Vacanze Istriane - di Joe Cabot 14: venerdì notte (2)

Scritto da , il 2013-01-16, genere tradimenti

NB
Ormai dovreste conoscere il caro vecchio Joe: se siete in cerca di racconti fasulli spacciati per vita vissuta (e scritti male), da me non ne avrete. Se non ce la fate ad immedesimarvi e a leggere l'intera saga, questa serie non fa per voi.
saluti
Joe

NELLE PUNTATE PRECEDENTI, Jacopo e Lia, con la sorella di lei Rachele, ed il suo ragazzo Bruno, sono in vanzanca in un albergo sulla costa istriana. Fanno amicizia con il direttore dell'albergo, il signor Laban e la sua giovane protetta, Mila, e questi li coinvolgono nei loro giochi erotici. Le cose si fanno più torbide quando Lia propone a Jaco uno scambio con Rachele e Bruno...


Quella donna era una pazza. Dopo avermi succhiato l’anima mi aveva spinto sul letto. Io avevo la testa leggera per quel pompino che mi aveva disossato a partire dalla cervice.
Lei mi salì a cavalcioni e mi costrinse le braccia sopra le spalle.
– Adesso mi diverto un po’ io, che ne dici, Jaco?-
000aa14 a02012013_Io non risposi e lasciai che mi legasse i polsi alla testiera del letto, anche perché per farlo mi sbatté i grossi seni sulla faccia. Aprii la bocca verso quei suoi magnifici capezzoli puntuti e me ne trovai uno tra le labbra. Era una soddisfazione succhiare capezzoli del genere. Quando vedo donne con magliette o vestiari vari sotto i quali spuntano le punte dei capezzoli cerco di indovinarne le dimensioni e quando penso che siano grossi come quelli di Rachele la loro sola vista mi procura un’erezione. Rachele mi sfilò di bocca il seno con uno schiocco e sorrise.
– Ti piacciono le mie tette, vero Jaco? Ora però ho bisogno della tua bocca da altre parti. Che ne dici, mi farai godere come una zoccola, Jaco, mentre aspettiamo che ti si rizzi di nuovo?
Mentre parlava era risalita lungo il mio corpo camminando sulla ginocchia e strusciando il sesso sul mio ventre e sul petto tracciandomi una striscia con il suo umido piacere. Quando arrivò con le ginocchia alle mie spalle mi diede un’occhiata da sopra (la mia testa spuntava da sotto i suoi seni, tra le sue cosce) e allungò una mano per afferrarmi i capelli. Mi sollevò la testa schiaffandomela sul suo sesso. Non potei far altro che aprire la bocca sulla sua fica pelosa e grondante. Succhiai avidamente il suo liquido facendola gemere, le infilai la lingua più in profondità che potevo, sentii il mento e le labbra glassate del suo piacere. Lei mi teneva per i capelli da farmi male, un po’ mi tirava la testa, un po’ si dimenava per strusciarsi il mio naso contro la sua clitoride, gonfia e grossa come erano grossi i suoi capezzoli. A rischio di lasciarle in mano il mio scalpo, mi staccai tanto da afferrare quel grilletto e ci riuscii, lo tenni saldo tra le labbra strappandole gemiti di cagna finché non si decise a lasciarmi fare, poi presi a succhiare, mordere, leccare quell’apice di sorca spalancata. Non so se venne ad essere leccata con tanta violenza ma di certo colava miele come un alveare. Ad un tratto si sollevò e si girò per ripiombarmi con la faccia tra le gambe, con la bocca sul mio cazzo che stava ridando segni di vita, e subito mi rimise la fica in faccia, nel più classico dei 69.
In quella posizione potevo morderle le labbra indagandone le pieghe, ma lei ormai era concentrata soprattutto sul mio cazzo e infatti non appena riprese un tono che le parve sufficiente mi sottrasse la sua fica dalla bocca per impalarsi di schiena sulla mia verga, offrendomi finalmente la vista del mio cazzo che spariva tra le chiappe di quel culo meravigliosamente abbondante.
Si diede da fare un sacco a sbattersi in fica il mio paletto, e stringerlo contraendo tutto il sedere, ad inarcarsi tenendo le mani posate vicino ai miei fianchi, ma pareva insoddisfatta. Provò a girarsi per cavalcarmi e sbattermi come un’ossessa. Io mi beai di trovarmi di nuovo le sue tette a portata di lingua, labbra, bocca. Ma con tutto quel dimenarsi non era ancora soddisfatta. Certo aveva la fica fradicia e dilatata, la piccolina.
Finalmente allora si decise si decise a sciogliermi i polsi e prima che riuscissi ad afferrarle per i seni si mise a quattro zampe. Le afferrai il grosso culo tra le sue suppliche di chiavarla e fotterla. Glielo puntai trionfante e glielo sbattei dentro di colpo, senza pietà. Lei urlava e gemeva mentre io la sbattevo a quel modo ma alla fine anche questo non le bastò più.
– Fammelo sentire in culo, Jaco. Dammelo nel culo.
Io non l’avevo smessa di scoparla e di stringerle i fianchi come per impedirle di scapparmi. Alla sua richiesta abbassai lo sguardo e vidi che il suo ano aveva tutta l’aria di essere stato sverginato da tempo. Allora lo tolsi dal forno bavoso che ormai era la sua fica e lo puntai nel suo antro più ostico, iniziai a spingere e ritornare ignorando i suoi ordini di sfondarla senza remissione.
Entrò senza difficoltà, unto com’era dei suoi succhi. Ora sì che le stavo dando quel che meritava, come lo meritava, finché ne voleva. Presi a incularla con sempre maggiore ira e iniziai a venirle in culo mentre lei urlava cose incomprensibili o comunque irripetibili. Quindi mi afflosciai come un’armatura senza cavaliere.


(Ci vediamo, con racconti inediti e le immagini di un immaginario casting, su: http://raccontiviola.wordpress.com)

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