa, l’avrei scelta anch’io, ha gusto naturale, è stata bene allevata, la scruto, sto per rilevare la cosa, mi previene
I-“ crescerà” mormora, cavolo, questa in una mattina mi fa fare cose che non ho nemmeno pensato in 20 anni per le mie figlie, mi secca, guardo il suo tesoro, scompare nel passeggino, ma sì, perché no, se fin’ora è riuscita a farla sopravvivere certo sa anche farla crescere, vorrei sapere com’era da piccola, non deve essere stata molto diversa, è di una razza tosta, acconsento, abbiamo finito, ordino all’autista di versare il 50 % del dovuto subito e il 30 % il pomeriggio del gg. seguente, dopo il montaggio a casa mia per le 18, termine ultimo, con operai specializzati, il saldo a 8 gg., per verificare l’effettiva qualità di montaggio e mobili, prendo da uno scaffale una Pigotta e la porgo alla bimba, sicuramente è il primo giocattolo che ha, una bambola di pezza, la prende e la stringe a sé, Lei muta, sorride, usciamo, avviso l’autista che agli operai che eseguono l’effettivo montaggio versi di gratifica 50 $ per i manovali e 100 $ per il capo, ma solo a loro e all’autista del furgone, rileva che è la paga di una settimana per un pomeriggio, ribatto che è il mio piacere, esigo un lavoro perfetto, sa che non scherzo sul lavoro, lui è responsabile, inorgoglisce, Lei ascolta e tace, lo sguardo a terra
Non vedo i suoi occhi, mi ricordo che ho fame, sono le 13, mi faccio portare in un piccolo ristorante lì vicino, mando a casa l'Autista per portare gli acquisti, torna alle 18 al Bazar Ottomano, se ne va, sono contento di mé, con costei non ho più bisogno dell'interprete, finalmente, sono cliente abituale del piccolo locale da 20/30 coperti, il Venerdì sera , il mio Socio mussulmano non mi accompagna nei loro ristoranti Kitsch all’americanan da 2/3000 posti, mangio da solo nel quartiere Cristiano, non sopporto l'odore di cucina degli alberghi, qui poi che non mi va nemmeno il loro modo di cucinare, ordino vino locale da 8° e specialità Armene di mio gusto, a confronto con le loro schifezze, ecco cosa posso insegnarle, a cucinare, una buona scusa per il cane, le verso un goccio di vino per aperitivo, non mi guarda in faccia, la testa china, la scruto, accosta le labbra al bicchiere, assaggia, solleva il viso, mi guarda con occhi felici e senza una parola beve d’un fiato, si alza, prende la figlia, la accomoda in un seggiolone che è stato accostato al tavolo, si risiede, mi prende la mano
I-“Padrone, fa di me quello che vuoi ma non far patire a mia figlia quello che ho sopportato io, frustaci pure entrambe ma non abbandonarci, quello che hai fatto ci ha permesso di sopravvivere, noi ti dobbiamo la vita, ogni tuo desiderio è un ordine per me dalla mattina che ti incontrai, ma l’aver pensato a lei ha fatto di noi tue schiave devote perché mi sono sentita per la prima volta rispettata per quello che ero” rimango di stucco, ma senti quest’impunita, si consegna Lei a me, non sono io che devo addestrarla è Lei che lo sta già facendo, devo riprendere in mano la situazione, sono commosso, sto zitto, arriva il cibo, mi servo, inizio a mangiare pensoso, devo rispondere, dopo alcuni minuti ho trovato le parole, sto per parlare, noto il suo piatto e quello della figlia, vuoti
T-“ perché non mangi, non ti pace ?” non è la risposta che volevo dare ma una domanda
I-“ non lo so, ho sempre mangiato avanzi, anche a casa mia, aspettavo che finissi” semplice
T-“ non fare la scema, mangia quello che ti pare” mi fa sentire in colpa, mi sto irritando
I-“ potrei avere dell’acqua, per lei?“ intanto si serve, ma noto che prende quello che io non ho gradito, non tutta la cucina Armena mi piace, mi sto veramente arrabbiando
T-“ chiama il cameriere e falla portare! puoi servirti di tutto! se non ti piace fa venire altro!” ordina e chiede della carne di manzo speziata, arriva l’acqua, intanto che versa alla bimba che beve subito avida, portano la carne, è uno dei miei piatti preferiti che non hanno servito, ne da alla figlia, per la prima volta le parla
I-“questo è cibo della mia terra, mangia, è buono” dev'essere la I° volta che l'assaggia, non ha ancora toccato niente, Lei d’improvviso inizia a singhiozzare coprendosi la faccia con le mani, rimango interdetto, non so che fare, come faccio a consolarla, non capisco, dopo poco smette, rialza la testa tirando su dal naso, si asciuga gli occhi, e forse il naso, con le mani, porca miseria mi sono dimenticato i fazzoletti, mi guarda
I-“ Padrone, grazie, sono felice“ resto basito, inizia vorace, questa è fame arretrata, mi ricorda Totò in un film, la figlia non è da meno, con le debite proporzioni, mangiano con le mani, come usa qui, la richiamo
T-“ adagio che stai male, fai indigestione, se si ha così tanta fame bisogna riabituare lo stomaco, usa la forchetta” si ferma, mi guarda e sorride con quei suoi occhi chiari, una pupilla azzurra in un bianco latteo, denti bianchissimi e regolari
I-“ hai ragione, scusa, non succede più, non punirmi per questa volta, vuoi?“ ma guarda questa, non è passato ancora un giorno e ha già delle pretese
T-“ va bene, capisco, l’emozione delle novità, per questa sola volta” quanto vorrei sbatterla sul tavolo, gambe penzoloni, senza mutande e farle il sedere a righe con una dozzina di bacchettate
I-“ posso prendere ancora un poco di quel liquido strano che mi hai dato prima, scalda” è sciacquatura per mè, finisce la bottiglia, ordino due bicchierini di Marsala per i dolci alla Turca di chiusura arriva il vino con grandi vassoi di dolci, lo assaggia, diventa rossa
I-“ questo non è come l’altro, è più scuro, è più buono e scalda di più“ è brilla, ha 17°, è la mia riserva personale, prende dei dolci per la figlia altri per sé, sta per ingollare d’un fiato il suo vino, mi guarda, le faccio cenno di calmarsi, sorride, capisce, continua a centellinare mangiando dolci, sono contento, ci alziamo per uscire, Lei ci prova, ricade sulla sedia mi guarda stranita
I-“ perché non riesco a stare in piedi, mi gira la testa“ T-“ ti sei ubriacata “ I-“ hoo no, ora mi frustano in piazza” è la piazza che la spaventa, non la frusta, alla quale deve essere abituata
T-“ siamo nel quartiere Cristiano, se esci dal quartiere si, qui no, stai calma, respira bene e rilassati per qualche minuto” ordino 4 caffè espressi, dalla macchinetta che ho regalato loro, 1 per me e 3 per Lei e una spremuta di arance locali, a mio gusto amare come il tossico, ma sugose con molta vitamina C, sono le 15.30 dobbiamo andare, bevo il mio caffè zuccherato, il resto per Lei, è tutto buono soggiunge, non deve aver mai mangiato tanto in una volta sola, le dico di alzarsi, lo fa, usciamo, è più loquace, spinge il passeggino, mi segue quasi al fianco perché la possa tenere d’occhio, è bellissima, ha preso colore sulle sue guancette
I-“ dove mi porti?“ T-“ a far compere” non ho abitudine al tu, comincia a seccarmi
I-“ ma abbiamo comprato tutto” guarda questa, comincia già a sindacare, mi diverte
T-“ no, non tutto, perché me lo chiedi?“ ho un sospetto
I-“ perché non andiamo a casa ? è da questa mattina che siamo in giro” T-“ dobbiamo fare ancora una cosa, prima” I-“ Jasman deve pisciare” T-“ mi stai raccontando bugie” I-“ no” T-“ non è lei che deve fare pipi, così dice una signorina ben educata, sei tu” oddio le sto dando del tu e mi è venuto spontaneo, perdo autorità
I-“ è vero, mi scappa tanto, non ce la faccio più” il vino e la passeggiata stanno facendo effetto
T-“ perché non sei andata al ristorante ? ” intanto continuiamo a camminare
I-“ perché non so come si fa con le mutande, e poi là non mi scappava” beata innocenza
T-“ I° si chiamano slip, II° se lo dicevi ti avrei insegnato, III° come facevi prima?” I-“ mi accucciavo e basta” T-“ come le cagne, hai una bella gonna lunga ai piedi, fermati, allarga le gambe e falla” I-“ qui, in strada?“ T-“ si“ I-“ si bagnano le mutande, scusa slip“ T-“ non c’è problema, ti danno fastidio quando cammini, arrivati a casa le cambi” I-“ va bene, la c’è un angolo giusto, quando ha finito quella ci vado io” sghignazzo
T-“ siamo arrivati, vai a chiede se puoi usare il bagno” I-“ non devo lavarmi ma fare pipi” T-“ bagno è sinonimo di cesso, si dice anche ritirata, è un termine più fine ma arcaico” I-“ mi scappa, non puoi chiederglielo tu?” e dagli con il tu
T-“ entra e chiedilo!” I-“ non posso, con il vestito di prima si, adesso no” T-“ va bene lo faccio io” ormai è Lei che comanda, entro, fuori non si vede, ma dentro è il mio paradiso, mi accordo, esco dal retro, la chiamo, non deve ancora vedere gli articoli esposti
T-“ entra, se vuoi” I-“ che posto è questo? dov’è il bagno?“ T-“ segui me“ su e giù per scale e corridoi
T-“ ecco il bagno” I-“ che sono quelle cose li? dove faccio pipi? perché non esci?” T-“ quello è un Water o Tazza, io preferisco Tazza, scusa all’ospedale dove la facevi ? se esco come posso insegnarti? I-“ nelle ns. camerate un secchio, per tutto, quando è pieno l’ultima lo vuota in un tombino nel cortile, una volta al mese un camion pulisce la cisterna, nelle camerate di degenza invece una cosa bassa con un buco e una catenella da tirare per pulire con l’acqua corrente, è così bello accucciarsi li sopra, nessuno ti vede perché è in uno stanzino, come qui, ma sono tanti, non vedo dove posso, mi scappa, devo salire in piedi li sopra ? come faccio con la sottana?“ T-“ brava, hai capito dove fare i tuoi bisogni, puoi farlo senza salirci, mettiti con la schiena alla tazza, solleva la gonna dietro, le dita sotto l’elastico degli slip e giù” I-“ come faccio se tengo la gonna?“ T-“ pensaci“I-“ mi scappa troppo, non posso più tenerla“ T-“ se la fai fuori dalla tazza aumento la punizione, usa i gomiti per la gonna, ora abbassa il sederino sulla tazza” I-“ hai, è fredda“
di
scritto il
2014-06-21
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