Anni cinquanta

Scritto da , il 2010-06-25, genere gay

Francesco non aveva figure maschili di riferimento, per lui fu una scelta ovvia, quasi obbligata, scegliermi come fratello maggiore, come mentore, come pigmalione.
Io, dal canto mio, non ero estremamente contento di questo suo attaccamento, essendo figlio unico non avevo "pratica" di "fratellanza" alcuna.
Ma facciamo un passo indietro; Francesco frequentava il mio stesso colleggio, lui di anni ne aveva dodici io sedici, ci eravamo conosciuti per caso, anzi il caso fu la conoscenza fortuita, nella sala di attesa, tra mia Nonna e sua Madre.
Sua Madre era una bellissima donna bruna, una di quelle donne che vorresti possedere subito,li,nel posto in cui si trova, fu il suo fascino a convincermi di intrattenere un qualsivoglia rapporto con Francesco, pensavo, in cuor mio, che prima o poi sarei riuscito ad entrare nel suo letto, un letto vuoto della figura maschile, il di Lei marito si era involato accompagnandosi ad un' altra donna.
Francesco si era attaccato a me come un ramo di vite, come un' edera; fu questo suo attaccamento a creare quell' atmosfera morbosa, quell' erotismo che si sente nell' aria quando due persone hanno una comune attrazione.
Qualche settimana dopo, Giovannino (l' autista di casa di nonno Aldo) venne a prendermi per il fine settimana (ricordo che c' era un ponte festivo), aveva una lettera per il Rettore nella quale: la signora Maria (la mamma di Francesco) pregave sua Eccellenza di lasciar andare via, insieme a me, anche suo figlio, così avvenne.
Quella notte, Francesco dormì nella mia stessa stanza (in realtà io dormivo nel lettone della Nonna, ma per quella occasione tornai nella mia camera), quando arrivò il momento di andare a letto, quindi della svestizione, Francesco notò le ragguardevoli dimensioni del mio pene, volle subito confrontarlo, guardarlo, soppesarlo, palpeggiarlo, annusarlo, leccarlo, masturbarlo..., io dal canto mio lo lasciavo fare, la cosa era estremamente piacevole, ed inoltre non facevo sesso da qualche settimana (mi mancavano tanto le labbra ed il culo del mio Andrea, il mio frocetto personale, così come mi mancavano tutte le performance di Monna Laura, mia Nonna.).
Francesco iniziò un pompino molto delicato, era dotato di tanta buona volontà anche se era inesperiente, aspirava, leccava e mordicchiava, accarezzava il cazzo come fosse un maglione di cachemire, ovviamente tutto questo suo da farsi mi portò all' eiaculazione, non feci in tempo ad avvisarlo, lui fu investito da un copiosissimo getto di sperma, che prontamente ingoiò ma una parte lo fece tossire, la Nonna sentendo tossire si affacciò sull' uscio, ci vide nudi io seduto sul letto e Francesco inginocchiato ai miei piedi, capì immediatamente cosa fosse successo, mi fece un dolcissimo sorriso e richiuse la porta. Anche Francesco notò il fatto e quando si fu ripreso dalla tosse, disse: ma tua Nonna non ti sgrida(?), gli risposi che un giorno gli avrei raccontato di me, ma che per adesso potevamo riprendere da dove avevamo lasciato.
Presi dal comodino un barattolo di crema profumata ne colsi un po' con le dita e unsi il suo delizioso forellino anale, poi cominciai un lavoro di penetrazione con le dita, dovevo necessariamente "ammorbidire" il suo sfintere, dovevo costringelo ad accettare dentro un cazzo di notevoli dimensioni come il mio. Ci volle la pazienza di Giobbe ma; alla fine vinsi.
Il mio cazzo scivolò dentro quel meraviglioso buchino con tanto piacere per entrambi, ero, anzi eravamo contenti del risultato ottenuto, nessun trauma ne sangue ne dolore, solo piacere.
Volle guardare l' introduzione e il movimento del cazzo che entrava ed usciva dal suo culo, si posizionò sul letto come una partoriente e lo specchio dell armadio gli rimandava quelle parti di immagini che altrimenti non avrebbe potuto vedere, era bellissimo nel momento del piacere, teneva gli occhi chiusi come per non farsi distrarre da niente, come se dagli occhi potesse uscire una piccola parte di piacere che lui non voleva perdere, io dal canto mio ascoltavo il rumore del cazzo che scivola dentro, una sorta di: sciaff-sciaff che nel silenzio della stanza sembrava un inno al piacere.
Abbiamo fatto sesso tutta la notte, quando il sole ha fatto capolino sui monti noi stavamo ancora fottendo, lui sussurrava possiedimi, ti voglio sentire sempre dentro di me, mi piace, ti amo..., era quasi ora di colazione quando la Nonna fece nuovamente capolino dalla porta, poi con un gesto più deciso entrò e disse che adesso avremmo potuto anche smettere, ci baciò entrambi ed andando via disse: vi aspetto di sotto tra non più di venti minuti.

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