La suocera che mi sono persa

Scritto da , il 2012-04-28, genere etero

La suocera che mi sono persa



Le giornate sono come una lotteria, a volte ti danno sorprese, altre volte fregature. Quella mattina di luglio la ruota è girata bene.
Appena dopo alzato, scendo al minimarket sotto casa a comprare un po’ di latticini, e chi mi trovo davanti? Rosetta, una signora sulla cinquantina che non vedevo da quasi due anni. Rosetta la conoscevo bene. Diversi anni addietro sono stato fidanzato con sua figlia Barbara. Poi la storia si è spenta e giorno dopo giorno, per quanto abitassimo nello stesso quartiere, abbiamo smarrito reciprocamente le nostre tracce.
Ci siamo salutati con molto calore. Del resto negli anni trascorsi io e Rosetta avevamo simpatizzato subito. Durante il mio fidanzamento, per via del fatto che vivevo da solo e frequentavo piuttosto spesso la sua casa, ero diventato per Rosetta come un altro figlio.
Le ho chiesto subito della figlia, mi ha risposto che Barbara ormai si era trasferita nella città dove viveva la sorella maggiore Francesca e si era fidanzata con un giovanotto del luogo, presto si sarebbe sposata. Le ho allora domandato come se la passasse lei. Mi ha detto che, oltre al marito Giovanni, le era rimasto in casa solo l’ultimo figlio, Giorgino, che si apprestava ad affrontare la maturità, e quindi molto presto l’avrebbe lasciata anche lui.
Per parlare un po’ più tranquillamente l’ho invitata a prendere un caffè al bar di fronte. Al tavolino del bar ha cominciato a raccontarmi le ultime vicende familiari, mi ha parlato delle figlie e dei nipoti, ma non ha mancato di manifestare tutta la sua insofferenza verso il marito. Sapevo che da tempo non lo sopportava; non gli aveva mai perdonato le corna che le aveva messo in passato tradendola addirittura con la sua migliore amica; ma soprattutto era delusa e frustrata per la precoce inappetenza sessuale di Giovanni che, all’età di 60 anni, aveva praticamente abdicato ad ogni attività a letto. Non erano cose nuove per me, ma mi sorprendeva la schiettezza confidenziale con cui lei me ne parlava.
Il tempo tra un caffè ed una sigaretta è trascorso veloce. Ci siamo congedati, lei mi ha detto che le aveva fatto molto piacere fare due chiacchiere con me ed ha insistito perché, alla prima occasione, il caffè passassi a prenderlo da lei. Le ho promesso che me ne sarei ricordato e ci siamo salutati.
Tornato a casa ho cominciato a riflettere su quello strano incontro. La prima cosa che ho pensato è che Rosetta, nonostante l’età non più giovanissima, era rimasta ancora decisamente una donna interessante, ancora abbastanza appetitosa. Non molto alta, un po’ in carne, ma ancora soda, soprattutto con un seno generosissimo e due fianchi torniti e tondeggianti, tratti distintivi che l’accomunavano molto alla mia ex fidanzata.
Ho lasciato passare qualche settimana finchè una mattina mi sono deciso a farle visita. Potevano essere le 9.45, ho suonato il campanello. Il cuore mi batteva forte. Non rispondeva nessuno, ho pensato che probabilmente era uscita. Stavo per andarmene quando dal citofono una voce assonnata chiedeva chi fossi.
“Ciao, sono Marco…. passavo di qua ….. sempre valido l’invito per il caffè?”
“Oh, Marco, scusa ….. ma che ore sono?”
“Quasi le 10 ….”
“Oddio ….. mi sono lasciata andare …. dài, sali!”.
Sono salito ed ho trovato la porta socchiusa.
“Permesso?”.
“Entra pure, accomodati, arrivo subito …”.
Sono entrato e sono rimasto nell’ingresso. Dopo un paio di minuti Rosetta è arrivata, capelli un po’ arruffati, vestaglietta corta bianca, praticamente trasparente, sotto la quale si poteva intravedere tutto senza molta immaginazione, con le due tettone lasciate in balia della gravità.
“Urca che gnoccona!”, ho pensato, e per poco non venivo meno.
“Beh, che fai lì impalato? …. Non restare sulla porta, vieni, vieni … tanto sei di casa….”
Rosetta mi ha fatto accomodare sul divano.
“Caffè allora?”
“…Sì, grazie… scusa la scortesia…. si può fumare?”
Mi sentivo un po’ nervoso, quella visione inaspettata quanto arrapante mi aveva inquietato.
”Certamente, fai pure… io intanto vado a preparare il caffè”.
Mi sono accesa una sigaretta. Da lontano le ho chiesto:
“Fatto le ore piccole ieri sera?”
“Già, ieri sera sono andata a ballare… lo sai, quando mi capita, ne approfitto ….. erano le 2 quando sono rientrata”.
Ecco un altro particolare di Rosetta che mi era tornato alla mente. Era un’ottima ballerina e ricordo che, anche quando ero con la figlia, lei ed il marito spesso la sera ci lasciavano soli soletti in quanto andavano a ballare.
“Certo, farai fatica a trovare un ballerino alla tua altezza…”
“Il problema non è tanto trovare il ballerino… di cavalieri è sempre pieno… il problema è trovare quello il cui scopo finale non sia altro che …”
“Mica ti spiacerà essere corteggiata…. sei ancora una donna in splendida forma…”
“Uuhhmmm…. Esco di rado, ma quando vado in discoteca per ballare, non lo faccio per rimorchiare… solo che voi maschietti, come vedete una donna sola o accompagnata da qualche amica, partite per la vostra strada e pensate solo a quella cosa…”
“Come dargli torto?”, pensai tra me e me.
”In questo momento l’ultima cosa che mi interessa è cercare un altro uomo… già quello che ho è un peso morto… ti garantisco che dopo certe delusioni riesci a farne tranquillamente a meno… preferisco un po’ di libertà per godere delle cose che più mi piacciono”.
“Forse hai ragione… comunque, se ti fa piacere, qualche volta posso accompagnarti io a ballare…”
Un’uscita un po’ azzardata, della quale mi sono pentito subito, ma mi era venuta spontanea. Per fortuna lei non ha replicato. Un minuto dopo Rosetta è arrivata con le tazzine del caffè e si è accomodata sul divano al mio fianco. La vicinanza di quel corpo matronale appena velato dal babydoll e ancora caldo di letto ha aumentato a dismisura la mia inquietudine.
Mentre sorseggiavamo il caffè, Rosetta ha ripreso a parlare degli uomini e delle delusioni che aveva subito negli ultimi tempi.
Stavamo ancora parlando quando le è suonato il cellulare.
“Ciao Miriam … già finito?... beh, se vuoi puoi fermarti a pranzo da me… no che non disturbi… sì, mi fai piacere…. dài, ti aspetto… ciao piccola.”
Era la figlia di un suo fratello, che quindi sarebbe passata di lì a poco.
“Era la mia nipotina … passa tra una mezz’oretta… non mi è sembrato il caso di dirle della tua presenza”.
“Capisco”, le ho detto subito, “meglio non creare equivoci o sospetti…”
”Bravo Marco, vedo che ci intendiamo …. sai, qui non ci vuole nulla a far parlare le malelingue …. anche se Miriam è una di famiglia, preferisco avere un rapporto riservato con te ….”
Mi ha lanciato uno sguardo dolce, stringendo un po’ gli occhi, quasi a farmi l’occhiolino. Poi, dopo un attimo di pausa, ha ripreso:
“Per quanto riguarda quello che mi dicevi prima, certo che a me farebbe piacere andare a ballare con te … ma un conto è se ci troviamo per caso in un locale, un conto è se ci rechiamo assieme … sai, per evitare cattive interpretazioni …”
Non sapevo che dire, era come se mi avesse letto nel pensiero. Anzi no, era come se mi avesse inaspettatamente aperto una strada dentro la quale sicuramente mi sarei buttato.
Finita la sigaretta ho capito che, per non rischiare di incontrare la nipote, era meglio togliere il disturbo. Ma, prima di congedarmi, Rosetta mi ha invitato a vedere come aveva ristrutturato l’appartamento, evitando solo di farmi entrare nella sua camera da letto.
”Sai, non vorrei tu ti spaventassi per il disordine…”
Le ho risposto sorridendo:
“Per me non c’è problema... io vivo quotidianamente nel disordine …”
“Uuhhmmm ….. va bene….. allora, questa è la mia alcova…”
Lo stile neoclassico dell’arredamento non mi piace, ma certo non me ne poteva fregare di meno. Ma, d’un tratto, Rosetta si è chinata a raccogliere un suo reggiseno caduto a fianco del letto e la sua vestaglietta si è sollevata mettendo in bella mostra un culo ampio e invitante, con un piccolo tanghino bianco che si infilava scomparendo tra le rotonde chiappe.
Ho trattenuto il respiro per frenare l’istinto di cingerle i fianchi e caricarla da dietro. Ma quella visione repentina mi ha tanto scioccato che mi sono fatto accompagnare alla porta da lei senza spiccicare parola.
“Allora ciao Marco … grazie della visita …. spero che torni a trovarmi … magari non di sabato, perché il venerdì sera esco con le amiche ….. andiamo a cinema o a ballare …”
Prima di uscire ho avuto un momento di resipiscenza e mi sono ricordato di chiederle il numero di cellulare. L’ho vista un po’ sorpresa e perplessa, l’ho subito rassicurata:
“Non ti preoccupare, non ne abuserò …. Alla bisogna, magari qualche messaggino…”
Dopo quella visita il pensiero di Rosetta è diventato un tarlo in testa, un desiderio sempre più impellente che ho dovuto sfogare con un paio di memorabili segoni.
Mi sono informato sulle discoteche della zona. Il venerdì sera ce n’era una sola che suonava il liscio. Dopo essermi messo su e profumato come un fidanzatino, ho deciso di farci un salto. Ma della macchina di Rosetta nel piazzale del dancing neppure l’ombra. Forse era andata al cinema. Mi era andata buca, ma non mi rassegnavo. Era tardi, ma ho digitato compulsivamente un sms e gliel’ho inviato:
“Ti ho cercata al Liscio dancing. Senza successo. Posso passare domani per il caffè?”
Dopo pochi minuti mi è tornato il suo sms di risposta:
“Mi spiace, siamo andate al cinema. Domani sono fuori casa fino alle 17. Buonanotte.”
Alle 17.30 puntualissimo ho suonato il campanello di casa sua. Lei mi ha aperto senza neppure chiedere chi fosse. Mi aspettava. Vista l’ora abbiamo convenuto che, forse, uno spumantino era più adatto del caffè. Mi ha espresso nuovamente il suo rammarico per la mia puntata a vuoto al dancing, ma si vedeva che era contenta della prova di attenzione da parte mia.
Tra una sigaretta e l’altra, ci siamo scolati la bottiglia di prosecco. Alla fine eravamo entrambi un po’ più sciolti. Forse grazie all’effetto del prosecco le ho detto che mi sarebbe tanto piaciuto passare la serata in sua compagnia, magari andando a cena insieme.
“Al ristorante no”, ha puntualizzato subito lei, “daremmo troppo nell’occhio … se non avessi tra i piedi quel buono a nulla di mio marito, ti preparerei io una bella cenetta qui ….”
Mi ero lanciato in una proposta un po’ ardita, ma, visto che l’idea non le dispiaceva, l’ho subito riformulata:
“Potrei invitarti da me …. Certo, è un modesto bilocale ed è tutto in disordine …. Ma passo un attimo dal cinese e la cena la porto su bella e pronta…”
E’ scoppiata in una risata e mi ha fatto una piccola carezza sulle guance:
“Che carino che sei!.... la tua gentilezza mi commuove …. non vorrei deluderti, ma devo trovare una buona scusa per uscire anche stasera … uuhhmmmm, fammici pensare….”
Non le ho dato il tempo di ripensarci, sono balzato in piedi, le ho dato un bacio sulla guancia e mi sono diretto verso la porta d’uscita, dicendole ad alta voce:
“Tu vedi come fare …. Io ti aspetto a casa per le 20.”
Sono volato via col cuore in subbuglio. Ho fatto un po’ di pulizie, ho messo in ordine al meglio possibile la mia mansarda, mi sono fatto una doccia. Alle 19.30 sono sceso dal cinese e gli ho ordinato una cena da asporto. Poi sono risalito a casa e mi sono sforzato di creare un’atmosfera di intimità con le luci soffuse e con un po’ di musica new age in sottofondo.
Alle 20.15 è arrivata Rosetta. Al citofono le ho detto di salire all’ultimo piano. Quando ha fatto ingresso nel mio bilocale le ho fatto un inchino galante e le ho fatto omaggio di un mazzo di rose.
“Ohibò!”, ha esclamato lei con aria frizzante, “tanta galanteria non l’ho mai ricevuta da un uomo!”
Mi ha abbracciato e baciato sulla guancia. Ho ricambiato e l’ho trattenuta stretta a me quei pochi secondi necessari per sentire la morbida volumetria del suo corpo. Rosetta si era messa su in maniera straordinaria. Truccata e improfumata in maniera sobria ma ben percepibile, indossava un vestito nero sotto il quale si intravedeva un tanga nero i cui pizzi venivano messi in risalto ogni qualvolta doveva piegarsi. Dal decolté tracimavano due grosse bocce che minacciavano di esplodere da un momento all’altro. Aveva per l’occasione indossato dei sandali molto alti neri laccati ed un collier che faceva bella mostra di sè sul rigoglioso davanzale. Sia le unghie delle mani che quelle dei piedi erano state ripassate con dello smalto rosso. Una visione d’insieme arrapante, inebriante.
Le ho detto di mettersi comoda e l’ho pregata di attendermi un minuto perché sarei sceso dal cinese a ritirare la cena. Quando sono tornato su, l’ho trovata già pienamente a suo agio. Si era seduta sul divano scoprendo le coscione sino alla fascia merlettata delle autoreggenti nere. Quella visione mi ha fatto sobbalzare il cuore, e non solo quello.
Ho subito apparecchiato e ci siamo messi a tavola in un clima di eccitazione crescente.
Le ho chiesto che scusa si era inventata per venire a cena da me. Mi ha risposto alzando le sopracciglia:
“Alle 20 mio marito non si era ancora ritirato. Gli ho lasciato tutto pronto in cucina e ho affisso dietro la porta un post-it spiegandogli che era arrivata, senza preavviso, una nostra amica dall’estero e che avevamo organizzato in fretta e furia una pizza…. Ma ora non parliamo di lui. Sono qua per passare una serata diversa”.
Seduti l’uno vicino all’altra abbiamo mangiato e bevuto e scherzato in allegria, toccandoci più volte con le ginocchia. Poi, con due calici di spumante in mano, ci siamo accoccolati sul divano avvicinandoci sempre di più.
“Carino qui!”, ha commentato lei ad un tratto guardando tutto intorno il mio living e aggiungendo dopo una piccola pausa, “… certo si vede che manca la mano di una donna!.... A proposito, non mi dirai che, dopo Barbara, non ci hai portato nessuna qui….”
“Non ci crederai”, le ho risposto mentendo, “eppure è proprio così …. la storia con Barbara è finita da tempo, ma non ne sono ancora uscito del tutto …. a casa vostra mi sentivo come un figlio”.
“Cosa vuoi dire?”, mi ha chiesto lei con una punta di malizia, “ …. che ti mancano le coccole di mia figlia… o le premure di sua madre?”
“Eh …. tutt’e due”, ho risposto con eguale malizia, “… ma forse le seconde più delle prime!”
Mi ha passato una mano dietro la nuca e mi ha attirato a sé stampandomi un bel bacione sulla bocca:
“Che impertinente che sei! …. Non ti sapevo così malandrino!”
Mi sono avvicinato ancora più vicino a lei e, alzando il calice, l’ho invitata a brindare alla bella serata che ci stavamo regalando. Abbiamo incrociato le braccia, come fanno gli innamorati o i giovani sposi, ed abbiamo bevuto l’ennesimo bicchiere di spumante.
Poi lei mi ha detto che sentiva la testa girare e si è lasciata andare all’indietro sulla spalliera del divano. L’ho invitata a sdraiarsi più comodamente, facendole poggiare la testa sulle mie gambe. Mi ha lasciato fare.
Si stava creando un’atmosfera fantastica. Ormai avevamo entrambi capito dove ci avrebbe portato quella serata, ma nessuno dei due sembrava avere il coraggio di affondare il coltello. Le ho detto di chiudere gli occhi ed ho incominciato ad accarezzarle i capelli, facendo sforzi sovrumani per controllare i miei gesti. Ma non il cazzo che ha cominciato a gonfiarsi dentro i pantaloni, premendo in maniera sempre più forte sotto la sua nuca.
Ho sentito che, pur con gli occhi chiusi, sospirava e gemeva, sotto la pressione del mio cazzo insofferente. Non ce l’ho fatta a restare calmo ed immobile, senza che glielo avessi ordinato le mie mani si sono mosse cominciando ad accarezzare le tettone debordanti e poi, in rapida successione, infilandosi dentro il decolté fino ad incontrare i noccioli turgidi e sporgenti dei suoi capezzoloni scuri.
Lei ha continuato a sospirare ed a gemere ad occhi chiusi, ma non si è opposta ai movimenti delle mie mani che, con sempre maggiore disinvoltura, le palpavano le tette e le strizzavano i capezzoli. Poi, mentre il mio cazzo si inalberava premendo imperiosamente contro la sua cervice, ha cominciato a smuovere il collo e, ad un certo punto, ha cominciato a girarsi sul fianco sino a mettersi completamente a pancia in giù.
Quindi, senza dir nulla, con gli occhi chiusi come una sonnambula, ha cominciato a sbottonarmi la patta fino a liberarmi l’uccellone ingrifato. Allora ha riaperto gli occhi e, con un filo di voce roca, ha esclamato:
“Oddio, poverino, come soffriva imprigionato là dentro!”
E, senza ulteriore indugio, l’ha fatto scomparire nella sua bocca, dando inizio ad un pompino da favola.
Sulle prime sono rimasto stralunato, sorpreso dalla naturalezza e rapidità con cui Rosetta aveva rovesciato la scena assumendo decisamente e disinvoltamente l’iniziativa. Ma poi ho superato ogni indecisione e, mentre le sue voluttuose pompate orali mi scuotevano di brividi l’intero corpo, ho tirato su la sua gonna scoprendole il culone e cominciando a smanacciarlo con bramosia. Lei ha agevolato i movimenti delle mie mani aprendo le cosce e consentendomi di sfilarle gli slip ed avere libero accesso alla sua figona.
Agitando freneticamente due-tre dita l’ho masturbata per bene e, quando ho potuto raccogliere i primi umori della sua figa, immediatamente ho cominciato a infilare le dita inumidite dentro l’altro canale posteriore, verificando compiaciuto che il suo ano si dilatava alla mia pressione come se non aspettasse altro.
La passione ci ha travolti e, mentre io, con due dita interamente conficcate dentro il suo sfintere, le scaricavo in bocca cinque-sei abbondanti fiotti di sperma gridando di piacere, lei dimenava freneticamente tutto il suo bacino liberando copiosi liquidi vaginali i cui rivoli colavano giù per le cosce.
Siamo rimasti immobili per un paio di minuti, come interamente svuotati di energia, poi lei si è sollevata lentamente e, liberatasi della gonna, si è rimessa cavalcioni avvicinando la sua figona pelosa e sbrodolante alla mia bocca:
“Ora tocca a te!”, mi ha detto con occhi languidi e con voce arrochita dal piacere.
La prima, intensa sensazione l’ho avvertita al naso per l’odore acre, inebriante più dell’incenso, che la sua figa emanava. Ma poi mi sono avventato come affamato sul clitoride sporgente e sulle grandi labbra e, tenendola con entrambe le mani per le sue chiappe, ho cominciato a leccare con avidità, facendola ululare di piacere.
E’ venuta nuovamente ed ha irrorato di nuovi umori la mia bocca. Dopodichè si è abbassata sedendosi sulle mie gambe e ci siamo baciati furiosamente, scambiandoci con le lingue gli umori precedentemente assaporati. Due porci scatenati, che avevano represso troppo a lungo le loro voglie!
Quando ci siamo staccati mi ha detto che aveva bisogno di andare in bagno; le ho indicato dove andare e, mentre lei è andata di là, ne ho approfittato per rifiatare e riflettere compiaciuto sulla serata da sogno che l’ex mia suocera mi stava regalando. Più facile, più sfrenata e più gratificante di quanto avessi mai immaginato.
Quando è tornata dal bagno era tutta nuda, con le sole autoreggenti: un vero schianto, una vera scudisciata al mio cazzo che, difatti, ha cominciato subito a ridestarsi. Si era rinfrescata ed aveva recuperato appieno la sua vivacità. Mi ha detto maliziosa:
“Ma non mi mostri il resto della casa?”
Ho capito subito quel che intendeva, anche perché, oltre al living, non avevo che la camera da letto. Le ho risposto sorridendo:
“Ma certo…. Scusami se non l’avevo fatto prima…”
Mi sono alzato, l’ho abbracciata nuovamente, abbrancando le sue opulente nudità, e l’ho condotta in camera da letto.
“Oh, ecco la tua alcova!”, ha esclamato, “chissà quante fighe sono passate di qua!”
“Uuhhmmm …. mica tante….”, le ho risposto minimizzando.
“Ci credo poco ….”, ha soggiunto, “….. comunque, mia figlia sicuramente….”
“Barbara sì”, ho dovuto ammettere, “ma non credere tanto spesso ….. sai, Barbara era tanto dolce, ma non è che fosse così calda….”
“Ah….”, ha risposto lei aggrottando un po’ le sopracciglia, “questa non la sapevo ….”
Ho subito rincarato la dose:
“Certo, nulla a che vedere con sua madre …. la mamma sì che è una che ….”
“Una che?......”, mi ha subito chiesto incuriosita.
“Una che …. sa godere e ti fa godere!”, ho spiegato evitando definizioni troppo nette.
Ma lei non si è accontentata, mi ha incalzato:
“Dilla tutta, non fare il diplomatico!”
Ho sospirato profondo e poi l’ho sparata:
“Una gnoccona e una troiona!”
Il volto di Rosetta si è illuminato, mi ha guardato con un sorriso di grande soddisfazione:
“Ecco… e questa troiona non la fai accomodare nel suo regno?”
Ciò detto, si è distesa sul mio letto a gambe larghe e, irridendomi affettuosamente, mi ha apostrofato:
“Cosa aspetti? ….. Non mi dirai che ti è già passata la voglia….”
Ho fatto un salto e le sono piombato addosso, facendomi largo in mezzo a quelle coscione e introducendo subito il mio bestione dentro quella tana calda e palpitante.
Una cavalcata favolosa, favorita dal fatto che avevo sborrato da poco e, quindi, avevo grandi riserve di resistenza. Affondavo dentro di lei schiacciando il mio petto sulle sue zizzone, che sembravano fungere da airbag. Lei mugolava di goduria senza e mi incitava senza alcun ritegno:
“Dai, Marco, su …. che bel montone che sei! …. sììììì, cosììììì …. scavami dentro ….. hai una trivella al posto del cazzo! …. che belloooo!!!.... mammamia, da quanto tempo che non mi sono fatta scopare così!”
Ad un certo punto mi ha spinto di lato e mi è salita sopra, a cavalcioni sopra di me. Ora il ritmo lo dava lei, facendo ondeggiare vertiginosamente le sue tettone. Si inarcava per farmi arrivare sino in fondo alla sua figa, poi si riabbassava e mi faceva saggiare i suoi capezzoloni con la mia lingua. Con le mani le palpavo le natiche, poi risalivo con le mani lungo la schiena, per finire col soffermarmi nuovamente tra i glutei.
Mentre con una mano tenevo allargate le natiche, ho portato il medio alla mia bocca e l’ho inumidito. Sono sceso col dito in mezzo alle sue chiappone ed ho cominciato a stuzzicarle l’ano. Ripetendo l’operazione poco prima fatta sul divano, le ho infilato prima uno, poi due dita nel culo. Era ormai chiaro che stava per venire.
Sentivo la sua figa farsi sempre più avvolgente e stretta finchè, all’improvviso, è sembrato si scatenasse un terremoto. Il suo respiro si è fatto più affannoso, i suoi urletti più incontrollati, fino a quando dapprima il culo, poi anche la figa, cominciarono a pompare come mai prima di allora avevo sentito. Stava letteralmente svenendo di piacere. Avrei potuto tranquillamente inondarla con il mio sperma, ma cercavo di riservarmelo per fare una cosa che avevo sempre sognato.
Era il momento di levarle le dita dal culo. Lei si è staccata da me e si è sdraiata esausta al mio fianco. Allora le sono salito sopra portando il mio cazzo all’altezza delle sue tettone. Lei ha capito al volo cosa desiderassi ed ha stretto le sue enormi e morbide tettone attorno al mio cazzo.
Il gioco però non la soddisfaceva del tutto; così, tenendomi il cazzo con una mano, è scivolata sulle lenzuola fino ad arrivare a mordicchiarmi lo scroto. Intanto con l’altra mano mi esplorava le natiche. Ormai anche io ero nuovamente arrivato al culmine dell’eccitazione. Prima le ho avvicinato di nuovo il cazzo alla bocca, poi l’ho ripreso tra le mie mani per dargli l’ultima strizzata e, piazzatolo nuovamente in mezzo alle sue tettone, l’ho letteralmente inondata di sborra calda. Dalle tette la crema è in parte colata sulla sua pancia, ma alcuni schizzi le sono arrivati in faccia e persino sui capelli.
Un orgasmo stratosferico. Poi esausto mi sono lasciato andare. Eravamo entrambi sfiniti. Lei si è avvinghiata a me e ci siamo assopiti. Ad un tratto, si è ridestata di soprassalto e tutta agitata mi ha svegliato:
“Oddio!... ma è tardissimo ….. devo tornare a casa! … che gli dico a mio marito se rientro dopo mezzanotte?!””
Ho riaperto a fatica gli occhi ed ho guardato all’orologio-sveglia digitale sul comodino: segnava le 11.20. Le ho detto sornione:
“Calma, non è ancora mezzanotte! …. mica te ne vorrai andare così…”
Mi ha guardato di sbieco aggrottando gli occhi:
“Non sei ancora sazio!”
“Mmmmhhh….. non so …. manca qualcosa….”, ho esclamato con aria da innocente, cominciando però ad accarezzarle le chiappe.
“Figlio mio, sei incontentabile!”, mi ha replicato con evidente autocompiacimento, “si vede che hai una fame arretrata!”
“No”, ho subito specificato, “non è la mia fame che è inesauribile, è la pietanza che non mi dismette l’appetito!”
Ha mostrato di gradire il mio apprezzamento e, strusciandomisi addosso, mi ha sussurrato:
“Marco, mi hai fatto passare una serata magnifica… non ho mai avuto un amante così appassionato …. non ho mai goduto tanto …. sarà per via della trasgressione che si prova andando a letto con un ragazzo molto più giovane … sarà che sei stato il fidanzato di mia figlia… fatto sta che mi hai fatto perdere la testa …. mi hai fatto oltrepassare ogni limite… spero non mi giudicherai male ….”
“Giudicarti male? E perchè?”, le ho risposto con decisione, “sei una donna fantastica, Rosetta …. il meglio che un uomo possa desiderare …. chissà, se avessi continuato con Barbara, ti avrei avuto come suocera … e come suocera ti avrei potuta godere tutta la vita, senza destare sospetti… ”
Rosetta sorrideva divertita e annuiva. Intanto continuavo a palparle il culo e a far scorrere il dito in mezzo al canale che divide le chiappe. La voglia mi stava tornando, il cazzo cominciava a riprendere vigore.
Il mio messaggio era chiaro e lei non lo ha ignorato:
“Lo so che ti piace….”
“Rosetta, hai un culo da favola!”, le ho sussurrato con voce trasognata.
Continuavo a tenerla per i fianchi, anzi avevo accentuato le manate sulle chiappe. Lei mi implorava di comprendere la sua ansia:
“Senti Marco, si è fatto troppo tardi …. un’altra volta …. ora lasciami andare…”
Ad un certo punto le ho detto:
“Ma te la senti di andartene via lasciandomi così?....”.
E le ho mostrato il cazzo tornato in piena erezione.
Mi ha sorriso maternamente, impugnando il cazzo con la mano e segandolo per un pò:
“Ma sei un mascalzone!.....”
Poi, senza aggiungere altro, si è inginocchiata sul letto e si è chinata davanti mettendosi carponi ed offrendomi alla vista tutto lo splendore del suo culo. Mi sono piazzato dietro di lei, ho infilato le dita prima nella figona per inumidirle, poi nell’ano per lubrificarlo un poco; poi le ho allargato le chiappe con le mani e, con un colpo netto, le ho schiaffato il cazzo bello duro dentro lo sfintere.
Ha emesso un urletto sgridandomi:
“Piano, piano …. così mi rompi tutta!”
Ma poi ha cominciato a roteare il culo per farmi scivolare sino in fondo e per godere di più anche lei. Sfondarle il culo è stato l’ultimo e più inebriante piacere di quella incredibile serata con la mia mancata suocera. Dopo che le ho scaricato in culo tutta la sborra residua dei miei coglioni, sono ripiombato sul letto stremato, svuotato. Lei si è rivestita rapidamente, si è riavvicinata al letto per darmi un bacione in bocca e mi ha sussurrato amorevolmente:
“Resta a letto e goditi questo momento …. io debbo scappare …. ci sentiamo domani per telefono ….. grazie di tutto!”
Quando ho sentito la porta di casa che si richiudeva sono stato assalito da un piccolo moto di rimpianto. Davvero, averla come suocera sarebbe stato fantastico!

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