L'ultimo anno

Scritto da , il 2013-02-13, genere sentimentali

La prima superiore era finita, iniziava l'estate, riprendeva il solito vecchio campo estivo: per tre settimane la vecchia struttura nel cuore delle Marche avrebbe unito ragazzi di tre parti d'Italia diverse. Una delle cose più particolari del centro estivo era che ci stavano bambini e ragazzi di età comprese tra i 6 anni di quelli di prima elementare ai 14-15 di quelli di prima superiore, ma il casermone era talmente grande che essendo divisi per età era difficile che tutto si mescolasse rendendo la situazione ingestibile, in ogni caso quello era il mio ultimo anno di campo. La cosa in assoluto più particolare del campo era Jack, una sorta di coatto della mia stessa età, aveva i capelli lisci, lunghi fino al collo, sempre pettinati indietro, di un biondo scuro, dal viso rotondo, basette, fisicamente in carne e non troppo alto. Credo fosse originario di un paese in provincia di latina, non ricordo più, forse non l'ho mai saputo con esattezza. Lo vedevo ogni estate da quando avevo sei anni, a volte ti era insopportabile, altre pareva che senza di lui fosse impossibile divertirsi, al campo poteva fare tutto quello che voleva grazie alla misteriosa simpatia che esercitava sulla direttrice della struttura. A noi era vietato fumare, quindi lo facevamo di nascosto, lui invece avrebbe potuto farlo anche pubblicamente senza che nessuno gli dicesse un cazzo, il capo estivo stava su una collina isolata, ma lui una volta s'era addirittura ordinato una pizza e delle birre dopo cena, si introduceva nelle camerate delle ragazze senza problemi e godeva di molti altri privilegi. Su un libro una volta ho letto una frase, un personaggio era descritto così “uno di quegli uomini che raggiungono a ventun'anni una fama così ben definita che tutto ciò che fanno dopo perde al confronto ogni importanza” ecco, credo che Jack fosse un tipo del genere. Ricordo che quel giorno era vestito così: stivaletti col tacco neri, jeans stretti a sigaretta che gli fasciavano le gambe, cinta borchiata, braccialetti borchiati pure, smanicato di jeans con patacche varie, colletto leopardato e maglietta degli Wasp di blind in Texas, pareva proprio un personaggio alla Verdone in “troppo forte” . Ogni tanto ci lasciavano trascorrere il pomeriggio nel paese più vicino, “Cosa vuoi ordinare?” chiese a Jack la cameriera di una pizzeria “Na pizza co tuoi occhi...” fu la sua burina risposta, mentre trangugiava la sua diavola mi disse “Aò porcodddddio, naa vedi quella? A testa de cazzo quella te se fila, ce devi da provà!” mi indicava una ragazza della colonia che stava a due tavoli da noi, era na bella bionda di nome Anna, che però tutti chiamavano Annina. Effettivamente Jack aveva ragione, c'era del tenero, c'era intesa, parlandoci insieme capii subito che le stavo simpatico; quando dovemmo tornare tutti alla colonia Jack mi consigliò di continuare a starle sotto per cercare “er momento adatto pe schiaffaglielo ar culo”, gli raccontavo tutto. Dopo un paio di giorni Jack decretò che dovevo andare nella camerata della ragazza, attendere che tutti se ne fossero andati a fare in culo nel mondo dei sogni e scoparla, il piano l'avrei dovuto mettere in atto quella notte stessa, anche lui sarebbe stato in giro per i corridoi a sistemare un paio di questioni che aveva in sospeso. Forse è meglio se vi racconto la serata di Jack prima della mia che è sicuramente meno interessante, ve la descrivo come lui stesso mel'ha spiegata. Quella notte il romanaccio è andato verso una delle stanze delle docce delle ragazze, sapeva che quelle di una determinata camerata non avevano fatto in tempo a lavarsi prima della cena come facevamo ogni sera, così erano state costrette a farsi la doccia prima di andare a letto e quindi a coricarsi più tardi quando le altre già avevano la luce spenta. Me le ricordo bene quelle docce, il bagno dei maschi e quello delle femmine erano separati da un muro in cui noi avevamo scavato dei buchi con dei chiodi e altri attrezzi di fortuna per spiare le fighe. Jack sapeva che in quella zona la sorveglianza era carente e molte ragazze rimasero ai bagni fino alle 11 a fumare e ciarlare, quando tutti dormivano sicura di non essere sgamate dalla direttrice. Ma Jack faceva la posta ad una ragazza in particolare: Sveva, c'erano solo tre ragazze nei bagni quando lui si introdusse nella cabina di lei “Sono stato mandato dalla direttrice a controllare le docce...qui c'è qualcuno che ha bisogno di una punizione...”, la ragazza sapeva già del piano e non ne fu colta impreparata, si aprì l'accappatoio e rimase nuda davanti a lui, aveva i capelli rossi e ricci, gli occhi verdi, il viso un po' lentigginoso, una buona terza di seno, pube peloso (era una rossa integrale), magrolina, ma con un bel culo. Jack si liberò della vestaglia e si misero entrami una cuffia di plastica in testa per non bagnarsi i capelli (forse la cosa meno sensuale che io abbia mai sentito bah), Sveva coprì di baci il suo adone e gli calò le mutande tirandogli fuori il cazzo. A detta di Jack gli infilò subito il preservativo con la bocca ed iniziò a baciargli i coglioni, poi aprirono l'acqua ed iniziarono a strusciarsi e ad insaponarsi a vicenda, Sveva non si era mai spinta oltre il pompino, ma Jack...beh lui non so, penso sia cresciuto per strada in mezzo alle troie è uno che ci sa fare. M'ha detto che così ha iniziato a scoparsela in piedi, lei si teneva per il tubo della doccia appoggiata ai suoi fianchi mentre lui la penetrava con forza dato il poco tempo a disposizione, quando s'è stancato e non la reggeva più l'ha girata di spalle e ha iniziato a sbatterla da dietro mentre lei si puntellava tenendosi ai ganci appendiabiti, non so se lei abbia goduto, era la sua prima volta e mi pare una situazione un po' particolare, in ogni caso a lui che lei avesse goduto o meno non gliene fregava un cazzo era solo curioso di provare nuove sensazioni. A concluso il suo racconto dicendo che alla fine si è tolto il goldone, s'è fatto fare una spagnola e le ha fatto “du sgommade de sborra see tette”, poi le ha regalato un paio di sigarette e l'ha salutata. Poi m'ha detto che s'è diretto verso una camerata di ragazzi, doveva sistemare na cosa con uno di tredici anni che dicevano parlasse lame di lui,
lo svegliò nel sonno “Eh mignotta, m'hanno detto che sfotti porcodddio!” “No no mai” “M'hanno dato sta caricatura, nun te piasce come me vesto? Nunte piasce come parlo? L'hai fatta te sta pasquinata mannaggia alla santa sindone!” questo il breve dialogo, mi è stato raccontato da altri poi che gliel'ha fatta mangiare in silenzio davanti a tutti con l'inchiostro che gli colava sulla bocca “qua comanno io porcodddio!” aveva detto. Riprendiamo ora con la mia serata, avevo già parlato all'Annina e sapevo che anche lei mi desiderava, avevamo la stessa età, era vergine come lo ero io all'epoca e non vedevo l'ora di infilarmi fra le sue lenzuola, si erano spente tutte le luci nel casermone grigio sulla collina, sgattaiolai fuori dalla mia camerata insieme a Jack, che poteva farlo senza problemi, poi ci separammo. Sentivo dei brividi di freddo corrermi addosso, attraversare la mia pelle coperta solo dal pigiama grigio, il marmo del pavimento era gelido sotto i miei piedi nudi. Le ragazze stavano al piano superiore, la Annina mi aveva detto il numero della sua camerata e del suo letto, procedevo piano nella penombra per non fare troppo rumore, arrivai a destinazione. I letti delle ragazze avevano tutti un baldacchino bianco sorretto da dei sottili bastoni s'alluminio, scostai la tendina e mi sedetti ai piedi del letto, la Annina fingeva di dormire “Amore mio sei qui, cel'hai fatta...” mi abbracciò “Finalmente soli” tirai la tenda, fuori dalla finestra c'era un lampione, filtrava della luce all'interno della stanza, vedevo le giovani forme di lei attraverso la camicia da notte, ci stringemmo forte e ci baciammo, fu lei per prima a insinuare la sua lingua nella mia bocca. Il cazzo mi tirava da matti e lei poteva sentirlo chiaramente, eravamo in fondo alla camerata, isolati, ci saranno stati trenta letti li dentro, credo che non ci fosse una sola ragazza oltre all'Annina che non stesse dormendo in quel momento, mi sentivo sicuro. La tenda che ci circondava ci schermava come un muro, le infilai una mano sotto la gonna e iniziai a palparle il culetto, com'era perfetta al tatto la cupoletta che stringevo forte fra le mie dita, spostai la mano sul davanti e gliela appoggiai sul pube, sentivo il suo soffice muschio riccioluto sotto le mie mani, la sua carne tenera, scesi con un solo dito fino alla fessurina. C'era un bottoncino, era il clitoride, accarezzavo dolcemente il suo nocciolo di pesca con un movimento circolare. Era bagnata, mi portai velocemente il dito alla lingua e lo infilai piano dentro di lei, dovevamo fare piano per non destare l'attenzione. Si sfilò la camicia rimanendo in pochi istanti completamente nuda davanti a me, bella come una statua del Canova, una ninfetta perfetta come quelle descritte in Lolita, prese la mia mano e la portò sul suo seno acerbo, credo avesse una seconda, i suoi capezzoli erano minuti e chiari “Dai amore mostramelo, voglio vederlo, non resisto più.” bisbigliò lei nel silenzio, ancora rapito dalla sua bellezza in penombra mi tolsi il pigiama e mi presi in mano il cazzo duro come un palo, lei iniziò a toccarlo subito, la sua manina morbida e inesperta si muoveva su e giù su di me, scostai la coperta e ci infilammo sotto, mi stesi sopra di lei, lei si mosse verso di me e sentii la mia cappella sfiorare il suo fiore. Mi fermai, dovevo prendere il preservativo dalla tasca del pigiama, mentre lo cercavo fummo bloccati. La tenda fu scostata, una testa di donna si fece avanti sopra di noi, era K. una delle animatrici. “Che fate? Forza alzati tu!” parlava piano perchè non fossimo sentiti, eravamo tutti e due imbarazzati, la Annina piangeva “Aspettate, io ora mi giro, rivestitevi e fate in fretta.” ordinò, era un' universitaria cicciona e brutta, avrà avuto sui 20-21 anni, noi fummo ovviamente costretti ad eseguire. “Alzati e vattene, per il momento non dirò nulla alla direttrice...” riprese la vacca “allora? T'ho fermato sul più bello? Era tanto tempo che desideravi farlo vero?”, la odiavo, odiavo quella parole, l'avrei strangolata sul momento, ma potei fare una sola cosa: tornarmene da dove ero venuto. Nella nostra camerata si alternavano letti rossi e letti gialli, Jack occupava l'ultima branda in fondo alla stanza, era l'unico che avesse diritto ad un armadietto, gli altri avevano un misero comodino scassato, occupava lo stesso posto da quando aveva sei anni, sui muri c'erano le sue incisioni e c'era il suo poster con una modella in bikini, altro privilegio concessogli in esclusiva dalla direttrice, nonostante lui passasse solo 3 settimane l'anno in quel luogo quella gigantografia era lì appesa da almeno 4 anni. Vidi che lui stava già dormendo placidamente e fui costretto a scegliarlo “Jack, Jack porco dio! Ho bisogno di te” lui dormiva in mutande con la retina per capelli in testa, l'avesse fatto un altro l'avrebbero tutti deriso, ma lui... “'Rcamadonna che cazzo è successo? Ah sei te, porcoddio nun sopporto de esse svejato così...vabbè me dovevi raccontà a tua serata, siedete!” disse piano per non svegliare gli altri. Gli dissi che era andato tutto male e che dovevo parlargli perchè ero preoccupato, allora si alzò, si infilò la sua vestaglia da camera, le ciabatte in tinta e prese il pacchetto di sigarette che teneva bene in vista senza vergogna sul comodino (si oltre all'armadietto aveva anche un comodino), attraverso il corridoio giungemmo al terrazzo e ci sedemmo fuori, illuminati dai lampioni a fumare. La direttrice stava al piano di sopra, non dormiva mai, aprì la finestra attirata dalla luce e disse “Che fate li voi due? Tornate dentro, non si può stare fuori la sera, vi darò una punizione. Rientrate subito!” poi però Jack si alzò e lei lo riconobbe “A direttrì, so io. Stavo qua co l'amichetto mio, nun riuscivo a dormì, se famo du chiacchere e poi rientramo vabbè?” la cosa le andò ovviamente benissimo, la finestra si richiuse subito e calò anche la tapparella. Ci allontanammo un po' con le sedie di legno per non essere più disturbati e iniziammo a fumare, gli spiegai come stavano le cose “K.???? Ma porcodddio quaa culona demmerda, se je parla all'altra mignotta stai finido... nun potrei intercede pe te manco io. No no in una situazione simile assolutamente, però quaa zozza aa mignotta nun ja ancora parlato, io c'ho n'idea pe risolve tutto...quaa merda me sta sur cazzo pure ammé. Domani ce penso io...ce provo...” rispose, ora mi sentivo più tranquillo, ma non capivo come avrebbe potuto eliminarla. Era incazzato mi disse, perchè voleva che io scopassi e quella troia lo aveva impedito, sopratutto mi disse di non perdere i contatti con la Annina, di farmi forza e che le avrebbe consegnato lui i miei biglietti e l'avrebbe tranquillizzata. Il giorno successivo come ogni mattina, dopo la colazione, ci facevano fare una lunga passeggiata. A colazione mi sedetti vicino a Jack, di solito a tavola cacciava sempre qualche perla, una volta una cuoca gli ha proposto un piatto di minestra e lui le ha risposto “No, t-à magni porcoddio!” scatenando l'ilarità generale, come sempre era rimasto impunito. Quando Jack si faceva un panino era sempre una festa: ci metteva dentro tutto quello che trovava, spalmava marmellate diverse una sopra l'altra, formaggini, prosciutto sopra la mostarda e la confettura, dei mix bestiali, oppure quando c'era il pollo poi passava tra i tavoli a raccogliere le pelli che nessuno mangiava e metteva nel panino pure quelle. Quel giorno sia io che lui prendemmo il caffè, non ho idea di cosa avesse intenzione di fare per salvare la mia situazione, si versò un po' di grappa nella tazzina dalla fiaschetta che teneva sempre con se nascosta in una tasca, “Ce credi ai fondi der caffè?” mi chiese, oggettivamente non mi sembrava che ci fosse l'aria adatta per parlare di ste cagate e gli dissi che non ci avevo mai creduto, cioè la verità, poi guardò nel suo caffè e disse “Io ce vedo na crosce o n'fiore, un se capisce...sai che vordì porcamadonna? Vordì o tragedia o fortuna, sto sempre sur filo der rasoio, so n' personaggio!” chiese a nche a me di guardare nella tazza, ci vidi un cuore o qualcosa che c'assomigliava. Durante la scarpinata quotidiana, come al solito, Jack stava sul fondo della fila, indossava degli stivaletti col tacco di pelle rossa, jeans stretti e strappati di un blu stintissimo, gilet di pelle rossa e maglia dei Twisted Sister. Alla prima pausa ci sedemmo ad una piazzola lungo il sentiero fra i boschi di quercia, “Jack vuoi un panino pure te?” chiese K. fermatasi davanti a lui seduto per terra, “No, me magno e feci...” fu la risposta, lei fece na smorfia e si allontanò. La passeggiata riprese, Jack da ultimo della fila si portò a metà, la coda iniziava a percorrere una salita sassosa, in un attimo lui fu di fianco a K., fu un secondo, la punta del suo stivale saettò contro la caviglia della cicciona, lei scivolò, la botta fu forte. Jack finse di cercare disperatamente d'aiutarla per evitarle la caduta, ma il tonfo fu inesorabile e sollevò diversa polvere, era stato un colpo secco e preciso, nessuno s'era accorto di nulla, arrivò la direttrice, ci fu una corsa verso l'infermeria, alla fine bisognò portare la grassona in ospedale, aveva una caviglia slogata più altre ferite sulle braccia e sulle ginocchia, non avrebbe più potuto farci da animatrice per quell'estate, il piano era riuscito e la direttrice non aveva saputo nulla. Jack mi aveva evitato una figuraccia davanti a tutti, oltre che davanti ai miei genitori e l'espulsione dal campo col rischio di non rivedere più la Annina. Corsi subito dalla mia bella per capire bene come stava, ora nessuno poteva impedirmi di vederla, non era troppo scossa dal fatto che eravamo stati scoperti, mi raccontò che era successo anche ad altre ragazze, però dovevamo aspettare prima di tentare nuovamente di passare la notte insieme. A seguito della vicenda dell'animatrice, Jack fu chiamato dalla direttrice insieme ad altri ragazzi grandi, la donna gli comunicò che a causa dell'incidente e della situazione di necessità avrebbero assunto loro “il potere” che aveva avuto la grassona, ora erano loro i supervisori delle camerate di quelli di prima superiore, era come dare ai ladri le chiavi della banca, un risultato che nemmeno Jack si aspettava. Il mio compare mi comunicò subito queste importanti novità più una sua ultima scoperta, proprio affianco al dormitorio dell'Annina si trovava un montacarichi che conduceva direttamente dentro ai magazzini del cibo, erano l'unico modo per noi di introdurci lì dato che nessuno oltre alle cuoche della mensa aveva le chiavi, i pasti lì al campo erano sempre stati ottimi, non immaginavo cosa avrei potuto trovare nella dispensa, ma serviva una buona occasione per andarci. Innanzitutto dovevo scoparmi la Annina, per questo lui stesso che era addetto alle ronde notturne con altri ragazzi della nostra età mi consegno le chiavi di uno stanzino dove si tenevano le coperte, lì avrei potuto portare la mia amica e godere con lei. Usai la chiave proprio quella notte, chiudemmo la porta a chiave per sicurezza, eravamo soli io e lei, la stanza era piccola e piena di pacchi di coperte, ma in un angolo c'era un letto con un lenzuolo azzurro, quello sarebbe stato il nostro nido d'amore. Accendemmo la luce di una piccola lampada da scrivania che stava vicino alla porta, finalmente sicuri di non poter essere scoperti, avevo in tasca il mio preservativo, sempre il solito che mi aveva dato Jack dalla sua scatola. La Annina mi sorrideva col suo viso da gatta, gli occhietti furbi, i bei capelli lisci e morbidi, ci spogliammo senza indugio e ci abbracciammo, ancora una volta bastò qualche bacio per rizzarmelo, non voleva farmi un bocchino mi sono messo il preservativo e mi sono steso su di lei, ho contemplato le sue gambe aperte e per almeno un minuto e mezzo ho baciato la sua figa forse senza troppa cura continuando a masturbarmi, ecco c'è da dire che eravamo tutti e due un po' imbranati, ma credo che sia anche la passione ciò che conta. Mi avevano parlato dell'imene, ma quella volta non sentii nulla, non so forse era il preservativo, è un discorso differente da donna a donna. La prima penetrazione per lei credo sia stata un po' traumatica, ma ho sempre cercato di fare piano, ero un po' in ansia anch'io, temevo che mi si ammosciasse o di venire subito. Non sapevo se stavo tenendo il ritmo giusto, ma mi sembrava contenta, lei era felice ed era questo l'importante, sentivamo il corpo dell'altro su di noi, era qualcosa di nuovo e di speciale. Baciavo il suo seno e le sue labbra, percorrevo il suo corpo con le mani, credo di averlo fatto nel modo giusto, poi ho spinto in profondità, si sono entrato più che potevo. In quel momento lei ha provato piacere, erano passati solo 6 minuti se non sbaglio, ma era apposto così, conclusi anche io, avevo paura di farle male, tornammo alle nostre camere. Mi disse che il giorno dopo trovò del sangue sul lenzuolo. Non credo che la perdita della verginità sia stata per me una delusione, ma nemmeno un traguardo importante nella mia vita, me ne sono reso conto quella notte stessa prima di prendere sonno. Durante quel periodo di vacanza ebbi la possibilità di avere altri 5 rapporti con la Annina, col tempo miglioravamo, ci si conosceva meglio a livello sensoriale, però non credo ci sia mai stata questa grande attrazione fisica. Il giorno dopo trovai Jack seduto sul muretto, aveva in mano una mela staccata da qualche alberello nel bosco, si tirò fuori un coltello dalla tasca, di quelli a scatto come nei film, neri e argentati che fanno click quando premi il bottone, lo usò per tagliarsi un pezzo di mela, non so come facesse a tenerselo dietro al campo senza che nessuno lo vedesse, di risse ne scoppiavano parecchie e c'era il rischio che qualcuno si facesse male sul serio “Ho na proposta da farti” mi disse “Io so sonà r'basso ce sta uno che sona a batteria, te sai sonà a chitara...” non capivo, gli dissi che sapevo suonare poco e male, allora disse che dovevo anche cantare, perchè sabato ci sarebbe stata l'annuale serata “musicale”. Mi spiego meglio, ogni anno la direttrice dava la possibilità che per una serata si potesse ascoltare musica ad alto volume in cortile, venivano accesi dei faretti luminosi e la gente ballava, chi sapeva suonare poi poteva esibirsi, ogni anno i ragazzi più grandi lo facevano, quest'anno gli ultimi eravamo noi e Jack aveva in mente qualcosa di particolare, da tempo si era avvicinato alla musica e voleva mettere su un gruppo almeno per il breve tempo del campo estivo, eravamo giovani è vero, ma volevamo divertirci al massimo quell'estate. Gli strumenti venivano messi a disposizione dalla direttrice, non era grande roba, tutti pezzi vecchi, ma a noi bastava, avevamo 6 giorni a disposizione, sia Jack che l'altro ragazzo sapevano già i pezzi, io cercavo di fare del mio meglio. Il nostro repertorio consisteva in 3 pezzi dei Ramones e 4 nostri pezzi buttati giù a cazzo, cercammo di fare del nostro meglio, le cover non erano difficili, a volte con la voce capivo che dovevo un po' arrangiarmi, ci davavamo sotto dalla mattina alla sera, cercavo di suonare il più veloce possibile e cantare meglio che potevo. Jack si lamentava e continuava a domandarsi perchè non si era portato il suo basso da casa, diceva che l'impianto delle casse e i microfoni non sarebbero andati bene, che la palestra del campo non era un luogo adatto in cui provare, che alla fine sarebbe venuto tutto na merda però si faceva del nostro meglio e la cosa andava fatta in ogni caso. La chitarra che avevo a disposizione io non si capiva nemmeno di che marca era, era l'imitazione di un imitazione, no strumento da bambini, il basso produceva un lieve fruscio che non riuscivamo a togliere e la batteria era vecchia e rotta, poi parleremo dei nostri pezzi. Nel frattempo quella settimana si presentò un'altra importante occasione, jack mi disse che la direttrice sarebbe stata via un notte per sistemare una questione in comune e che l'ordine era stato affidato agli animatori e ai ragazzi più grandi, nel campo c'erano circa 8 camerate se non sbaglio di cui 3 delle elementari, 3 delle medie, e due miste di ragazzi di terza media e prima superiore. Gli animatori che erano tutti dei giovani universitari in cerca di qualche soldo e una vacanza in collina in questa ennesima situazione d'emergenza si sarebbero dovuti tutti concentrare sulle prime 6 camerate (elementari e medie) che poi erano quelle che non incontravamo mai anche perchè erano distanti dalle nostre e la struttura era molto ampia, mentre noi avevamo ricevuto fiducia e avremmo goduto dei piaceri dell'autarchia. Quella notte Jack voleva mettere tutti a letto tranne un gruppo di eletti che sarebbe entrato nelle dispense tramite il montacarichi e avrebbe trascorso tutta la notte a bere, fumare e fottere, so che lui e il batterista volevano sbattersi un' animatrice consenziente e amante dei ragazzini, ma io dissi che alla festa avrei preferito portare l'Annina. Impossibile forse descrivere tutto ciò che successe quella sera, all'inizio ripensai su ciò che avevo detto e decisi che L'Anna non sarebbe dovuta venire al festino, decisi di restare a sbattermela nella solita nostra stanza, quella volta la scopai di schiena e per la prima volta decise di farmi un bocchino, lei era molto imbarazzata e temeva che il sapore non le piacesse così pensai di prendere in valigia una delle cose che mi ero portato da casa: del miele da mettere la mattina sulle fette biscottate, me ne spalmai un po' sul cazzo e così lei accettò, lo leccava davvero bene, era la prima volta in vita sua che usava la lingua, ma ci sapeva fare non c'è che dire. Così conclusi il rapporto con una sborata in bocca, esperienza molto eccitante, fu l'ultima notte che passammo insieme, poi la misi a letto. Mi pareva ancora impossibile che lei avesse bevuto il mio liquido germinale, che goduria. Però mi resi conto che la notte era ancora giovane e facevo ancora in tempo a partecipare al festino, arrivato in dispensa vidi na scena fantastica, ci saranno state tipo 15 persone che bevevano, fumavano e mangiavano, alcune scopavano: c'era Sveva, c'era l'animatrice porca che si faceva eiaculare in faccia da gente a caso, un' ammucchiata di corpi in cui non si riusciva a capire più un cazzo, a un certo punto ho iniziato a bere pure io, sborare avevo sborato, tanto valeva starsene seduto a guardare gli altri, tutti ubriachi e pieni di libidine e sigarette, che seratona! Avevo un fiasco di vino tutto per me, sigarette lasciate lì chissà da chi, dolci, c'era tutto, ma mancava Jack! A un certo punto tutti se ne tornarono a letto, io mi diressi verso il mio corridoio, ma passando ad un tratto sentii dalla stanza delle coperte dei gemiti, ero incuriosito, appoggiai l'orecchio e riconobbi la voce di Jack, non potevo aprire la porta, ma ero troppo curioso. Mi avvicinai e notai che sebbene la porta fosse chiusa dall'interno mancava la chiave, il buco della serratura era così grosso che si poteva vedere dentro tranquillamente e la luce era accesa. Incredibile, Jack stava fottendo in piedi una donna stesa sul letto, ma una donna adulta sulla quarantina, formosa, bella, con le aureole dei capezzoli scure e ampie e la figa pelosissima. Non era una donna qualsiasi, era la direttrice, e lui le stava sfondando la figona col suo uccello dal pelo biondiccio, non aveva nemmeno il preservativo, stavano godendo come due pazzi. La sbatteva sul letto con tutta la forza che aveva, colpi di reni decisi e pesanti. Alla fine lei si piegò lui gli strinse forte i capezzoli e la troia glielo succhiò finchè non si ritrovò la faccia coperta di sperma, leccò tutto quello che poteva e il resto se lo spalmò addosso, su tutto il corpo come fosse crema solare. La direttrice si rivestì, gli diede un bacio della buonanotte sul cazzo e se ne andò, io rimasi nascosto finchè non ebbe richiuso la porta e quando seppi che era solo entrai “Che cazzo ce fai qua?” mi disse lui ancora nudo col cazzo floscio “Ora ho capito l'origine dei tuoi privilegi...” risposi, lui si mise a ridere, per un momento temevo volesse pestarmi, mi raccontò che l'anno prima aveva perso la verginità con la direttrice che da allora lo aveva trattato con massimo riguardo e la cosa s'era ripetuta anche l'anno successivo. Quella sera la signora avrebbe dovuto star via tutta la notte, ma poi era tornata, un palo aveva avvertito Jack e lui per salvare la situazione l'aveva tenuta occupata anche quella sera come faceva tutte le volte che diceva che doveva andare in bagno, il “poverino” scopava minimo due volte al giorno fra i suoi obblighi con la dottoressa e le sue conquiste, lei cel'aveva a cuore e scopavano senza preservativo perchè ormai avevano le loro sicurezze, bastava un anticoncezionale, non avevano malattie, finito il racconto lasciai che si rivestisse. Poi ci fu la serata con la band fu un successo, intervallammo le cover ai nostri pezzi, ci presentammo sul palco col nome “Rotter” il logo lo avevamo fatto ricalcando le lettere di quello di un fumetto e cambiandole di posto. La notte era buia, il volume alto, c'erano le luci, i ragazzi della nostra età o poco più giovani che ballavano e saltavano, noi 3 eravamo tutti vestiti uguali per l'occasione: pantaloni di jeans e giubbotto di jeans. Suonammo nel cortile del campo, una distesa di cemento fra due muri chiusa da una parte da una catena e dall'altra da un terrapieno alto circa un metro e mezzo, quello fu il nostro palco, fu un piacere vedere il cortile pieno di gente, c'erano tutti i ragazzi delle camerate dei grandi, la serata era riservata ai grandi, perfino alcuni animatori seduti in fondo al cortile a controllare la situazione apprezzarono l'esibizione. I testi li aveva scritti Jack in inglese, forse lo conosceva meglio dell'italiano corretto, non l'avrebbe mai detto nessuno, parlavano di fighe e perversioni varie, ma tanto chi cazzo poteva capirlo? Fra la lingua che nessuno conosceva e il mio modo di cantare, beh forse sarebbe meglio dire di urlare. E' vero, quando suonavamo non si capiva un cazzo e i pezzi non duravano tanto, credo che ne abbiamo fatti 9 in totale per circa 25 minuti di esibizione considerando in mezzo anche gli stacchi e il cazzeggio, un ragazzo registrò il concerto sul suo mangiacassette e copiò il nastro, fotocopiò una copertina da mettere insieme alle cassette col nostro logo sopra e la distribuì agli altri ragazzi che la volessero, in totale penso ne siano state fatte una ventina, purtroppo io ho regalato la mia copia ad un amico del campo rincontrato anni dopo per caso, le registrazioni erano abbastanza merdose e con le bestemmie del pubblico in mezzo però ci stava. L'unica pecca della serata fu quando Jack picchiò alcuni ragazzi che l'avevano provocato, lanciando mortaretti e miccette a fine concerto, ma non fu poi nulla di grave, in fondo avevano reso tutto più divertente. Nel bilancio dei danni oltre a un paio di feriti a causa delle cadute sul pavimento d'asfalto del cortile c'era anche la batteria sfondata durante l'ultimo pezzo, ma perfino la direttrice fu contenta di quella serata movimentata. Ormai la vacanza era finita, ci trovammo io e Jack sopra in un angolo della collina prima che arrivassero le corriere che c'avrebbero riportati a casa negli angoli opposti d'Italia, c'era quasi un'aria da fine del mondo “Credo che l'anno prossimo e i seguenti tornerò qui a fare l'animatore, m'ha proposto a direttrice, co soliti servizi che le devo fa inclusi ovviamente.” disse lui, io non avrei mai accettato di fare l'animatore lì “E' finita, credo che sia finito tutto, non è rimasto nulla, il campo è già vuoto.” risposi “Un segno...un segno...l'hai sentita la direttrice quando parlava di un segno concreto lasciato nelle nostre vite da quest'esperienza?” rispose lui provando a parlare in italiano corretto “Una merda porcamadonna, un quinto della mia vita è passato e non torna più, non so è..è strano porcoddio!” capivo ciò che pensava e lo pensavo anch'io, mi sentivo sconfitto e deluso, quelle costruzioni di cemento e muratura sarebbero rimasti per sempre la tomba della nostra infanzia, ma oltre la tomba cosa c'era? Solo altra delusione e occasioni sprecate, niente, a quindici anni percepivo come il senso di fallimento di tutta una vita, forse sbagliavo, non lo so. Avevamo provato esperienze forti per la nostra età, i ragazzini si lasciano condizionare da ogni stronzata, mistificano, forse troppo. Io mi trasferii all'estero con la mia famiglia, forse restando in Italia, magari a qualche concerto avrei rivisto jack, ma non fu così. L'ultima cosa che mi disse è che non voleva studiare, voleva fare il macellaio come suo padre, suo nonno, il padre di suo nonno e gli altri prima non sapeva che cazzo facevano, allora lo sentii più umano e vicino a me, non aveva più quell'aurea da bullo di periferia attorno. Riprese a dire “Qui ar campo c' avevo un mio mondo, ora non ce sarà più, gli amici nun me stimano, me sento isolato, a casa mio padre, anche lui nun crede in me. Costruirò un nuovo mondo, sono cresciuto e sono cambiato, lo farò anche da solo se sarò abbandonato, ma non mi arrenderò.” si sforzava a parlare in modo raffinato, forse era meglio se continuava ad usare la sua lingua nativa. Ora il campo non esiste più, l'anno dopo il nostro fu chiuso l'accesso agli studenti di prima superiore, poi dopo anni fu chiuso direttamente tutto, ora c'hanno fatto appartamenti credo. L'ultima cosa che ho detto a Jack prima di partire con l'autobus è stato dirgli che per me è stato un grande amico e che non l'avrei mai dimenticato. L'Anna non lo più rivista, anche lei l'ho persa per sempre, nessun addio con lacrime o scene da film, solo non ci siamo più sentiti, ci siamo semplicemente salutati ed è finita lì, ognuno è tornato alla sua città. “Credo che i bei tempi siano finiti e non ce ne siamo nemmeno accorti, avevo sedici anni ormai, ma mi sembrava di averne sessanta” avevo detto a Jack uno degli ultimi giorni, abbiamo fatto iniziare prima la nostra vecchiaia per farla durare di più, penso che sia stato il delirio d'onnipotenza di un ragazzino, ma forse c'era del vero e l'ho capito sempre di più col tempo, forse siamo nati troppo tardi, sicuramente siamo cresciuti troppo presto. L'unica cosa che mi veniva in mente era inquietudine, pensavo alla mia infanzia trascorsa e tirando le somme la conclusione non era positiva o negativa, era nulla e il nulla si sarebbe prolungato anche nel futuro? Questo è ciò che mi intimoriva, oggi molte delle persone a cui ho voluto bene sono uscite dalla mia vita, ma scrivendo io posso rievocarle.

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