Vacanze in colonia estiva

Scritto da , il 2013-06-17, genere saffico

Questo racconto è la cronistoria della mia prima vera esperienza. Ovvio che non riuscendo a ricordare tutti i singoli dettagli, anche perché sono passati un po’ di anni da allora, questi momenti, le sensazioni varie che si sono incise dentro di me, cerco di riportarle il più veritiero che riesco, per farne partecipe i lettori e rivivere gli stessi momenti di quel indimenticabile incontro.
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Vacanze in colonia estiva

Il mio nome è Alessia, e questo racconto è quanto ricordo di una delle mie poche vacanze passate in una colonia estiva nella svizzera francese. Non ricordo tutti i particolari, vogliate perdonarmi, oramai gli anni sono passati ma serbo dentro me ancora il ricordo di quei momenti vissuti con un intensità estrema.
La mia famiglia era di condizioni modeste, ed in quegli anni il lavoro nella provincia di Varese scarseggiava. Mio padre che faceva il sarto da donna seppe da suoi amici che si trovava facilmente da lavorare nella svizzera francese, e mi par di ricordare che qualche suo conoscente vi fosse già andato alla ricerca. Informatosi sulle prime modalità per l’espatrio se ne andò in quel di Losanna.
All’epoca non era semplice entrare in un paese straniero per cercare lavoro, non come adesso che basta un barcone e poi trovi gli assistenzialisti che ti danno tutto dalla casa al permesso di soggiorno. All’epoca mio padre, preso il treno per Losanna, dovette scendere a Briga appena aldilà del Sempione, per le visite mediche alquanto severe ed approfondite. Quindi ricevette il visto che gli consentiva il soggiorno di sei mesi dopodiché se ne doveva tornare in Italia ed aspettare uno o due mesi, non ricordo bene, prima di poter fare gli altri sei mesi che gli avrebbero consentito di risiedere nella Confederazione Elvetica e lavorarci regolarmente. Solo dopo un anno di residenza avrebbe avuto la facoltà di farsi raggiungere dai familiari.
E così fu, all’età di sette anni me ne andai con mia madre in quella città, con tutte le difficoltà della non conoscenza della lingua francese. Ma noi eravamo gente lavoratrice e la buona volontà che ha sempre contraddistinto la nostra famiglia ha fatto sì che in poco tempo riuscissimo a farci intendere facilmente, anche se dovevamo scontrarci spesso con l’odio degli svizzeri verso gli stranieri soprattutto italiani. Venni iscritta alla scuola cattolica del Valentino a Losanna, gestita da preti per i maschi e suore per noi femmine, e dato che per la mia età non c’era posto in prima venni parcheggiata in seconda temporaneamente. Ma in breve tempo imparai il francese da risultare almeno nella grammatica una delle migliori della mia classe. Ricordo che l’insegnante dava il compito da redigere in classe ed al termine si poteva uscire anche prima dell’orario regolamentare.
All’età di sedici anni e qualche mese mi comparvero le mie mestruazioni, e passato il momento dello shock imparai a diventare un po’ più donna. A quell’epoca tutti gli anni per il periodo delle vacanze, dato che i miei non avevano tanti soldi ci appoggiavamo ai familiari residenti a Milano. E fu in uno di quegli anni, che i miei mi iscrissero alla colonia estiva della scuola, in un piccolo paesino agricolo verso lo Jura, la catena montuosa che divide la svizzera dell’ovest dalla Francia, ove c’era il collegio gestito solo da suore. Come tanti collegi si dormiva in grandi cameroni con le file di letti addossati sui lati della lunga camerata e si mangiava in una grande mensa. Mi tornano alla mente ancora adesso alcuni odori tipici come il caffèlatte, l’odore della minestra di patate, ma dato che sono ricordi d’infanzia non sono poi così brutti, li sento si tristi, perché gli anni sono
passati e vorrei poterli rivivere più intensamente.
Quel mio primo anno in collegio assieme ad alcune compagne del gruppo imparai a fumare, compravamo dal tabaccaio del paesino di Montricher, le North-Pole al mentolo, che ti gelavano la bocca, almeno all’epoca questa era la nostra sensazione.
Durante le ore libere della giornata ce ne andavamo nel bosco prospiciente il collegio dove
avevamo costruito una capanna fatta con frasche di pino, ben nascosta alla vista dal sentiero, e lì tutte insieme scoprivamo e fantasticavamo su tutto quanto era nuovo per noi e la nostra età. C’era anche il dormitorio dei ragazzi, ma le suore esercitavano un controllo severo e non ci furono mai occasioni di incontro con i maschi e poi non ci interessavano minimamente. Parlavamo, quando in gruppo, ognuna delle proprie esperienze dei propri pensieri casti e sconci, e su questi ultimi le nostre fervide menti fantasticavano, e non poco. Ma presto il solo parlarne ci risultò un po’ troppo arido, avevamo bisogno di qualcosa di più. Iniziammo a comperare qualche bottiglia di birra, ma presto le suore sentirono l’odore della bevanda nell’alito e fummo castigate. Quando un giorno una
nostra amica più smaliziata, ci svelò che aveva sentito dire da suo fratello, che aveva lo stesso problema a casa con i genitori, che se si beveva la vodka o il gin non si sarebbe sentito niente nell’alito ed inoltre era molto più forte della birra. Il problema si presentò su come fare per acquistare una bottiglia, ma tutto si risolse in modo semplice in quanto la sola bottega del paesino dove effettuavamo tutte le compere, non aveva grande smercio, e dunque il vendere un articolo costoso come un superalcolico gli faceva comodo e non avrebbe detto niente alle suore del collegio. La mia prima sbornia fu dunque con quella bevanda. Volevamo fare le gradasse con le amiche, ed il bere facilmente nei piccoli bicchieri come avevamo visto nei primi film di james bond, ci portò a conoscere un po’ più a fondo il lato oscuro dell’alcool. Avevamo acquistato una bottiglia di non so che marca polacca, l’unica della bottega, e la tenevamo ben sotterrata nella nostra capanna durante
la nostra assenza.
Non a tutte, il bere a dismisura fece lo stesso effetto, per esempio a me fece vomitare dopo circa un’oretta, con un successivo mal di testa, dolore che non avevo mai provato prima. Alla nostra amica Chantal, una ragazzona svizzera, bionda con lunghi capelli sciolti, tolse i freni inibitori. E mentre alcune di noi cercavano di tenerla ferma per impedirle di spogliarsi completamente, ricordo
di due sorelle che invece la incitavano a continuare. Quelle due sorelle, Sylvianne e Maud, avevano fama di vere porche, sporcaccione e quant’altro, però le tenevamo buone perché più smaliziate ed inoltre erano le rifornitrici del gruppo di tutte le cose proibite.
Rientrate in collegio, Chantal ed io, riuscimmo a convincere le suore che avevamo preso freddo nel bosco e dunque non avendo molto appetito ce ne saremmo andate in branda a smaltire il nostro malessere. Le suore convinte di quanto detto loro, ci portarono addirittura del brodo caldo per cena con qualche fetta di pane. Devo dire che quel brodo ci aiutò a smaltire velocemente il subbuglio nella pancia, e ci addormentammo presto. Eravamo vicine di branda, e dopo poco tempo, malgrado il brodo e le due fette di pane sentivo un freddo glaciale addosso, chiamai
sottovoce Chantal. Dovetti chiamarla più volte perché si era addormentata, quando finalmente mi rispose le dissi che malgrado la coperta avevo un freddo tremendo. Eravamo sole nella camerata in quanto tutte le ragazze erano in sala mensa, poi ci sarebbe stata la serata della lettura e prima delle dieci nessuna sarebbe arrivata in branda. Lei ci pensò su per un po’, quindi sgusciò dal suo letto e si
infilò sotto le mie lenzuola. Aspetta, mi disse ti riscaldo con il mio copro, l’ho sentito dire che fanno così gli alpinisti. Appiccicò il suo corpo al mio e subito sentii il suo calore pervadermi. Come era gradevole percepire il suo tepore e dopo il freddo patito precedentemente mi ci accoccolai contro stretta stretta, gustandomi tutto il piacere della sua vicinanza. Mi addormentai, venni svegliata dal suo richiamo
perché oramai le ragazze stavano tornando e lei doveva tornarsene nella sua branda. A malincuore la sentii scivolar via, al che mi spostai dove era lei poco prima cercando di assorbire il calore residuo. Ma presto il freddo mi pervase di nuovo. Dovetti attendere che la suora spegnesse le luci e quindi che le ragazze si appisolassero, prima di chiamarla di nuovo per dirgli che avevo ancora un freddo tremendo. Lei ritornò ancora da me, sotto le lenzuola e si accovacciò incollata a me.
Le confidai che mi piaceva il calore del suo corpo, le dissi sottovoce come sei calda. Lei mi cinse con le braccia e mi strinse ancor più a sé. Dovetti appisolarmi perché improvvisamente mi risvegliai sentendo qualcosa di strano. La sua mano da sotto il lungo camicione da notte mi stava accarezzando la schiena scendendo sino sulle mie reni. Lei si accorse della mia rigidezza perché mi
chiese cosa avessi. Niente, le risposi con voce tremante, sentivo la tua mano calda e mi sono svegliata, ma è una bella sensazione. Ti dispiace? mi chiese, vuoi che continui o che smetta, mi disse. Se vuoi, le risposi in un filo di voce per l’emozione del momento, continua, mi piace. Lei riprese ad accarezzarmi la schiena, però questa volta più lentamente. La fioca lampadina sopra la porta dove dormiva la suora
in fondo al salone creava una minima luminosità che non permetteva di vedere bene, ma riuscivo a distinguere i lineamenti sfuocati del viso di Chantal, che mi osservava con la testa poggiata a pochi centimetri dal mio viso. Ci guardammo a lungo, fisso negli occhi, e dopo un po’ mi chiese, perché mi guardi? Perché sei molto bella risposi, chissà quanti ragazzi hai che ti corrono dietro. E lei ironica rispose, si ma non mi raggiungono mica, corro di più di loro. E poi i maschi non mi interessano. A quell’età in effetti anch’io non avevo ancora nessun interesse verso il mondo maschile. Le osservavo la dolcezza dei lineamenti del suo volto, i riccioli della folta chioma dei suoi capelli, la fine linea della sua bocca, quando senza dirmi niente lei mi baciò lievemente sulle labbra.
Non fui scioccata, anzi trovai del tutto naturale quell’atto, e lo ricambiai naturalmente.
Andammo avanti per un po’, quando qualcosa cambiò, sentii la sua mano insinuarsi lentamente nelle mie mutandine mentre mi baciava con più trasporto. Per me era una amica molto cara e trovai gradevole ricambiare i suoi baci, anche se notavo che vi metteva più foga, più impeto, quando sentii la sua lingua forzare dolcemente le mie labbra, mentre la sua mano accarezzava il mio pancino sotto l’elastico delle mutandine. Cosa fai?, le chiesi, ti sto baciando, mi rispose, come si bacia un’amante.
Rimasi sorpresa e le dissi, ma noi siamo amanti? Si, mi rispose, lascia fare a me amore mio, vedrai ti piacerà. Le parole bisbigliate della sua voce mi davano un senso di tranquillità e la lasciai fare,
questa mia arrendevolezza le dette coraggio e poco dopo sentii la sua lingua prendere possesso di tutta la mia bocca che esplorava in modo osceno. mentre la sua mano fattasi più audace oramai era
appoggiata alla mia passerina che massaggiava con foga insinuando di tanto in tanto un dito nella mia fessurina. Subivo tutto questo come un atto d’amore e la lasciai fare lasciandomi andare alle sue decisioni, continuando a guardarla. All’improvviso la vidi trasformarsi, scatenarsi come se non capisse più niente, i suoi occhi erano quasi fiammeggianti, luccicavano nella fioca luce, si mise su di un gomito e continuando a guardarmi ancor più da vicino negli occhi mi infilò di colpo tutto il
dito medio nella fighettina oramai bella umida da tutto quell’accarezzare. Sentii come una
gigantesca onda pervadermi, una sensazione nuova mai vissuta prima prendeva possesso del mio corpo della mia mente dei miei sensi. Un fuoco bruciante come di passione mi pervase tutta partendo e diffondendosi dal centro del mio ventre. Cominciai a non capire più nulla, a non connettere, non riuscivo al pensare a niente, capivo solo che non volevo che smettesse, offrendomi ai suoi desideri, mi bloccava il respiro ed al momento del suo incunearsi dentro me, socchiusi la bocca dall’estremo piacere, ma solo per ansimare per l’estasi che mi stava invadendo. Guardandola negli occhi mi aprii ancor più alla sua mano, lei capii ciò che stavo facendo ed estraendo rapida il suo dito mi ripenetrò di colpo con il medio e l’anulare. La sensazione mi fulminò in un’attimo,
sentivo un vuoto allo stomaco, ne avevo paura ma non capivo il perché, ma dopo il tanto
pensarci, mi venne la folgorazione, non volevo che smettesse!, volevo essere sua!
La guardai e glielo dissi, lei continuò ancor più velocemente a sditalinarmi, sentivo le forze che mi abbandonavano, benché volessi continuare a guardarla, gli occhi mi si chiudevano dal piacere. Lei capì e togliendo le sue dita, le portò alla mia bocca ed io le inghiottii per farle capire quanto fossi a sua disposizione, glieli leccai a lungo, poi, lei rimettendomeli nella mia fica vogliosa, mi baciò prepotentemente affondando la sua lingua nella mia bocca e ci gustammo insieme il sapore mio più
intimo. Mi piaceva condividerlo con lei, gustarlo insieme, e respirando affannosamente per
l’emozione le dissi, fammi godere ti prego. Poco dopo esplodevo in un miscuglio di sensi lanciati allo spasimo, lasciandomi tutta a lei che mi baciò con tutta la sua bocca inserendo le sue dita tra le nostre labbra, che leccammo a lungo continuando a guardarci negli occhi, e rosse in volto per l’intensa emozione.
Questa è stata la mia prima storia con Chantal, abbiamo avuto molte altre esperienze indimenticabili,ma questa mi è rimasta impressa nella mente anche se non così nel dettaglio come spiegato nel racconto.

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