Solo per tre

Scritto da , il 2011-10-16, genere dominazione



- Alessia, così lo soffochi.
- Non ti preoccupare, so quel che faccio.
- Non respira.
- Respira quando lo dico io. Vero?
Il naso è incastrato tra alluce ed indice. Chiuso. Il nastro da imballaggi sulla bocca non fa passare nemmeno uno spiffero d’aria. Spalanco gli occhi. Batto le ciglia velocemente.
Finalmente il grosso piede di Alessia mi libera il naso.
Sbuffo fuori l’aria dalle narici con fatica.
- Guardatelo, respira come un mulo affaticato.
- Sì, sì, un asinello!
Il piede di Lorena giace ad un centimetro dalle mie palle, teso come quello di una ballerina grassa. Lo smalto scrostato, la pianta larga e tosta. Lo immagino. Non riesco a vederlo. Purtroppo però, riesco a sentirlo.
Giusto per non farmi rilassare troppo, mi tira un calcio che mi fa sobbalzare. Sento le palle dondolare per il gran colpo. Ringhio il mio dolore dietro la bocca ammutolita.
- Si è illuminato come uno stop, visto?
- Già. Come quei giochi al luna park, ad ogni martellata si accende la luce.
La piccola Ginevra, dopo il calcio, ha di nuovo le terribili pinzette per i peli in mano. Mi guarda un attimo prima di sparire. Le apre e le chiude minacciosa. Poi scende giù.
La sento manipolare il mio scroto in cerca di superstiti. Si ferma quando ne trova uno. Stringe il pelo nella pinzetta. Tira con forza. Zack!
Tremo dal dolore e strizzo gli occhi lacrimanti.
La piccola Ginevra riemerge da sotto al tavolo, un altro pelo pubico nelle pinzette. Me lo fa vedere. Poi prende il piattino e lo mette insieme gli altri.
- Ginevra, quanti ne sono rimasti? – chiede Alessia.
- Pochi pochi – risponde lei – i prossimi glieli stacco lentamente – annuncia.
Giaccio in questa posizione da troppo tempo. Sento le ossa delle gambe che stanno per spaccarsi e le palle bruciare. Sono accovacciato, nudo.
Il tavolino di legno è stato modificato a mo di gogna. Ne sono stati ricavati dei fori in cui poter incastrare polsi e collo. Si apre e si richiude intorno alle parti interessate. I lucchetti sigillano le chiusure, impedendo la fuga.
Al suolo è stato applicato un occhiello di ferro. I testicoli vengono racchiusi in un anello collegato all’occhiello da una catena corta. Si è saldamente collegati al suolo.
Alessia, la grande, mi fa respirare l’odore dei suoi piedi, Lorena mi fa assaggiare il dolore dei calci, Ginevra, la più piccola delle tre, depila le mie palle tirando un pelo alla volta.
- Respira, bello, respira bene, fai sentire ad Alessia tua – dice Alessia. La grossa pianta gialla di fronte a me, le dita allargate, muove il piede da destra a sinistra, pretendendo lunghi respiri tra un interstizio e l’altro. Annuso più forte che posso, mentre Lorena mi accarezza una palla con l’alluce, in segno di avvertimento.
- Sniffa bene i piedi di mia sorella, altrimenti sai cosa ti succede.
Respiro più velocemente, terrorizzato. Le sorelle si guardano e ridono, mentre Alessia incastra il mignolo del piede nella mia narice.
- Mamma mia, chissà che puzza lì…io la sento da qui! – esclama Alessia, continuando a ridere. – Odora, odora – mi esorta, facendo sparire completamente il mignolo nella mia narice. – Dopo voglio incastrarci l’alluce, vediamo se ce la faccio – avverte le sorelle.
La guardo preoccupato, con gli occhi sbarrati. Se lo facesse davvero mi spaccherebbe il naso, per quanto è grosso quell’alluce.
Toglie il mignolo, ed infila l’anulare. Ho un improvviso colpo di tosse.
Alessia guarda Lorena.
Un paio di calci rapidi parte da sotto al tavolo, dritti sulle mie palle. Un urlo soffocato da dietro lo scotch. Lorena mi guarda fissa.
- Ne vuoi un altro? – mi domanda.
Scuoto forte la testa, mentre strizzo gli occhi dal dolore.
Lorena fa partire un altro potente calcio, confermando prepotentemente il suo ruolo.
Sento le palle in fiamme.
Lorena sorride, dopo il gesto, e comincia a far dondolare le palle con le dita del piede, avanti e indietro, dolcemente, provocando un costante fastidio. Si accende una sigaretta, nel frattempo.
Ginevra, per non esser da meno, prende di nuovo in mano le sue pinzette. Si avvicina ad un centimetro dai miei occhi brandendole minacciosamente.
- Adesso te li stacco piano piano – dice mentre sorride. Scende lentamente sotto al tavolino.
Ingoio la saliva rimasta, tremando dal terrore.
Di nuovo sento le sue mani esplorare le palle. Le sposta a destra e a sinistra, poi le divide, cercando peli nel mezzo. Le alza, guardando sotto, avvicinandosi al culo.
- trovato niente, lì sotto, sorellina? – le chiede Alessia.
- Sì! Eccone un paio belli lunghi. Ora ci penso io.
- Brava. Fai pure con calma.
Sgrano gli occhi quando le mani di Ginevra si fermano. Avverto chiaramente un lieve pizzicore. Ha afferrato un pelo con le pinzette. Guardo atterrito Alessia, di fronte a me. Con un sorriso estrae l’anulare dalla mia narice, ed inserisce il medio, di poco più grande. Il naso mi duole.
Poi un bruciore improvviso mi distoglie da Alessia. Ho l’impressione che mi stiano facendo una lunga siringa sulle palle. Non resisto, urlo di rabbia dal mio bavaglio, agitandomi come stessi subendo una scossa elettrica.
- Stai zitto! –ordina Alessia, ma non riesco a tacere, né a star fermo. Il dolore è insopportabile. Cerca di immobilizzarmi spingendo ancora di più il dito del suo piede nel mio naso. È inutile.
- Aspetta che esca mia sorella da lì sotto, poi ti riduco i coglioni a brandelli – minaccia Lorena.
Non ascolto nessuno, continuo a tremare, mentre Ginevra lascia teso il mio pelo tirando con estrema calma.
- Fa male? – mi chiede da sotto al tavolo.
Finalmente il pelo viene via. Ma sento una fiamma accesa sulla mia palla destra. Guardo Ginevra riemergere con il sorriso sulla bocca. Le sue pinzette stringono un lungo pelo dal bulbo umido. Guardo quegli occhi folli con estremo terrore.
- Hai le palle viola. Ma non è l’ultimo, eroe - mi dice. Poi adagia il pelo nel suo piattino.
Volgo gli occhi verso Lorena, il cui piede, sento, ricomincia ad accarezzarmi le palle, aumentando il bruciore. Poi inizia a palleggiare delicatamente.
- Non ti dispiace se palleggio un po’, no? Sai, devo tenermi in forma.
Le sorelle più grandi ridono di gusto alla battuta, mentre le mie palle sobbalzano regolarmente alle sollecitazioni di Lorena.
Intanto Alessia è arrivata all’indice. Lo incastra nella mia narice con un po’ di fatica, forzando un po’. L’odore del suo piede comincia a nausearmi, nonostante il cazzo apprezzi non poco, restando bello teso sotto al tavolo.
- Meno uno… – mi avverte Alessia.
Lorena aumenta la potenza del suo palleggio, lasciando immutata la frequenza. Fa un male atroce. Mi fissa, mentre fuma in silenzio.
- Guarda come suda – dice alla sorella.
- Che schifo – sentenzia lei.
- Non soffre solamente, il maiale, sentissi che cazzo bello ritto che ha.
- E bravo il nostro maiale. Sniffa, sniffa che ti fa bene.
Lorena aumenta ancora la potenza del palleggio. Sento le palle nello stomaco. Salgono e scendono regolarmente, provocando ondate di dolore ad ogni colpo.
Il palleggio dura almeno cinque minuti, poi Lorena decide di smettere. Si ferma, come colta da una vision improvvisa.
- calcio di rigore!! – annuncia.
Immediatamente parte un calcio preciso al centro delle palle. Me le sento arrivare in gola. Non ho nemmeno la forza di lamentarmi. Sono immobilizzato dal dolore.
- Goooool! – urla Lorena con le braccia al cielo.
- Brava la mia sorellina! – dice Alessia, - adesso guarda bene. Farò un gioco di prestigio.
- Che gioco?
- Farò sparire il dito del piede più grande.
- Uh! E come fai?
- Tu guarda bene. E tu – rivolgendosi a me – vedi di farmi fare bella figura.
Alessia stappa il mio naso estraendo il dito indice del suo piede, poi avvicina l’alluce lentamente. Me lo fa annusare sotto l’unghia.
- Buono, eh?
Mi viene da vomitare, ma annuisco.
- Vedi come impara la lezione, l’amico? Allarga bene, dai.
Il grosso alluce si fa strada nella narice. Chiudo gli occhi, accogliendolo in silenzio. Alessia comincia a spingere l’alluce su per la narice, roteandolo appena per agevolare il passaggio. È dentro per metà. Si ferma, accendendo anche lei una sigaretta. Guarda la sorella, che osserva stupita. Come stupita è Ginevra, estremamente attenta dalla sua postazione.
Una volta abituata la narice, l’alluce prosegue la sua strada all’interno del mio naso. Lo sento fin nel cervello.
L’ultimo tratto è difficoltoso. Mi fa male la testa e mi viene da vomitare, ma lascio sfogare Alessia, sperando che si calmi e mi lasci andare.
Ancora due spinte e l’alluce è incredibilmente penetrato per intero nel mio naso. Le sorelle applaudono, sorridenti. Ginevra scatta le foto dell’evento.
Alessia muove appena l’alluce, provocandomi un dolore indescrivibile. Il mio bavaglio soffoca l’ennesimo urlo. Lei ride ed applaude, contenta di sé, mentre comincia il percorso inverso, estraendo con lentezza il grosso dito da lì dentro.
- Guarda che narice, è larga come una moneta!
Le tre sorelle ridono sguaiatamente, mentre io sono vicino allo svenimento.
Il grosso alluce finalmente esce fuori dal mio naso. Respiro di nuovo.
Poi tutto tace all’improvviso. Le tre sorelle si voltano. La porta di casa si apre, lasciando entrare in scena la mamma.
Alessia, Lorena e Ginevra lasciano le loro postazioni e fuggono all’interno.
- Cosa succede qui? – chiede Vittoria, la mamma.
- Niente, mamma. Ci divertivamo – risponde Alessia.
- Lo vedo – dice Vittoria, guardandomi.
- Scusa. Avremmo dovuto aspettare te – si giustifica Alessia.
- Non vi scusate. Vi siete divertite abbastanza, ragazze. Ora fuori di qui. Lasciatemi sola con lui.
Le tre sorelle lasciano la casa. Vittoria si siede di fronte a me. Sorride, mentre si alza le maniche della camicia. Poi scalcia via le scarpe e poggia sul tavolo la valigetta con gli attrezzi.
- A noi due, giovanotto – dice.




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