L'antro

Scritto da , il 2013-05-22, genere etero

La stanza è immersa in una penombra oscura. Siamo soliti riposare dopo pranzo, per compensare del risveglio troppo mattutino e del lungo viaggio.
Mi prelevi in stazione tutte le volte, sulla via dell'andata. E io sono giovane e i miei ormoni riscaldati dalla tua presenza autoritaria degli anni in più, dell'esperienza e dell'appetito che ti risveglio.
Sai provocarmi, sai come eccitarmi. Ogni tanto allunghi la mano, lasci per fugaci momenti il cambio dell'auto e mi accarezzi la gamba. Non è una carezza affettuosa o innocente, ma una promessa carica di desiderio represso per giorni e settimane. Il mio corpo riconosce il senso del gesto, il mio membro si inturgidisce fino a dolermi, costretto dall'intimo.
Il viaggio richiede due interminabili ore, ma tu non mi dai immediata soddisfazione. Se fossi più maturo e sicuro di me, ti prenderei nell'ingresso, appena chiuso l'uscio di casa e posati i bagagli.
Ma sono giovane, appassionato ma insicuro e lascio che sia tu a condurre il gioco.
Tu decidi che sei stanca e che vuoi riposare. Ti spogli di quegli abiti che mascherano il tuo corpo, abiti mascolini e informi, per nulla provocanti, e riveli l'intimo scelto per farmi impazzire, di pizzo nero. Con solo quei due pezzi di stoffa scura ti infili tra le lenzuola. Io mi accuccio accanto a te e presto il sonno prende entrambi, un sonno ristoratore ma tormentato da fitte dalle mie parti basse.
Dopo un tempo indefinito ci destiamo. Io cerco di risvegliare anche la tua attenzione, sfregandomi sul tuo corpo. Sento il tuo respiro farsi pesante e carico di desiderio.
Mi strappo di dosso l'intimo, scalcio le lenzuola e così nudo mi pongo a cavalcioni sul tuo stomaco. Ti porgo il mio membro già turgido e ti intimo "leccamelo". Tu ti rifiuti, come sempre avevi e avresti fatto. Ti sciolgo e levo il reggipetto e strofino la mia virilità nel solco tra i seni. Insisto "leccamelo". Tu scuoti la testa e mi dici chiaramente "non voglio... vuoi provare a mettermelo nel culo?"
Ricordo la prima volta che me lo domandasti. Era una torrida notte di agosto e i nostri corpi sudati erano impegnati in un amplesso sfrenato. Io ti invitai a voltarti e darmi la schiena. Tu senza preamboli, senza aver mai accennato a quel desiderio, con un tono carico di aspettative ed eccitazione me lo chiedesti: "vuoi sodomizzarmi?". Io mi rifiutai, non avevo mai considerato di farlo a una donna, mi era sempre stato descritto con un amplesso doloroso e insoddisfacente.
"E' bello, ti convincerò, ti piacerà" mi promettesti. Ma non potevo pensare di farlo alla mia donna, al mio amore.
Ma ora non sei già più il mio amore, mi hai messo a dura prova, hai distrutto ogni fibra del mio essere logorandomi con dubbi e certezze. Io sono ancora debole e forse non consapevole di quello che provo, ma già da mesi mi è balenato in mente l'attimo di quella richiesta dell'anno prima e ho sviluppato il desiderio di abbandonarmi a quella perversione: voglio sodomizzarti. Tu me l'hai ancora accennato altre volte, ma poi ti sei rifiutata, anche se accogli con godimento il dito con cui ormai spesso esploro il tuo sfintere mentre ti possiedo.
E ora questa improvvisa richiesta, il sublimarsi della mia perversione e del desiderio accumulato e mi trovo incapace di rifiutarlo. Forse desidero restituirti il dolore che mi hai causato e che mi causerai.
Mi levo dal tuo corpo e tu ti sfili l'intimo rimasto e ti poni così, oscenamente a cavalcioni donandomi le terga agli occhi e in supplizio.
"Dobbiamo lubrificarlo, prendi il bagnoschiuma in bagno" mi ordini. E io corro a prenderlo, spalmo una generosa dose sul mio dito medio e torno da te, che mi offri le tue intimità in quella posa volgare, da postribolo romano. Penetro lo sfintere con il dito lubrificato e inizio a pompare lentamente.
I tuoi gemiti sono immediati, sento l'afrore della tua natura spandersi nell'aria e so che si sta già bagnando. Sei una sgualdrina, me lo dici sin dal nostro primo coito, ma io mi sono sempre rifiutato di appellarti come richiedevi, perché ho sempre avuto un'idea romantica della mia donna. Invece sei quello che dicevi di essere, una perversa puttana che si eccita con un dito infilato in culo.
Dopo qualche secondo mi chiedi di inserire un secondo dito, la tua voce è rotta in gemiti, poi un terzo. Il tuo sfintere è largo, ora, pronto e voglioso. E me lo chiedi: "mettimi il cazzo nel culo". Sfilo le dita violentemente e pongo il prepuzio all'ingresso dell'antro misterioso e spingo, senza riguardo. Si leva un gemito profondo e spezzato, tutt'altro che di dolore dalla sua bocca.
"Sì, finalmente! Continua a muoverti!" e io senza posa continuo a pompare. Abbasso lo sguardo per godermi lo spettacolo e vedo la mia verga scorrere tra quelle strette pareti, così avvolgenti rispetto alla fregna che ti solito lo accoglie, così larga e umida che spesso perdo l'eccitazione.
"Oh sì! Mi stai sverginando il culo"
Ma non è vero e io lo so... il suo precedente uomo lo aveva aperto con la forza. Nel bel mezzo del perverso amplesso lo chiedo "ma non l'avevi già fatto?"
"Non proprio, non voglio parlarne"
Ora ti stai spingendo contro di me e acceleri il ritmo. Il mio fallo scivola senza ostacoli nell'antro e l'afrore di tuoi umori pervade l'aria viziata della stanza. Gemiti sconnessi e volgarità accompagnano i tuoi furiosi scatti.
Il mio membro è nudo, come non è mai stato prima, senza pellicole di lattice tra le nostre intimità. Sei sempre più selvaggia, sei sull'orlo dell'orgasmo e io con te.
E arriva, impetuoso e intenso come non l'hai mai avuto, nascondi il tuo volto nel guanciale ed emetti un urlo soffocato. Le pareti del tuo sfintere mungono la mia verga che è non ha mai provato una stimolazione così intensa. Raggiungo il culmine e rilascio il mio seme nelle sue viscere. Due o tre fiotti violenti, seguiti da contrazioni e altri fiotti, finché non esaurisco l'eruzione.
Mi sfilo da te, hai ancora le natiche alzate in offerta, uno spettacolo senza pari. Dal tuo ano scorga il denso liquido biancastro, cola lungo le grandi labbra e cade a grandi gocce sul lenzuolo.
Sei indecente, sei perversa, sodomita e troia. E in quel momento sei bellissima.

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