I segreti della zia - capitolo V

Scritto da , il 2013-06-21, genere dominazione

Patrzia rialzò la testa, ancora ansimante. Spossata dalle continue stimolazioni, fece per portarsi una mano al viso, ma si fermò di colpo. Era impiastricciata del seme di Marco, un po sul mento, sul collo, e giù a scendere fino al seno. E l'ordine era di non ripulirsi.
Era avvilita e, purtroppo, oltremodo eccitata. La prima cosa che fece rialzandosi, fu di tentare in maniera furiosa di inserire anche solo un dito sotto la cintura di castità. Provò e riprovò, ma non c'era nulla da fare. Tentò poi con una matita, ottenendo lo stesso risultato. Degradandosi, cercò anche di strusciarsi contro i mobili, ma l'unica cosa che ottenne fu il lieve muoversi dell'uovo che portava dentro, e che peggiorava la situazione.
Quando suo nipote le avrebbe permesso di godere? Patrizia in quel momento non si rendeva conto di come stava riconsiderando le sue priorità... in quell'istante, nuda, con addosso un vibratore ed una cintura di castità, l'unico suo primario desiderio era il godere.
Di tutto quello che Marco le faceva subire, la negazione dell'orgasmo era la peggiore... ed indubbiamente, per lui il migliore dei giochi... con orrore ripensò a poco prima, quando lei stessa di sua spontanea volontà avrebbe preso in bocca il cazzo del ragazzo...
No no no. Non voleva neanche più pensarci.
Raccolse il cellulare da terra e camminò lenta verso la cucina. Sentiva i suoi umori colare goccia dopo goccia verso le ginocchia, ma non pensò di asciugarsi, non sapeva se faceva parte implicitamente degli ordini anche il lasciarsi in quello stato, ma era meglio non rischiare.
Si mise a lavare i piatti, sentendo la sborra di lui seccarsi sul suo corpo, poi passò alla lavatrice. Una volta fatta partire quella, si sentì libera di poter mangiare qualcosa.
Nonostante le sue ansie ed eccitazioni, riuscì a trangugiare un pranzetto leggero e, piccola gioia, a mangiarlo usando le posate.
Lavò anche quei piatti e ripose quanto aveva utilizzato, notando come il frigo fosse semi vuota. Sarebbe dovuta andare a comprare qualcosa e...
Ma cosa pensava...
Uscire a comprare qualcosa... come se fosse in suo potere decidere di farlo... come se avesse soldi, o le chiavi della macchina...
Sussultò all'arrivo del messaggio.
"prendi la videocamera nel cassetto in sala, e filmati mentre bevi 4 bicchieri d'acqua. Appena torno controllo il filmato."
Perplessa, Patrizia si chiedeva che diavolo era venuto in mente a quel porco ora...
Non pensando nemmeno a disubbidire, prese la videocamera, l'accese, e davanti all'obbiettivo si versò uno dietro l'altro i quattro bicchieri. A dire il vero, fino al terzo era stato un qualcosa di ben gradito, la giornata era comunque caldissima... il quarto era un po troppo, ma l'aveva finito.
Spense la videocamera.
Non passarono nemmeno cinque minuti, che giunse un altro messaggio.
"Altri 4 bicchieri. Filmati mentre li bevi."
"Ma che diavolo... vuole che mi affoghi??" pensò lei, accendendo ancora la videocamera.
Bevve il primo, poi il secondo... versandosi il terzo pensò che sarebbe stato tutto un andare e venire dal bagno se...
"Oddio!"
La cintura. Gli ordini.
Ecco cosa voleva!
Bastardo! Non bastava schiavizzarla sessualmente, voleva proprio giocare con lei e con il suo corpo!
La tentazione di buttare la videocamera sul pavimento era la prima cosa che le era arrivata nel cervello, ma... poi?
L'avrebbe frustata? L'avrebbe tenuta in astinenza sessuale per una settimana? Le avrebbe imposto orgasmi a ripetizione nel giardino?
Livida di rabbia bevve ancora.
Lo stimolo di andare in bagno si manifestò una ventina di minuti dopo. Erano le 13 e 15 circa... quando sarebbe rientrato Marco? Di nuovo, il maledetto ragazzo la metteva in contrasto con sè stessa. Prima il combattere tra l'umiliazione e il desiderio di godere, ora tra il sollievo della sua assenza e il desiderio che rientrasse il prima possibile...
Patrizia camminava lenta per la casa, sentiva il ventre torturarla in mille modi... l'uovo... il desiderio di toccarsi... il bisogno di andare in bagno che montava sempre di più...
Quando furono le 14, era inginocchiata dietro le tende ad osservare il vialetto. La vescica pulsava, rendendole impossibile anche il semplice stare distesa sul divano.
Non avrebbe retto ancora per molto, era dal mattino che non faceva pipì, e si trovava ormai sul punto di capitolare.
Venti minuti dopo, Marco, rientrando, trovò la zia piegata in due, e con la mano si reggeva al divano. Non potè che sorridere.
"Sei eccitante anche così zietta..." disse mentre si toglieva le scarpe per indossare le più comode ciabatte.
"Marco... devo andare in bagno... per cortesia..." disse lei, con viso esasperato. Sentiva la vescica scoppiare.
"Ancora un attimo zietta cara" e si recò in cucina per raccogliere la videocamera.
Patrizia non era in grado di stare ferma, passava il peso del corpo da un piede all'altro, mentre si ricopriva di un velo leggero di sudore.
"Ti prego... ho fatto tutto... tutto quello che mi hai detto."
Marco le si avvicinò, continuando a guardare i brevi filmati sul piccolo schermo della video camera.
"Sì... devo dire che sei stata ubbidiente... i piatti sono lavati, immagino avrai fatto il bucato..."
"Sì, tutto fatto... per favore, ti scongiuro... toglimi questa... cosa... di dosso e fammi andare in bagno."
Marco le puntò contro l'obbiettivo e iniziò a registrare.
"Anche il viso ancora sporco di sborra... brava zia... però chiedimelo in ginocchio."
Lei si morse il labbro, era al limite, ventre contratto, ed inginocchiarsi le comportava anche un sicuro muoversi del vibratore.
Ma si sbrigò ad ubbidire.
Una volta inginocchiata, chiese di nuovo "per favore, posso andare in bagno?"
"zia, hai un linguaggio così pulito... dì bene cosa devi fare..."
"Come... io... devo fare pipì..."
"Mi sa che la fai sul pavimento, di questo passo. Dì bene. Si dice pisciare. Riprova."
La tensione di Patrizia per trattenersi era immensa. Doveva umiliarsi ancora, e ancora non aveva modo di lottare.
"Marco... per cortesia... posso andare a pisciare?"
"Certo zietta. Alzati e cammina davanti a me. Voglio filmare il tuo bel culo chiuso nella cintura."
Patrizia si alzò, ad ogni movimento rischiava di lasciar andare la vescica. Camminando davanti al nipote, arrivò in cima alla scala.
Marco le aprì la porta e con esagerata calma le aprì la cintura, che posò sul lavandino. Poi fu la volta dell'uovo, il momento più critico per Patrizia, che sentiva un doppio stimolo nel suo ventre mentre lui lo estraeva.
Mentre finalmente scaricava la vescica, poteva notare come l'uovo fosse coperto di umori... Sperava che Marco le desse almeno un po di tregua, che non lo inserisse ancora, visto che era lo strumento che più la spingeva verso l'umiliazione. Ma quella speranza morì immediatamente.
Quando ebbe finito di pisciare, Marco le fece dondolare l'uovo davanti al viso.
"Leccalo per bene, zia. Lo voglio immacolato. Anche perchè oggi questo piccolo giocattolo avrà parecchio da fare..."
Avvilita, lei prese l'oggetto con due dita. La mano le tremeva, e l'idea di dover assaggiare i suoi stessi umori le dava il voltastomaco. Estrasse la punta della lingua, ma Marco la prese subito per i capelli.
"Pulisci da brava bocchinara, zia."
Nuove lacrime le rigarono il viso, mentre dischiudeva le labbra e si infilava il vibratore in bocca. Chiudendo gli occhi, lo muoveva avanti ed indietro, lavorando anche di lingua per non lasciare alcuna traccia sulla superficie dell'oggetto.
Quando Marco si ritenne soddisfatto, lo prese dalla bocca di lei e lo appoggiò accanto alla cintura.
"Bene zia" disse "ora ti fai una rapida doccia, che dobbiamo uscire per compere."
Mentre entrava nel box, sempre sotto l'occhio dell'obbiettivo, Patrizia sentiva l'angoscia crescere in lei. Uscire... cosa aveva in mente? In che modo l'avrebbe tormentata?
Un conto era tra le mura di casa... ma l'ultima volta l'aveva costretta nuda in auto...
Angoscia, sostituita da eccitazione, quando si mise a lavarsi tra le gambe... Doveva muoversi lentamente... il semplice sfiorare la portava già al limite...
Doveva godere... doveva assolutamente godere... ma tutto era sotto il controllo di quel bastardo...
Finita la doccia, Marco la condusse in camera da letto.
"Mettiti in posizione zia, mentre vedo cosa farti indossare."
Con le mani sopra la testa, seno ben puntato in avanti, Patrizia vedeva con quanta cura il nipote frugava nell'armadio, sceglieva qualche capo, lo osservava, alcuni li scartava, altri li metteva sul letto...
"Sembra l'armadio di una suora, zia. Ma qualcosa che vada bene almeno per oggi la troviamo. Poi tutto cambierà." sentenziò Marco, gettando nell'apprensione la zia.
Che significava? Cosa cambiava? Che compere dovevano fare...
"Direi che ci siamo... non di certo perfetto ma passabile." disse il ragazzo porgendole il primo capo di vestiario.
Era il suo gilet da donna, grigio chiaro, chiuso sul davanti da quattro bottoni piuttosto grandi. Aveva una scollatura certamente abbondante, e lei lo indossava sempre con una camicetta sotto...
ma a quanto pareva, stavolta doveva farne a meno.
Lo indossò e Marco notò con piacere come l'indumento disegnasse bene le curve della zia, e la leggerezza del tessuto faceva rapidamente individuare i capezzoli ritti della donna.
La gonna impostale era una delle sue preferite, una gonna azzurro cielo, aderente ma non volgare, che arrivava pochi centimetri sopra al ginocchio. Lei la usava spesso nelle riunioni, ed anche se non era un capo convenzionalmente sexy, aveva notato in più di un'occasione occhiate furtive rivolte al suo posteriore.
"Siamo quasi a posto zia, quando siamo giù di sotto indosserai quei bei sandali con tacco che ti donano così tanto..."
Patrizia fece un timido gesto di assenso. Si sentiva confusa, ed il perchè stava nel fatto che, dopo due giorni, avere qualcosa di decente addosso non le pareva vero.
Vero, il gilet era scollato, ma non osceno e certamente aveva subito di peggio fin'ora.
"Alzati la gonna zia, stavo per dimenticare la cosa più importante..." disse Marco uscendo un momento dalla stanza.
Lei sapeva fin troppo bene cosa doveva ancora indossare...
Con gesti bruschi, disperati, si arrotolò la gonna sui fianchi e Marco comparve con l'uovo tra le mani. Si affiancò alla donna, la prese per i capelli imponendole di alzare il viso e iniziò a passargli l'oggetto sul viso, sulle labbra, sul collo... e poi giù...
Quando arrivò sulla fessura di lei, Marco le sussurrò "domani provvediamo anche a depilarla tutta questa fighettina zia... contenta?"
"S-sì ahh!!"
Con un unico brutale gesto, Marco le aveva inserito il vibratore. La sciolse dalla stretta tra i capelli e la fece ricomporre.
Prima di scendere, in cinque minuti il ragazzo si cambiò, indossando semplici jeans e maglietta. Poi passarono di sotto. Patrizia indossò i sandali, mentre il nipote raccoglieva portafoglio e carte di credito della zia.
"Su, andiamo, troia. Il pomeriggio sarà lungo." disse lui con quello sguardo diabolico che la spaventava. Salirono in auto, con il ragazzo che guidava silenzioso, ma sorridente, mentre Patrizia cercava di rendersi il più possibile invisibile e ostinatamente guardava fuori dal finestrino.
Non impiegarono molto ad arrivare al solito centro commerciale, e con soddisfazione lei vide che Marco aveva preferito il parcheggio sotterraneo, anche se una volta sotto aveva parcheggiato fin troppo defilato.
"Scendiamo." disse lui una volta spento il motore. Patrizia stava già muovendo i primi passi verso l'ingresso del centro, ma Marco la fermò subito.
"Aspetta un attimo, zietta... ti voglio in calore prima di entrare."
Lei non fece nemmeno in tempo a rispondere che Marco aveva già azionato il vibratore. Come prima reazione, Patrizia si piegò in due, appoggiandosi con il culo all'auto.
"N-no... non... non qui... disse serrando le labbra e portandosi una mano a stringere il seno. Vero che l'auto la nascondeva un poco dalla vista dei passanti, ma qualcuno poteva sempre passare accanto a loro.
"T-i prego... obbe-obbediente... sarò obbedienteeeeeeeeeeeehhhh"
Marco aveva portato la velocità al massimo, ed ora, avvcinandosi alla donna che si contorceva eccitata, raggiunse il primo bottone del gilet e lo strappò di netto.
"N-o" disse lei. A questo punto, l'ovetto si fermò. Nemmeno due minuti di trattamento, e la donna si sentiva già sfinita.
Le ci vollero diversi istanti per riprendersi almeno parzialmente, e con orrore notò come ora i suoi seni fossero notevolmente esposti. Senza il primo bottone infatti, la scollatura arrivava a scoprirle una generosa porzione di seno ed ora, più che da bella donna indubbiamente sexy, con un unico gesto aveva assunto il contorno di donna volgare che vuole essere scopata. Senza poi contare il fatto che sotto la gonna sentiva come una pulsazione continua che la ubriacava di voglia.
"decisamente meglio" disse Marco osservandola "ora possiamo andare, e mi raccomando l'obbedienza, appunto."
La fece affiancare a lui ed entrarono nel centro commerciale. Non affollato, ma decisamente non vuoto in quel caldo pomeriggio estivo, il luogo ospitava numerosi negozi, ed erano quelli di abbigliamento che più interessavano Marco che, camminando notava con sadica gioia i numerosi sguardi diretti verso la zia o, meglio, verso il suo seno e il conseguente imbarazzo di lei, che nervosamente gli camminava accanto.
"Entriamo qui" disse Marco, davanti ad un negozio d'abbigliamento femminile di notevoli dimensioni. Fin da subito, Patrizia rimase sorpresa dall'attenzione con cui Marco osservava i vari capi esposti, li vagliava attentamente e, doveva ammettere, fin'ora non aveva preso in mano dulla di particolarmente vistoso o volgare. In ogni caso, lei si limitava a guardare in silenzio, nel timore di dire o fare qualcosa che avrebbe comportato una sonora punizione.
Dopo una decina di minuti, Marco teneva in mano qualche indumento.
"Andiamo ai camerini zia, vediamo come ti sta questa roba."
I camerini si trovavano in fondo al negozio, addossati al muro di fondo. Quando Patrizia entrò in uno di essi, per abitudine cercò di tirare la tendina fino in fondo, ma Marco la bloccò, lasciando un varco di 20 centimetri buoni, da cui lui controllava la donna.
"Togli gonna e gilet, zietta cara." disse lui.
A disagio in quella nuova situazione, e tenendosi aderente alla parete del camerino, Patrizia si tolse gli indumenti, rimanendo con le sole scarpe.
Marco le tese una camicia, una maglietta leggera, e una gonna tre quarti. Indossando i capi, lei tirò quasi un sospiro di sollievo. Scollatura un po accentuata... la gonna magari un po stretta... ma non vi era nulla di terribile nelle scelte fatte dal nipote. Certo... i gusti erano discutibili, ma non era certo importante quello.
Quando ebbe finito di provare tutto, istintivamente mise mano ai propri abiti, per ricomporsi. Era pur sempre nuda, e la cosa le creava imbarazzo.
"Che fai zia?" chiese lui, sorpreso.
"Marco... pensavo che... non abbiamo finito?"
Il viso di lui era serissimo. Prese gli abiti del negozio, assieme a quelli della donna.
"Questi li tengo io per ora. Resti nuda fino a quando non abbiamo realmente finito. Questi abiti erano per provare un po le taglie, ora ti porterò i veri acquisti. Attendi qui, e la tendina resta in questa posizione."
"No aspe..." cercò di dire lei, ma Marco si era già allontanato e Patrizia, spaventata, si rintanò nell'angolino tra la parete e la tendina, con il cuore in gola.
Bastava che una qualsiasi persona infilasse dentro la testa per vederla nella sua nudità. Per non parlare di quelli che passavano vicini alla tendina, che comunque avrebbero potuto vedere parti del suo corpo.
I minuti passavano, l'angoscia cresceva al pari della possibilità di essere scoperta da un cliente, un inserviente o chicchessia. Quando la tenda si mosse, Patrizia ebbe un sussulto e si coprì con le braccia seno e vagina.
Era Marco.
"Te lo toglierò quel vizio di coprirti zia..." disse lui velenoso "Toh, prendi questo per primo."
Patrizia prese tra le mani quella che da principio le sembrava una maglietta fuxia. Indossandola, scoprì che era una sorta di canottiera, allacciata al collo e alla base della schiena, schiena che rimaneva così quasi totalmente nuda. Era strettissima, tanto da lasciarle scoperto una parte dei seni ai fianchi e la scollatura centrale restituiva lo stesso effetto. I capezzoli premevano per bucare il leggero indumento... nell'insieme, un qualcosa che se portata in pubblico l'avrebbe fatta sentire più nuda di quanto era poco prima.
L'abbinamento fu subito fatto, con una gonnellina a pieghe anch'essa fuxia, corta ed estremamente svolazzante...
Atterrita, Patrizia si guardava nello specchio tremando... indossare quella roba... lei che raramente concedeva agli occhi degli uomini pochi centimetri di pelle.
"Acquistato!" annunciò ridendo Marco, e facendole provare un secondo indumento.
Questo era un vestitino estivo, bianco, che lasciava le spalle scoperte. Non era particolarmente stretto, ma Patrizia capì subito che, se i bottoni non fossero stati tutti allacciati, dalla scollatura generosa si sarebbe potuto vedere ogni cosa fino all'inguine.
"Maledizione!" pensò "maledizione, maledizione!", ma non disse una parola e continuò come un automa a provare i capi che lui le passava.
Una collezione tra top, camicette e maglie troppo piccole per le sue forme piene, gonne corte, o più lunghe ma con spacchi profondissimi. Persino degli shorts che sembravano più adatti ad un'atleta che a una donna qualsiasi.
Marco osservava, valutava, sceglieva... in generale, non scartò quasi nulla e, quando ebbe fatto provare alla zia tutti i capi, le restituì i suoi abiti e la fece rivestire.
Patrizia stava per uscire dal camerino, ma Marco la spinse contro lo specchio di fondo.
"Slaccia il secondo bottone del gilet."
"Se-sei impazzito?? Praticamente avrò il senooooHHHHHHHH!!!!!"
L'urlo richiamò qualche sguardo verso il camerino, e il ragazzo aprì del tutto la tendina, per rivelare ai curiosi una donna schiacciatasi contro la parete a gambe larghe e viso contratto. L'uovo era stato acceso, e lei non se l'aspettava.
"Stai dando uno spettacolino interessante, zietta." disse lui, mano nella tasca, che stringeva il telecomando.
Patrizia socchiuse gli occhi e vide come alcune persone lanciassero uno sguardo a più riprese. Tentò di darsi un contegno, ma a quanto pareva Marco si divertiva a cambiare di continuo la velocità del vibratore, aggiungendo e togliendo pulsazioni...
"Allora zia, slacci il bottone, o vuoi ritrovarti a quattro zampe in preda alle voglie?"
Con un gesto furioso ma tremante, lei cercò il bottone e con rabbia lo sganciò. L'ovulo si fermò.
Patrizia guardò il suo petto. La scollatura ora arrivava ben sotto il seno, che risultava esposto fin quasi all'areola dei capezzoli. Patrizia era piena di vergogna, non osava uscire dal camerino, e se avesse incontrato qualcuno che conosceva, cosa avrebbe detto? Ovvio... l'avrebbe additata come una sgualdrina.
Marco le prese delicatamente una mano e la trascinò in modo leggero nel negozio.
"Chissà quanti guardandoti vorrebbero infilarlo tra le tue tettone zia" sghignazzò, generandole un rossore al viso che divertiva ulteriormente il ragazzo.
Arrivati alla cassa, Marco estrasse il bancomat della zia, dicendo "oggi spese pazze, ma siamo quasi a posto zietta. Non ti prosciugo il conto. Del resto sono i nostri soldi..."
A testa bassa, Patrizia strinse i pugni... erano i suoi soldi! e lui li spendeva per aggiungere umiliazioni ad altre umiliazioni... cosa poteva fare? come poteva mettere un freno a tutto questo... si sentiva un oggetto di proprietà di qualcuno... e si rendeva conto che forse lo era davvero.
Una volta pagato, uscirono dal negozio. Lui camminava veloce e lei, dovendo tenere il passo, sentiva i seni sempre più vicini a fuoriuscire dal gilet. Doveva risistemare l'indumento per tentare di richiuderlo almeno un po, ma al primo gesto in tal senso, Marco le fece un chiaro cenno, non doveva assolutamente toccare il gilet.
Sconvolta, notava come gli sguardi di ogni persona che incrociavano andassero a finire sul suo seno, qualcuno, donne per lo più, osservavano con disgusto, mentre i più avevano uno sguardo eccitato.
Al limite del pianto, decise di guardare solo a terra, mentre avanzavano lungo la galleria del centro commerciale, sicuramente verso un altro negozio e verso una nuova umiliante prova.

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