Dogstown

Scritto da , il 2010-06-03, genere etero

Arrivò a Dogstown quando il sole cominciava a scomparire all'orizzonte… Aveva cavalcato per almeno cinque ore attraversando il deserto di Gila. La stanchezza e la sete avevano preso il sopravvento. Dogstown era solamente uno sparuto gruppo di baracche sperduto tra il grande deserto ed il confine con il Messico ed era una tappa fissa per tutti i fuorilegge che cercavano una via di fuga. Scese da cavallo e si piegò più volte sulle ginocchia, in un sinistro scrocchiare di ossa da troppo tempo ferme nella stessa posizione, quindi fece dissetare la povera bestia nell'abbeveratoio prima di assecondarla ad una grossa trave di legno, davanti all'unico saloon del paese. Decise di levarsi la sete e la polvere dalla gola prima di portare lo stremato animale nella stalla e di concedersi un lungo sonno. Entrò nel locale con calma e decisione, lanciando uno sguardo intorno per sondare l'ambiente. Una decina di persone affollava il piccolo saloon, alcuni persi nelle solite inutili discussioni, altri intenti a giocarsi a poker i pochi dollari che restavano nelle tasche. Osservarono la figura appena comparsa dall'angusta porta con curiosità e con una certa dose di timore… Portava un grosso Stetson calato sugli occhi, un lungo fazzoletto rosso annodato sul collo abbronzato che spuntava appena da una camicia gialla completamente ricoperta della polvere del Gila. Portava una colt 45 peacemaker a mezza coscia, legata all'estremità con un laccio che l'assicurava alla gamba. L'evidente postura di chi non porta la pistola solo per sparare in aria, e ciò incutè timore tra gli astanti. Fece tintinnare sul lungo bancone un dollaro d'argento e sollevando la mano guantata, indicò una bottiglia sullo scaffale alle spalle del barman. Levò il tappo con uno scatto deciso, tenendolo tra i denti e si versò un'abbondante razione di whisky. Teneva il bicchiere con la sinistra, la destra era sempre meglio tenerla libera per ogni evenienza, mentre i suoi occhi neri e scintillanti correvano lungo il grande specchio sul muro senza perdere mai di vista ciò che succedeva alle sue spalle. Era in Texas, un posto dove era troppo facile morire ed era a Dogstown, la terra di nessuno. Il barman incuriosito si domandava se avesse a che fare con chi cerca taglie o con chi sta semplicemente fuggendo alla giustizia. "In fuga ?" domandò stancamente l'omaccione dietro al bancone, muovendo appena le labbra perse sotto i lunghi baffi neri. "Fottiti…" fu la secca risposta. Il grosso barman, scoraggiato, continuò a pulire i bicchieri lungo il bancone con uno straccio che ormai poteva solo sporcare e non pulire. Continuò a sorseggiare l'infimo whisky senza perdere di vista l'ambiente circostante. I pensieri vagavano nella sua mente e mentre le palpebre si fecero pesanti decise che era giunto il momento di andare a coricarsi. Non fece in tempo a staccarsi dal bancone quando otto loschi individui fecero irruzione nel locale. Quattro di loro lo attraversarono rapidamente portandosi dall'altro lato, due si accostarono al muro adiacente all'ingresso, i due restanti, uno smilzo baffuto ed un barbuto cicciottello che sembrava essere il capo, si appoggiarono al bancone. Erano tutti messicani… forse la banda di Josè Carrera, detto "El Lobo". Da tempo imperversavano sul confine tra il Texas ed il Messico, compiendo scorrerie ai danni di diligenze, di vagoni ferroviari e di piccole banche di minuscoli paesi che popolavano la zona di frontiera. Dal loro modo di agire si capiva che era gente in gamba… da come si erano rapidamente distribuiti all'interno del locale potevano tenere sotto tiro chiunque senza rischiare di incrociarsi tra loro. "Guarda guarda…" sentì gracchiare la voce roca dello smilzo che si era portato alle sue spalle, poggiando la canna di una Remington 44 alla schiena, mentre con l'altra sfilava la pesante Colt dalla fondina. Erano troppi e troppo rapidi per tentare una qualunque reazione. "Questa è meglio se la prendo io…" borbottò lo smilzo ridacchiando. Si sentì trascinare per i capelli pesantemente verso un tavolo sul quale quattro ragazzotti erano intenti a giocare a poker. I quattro s'involarono velocemente in fondo alla sala, senza dire una parola. Con pochi strappi decisi, nel fragore generale, lo smilzo sfilò l'enorme camicia gialla impolverata, rivelando alla luce la pelle abbronzata dal feroce sole del deserto. "Cico, vai a prendere la mia frusta !" impartì seccamente lo smilzo ad uno dei desperados, quello che si trovava vicino alla porta d'ingresso. Mentre cercava di capire chi fossero ed il perché di un simile trattamento, il corpo fu squassato da un bruciore tremendo… La pesante frusta dello smilzo disegnava una riga rossa sulla schiena, seguita rapidamente da un'altra e un'altra ancora. La schiena si disegnava di rossi graffiti ed il bruciore aumentava, diventando quasi insopportabile. I desperados incitavano lo smilzo a colpire più forte, mentre gli altri avventori del locale sedevano in silenzio, inermi e pietrificati. Ma dopo aver assestato una decisa di frustate, lo smilzo lasciò cadere in terra il pesante attrezzo. "Ed ora…" mormorò il messicano slaccianosi il pesante cinturone. Il dolore alla schiena piano piano si affievoliva, mentre grosse gocce di sudore imperlavano la fronte. I grossi ed ingombranti seni, costretti da un bianco reggipetto sgualcito premevano sul tavolo, lo Stetson era volato in terra da tempo, riflettendo alla luce i lunghi capelli biondi, legati dietro la schiena da un nastrino di stoffa di colore azzurro. Le mani guantate afferravano violentemente il tavolo, lo sguardo serrato in una smorfia di dolore. Si muoveva veloce lo smilzo, con il fare di chi non ha mai tempo da perdere. Le slacciò il cinturone e lo fece scivolare in terra, poi fece saltare tutti i bottoni delle pesanti brache con un solo brusco colpo e le abbassò sino alle ginocchia. Emily Whiterspoon non portava mutande. "Ma guarda quanta bella merce !" rise lo smilzo palpando le grosse natiche della cacciatrice di taglie. Poi le infilò il lungo e sottile cazzo nel culo come si fissa un chiodo alla parete. Emily serrò i denti e strinse gli occhi mentre l'invasore si faceva strada in un percorso forzato, nella giovane carne. I desperados tracannavano whisky direttamente dalle bottiglie che essi stessi si erano presi dagli scaffali, il loro capo si accendeva un enorme sigaro, il barman si asciugava il sudore sulla fronte con lo straccio usato per pulire i bicchieri, gli altri avventori assistevano alla scena con stupore e terrore mentre lo smilzo inculava Emily con ferocia. "Hhh..Hhh..Hhh.." Ora si udivano solo i mugolìi del messicano che pompava nel culo della bella cacciatrice, mentre questa emetteva solamente dei sordi gemiti sbuffando e respirando freneticamente, come chi è sottoposto ad uno sforzo estremo, al limite delle proprie possibilità. Lo smilzo strappò bruscamente il reggipetto di dosso alla ragazza, afferrandole con forza i soffici ed ingombranti seni, mentre le scaricava tutto il contenuto dei testicoli in fondo al culo. Quando il messicano si ritrasse soddisfatto Emily abbracciava il tavolo madida di sudore, respirando affannosamente, come chi ha appena terminato una lunga corsa. Dal buco del culo scivolavano spesse gocce di sperma, mentre le grosse tette si erano arrossate nello strofinarsi contro il tavolo di legno. La cacciatrice di taglie non ebbe il tempo di rifiatare quando Pablo, sicuramente il più feroce della banda, l'afferrò per i capelli e le sferrò un potente manrovescio in pieno volto, facendola schiantare al suolo, tra le risa generali. Pablo era chiamato da tutti "Cuchillo" per la sua abilità nel maneggiare il pesante ed affilatissimo coltello che portava alla cintura, ma non era quello che voleva usare in questo caso… Sfilò con decisione i lunghi sivali di Emily e lo stesso fece con i pesanti pantaloni, poi le si sdraiò sopra e la penetrò con estrema violenza. Emily stringeva le dita sulle spalle del poderoso messicano, mentre questi sferrava lunghi e potenti colpi di cazzo che le facevano letteralmente mancare il respiro. Dalla bocca della giovane ucivano soffocati gemiti mentre Pablo, affondando le dita nella soffice carne delle voluminose poppe, spingeva sempre più velocemente il proprio grosso bastone di carne tra le pareti della fica bagnata. Le urla della bella cacciatrice prendevano il posto dei gemiti… sembravano le urla di chi riceve improvvisamente e senza che se l'aspetti, un gavettone d'acqua gelata sul corpo. Pablo le afferrò le natiche e strinse con tutta la forza che aveva, affondando le dita nella soffice carne, mentre schizzava ripetutamente nella pancia della giovane, che si abbandonò in fragorose urla, come se stesse precipitando nel vuoto. Cuchillo si ritrasse soddisfatto, con un largo sorriso disegnato sull'enorme bocca mentre Emily giaceva a terra stremata, con gli evidenti segni rossi delle mani dell'uomo sulle poppe e sulle natiche. Dalla sua fica scorreva un rigagnolo di sborra, che si perdeva sul legno del rozzo pavimento, mentre i suoi pesanti seni si alzavano e si abbassavano al ritmo del respiro faticoso. Pedro si avvicinò al corpo della giovane, quindi portò la punta dello stivale all'altezza dell'anca e girò l'esile corpo sollevandolo di peso con la sola forza del piede. La cacciatrice giaceva in terra, con le braccia distese sopra la testa, le gambe leggermente divaricate, la faccia aderente al pavimento sporco, senza più forze. Pedro si sdraiò sopra di lei e la inculò con decisione. Il bacino del desperado rimbalzava sulle soffici natiche di Emily, la cui tenera carne ondeggiava sotto i pesanti colpi di verga del messicano. "Mmmm…Mmm…Mmmm…" il desperado emetteva lunghi e rumorosi mugolìi mentre danzava sopra la giovane inerme, che continuava a sbuffare e gemere sordamente, in un respiro sempre più affannoso. Solo il capo la risparmiò… tutti gli altri ne approfittarono, compresi due dei ragazzotti che giocavano a poker prima dell'avvento della feroce banda. Furono costretti, sotto la minaccia dei banditi, a scoparla in fica e in culo contemporaneamente. Per fare questo, l'adagiarono su un lato, ma la giovane perse i sensi mentre la scopavano e quando la riempirono di sborra, lei non era più coscente. Quando Emily riprese i sensi, a causa di una secchiata d'acqua gelida sulla faccia, era sdraiata in terra in mezzo alla polverosa main street, con i polsi costretti da una pesante fune, la cui sommità era stata assicurata al pomello di una sella. Quando gli otto bandidos decisero così di mettersi in marcia, era da poco sopraggiunta l'alba. Mossero i cavalli al passo, lentamente, in direzione di Agua Caliente, rasentando il Gila in territorio messicano e si trascinarono, legata alla sella di un cavallo, completamente nuda, la sventurata cacciatrice, con l'intenzione di venderla agli apaches di Perro Negro, un baldanzoso ribelle a capo di una ventina tra giovani fuggiti dalle proprie tribù in cerca di gloria e guide dell'esercito in diserzione. La giovane camminava con passo stanco e la terra sotto i suoi piedi si faceva rovente al sole del mattino, mentre lo smilzo si voltava di tanto in tanto per gettare uno sguardo sulla prigioniera legata al cavallo. Le avevano calato in testa lo Stetson per evitarle un'insolazione, mentre il resto della pelle nuda era morsa rabbiosamente dai raggi del sole. Ogni tanto Loco, che cavalcava dietro di lei continuando a fissare il bel culone rotondo e ricordando come vi era entrato soltanto poche ore prima, le versava addosso un po’ d'acqua e la faceva bere. Gli apaches non compravano la merce se non era in uno stato accettabile. Dopo aver camminato nuda sotto un sole implacabile per più di tre ore, Emily era stremata. Stava seduta su una grande roccia a massaggiarsi i piedi quando lo smilzo si avvicinò, portò il lungo cazzo in prossimità della bocca della giovane e le intinò di succhiare. Le labbra arse dal sole si strofinavano faticosamente lungo l'asta mentre la lingua scivolava dal glande sino ai testicoli. E proprio mentre lo smilzo innaffiava con lunghi getti la gola della cacciatrice di taglie, Perro Negro ed i suoi apaches irruppero nel campo. El Lobo si rivolse al giovane apache in spagnolo, mostrandosi molto ossequioso e facendo molta attenzione alle parole usate. Gli apaches erano molto permalosi e non avevano amici. Non per niente nella loro lingua la parola "apacu" significa "nemico". Perro Negro era un giovane scaltro e coraggioso, molto pieno di sé. Odiava il messicano, come tutti gli apaches li odiano, ma aveva bisogno dei fucili e delle munizioni che il losco trafficante gli forniva. I due confabularono per un po’ dopodichè l'apache sfilò dalla borsa che teneva a tracolla un sacchetto di pelle, dal quale estrasse una manciata di pepite d'oro che porse al bandito. Il desperado prese le pepite e se le infilò nel taschino della camicia, quindi indicò con un gesto della mano la giovane seduta sulla roccia, intenta a pulirsi la bocca dallo sperma residuo. Ad un preciso ordine del giovane capobanda, due apaches smontarono da cavallo ed afferrarono la cacciatrice, trascinandola sulla cavalcatura di uno dei due. I desperados si congedarono dagli apaches offrendo loro cinque bottiglie di whisky, che furono prontamente ripagate con un'ulteriore manciata di pepite d'oro. I banditi proseguirono la loro marcia verso Santa Fè, dove li aspettava una notte di baldoria con l'oro ottenuto dagli scambi, mentre il drappello di apaches si incamminò al piccolo galoppo verso la catena dei Mogollones. Emily era sfinita e si aggrappava a Brujo, un feroce Mescalero dal corpo minuto e possente, senza un filo di grasso, che aveva un tempo fatto parte della banda di Ulzana. I venti apaches arrivarono al loro piccolo campo verso il tramonto. Non avevano nessuno ad aspettarli… i ribelli apaches erano banditi da ogni tribù e vagavano in solitudine tra la catena dei Mogollones ed il Messico, senza un campo fisso e senza una meta precisa. Emily mangiò con loro carne di coyote… le faceva schifo ma con la fame che aveva non poteva permettersi di fare la schizzinosa. Si addormentò avvolta in una sudicia coperta, ma non ebbe molto tempo per dormire. Svegliata dopo un paio d'ore dagli apaches ebbri dell'alcool offerto loro dai loschi trafficanti, fu ripetutamente violentata per tutta la notte. Quando si svegliò era saldamente legata a quattro robusti picchetti, con la schiena a terra, le braccia larghe sopra la testa e le gambe divaricate ed era da poco sorto il sole. Sentiva un forte bruciore provenire dal culo e dalla fica e si ricordò che dalle sue cavità erano passate ventinove persone… Un apache le rovesciava lentamente dell'acqua sulla bocca per dissetarla, mentre un altro era intento ad arroventare la fiamma del coltello sopra un grosso falò. Gli apaches dimostravano il loro valore attraverso la ferocia. Più forte la vittima urlava, maggiore era il loro valore. Il primo a cimentarsi fu il giovane guerriero con il coltello. Avvicinò la lama rovente al piede sinistro di Emily e la poggiò sulla pianta, facendola aderire bene alla pelle. Un sinistro sfrigolìo fu subito seguito da una densa fumata, un dolore atroce attraversò la cacciatrice il cui urlo fece scappare due avvoltoi spaventati che giravano intorno al campo cercando qualche avanzo di cibo. Emily prese a singhiozzare, mentre la scura impronta lasciata dalla lama rovente fumava ancora sulla pianta del piede. I giovani guerrieri commentavano soddisfatti la prodezza del loro compagno, che si sollevò con un sorriso e ripose il coltello sul fuoco per metterlo a disposizione degli altri. Quando la lama rovente del secondo apache morse il capezzolo, Emily urlò ancora più forte. Alzò il capo ed osservò con gli occhi spalancati dall'orrore il proprio capezzolo fumante ed il segno evidente della bruciatura ancora fiammeggiante. Il prossimo non usò il coltello… pose sotto il piede di Emily una manciata di arbusti secchi, quindi vi diede fuoco. La cacciatrice sentiva le lingue di fuoco lambire la pelle ed arrivare alla carne viva, contorcendosi tra urla agghiaccianti in tremendi spasmi di dolore. L'apache liberò il piede dalla morsa del fuoco quando giudicò le urla della ragazza soddisfacenti. Il piede di Emily fumava vistosamente e la giovane si lasciò andare in un pianto straziante. Ma le sue urla furono talmente forti da lasciare interdetti i suoi stessi torturatori quando un giovanissimo apache le infilò un tizzone ardente nella fica. Con una sola spinta il giovane portò la punta rovente del tizzone sino alla vagina… si ritrasse di colpo quando la giovane iniziò a saltare e dimenarsi urlando con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Emily svenne per il gran dolore. Si svegliò iprovvisamente e l'orrore s'impadronì di lei: un grosso avvoltoio, davvero enorme, puntava il becco sul suo ventre, cercando il punto dove affondare il colpo. Vide con orrore che gli apaches l'avevano abbandonata lì dopo averle procurato un lungo taglio che attraversava tutto il ventre in orizzontale. Non era una ferita profonda, ma abbastanza per farla sanguinare copiosamente ed attirare gli avvoltoi. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola nel disperato tentativo di spaventare l'animale, ma il suo tentativo non sortì alcun effetto. Il grosso rapace la fissò per un istante, poi fece repentinamente cadere il becco sulla ferita, lacerando la pelle e sollevandone un lembo sino a scoprire la carne. Si preparava ora ad affondare il lungo becco nella carne viva, quando fu centrato alla testa da un proiettile di Winchester. Un colpo di rara precisione, da più di trenta metri, separò la testa del volatile dal resto del corpo, che si accasciò sul ventre della giovane. Tex Killer aveva fama di essere un gran tiratore, ed in effetti, così era. Una breve serie di colpi allontanò gli altri rapaci che attendevano pazienti il loro turno di banchettare, poi la possente sagoma del ranger balzò giù dal cavallo e si portò a ridosso della sventurata. In breve la liberò dalle corde che la tenevano imprigionata, la dissetò, medicò le ferite e la vestì degli abiti che teneva di scorta nella sacca della sella. La ragazza indossò l'ampia camicia rossa ed un paio di pantaloni di almeno tre taglie più grandi… solo i piedi rimasero nudi perché Tex non aveva stivali di ricambio. Mentre erano seduti accanto al fuoco sorseggiando caffè bollente, Emily raccontò al ranger le proprie disavventure, risparmiandogli ovviamente il fatto di essere una cacciatrice di taglie. Quando Tex le chiese se sapeva maneggiare un'arma, lei rispose semplicemente che era stata una scout-girl nell'esercito. Dopo essersi rifocillati, i due montarono entrambi sul cavallo di Tex e presero la direzione verso il trading post di Takoma, che non distava più di un'ora da lì. Arrivati a destinazione, comprarono un cavallo ed un paio di stivali per Emily e si misero sulle tracce della banda di El Lobo. Il sole era già tramontato da un pezzo quando trovarono i banditi intenti a bivaccare in una radura sulle Ghost Hills. Fu un colpo di fortuna… probabilmente i desperados, di ritorno da Santa Fè, si dirigevano in Arizona per un colpo passando per quei boschi sperduti nei quali era molto difficile incontrare anima viva. I banditi non si curavano di stare molto in guardia, certi com'erano che da lì non sarebbe passato nessuno. Rimasero sorpresi nel vedere la ragazza e Tex alle loro spalle, con i fucili spianati. In breve, si trovarono inginocchiati, con le mani legate dietro la schiena da un'unica fune, che li univa tutti quanti. Una volta immobilizzati, Tex si accese una sigaretta e si incamminò per un centinaio di metri dentro al bosco, quindi si appoggiò ad un albero ed aspettò. La prima vittima fu Pedro… Emily gli calò le brache e gli infilò la canna del Winchester nel culo, sin dove riusciva ad arrivare, quindi prese a fotterlo brutalmente con la canna del pesante fucile. Pedro urlava mentre la ragazza gli gridava nell'orecchio: "Ti piace vero, bastardo ? Anche a me piaceva…" poi armò il fucile e premette il grilletto. La pallottola uscì dall'altra parte, spappolando i testicoli. Pedro rantolava e gemeva quando un secondo colpo dietro la nuca lo finì definitivamente. Emily si portò ora di fronte a Pablo, serrando tra le mani il suo pesante coltello… con un potente calcio lo fece cadere sulla schiena, trascinando nella caduta gli altri sei ed il cadavere di Pedro. Gli slacciò la patta e se lo mise in bocca. Sotto lo sguardo atterrito dei sette, lo ciucciò con cura e quando divenne abbastanza duro nella sua bocca, lo afferrò con una mano per la cappella e lo recise di netto tagliandolo alla base. Cuchillo spalancò la bocca in un urlo agghiacciante e la ragazza gli infilò dentro il grosso cazzo sanguinante, spingendolo con tutte le sue forze. Morì soffocato dal suo stesso cazzo. Lentamente, senza nessuna fretta, ne sgozzò altri cinque, risparmiando il solo smilzo. Prese il fucile e gli piazzò tre proiettili per ginocchio e tre per spalla. Fatto questo gli liberò le mani e legò strettamente la caviglia del bandito, assicurandolo agli altri sette ormai cadaveri. Dopo avergli rifilato un poderoso calcio in pieno volto gli bloccò il polso con lo stivale e prendendo accuratamente la mira gli fece saltare, una per una, tutte le dita della mano, quindi ripetè la stessa operazione con l'altra. Tex tornò da lei quando la vide montare a cavallo ed udì il sordo rantolare dello smilzo. "Non lo finiscì ?" domandò il ranger. "Ci penseranno gli sciacalli…" ribattè Emily con un sorriso. I due si avviarono verso la vicina Arizona, mentre il sole era ormai scomparso e le lunghe ombre della notte trasformavano il paesaggio in un ambiente tetro ed ostile. Lo smilzo non poteva muoversi, ogni movimento gli procurava un dolore lancinante, e nemmeno liberarsi, non avendo più alcun dito nelle mani. Potè solo osservare con orrore il bianco riflesso della fila di denti acuminati di uno sciacallo che lo fissava bramoso, annusando l'odore del suo sangue. Altri sciacalli si avvicinarono, sibilando e ringhiando e lo smilzo fu in breve circondato. Emily udiva in lontananza le urla dell'uomo ed il ringhiare degli animali mentre si rollava una sigaretta con il tabacco di Tex, senza dire una parola.

Questo racconto di è stato letto 3 7 8 2 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.